Di Selimaj detto “il rompiballe” detto e scritto dal prof “Ragazzi”

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Transcript della presentazione:

Di Selimaj detto “il rompiballe” detto e scritto dal prof “Ragazzi” Cacciaguida Di Selimaj detto “il rompiballe” detto e scritto dal prof “Ragazzi”

La vita Non sappiamo molto su di lui; le uniche fonti dirette che ne attestano l'esistenza sono due documenti del 1189 e del 1201, le altre notizie ci sono state tramandate dal suo illustre discendente in forma indiretta nella descrizione del loro incontro nel Paradiso. Si sa che fu nominato Cavaliere da Corrado III di Svevia e che lo seguì nella Seconda Crociata (1147-1149), trovandovi la morte.

Dante immagina di incontrare l'avo durante il suo viaggio nel Paradiso, traversando il cielo di Marte che ospita le anime dei combattenti per la fede e la cronaca dell'incontro occupa ben tre canti (dal XV al XVII) della terza parte della “Divina Commedia". Al di là del valore letterario ed artistico, i tre canti sono importanti dal punto di vista storico perché ci forniscono numerose informazioni sulla famiglia Alighieri e sulla Firenze del XII secolo.

Il racconto di cacciaguida a Dante Nel canto XV, Cacciaguida racconta a Dante come era la Firenze dei suoi tempi, ancora compresa nella prima cinta di mura, risalenti all'epoca di Carlo Magno: ai tempi di Dante era stata costruita una seconda cerchia, risalente al 1173, che sarà poi a sua volta sostituita poi da una terza nel 1284. La piccola Firenze di quei tempi viene descritta come una cittadina sobria e pacifica, così diversa da quella dell'età del Sommo Poeta.

Allora le donne non andavano a spasso con vestiti costosi ed ingioiellate; la nascita di una figlia non era vista con paura per la futura ricca dote; le case erano modeste e il panorama di Firenze non era ancora fastoso; non erano presenti i vizi sessuali; i nobili andavano vestiti modestamente e non si vergognavano di esercitare professioni umili; le famiglie non correvano il pericolo dell'esilio o dei trasferimenti per motivi commerciali e che allora avrebbero fatto "notizia" i personaggi dissoluti, non quelli onesti come ai tempi del nipote.

Alla fine del canto, veniamo a sapere che Cacciaguida ebbe due fratelli, Moronto ed Eliseo, che sposò una donna dell'Alta Italia, che da lei ebbe origine il cognome Alighieri e le successive vicende della sua vita fino alla morte.

Le domande di Dante a Cacciaguida Nel canto XVI, Cacciaguida risponde ad alcune domande che Dante gli pone sulla Firenze passata: dalle risposte veniamo così a sapere che allora la città aveva un quinto degli abitanti di quella del 1300; che non aveva ancora visto l'immigrazione di famiglie del contado, spesso portatrici di delinquenza e che il confine della città era allora a Galluzzo ed a Trespiano.

Cacciaguida dice che questa immigrazione di gente nuova, favorita dalla Chiesa, è causa delle discordie attuali, che porteranno alla rovina della città e conclude elencando alcune celebri famiglie fiorentine potenti allora ma decadute al tempo del nipote. Il canto termina col racconto del celebre scontro tra Amidei e Buondelmonti del 1215, che diede origine alle lotte tra Guelfi e Gibellini. Nel canto XVII, Cacciaguida predice a Dante gli eventi della sua vita futura, ossia l'esilio da Firenze e la sua vita raminga e solitaria. Particolare curioso: i versi 58 e 59 recitano "Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui...", segno che già allora a Firenze si usava consumare pane non salato.

Un piccolo commento sul Paradiso XVI

Le quattro domande Dante rivolge al proprio avo quattro domande: chi furono i suoi antenati, in quale anno nacque, quanto era numerosa ai suoi tempi la popolazione fiorentina, quali erano le famiglie più eminenti. Cacciaguida afferma di essere nato nel 1091, quindi risponde alla prima domanda dicendo che egli e i suoi predecessori nacquero a Firenze là dove comincia il sestiere di Porta San Pietro.

Nella terza risposta spiega poi che la popolazione dei suoi tempi corrispondeva alla quinta parte dell’attuale; la cittadinanza era pura anche nelle classi più umili e meglio sarebbe stato se la gente del contado non fosse penetrata in Firenze, recandovi il puzzo delle frodi e delle baratterie.

L’ultimo quesito Rispondendo all’ultimo quesito lo spirito sottolinea prima che non ci si deve stupire se decadono le famiglie più importanti, poiché tutte le cose umane sono soggette alla decadenza; passa quindi in rassegna le famiglie del suo tempo, alcune illustri per antica origine ma sulla strada del decadimento, altre ancora fiorenti.

Esse abitavano presso la Porta di San Pietro dove ora abitano i Cerchi, che saranno la rovina di Firenze. Ultimi a essere annoverati sono gli esponenti dei Buondelmenti e degli Amidei, che furono causa di tante sciagure della città. Cacciaguida termina il suo improperium dicendo che, mentre egli era in vita, il giglio di Firenze non era ancora stato oltraggiato e mutato da bianco in rosso a causa della divisione delle fazioni.