Dante e i poeti del suo tempo (lettura di Purgatorio 24 e 26) Roberto Rea Utrecht 9 gennaio 2013 Dante e i poeti del suo tempo (lettura di Purgatorio 24 e 26)
Bonagiunta da Lucca a Guido Guinizzelli Voi, ch'avete mutata la mainera de li plagenti ditti de l'amore, de la forma dell'esser là dov'era, per avansare ogn'altro trovatore, avete fatto como la lumera, ch'a le scure partite dà sprendore, ma non quine ove luce l'alta spera, la quale avansa e passa di chiarore. Così passate voi di sottigliansa e non si può trovar chi ben ispogna, cotant'è iscura vostra parlatura. Ed è tenuta gran dissimigliansa, ancor che 'l senno vegna da Bologna, traier canson per forsa di Scrittura.
Dante, Donne ch’avete intelletto d’Amore (Vita nova 10) [10.12]Avvenne poi che passando per uno cammino, lungo lo quale sen gìa uno rivo chiaro molto, a me giunse tanta volontade di dire, che io cominciai a pensare lo modo ch'io tenesse; e pensai che parlare di lei non si convenia che io facesse, se io non parlasse a donne in seconda persona, e non ad ogni donna, ma solamente a coloro che sono gentili e che non sono pure femmine. Allora dico che la mia lingua parlò quasi come per se stessa mossa, e disse: Donne ch'avete intelletto d'amore. Queste parole io ripuosi ne la mente con grande letizia, pensando di prenderle per mio cominciamento; onde poi ritornato a la sopradetta cittade, pensando alquanti die, cominciai una canzone con questo cominciamento, ordinata nel modo che si vedrà di sotto ne la sua divisione. La canzone comincia: Donne ch'avete. Donne ch'avete intelletto d'amore, i' vo' con voi de la mia donna dire, non perch'io creda sua laude finire, ma ragionar per isfogar la mente. […] [11.1] Appresso che questa canzone fue alquanto divolgata tra le genti, con ciò fosse cosa che alcuno amico l'udisse, volontade lo mosse a pregare me che io li dovesse dire che è Amore, avendo forse per l'udite parole speranza di me oltre che degna.
I' mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch'e' ditta dentro vo significando (vv. 52-54) Frate Ivo, Epistula de charitate (XII sec. circa): Quomodo enim de amore loquitur homo qui non amat, qui vim non sentit amoris? (…) Solus proinde de ea [la carità] digne loquitur qui secundum quod cor dictat interius exterius verba componit (…) quod lingua loquitur conscientia dictat, caritas suggerit et spiritus ingerit Guido Cavalcanti (1255?-1300), Di vil matera v. 16: «Amore ha fabricato ciò ch’io limo». Arnaut Daniel (attivo fra 1180-1210), Canso do ·ill mot (BdT 29, 6), vv. 12-14: «obri e lim / motz de valor / ab art d’Amor».
Dante, Amore e 'l cor gentil (Vita nova 11) Amore e 'l cor gentil sono una cosa, sì come il saggio in suo dittare pone, e così esser l'un sanza l'altro osa com'alma razional sanza ragione. Fàlli natura quand'è amorosa, Amor per sire e 'l cor per sua magione, dentro la qual dormendo si riposa tal volta poca e tal lunga stagione. Bieltate appare in saggia donna pui, che piace a gli occhi sì, che dentro al core nasce un disio de la cosa piacente; e tanto dura talora in costui, che fa svegliar lo spirito d'Amore. E simil fàce in donna omo valente.
Guido Guinizzelli a Guittone d’Arezzo O caro padre meo, de vostra laude non bisogna ch’alcun omo s’embarchi ché ’n vostra mente intrar vizio non aude, che for de sé vostro saver non l’archi. A ciascun reo sì la porta claude, che, sembr’, ha più via che Venezi’ ha Marchi; entr’ a’ Gaudenti ben vostr’ alma gaude, ch’al me’ parer li gaudii han sovralarchi. Prendete la canzon, la qual io porgo al saver vostro, che l’aguinchi e cimi, ch’a voi ciò solo com’ a mastr’ accorgo, ch’ell’ è congiunta certo a debel’ vimi: però mirate di lei ciascun borgo per vostra correzion lo vizio limi.