Le manipolazioni genetiche

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Transcript della presentazione:

Le manipolazioni genetiche

Definizione Con l’espressione “manipolazioni” genetiche si designano quegli interventi sul patrimonio genetico umano (il cosiddetto DNA), volti a modificarne l’identità, dando pertanto luogo a soggetti, in parte o totalmente programmati, frutto di complesse operazioni ricombinatorie. Gli interventi attraverso i quali si può pervenire a tale risultato vanno sotto il nome di bioingegneria genetica, a significare che si tratta di tecniche altamente sofisticate e di grande precisione.

A rendere possibili tali operazioni tali operazioni sono stati gli enormi progressi compiuti dalla genetica, che hanno fornito una sempre maggiore conoscenza dei meccanismi di trasmissione dei caratteri ereditari in ambito, fino a giungere all’identificazione –grazie alle ricerche condotte negli anni ‘50 da J.D. Watson e F. Crick- della cosiddetta struttura a elica del DNA e all’accertamento della sua funzione di elemento portante del materiale genetico.

La bioingegneria genetica Si distingue in: Bioingegneria molecolare, quando lo scopo è di eliminare o di correggere uno o più geni patogeni oppure di introdurre uno o più geni nuovi, provocando l’insorgere di nuove caratteristiche genotipiche per fini di ordine terapeutico oppure di miglioramento dell’identità del soggetto o della specie. Bioingegneria nucleare (o cellulare), quando l’intervento mira a dare vita a un embrione, il cui patrimonio genetico è del tutto identico a quello di un soggetto già esistente. Quest’ultima tecnica è più comunemente conosciuta sotto il nome di clonazione.

Bioingegneria genetica molecolare In questo ambito è importante distinguere negli interventi sui geni appartenenti alle cellule somatiche, cioè quelle che compongono i tessuti e gli organi del corpo, dagli interventi sui geni appartenenti alle cellule germinali, ossia i gameti, la cellula uovo fecondata e le cellule totipotenti delle prime fasi dello sviluppo embrionale: mentre, infatti, le modificazioni indotte nelle cellule somatiche non sono trasmissibili, quelle concernenti le cellule germinali possono trasmettersi anche alla discendenza.

La clonazione Esistono due accezioni del termine clonazione: Secondo una prima accezione si parla di clonazione di un organismo vivente nel senso che mediante la divisione di un embrione al suo primo stadio si ottengono vari embrioni con le stesse caratteristiche genetiche e capaci, successivamente di crescere. Tale fenomeno esiste già in natura: si pensi ai gemelli monovulari, che hanno identico patrimonio genetico e che tuttavia si sviluppano differenziandosi sul piano personale.

La clonazione In una seconda accezione, per clonazione si intende il tentativo di formare un embrione a partire da un ovulo femminile privato del suo nucleo e da una cellula non direttamente deputata alla riproduzione, ma appartenente semplicemente al corpo di un organismo (una cosiddetta cellula somatica). Si tratta di una modalità di riproduzione non sessuata, poiché non viene utilizzato lo sperma maschile e l’ovulo femminile viene privato del proprio patrimonio genetico. L’embrione che ne deriva avrà soltanto il patrimonio genetico della cellula somatica.

La valutazione della bioingegneria genetica molecolare Le valutazioni sono molto controverse: è quasi unanimemente accettata la bontà morale della finalità terapeutica, per combattere malattie derivanti da difetti genetici; più problematici sono i giudizi sulle finalità migliorative del soggetto e della specie. Uno dei rischi più noti è quello dell’eugenismo, cioè dello studio per il miglioramento genetico di una razza, specialmente quella umana.

Clonazione riproduttiva In generale si può definire la clonazione come la duplicazione di un organismo che come già abbiamo visto si tratta di una riproduzione asessuata che dà origine ad un organismo il cui patrimonio genetico è identico a quello dal quale è stata prelevata la cellula somatica per produrlo. La clonazione riproduttiva è condannata da quasi tutti gli esperti di etica e, più in generale, dalla comunità scientifica in quanto la riproduzione di soggetti identici o, in ogni caso la determinazione del tipo di soggetto da riprodurre, canalizza unidirezionalmente lo sviluppo della vita umana e impedisce che ci si apra ad una varietà indefinita di patrimoni genetici, che rappresentano una ricchezza per la specie umana.

Clonazione terapeutica La tecnica della clonazione viene, in questo caso, usata per ottenere embrioni prodotti a partire da una cellula somatica (ovviamente posta all’interno di un ovulo privo di nucleo) al fine –in sé positivo- di intervenire efficacemente su alcuni tipi di malattie. A porre interrogativi di ordine etico è il fatto che il prelievo di cellule staminali embrionali implica la creazione di embrioni all’unico scopo di usarlo come riserva di cellule per finalità terapeutiche.

Le cellule staminali Per cellule staminali si intendono quelle cellule che non sono ancora differenziate o specializzate e alle quali è possibile pertanto indicare come e in che cosa differenziarsi, inserendole nei vari tessuti umani. Le cellule staminali sono recuperabili sia direttamente dagli embrioni, nella fase iniziale del loro sviluppo (cellule staminali embrionali), sia da alcuni tessuti già altamente differenziati degli adulti, quali il midollo osseo, il sistema nervoso, la placenta e persino la cute (cellule staminali adulte).

Le cellule staminali Nel primo caso (staminali embrionali) si tratta di cellule totipotenti, che hanno cioè la possibilità di una differenziazione radicale; nel secondo caso (staminali adulte), di cellule moltipotenti (o pluripotenti), la cui possibilità di differenziazione, pur essendo vasta, è più limitata.

Legge 40 e rifiuto dell’uso di embrioni La legge 40 del 2005 sulla procreazione medicalmente assistita, riconoscendo all’embrione lo statuto di persona e dunque gli inalienabili diritti che lo riguardano: impedisce che esistano, come precedentemente avveniva, embrioni soprannumerari: tutti gli ovuli fecondati, che non possono essere più di tre, devono essere immediatamente impiantati nell’utero; comporta il rifiuto di utilizzare gli embrioni per la sperimentazione scientifica con finalità terapeutica, compresi quelli già esistenti perché creati prima dell’entrata in vigore della nuova legge e crioconservati.