Lavorare in gruppo in contesti educativi

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Transcript della presentazione:

Lavorare in gruppo in contesti educativi a cura di Luciano Pasqualotto

Che cosa fonda un contesto educativo? ogni contesto educativo fonda il proprio progetto su una serie di convinzioni, più o meno esplicite, che evocano una serie di aspettative rispetto ai ruoli, ai metodi, ai risultati

I fondamenti di ogni contesto educativo una determinata concezione dell’uomo una certa idea dell’educazione una certa rappresentazione del cambiamento prodotto dall’educazione una certa rappresentazione del ruolo dell’operatore

1. la definizione dell’altro (teoria hominis) porta a dare una certa valutazione della tossicodipendenza: quali le cause, quali le responsabilità, quali i rimedi

1. la definizione dell’altro (teoria hominis) una sintesi approssimativa delle maggiori teorie: P=N P=C P=NxC (Allport) Il codice dell’anima (James Hillman)

1. la definizione dell’uomo: Hillman (1) Il paradigma oggi dominante per interpretare le vite umane individuali, e cioè il reciproco gioco tra genetica e ambiente, omette una cosa essenziale: quella particolarità che dentro di noi chiamiamo “me”. Se accetto l’idea di essere l’effettuo di un impercettibile palleggio tra forze ereditarie e forze sociali, io mi riduco a mero risultato.

1. la definizione dell’uomo: Hillman (2) Quanto più la mia vita viene spiegata sulla base di qualcosa che è già nei miei cromosomi, di qualcosa che i miei genitori hanno fatto o hanno omesso di fare e alla luce dei miei primi anni di vita ormai lontani, tanto più la mia biografia sarà la storia di una vittima.

1. dunque l’adozione di una certa teoria hominis porta a dare una particolare valutazione della tossicodipendenza: quali le cause, quali le responsabilità, quali i rimedi

I fondamenti di ogni contesto educativo una determinata concezione dell’uomo una certa idea dell’educazione

2. l’idea di educazione porta a definire un certo approccio terapeutico, ad es. più o meno basato sull’autorità e sulla costrizione

2. l’idea di educazione nella storia, si sono confrontate fondamentalmente due teorie dell’educazione Rousseau e Kant

2. l’idea di educazione: Rousseau seminario per operatori delle Comunità Terapeutiche Vicenza, 16 maggio 2003 2. l’idea di educazione: Rousseau Tutto è perfetto quando esce dalle mani dell'autore delle cose, tutto degenera fra le mani dell'uomo. La prima educazione dev'essere puramente negativa. Essa consiste non nell'insegnare la virtù e la verità, ma nel garantire il cuore dal vizio e la mente dall'errore. (...) Uomo prudente, spia a lungo la natura, osserva bene il tuo allievo, prima di dirgli la prima parola; lascia, innanzi tutto, che il germe del suo carattere si manifesti in piena libertà, non comprimerlo in alcuna maniera per vederlo meglio tutto intero. (Emilio, pp.40‑41) JEAN JACQUES ROUSSEAU (1712‑1778) Tutto è perfetto quando esce dalle mani dell'autore delle cose, tutto degenera fra le mani dell'uomo. Egli sforza un terreno a dare i prodotti di un altro, un albero a portare i frutti di un altro; mescola e confonde i climi, gli elementi, le stagioni; mutila il suo cane, il suo cavallo, il suo schiavo; sconvolge tutto, sfigura tutto, ama le deformità, i mostri; non vuol nulla come l'ha fatto la natura, neppure l'uomo: bisogna addestrarlo, per sé, come un cavallo da maneggio; deformarlo, a modo suo, come un albero del suo giardino. Senza di ciò, tutto andrebbe peggio ancora, e la nostra specie non vuol essere foggiata a metà. Nello stato in cui ormai sono le cose, un uomo abbandonato a se stesso sarebbe fra gli altri il più alterato. Il pregiudizio, l'autorità, la necessità, l'esempio, tutte le istituzioni sociali nelle quali ci troviamo sommersi, soffocherebbero in lui la natura, senza sostituirvi nulla. Essa si troverebbe come un arboscello, che il caso fa nascere in mezzo ad una strada, e che i passanti fanno ben presto perire, urtandolo da ogni parte e piegandolo in tutti i sensi. Mi rivolgo a te, madre tenera e premurosa, che sapesti allontanare dalla via maestra e garantire l'arboscello nascente dall'urto delle opinioni umane. Coltiva, innaffia, la giovane pianta prima che essa muoia: i suoi frutti saranno un giorno la tua delizia. Innalza per tempo un recinto intorno all'anima del tuo figliuolo. Un altro potrà tracciarne il circuito; ma tu sola devi collocarvi la barriera. (Emilio, estratti, trad. it. di M. Castelnuovo Landini, Firenze, La Nuova Italia, 1926, pp. 1‑21) La coltivazione migliora le piante; l'educazione migliora gli uomini. (…) Noi nasciamo deboli e abbiamo bisogno di forze; nasciamo sprovvisti di tutto e abbiamo bisogno di assistenza; nasciamo stupidi e abbiamo bisogno di giudizio; tutto quello che noi abbiamo quando nasciamo, e di cui abbiamo bisogno da adulti, ci è dato dall'educazione. Questa educazione ci viene dalla natura, dagli uomini o dalle cose. Lo sviluppo interiore delle nostre facoltà e dei nostri organi è l'educazione della natura; l'uso che gli altri c'insegnano a fare di queste facoltà e di questi organi è l'educazione degli uomini; e l'acquisto della nostra esperienza sugli oggetti che ci commuovono è l'educazione delle cose. Ciascuno di noi è dunque educato da tre specie di maestri. Il discepolo, nel quale le loro lezioni si contraddicono, è male educato e non si troverà mai d'accordo con se stesso. (pp. 2‑3) Ricordatevi sempre che lo spirito della mia educazione non è di insegnare molte cose, ma di non lasciar mai entrare nel cervello del fanciullo altro che idee giuste e chiare. (p. 106) La prima educazione dev'essere puramente negativa. Essa consiste non nell'insegnare la virtù e la verità, ma nel garantire il cuore dal vizio e la mente dall'errore. (...) Uomo prudente, spia a lungo la natura, osserva bene il tuo allievo, prima di dirgli la prima parola; lascia, innanzi tutto, che il germe del suo carattere si manifesti in piena libertà, non comprimerlo in alcuna maniera per vederlo meglio tutto intero. (pp.40‑41) a cura di Luciano Pasqualotto (pasqualotto@tin.it)

2. l’idea di educazione: Kant seminario per operatori delle Comunità Terapeutiche Vicenza, 16 maggio 2003 2. l’idea di educazione: Kant La Provvidenza ha voluto che l'uomo fosse obbligato a cavar da se stesso il bene (...) L'uomo ha il dovere di migliorarsi, di coltivarsi e, se cattivo, di proporsi la moralità. (La Pedagogia, p. 9) IMMANUEL KANT (1724‑1804) La Provvidenza ha voluto che l'uomo fosse obbligato a cavar da se stesso il bene (...) L'uomo ha il dovere di migliorarsi, di coltivarsi e, se cattivo, di proporsi la moralità. (La Pedagogia, La Nuova Italia, Firenze, 1929, p. 9) L'educazione dell'uomo comprende: I. La DISCIPLINA. Disciplinare vuol dire impedire che l'animalità (la parte bruta) sopraffaccia l'umanità, così nell'individuo, come nella società. La disciplina quindi è semplicemente freno alla selvatichezza. II. La COLTURA, che comprende l'istruzione e gli ammaestramenti. Questa fornisce l'abilità, che è possesso di una capacità che serve a tutti i fini. Essa non determina alcun fine ma lascia questo compito alle circostanze. Certe abilità sono utili in ogni occasione, per esempio il leggere e lo scrivere, ed altre invece corrispondono solo a certi fini, per esempio la musica, che rende piacevole colui che la conosce. Le abilità sono in certo modo infinite rispetto alle quantità dei fini a cui posson servire. III. L'EDUCAZIONE, la quale deve aver cura che l'uomo divenga accorto e sappia stare in società, in modo piacevole e influente. A ciò mira una parte della coltura che si chiama raffinamento. Esso deve avere compitezza di modi, cortesia e una certa accortezza che ci insegna a giovarci degli altri per i nostri fini. Questa civiltà si regola secondo il gusto mutabile dell'epoca: infatti qualche decina d'anni fa si amava ancora l'etichetta in società. IV. L'educazione infine deve proporsi la MORALITA'. Non basta che l'uomo sia capace ad ogni sorta di fini, ma deve acquistare il discernimento per scegliere solo quelli buoni. Buoni sono i fini che sono necessariamente approvati da tutti e che possono essere i fini di ognuno. L'uomo può essere ammaestrato, addestrato, istruito in modo meccanico o più propriamente illuminato. Si ammaestrano cani, cavalli, e si possono ammaestrare anche gli uomini. Ma con ciò non è fatto tutto. Occorre soprattutto insegnare ai fanciulli a pensare. Ciò mira ai principi, da cui derivano tutte le azioni. Quante cose vi sono da fare in una vera educazione!! (pp.14‑15). a cura di Luciano Pasqualotto (pasqualotto@tin.it)

2. l’idea di educazione Rousseau e le pedagogie non direttive SII QUELLO CHE PUOI E VUOI ESSERE ! Kant e le pedagogie teleologiche e finalistiche SII QUELLO CHE PUOI E DEVI ESSERE !

I fondamenti di ogni contesto educativo una determinata concezione dell’uomo una certa idea dell’educazione una certa rappresentazione del cambiamento prodotto/indotto dall’educazione

3. il cambiamento prodotto dall’educazione l’educazione che cosa “produce” in un soggetto? un programma terapeutico che cosa modifica in una persona?

3. il cambiamento prodotto dall’educazione Elementi “visibili” conoscenze, abilità, competenze atteggiamenti e valori comportamenti quelli esistenti possono essere modificati e migliorati, soppressi … possono esserne appresi di nuovi

3. il cambiamento prodotto dall’educazione Elementi “invisibili” l’assunzione sempre più consapevole del proprio sé come valore unico e irripetibile in relazione con altri sé altrettanto unici.

I fondamenti di ogni contesto educativo una determinata concezione dell’uomo una certa idea dell’educazione una certa rappresentazione del cambiamento prodotto/indotto dall’educazione una certa rappresentazione del ruolo dell’operatore/educatore

4. il ruolo dell’operatore /educatore se lasciamo da parte le declaratorie e rappresentiamo ogni persona come una entità dinamica, con una propria direzione di crescita

4. il ruolo dell’operatore /educatore In uno spazio non fisico ma semantico, l’educatore può: porsi dietro al singolo (o al gruppo) porsi di fianco al singolo (o al gruppo) porsi davanti al singolo (o al gruppo) portare in braccio il singolo (o il gruppo)

In definitiva dietro ad un contesto educativo: c’è un “sistema di riferimenti” teorici e pratici più o meno esplicitati che creano una serie di aspettative e di vincoli rispetto al progetto educativo, terapeutico e riabilitativo al modo di lavorare

In definitiva che cosa c’è dietro ad un percorso terapeutico? tale “sistema di riferimenti” si forma per: esperienza formazione personale credenze e valori posti in modo assiomatico

In un contesto educativo la variazione di uno dei 4 fondamenti (“parametri”) fa mutare in maniera più o meno profonda l’approccio pedagogico al soggetto-altro. Ciò distingue il metodo di una comunità da quello delle altre Ciò può essere motivo di differenziazione (e di scontro) nelle équipe di operatori della medesima comunità

IL PROGETTO tra utopia e disincanto a cura di Luciano Pasqualotto

Il progetto, tra utopia e disincanto Progettare, dal latino pro-iectum (gettare avanti, causare), indica l’azione con cui si valuta una situazione presente nell’ottica del cambiamento e dell’innovazione. Ciò che si intende “gettare avanti, causare” è il presente del soggetto, non visto nel suo “essere ora”, ma nel suo poter/dover essere

Il Progetto, tra utopia e disincanto l’U-TOPIA come non-luogo, come “oltre” ogni progetto pedagogico è un’anticipazione ideale a favore di un soggetto nel rispetto di alcune condizioni pedagogiche età pedagogica tipo di istituzione che attua il progetto teorie di riferimento

Il Progetto, tra utopia e disincanto le fatiche dell’UTOPIA: la responsabilità dell’educatore la celebre storia del Ragazzo Selvaggio dell’ Aveyron nei frammenti l’intero (Larocca) i sentimenti, le paure, le proiezioni dell’educatore l’importanza del desiderio

Il Progetto, tra utopia e disincanto il dolore e la delusione del DISINCANTO progressi e ricadute fughe e ritorni

Il Progetto, tra utopia e disincanto Dietro le cose così come sono c’è anche una promessa, l’esigenza di come dovrebbero essere; c’è la potenzialità di un’altra realtà, che preme per venire alla luce, come la farfalla nella crisalide. Utopia e disincanto, anziché contrapporsi, devono sorreggersi e correggersi a vicenda. Claudio Magris, Utopia e disincanto, Garzanti, Milano, 1999.