Chiara Luce.

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Transcript della presentazione:

Chiara Luce

CHIARA BADANO Visse a Sassello con il padre Ruggero, camionista, e la madre Maria Teresa, casalinga. Volitiva, tenace, altruista, di lineamenti fini, snella, grandi occhi limpidi, sorriso aperto, ama la neve e il mare, pratica molti sport. Ha un debole per le persone anziane che copre di attenzioni. A nove anni conosce i Focolarini di Chiara Lubich ed entra a fare parte dei Gen. Dai suoi quaderni traspare la gioia e lo stupore nello scoprire la vita. Terminate le medie a Sassello si trasferisce a Savona dove frequenta il liceo classico.

"Ho riscoperto il Vangelo sotto una nuova luce "Ho riscoperto il Vangelo sotto una nuova luce. Ho scoperto che non ero una cristiana autentica perché non lo vivevo sino in fondo. Ora voglio fare di questo magnifico libro il mio unico scopo. Non voglio e non posso rimanere analfabeta di un così straordinario messaggio. Come per me è facile imparare l'alfabeto, così deve essere anche vivere il Vangelo"

LA MALATTIA DI NOSTRA FIGLIA CHIARA Maria Teresa e Ruggero Badano Viviamo in un piccolo paese della Liguria. Quando, dopo 11 anni di attesa, è nata Chiara, ci è parso di vedere realizzato il nostro matrimonio e la nostra unione si è fatta più profonda: l'amore per lei ci arricchiva; vederla crescere forte e sana era la nostra più grande gioia. Come tutti i genitori, nutrivamo per Chiara molte speranze. Frequentava ormai la prima liceo classico: aveva 17 anni. Ma, improvvisa, la malattia ci ha colto di sorpresa; la diagnosi lascia subito pochissime speranze: osteosarcoma. Il dolore è grandissimo; ci sentiamo morire, solo Dio può aiutarci ad accettare una diagnosi tanto grave. Di colpo la nostra vita cambia, trova nuove dimensioni e i rapporti tra noi tre attingono a nuove profondità: cresce, insieme al dolore e alle difficoltà, la nostra fede.

Vivere per lei ora significa radicarsi nel momento presente, nel dolore di ogni giorno, negandoci, per quanto ci è possibile, ogni rimpianto per la vita serena di prima e ogni timore per quanto ci aspetta. Con lei impariamo a vivere, attimo per attimo, un amore di donazione totale l'uno per l'altro. Con lei, insieme agli inevitabili dolori fisici per i vari interventi chirurgici e le pesanti terapie, scopriamo anche ogni giorno un aiuto umanamente inspiegabile e una forza che non sapevamo di possedere. Vivere l'uno per l'altro, donandoci reciprocamente solo consolazione e conforto, in una gara d'amore, ci fa sperimentare una vita nuova: è per quell'amore reciproco che Chiara, in una notte particolarmente dolorosa, può esclamare: "Quando ci amiamo così, siamo la famiglia più felice del mondo".

Come cristiani ci pare di poter dire di aver sperimentato che quell'amore che ci univa non era più solamente umano, ma un riflesso dell'amore di Dio. Quando, all'inizio della malattia, Chiara ha chiesto: "Mamma, ma è giusto morire a 17 anni? Vedo le mie amiche correre, andare in bicicletta, andare a scuola", Maria Teresa ha risposto: "Io non lo so, so solo che l'importante è fare la volontà di Dio".

Capiamo anche che la nostra famiglia non deve rinchiudersi su se stessa; se prima eravamo aperti agli altri, ora è anche più importante fare spazio nella nostra casa, e ancor più nel nostro cuore, a tante persone. E non restiamo soli. Sperimentiamo la solidarietà, la comunione dei beni, la forza dell'unità e della preghiera; si apre per noi subito una casa nella città di Torino che ci ospiterà durante i ricoveri in ospedale; lì è una gara tra tante persone che ci stanno vicine con tutte le attenzioni che l'amore scambievole suggerisce. Sono due anni di comunione intensa con quanti conosciamo e con i quali condividiamo gioie e dolori. Chiara diventa il polo di attrazione per molti, soprattutto per i giovani. Lei, inchiodata nel letto perché perde quasi subito l'uso degli arti inferiori, è come una calamita e sempre, superando il suo dolore, trova la forza e il coraggio di buttarsi ad amare condividendo con ognuno difficoltà, gioie, sospensioni.

Sorride. Proprio così, sorride di un sorriso che tanti avevano amato. Ma soprattutto lo testimoniano quei due occhi grandi. Hanno un perché, sono sereni, sinceri. Sanno che «la medicina ha deposto le sue armi», ma anche che «tutto vince l'amore». «Questo male Gesù me lo ha mandato al momento giusto, me l'ha mandato perché io lo ritrovassi». Quel sorriso che la caratterizzava da sempre, e che nei primi mesi della malattia non l'aveva abbandonata, torna più radioso ancora sulle sue labbra. Chiara sa ormai dove va.

Quando si aggrava e si deve intensificare la terapia con la morfina, Chiara la rifiuta perché, dice: "Mi toglie la lucidità, io posso donare a Gesù solo il dolore!". La sua vita di malata continua ad essere vita piena, spazia nel mondo, non si ferma all'orizzonte angusto di una cameretta. Promuove in paese, in occasione del Natale, una raccolta di fondi per l'UNICEF; invia, attraverso un amico, una somma di denaro frutto dei regali ricevuti ai bambini poveri dell'Africa, segue giorno per giorno una tournée del Gen Rosso, complesso musicale del Movimento dei Focolari, in Russia e viene costantemente aggiornata. Il suo telefonino appeso alla spalliera del letto la mette in contatto con il mondo.

Con i dottori che seguono Chiara si stabilisce un rapporto personale che va al di là di quello professionale tra malato e medico, ma diventa amicizia. Il nostro medico di famiglia diventa un nostro carissimo amico e spesso accompagna da Chiara la sua bambina di appena 3 anni. La sua assistenza è, fino alla fine, attenta e costante. Chiara gli si affeziona, si fida di lui.

La sua cameretta, in ospedale prima e a casa poi, diventa una piccola chiesa, luogo di incontro e di apostolato: "L’importante è fare la volontà di Dio...è stare al suo gioco...Un altro mondo mi attende...Mi sento avvolta in uno splendido disegno che, a poco a poco, mi si svela...Mi piaceva tanto andare in bicicletta e Dio mi ha tolto le gambe, ma mi ha dato le ali..."

A chi la va a trovare esprime i suoi ideali, mettendo gli altri sempre al primo posto. Al “suo” vescovo, Mons. Livio Maritano, mostra un affetto particolarissimo; nei loro ultimi, brevi ma intensi incontri, un’atmosfera soprannaturale li avvolge: nell’Amore diventano una cosa sola; sono Chiesa!

Un giovane medico non credente che, per un certo periodo, sostituisce quello di famiglia, colpito da come Chiara affronta il dolore e si prepara coscientemente alla morte, avendo ricevuto da lei un libro in regalo, sente il bisogno di scriverle una lettera che Chiara, l'ultima mattina della sua vita, riesce ancora ad ascoltare. Tra l'altro scrive: "Ho ricevuto con molto piacere il tuo regalo e ti prometto che lo leggerò al più presto, perché spero di trovarvi in parte le risposte che tu hai già trovato. Io non sono abituato a vedere giovani come te a lottare tenacemente contro la malattia. Ho sempre pensato che la tua età fosse l'età delle grandi gioie, dei grandi entusiasmi; tu mi hai insegnato che è anche l'età di una maturità assoluta. Ti saluto con tutta la mia ammirazione".

Negli ultimi giorni, Chiara non riesce quasi più a parlare, ma vuole prepararsi all’incontro con “lo Sposo” e si sceglie l’abito bianco, molto semplice, con una fascia rosa. Spiega anche alla mamma come dovrà essere pettinata e con quali fiori dovrà essere addobbata la chiesa; suggerisce i canti e le letture della Messa. Vuole che il rito sia una festa.

E il suo Sposo viene a prenderla all’alba del 7 ottobre 1990, dopo una notte molto provata. E’ il giorno della Vergine del Rosario. Queste le ultime parole: “Mamma, sii felice, perché io lo sono. Ciao”. Da allora la sua tomba, a Sassello, è meta di pellegrinaggi, soprattutto da parte dei giovani: fiori, letterine, offerte per i “suoi” negretti dell’Africa, richieste di grazie

E' trascorso solo poco più di un anno dalla sua morte E' trascorso solo poco più di un anno dalla sua morte. La nostra vita è totalmente cambiata, ma nel profondo del nostro essere sentiamo che rimane una vita a tre perché lei è presente più che mai tra noi in ogni momento.

“... I giovani sono il futuro. Io non posso più correre, però vorrei passare loro la fiaccola come alle Olimpiadi. I giovani hanno una vita sola e vale la pena di spenderla bene”

Ha voluto donare le sue cornee affinché qualche altra persona acquistasse la vista. Noi ora non possiamo tradire la vita di Chiara, tutta proiettata verso gli altri. Continua, anzi si dilata, il dialogo con molti, particolarmente con tante famiglie spesso disperate per la perdita di un figlio: ci telefonano, vengono a trovarci, ci invitano a casa loro. Non possiamo togliere loro il dolore, ma condividerlo sì, perché possiamo veramente capirlo. E non è raro il caso in cui ci sentiamo ringraziare perché qualcuno ritrova la forza di riprendere il cammino, di ricominciare una vita che sembrava ormai assurda. Così scopriamo che anche la sofferenza può diventare una ricchezza da donare.

Chiara Lubich, che la seguirà da vicino, durante tutta la malattia, in un’affettuosa lettera le pone il soprannome di Luce. "Chiara Luce! Quanta luce si legge sul suo volto, quanta luce nelle sue parole, nelle sue lettere, nella sua vita tutta protesa ad amare concretamente tanti! ... Scelta radicale di Gesù crocefisso e abbandonato, la sua; scelta di ciò che fa male e che, se non si ama, può trascinare lo spirito in una galleria oscura. Con Lui ha vissuto, con Lui ha trasformato la sua passione in un canto nuziale“

Mons. Livio Maritano, vescovo della Diocesi di Acqui Terme, così la ricorda: "Si sentiva in lei la presenza dello Spirito Santo che la rendeva capace di imprimere nelle persone che l’avvicinavano il suo modo di amare Dio e gli uomini. La sua è una testimonianza significativa in particolare per i giovani. Basta considerare come ha vissuto la malattia, vedere l’eco suscitata dalla sua morte. Non si poteva lasciar cadere un esempio di questa portata. C’è bisogno di santità anche oggi”.

Il processo per la causa di beatificazione di Chiara dopo la chiusura dell'inchiesta diocesana preliminare (iniziata il 7 dicembre 1998), prosegue dal 7 ottobre 2000 presso la Congregazione dei Santi, a Roma

per Cristo, nostro Signore. Amen Preghiera O Padre, principio di ogni bene, che per i meriti del tuo Figlio Gesù susciti meraviglie di bontà in coloro che si affidano al tuo amore, ti rendiamo grazie per la testimonianza cristiana di Chiara Badano. Animata dall'ardore del tuo Spirito, ha trovato nell'unione con Gesù la luce per riconoscere nell'amore l'ideale di vita, e la forza di compiere, in filiale abbandono alla tua volontà, l'offerta della sua giovinezza per il bene della Chiesa. Se è conforme al tuo disegno che l'esempio della Serva di Dio venga proposto alla venerazione dei fedeli, concedici, ti preghiamo, la grazia... per l'esaltazione della tua benevolenza di Padre. Te lo chiediamo per Cristo, nostro Signore. Amen + Livio Maritano