Pietro e il centurione Cornelio

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Sette testi di Luca, tratti in gran parte dagli Atti degli apostoli, introducono alla scoperta dello Spirito Santo come colui che genera la comunità ecclesiale,
Transcript della presentazione:

Pietro e il centurione Cornelio At 10 Pietro e il centurione Cornelio

At 10, 1 - 8 Nella visione di Luca Pietro inaugura la missione della Chiesa verso i pagani, come capo e rappresentante del collegio apostolico.

At 10, 1 - 8 Cornelio è un centurione della coorte Italica, di stanza in Siria dal 69 d.C. fino al 157 d.C. con alcune truppe anche a Cesarea. Forse la storia di Cornelio è potuta accadere in questi primi anni, tra il 69 – 70 d.C. Egli è pio e timorato di Dio, due qualità molto importanti, possibili anche per un pagano. Elemosina e preghiera continua, caratteristiche di Cornelio, sono ritenute fondamentali anche per un buon giudeo.

Sal 112, 5 - 6 5 Felice l'uomo pietoso che dà in prestito, amministra i suoi beni con giustizia. 6 Egli non vacillerà in eterno: eterno sarà il ricordo del giusto.

At 10, 1 - 8 L’angelo sottolinea che le preghiere e le elemosine di Cornelio sono un memoriale davanti a Dio (Sal 112, 6) ossia stabiliscono un ricordo perenne da parte di Dio e lo conducono verso la rivelazione salvifica. Esse infatti nascono da un desiderio profondo, sebbene ancora non pienamente consapevole, di incontro con Dio.

At 10, 1 - 8 L’ordine dell’angelo di far venire un certo Pietro sottolinea la totale estraneità di Cornelio alla Chiesa e la sua capacità di affidarsi a Dio senza riserve, dal momento che il motivo della visita non gli viene spiegato dall’angelo.

At 10, 1 - 8 In questa prima scena Luca vuol mostrarci la presenza di Dio al di fuori dei confini di Israele, in un uomo pagano. La sua preghiera e le sue opere lo predispongono a sperimentare il mistero di Dio nella sua vita e a ricevere il dono di un annuncio esplicito di Gesù. È infatti il suo desiderio profondo di Dio a metterlo in un atteggiamento di disponibilità e di ricerca. A sua volta le parole dell’angelo lo portano a chiamare Pietro, senza sapere perché, ma solo con un confuso presentimento dell’importanza di questo incontro.

At 10, 1 - 8 Anche oggi molte persone ci chiamano, attraverso la richiesta dei sacramenti per i figli o qualche dialogo in occasione della morte di una persona cara o ancora per prepararsi al matrimonio, pur senza avere una chiara comprensione di ciò che cercano. La comunità cristiana si trova nella stessa posizione di Pietro, ad essa spetta non disprezzare una domanda ancora implicita, ma purificarla e renderla esplicita attraverso l’annuncio.

At 10, 9 - 33 Dal v. 9 assistiamo ad un cambiamento di scena, ora è Pietro protagonista e come per Cornelio anche qui il contatto col divino avviene in un momento di preghiera, o meglio nel momento della rivelazione ( cfr. At 22, 6). La visione del cielo aperto e del lenzuolo che scende sospeso sulla terra ai quattro angoli ha un carattere cosmico, con alcuni riferimenti alla creazione e al diluvio nella triplice classificazione di quadrupedi, rettili della terra e uccelli del cielo (cfr. Gn 1, 30; 7, 14).

Il dialogo tra Pietro e la voce celeste dimostra quanto fosse radicata in lui la convinzione alimentare giudaica, e quanto difficile il superamento di questi tabù. Solo una forte esperienza spirituale poteva contribuire al superamento e alle aperture di Pietro e dei giudeo – cristiani verso i pagano cristiani, e verso la comunione alla mensa con loro (cfr. 11, 3), che era il vero problema della comunità cristiana ai tempi di Pietro e di Paolo (cfr. Gal 2, 11 – 14).

Gal 2, 11 - 14 1Ma quando Cefa venne ad Antiòchia, mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto.12Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma, dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. 13E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, tanto che pure Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. 14Ma quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?».

Si nota qui il protagonismo dello Spirito Santo come persona che agisce lungo tutto il racconto (cfr. 13, 2) per il compiersi della volontà divina. Pietro docile ai suoi richiami segue queste persone. I messaggeri aggiungono un dato che l’angelo non aveva comunicato a Cornelio, ossia che Cornelio deve ascoltare la Parola di Pietro. Pietro ospita gli inviati pagani: le barriere stanno progressivamente cedendo.

Alcuni testimoni giudeo cristiani di Joppe vanno con Pietro (v. 23) Alcuni testimoni giudeo cristiani di Joppe vanno con Pietro (v. 23). Con Pietro è dunque la Chiesa giudeo – cristiana che i muove verso i pagani, Pietro agisce sempre da rappresentante della Chiesa e mai da outsider. Anche a casa di Cornelio ci sono altri invitati, segno di una nuova Chiesa che nasce, all’origine della quale si trova sempre Pietro.

Il racconto progredisce rapidamente verso l’incontro tra Pietro e Cornelio, che rappresenta simbolicamente l’incontro tra la Chiesa dei giudei e la nascente Chiesa dei pagani. Dio ha agito separatamente in Pietro e Cornelio, ha co-spirato perché questo incontro potesse finalmente avvenire, compiendo i desideri di Cornelio grazie alla sua obbedienza e vincendo le resistenze culturali e spirituali di Pietro.

Anche oggi l’incontro può avvenire nella misura in cui noi cristiani sappiamo, con l’aiuto dello Spirito, vincere le “resistenze” di una concezione legalistica dei sacramenti e della vita cristiana, che ci relega in una posizione da agenzia di servizi religiosi, ben collocata nell’appiattimento utilitaristico del post-moderno. Dobbiamo essere più consapevoli di essere depositari di una Parola che i tanti corneli di oggi cercano affannosamente.

Infine Pietro non va da solo da Cornelio, ma va da rappresentante della Chiesa di Gerusalemme, assieme ad una delegazione che si assume il compito della testimonianza (cfr. v. 45) di ciò che sta per accadere. Il compito dell’annuncio non è solo dei ministri, ma della comunità, che tutta insieme è testimone e si stupisce per l’azione dello Spirito.

At 10, 34 - 48 Al v. 39 torna il NOI apostolico (cfr. 2, 32): Pietro parla a nome del collegio dei dodici per testimoniare la vita di Gesù e il mistero pasquale della sua morte in croce e della sua resurrezione il terzo giorno.

Pietro annuncia al NOI la vita di Gesù, la sua morte e resurrezione Pietro annuncia al NOI la vita di Gesù, la sua morte e resurrezione. Questo annuncio di Pietro non è quindi solo la comunicazione di un’informazione, ma molto più la trasmissione di un’esperienza vitale e straordinaria, del mistero di Cristo. Per questo motivo l’annuncio contiene in se stesso la testimonianza.

Anche noi, nel nostro annuncio siamo anzitutto testimoni di un’esperienza vitale. Infatti come i pagani radunati in casa di Cornelio sapevano già le vicende di Gesù (cfr. v. 37), così anche molti oggi hanno già ricevuto una prima nozione del vangelo, magari attraverso la catechesi, ma è rimasta esterna alla loro vita. Solo un’annuncio intriso di testimonianza potrò far percepire loro l’importanza vitale del vangelo e spingerli a riscoprire la fede cristiana, con l’impulso fondamentale dello Spirito

Dopo l’annuncio del compimento delle scritture dei profeti, lo Spirito conferma la parola con i doni della glossolalia e della lode Dio. Ecco la seconda pentecoste, quella dei pagani.