Modello di una lente in Zemax - 15

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Modello di una lente in Zemax - 15 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 15 Il metodo in Zemax per posizionare meglio il piano immagine è noto come quick focus tool. Esso consiste in un tool che permette di aggiustare lo spessore dell’OS prima del piano immagine, in modo da minimizzare le aberrazioni. La posizione di best focus che il tool sceglierà, dipende dal criterio selezionato. Nel nostro caso della lente selezioniamo la dimensione radiale dello spot.

Modello di una lente in Zemax - 16 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 16 Osserviamo già i miglioramenti in termini di defocus

Modello di una lente in Zemax - 17 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 17 le dimensioni geometriche e RMS degli spot si sono ridotte di un fattore 2!

Modello di una lente in Zemax - 18 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 18 Ma ancora il sistema è migliorabile. Qui si innesca il processo ciclico di ottimizzazione, preceduto da 2 importanti steps: selezionare i parametri liberi e quelli fissati (gradi di libertà dell’OS); selezionare e costruire la funzione di merito (MF); Il parametro Radius della LENS BACK è stato fissato. Dunque abbiamo la possibilità di variare: spessore della lente; il raggio di curvatura della lente; distanza dal retro-lente al piano immagine, cioè il thickness della surface 2; Per istruire Zemax su quali siano i gradi di libertà su cui poter agire, basta farli diventare variable

Modello di una lente in Zemax - 19 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 19 Ecco dunque le variabili su cui la funzione di merito agirà: Ora costruiamo la MF: esiste uno specifico editor della MF, chiamato MFE. Apriamolo:

Modello di una lente in Zemax - 20 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 20 Scegliamo la MF di default, dato che a noi interessa l’ottimizzazione in termini di raggio RMS dello spot rispetto al centroide dell’immagine, cosa già implicita nella MF di default.

Modello di una lente in Zemax - 21 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 21 Dal menu Tool, si può selezionare “Optimization” per lanciare il panel di comando che attiva il processo ciclico di ottimizzazione. Notare il prima e dopo aver premuto “Automatic”. PRIMA DOPO

Modello di una lente in Zemax - 22 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 22 Valutazione finale RMS e GEO radius è sceso di un fattore 10!

Modello di una lente in Zemax - 22 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 22 Certamente non abbiamo ottenuto un OS perfetto, ma la specifica è stata rispettata.

PSF in Zemax - 1 Tecnologie Astronomiche M. Brescia PSF in Zemax - 1 La PSF di un sistema ottico è la distribuzione d’intensità della sorgente. Come sappiamo, sebbene si possa approssimare la sorgente ad un punto, in realtà non lo è. Primo perchè le aberrazioni allargano l’immagine su un’area finita. Secondo perchè, anche in assenza di aberrazioni, vale il limite di diffrazione. ZEMAX fornisce la possibilità di calcolare la PSF in 3 modi: geometric (no diffraction) spot diagram (dominio spaziale) diffraction based FFT (dominio in frequenza) Huygens PSF (dominio di fronte d’onda)

Spot Diagram: una PSF geometrica - 1 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Spot Diagram: una PSF geometrica - 1 Come abbiamo già visto, lo Spot Diagram proietta i raggi da una singola sorgente attraverso l’OS e visualizza le coordinate (x,y) dei raggi sul piano. Qui è mostrato un esempio relativo ad uno specchio parabolico F/5 con lunghezza focale di 50mm. Il sistema rappresenta un telescopio newtoniano.

Spot Diagram: una PSF geometrica - 2 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Spot Diagram: una PSF geometrica - 2 Il diagramma indica chiaramente la presenza di coma e astigmatismo fuori asse. Peraltro in asse il sistema è invece perfetto. Lo si può vedere meglio se selezioniamo la visualizzazione del disco di Airy nel diagramma:

FFT PSF - 1 Tecnologie Astronomiche M. Brescia FFT PSF - 1 In asse lo spot è molto più piccolo del disco di Airy, diversamente dal fuori asse. Ciò indica che lo spot diagram è un utile strumento per valutare le prestazioni su tutto il campo. La Fast Fourier Transform (FFT) è un algoritmo ampiamente utilizzato nell’analisi in frequenza di molti sistemi elettronici e ottici. Concettualmente esso decompone una distribuzione di energia spaziale in una distribuzione nello spazio in frequenza. La FFT PSF di un OS si effettua tracciando una griglia di raggi dalla sorgente alla pupilla di uscita. Per ogni raggio, l’ampiezza e la differenza di cammino ottico sono usate per calcolare l’ampiezza di un punto del fronte d’onda in corrispondenza della pupilla di uscita. La FT di questa griglia, viene poi scalata e quadrata per generare la PSF. In Zemax è sufficiente selezionare: Analysis > PSF > FFT PSF

FFT PSF - 2 Tecnologie Astronomiche M. Brescia FFT PSF - 2 Questo è un altro modo per visualizzare la FFT PSF

Huygens PSF - 1 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Huygens PSF - 1 La Huygens PSF è calcolata convertendo ogni raggio dello Spot Diagram in una piccola onda. Ricordiamoci infatti che un raggio in Zemax modella una piccola porzione di onda piana e che il raggio localmente è normale al fronte d’onda. L’onda piana ha un’ampiezza, una fase e una direzione determinate dai dati associati al raggio che la genera. L’intensità totale di un punto della superficie dell’immagine può essere determinata sommando tutte le onde piane relative a tutti i raggi tracciati. La Huygens PSF non è basata sulla FFT ed è di solito più lenta nel calcolo, ma più accurata nei casi in cui, ad esempio, si è sotto il limite di campionamento di Nyquist o quando in generale: La superficie dell’immagine è estremamente tiltata rispetto al chief ray; Vi è un’eccessiva distorsione tra pupilla d’entrata e d’uscita;

Huygens PSF - 2 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Huygens PSF - 2 La Huygens PSF di un OS si calcola tracciando una griglia di raggi sul piano immagine. Per ogni raggio, l’ampiezza, le coordinate, i coseni direttori e la differenza di cammino ottico sono usati per calcolare l’ampiezza dell’onda piana incidente su ogni punto della griglia (piano immagine). In Zemax è sufficiente selezionare Analysis > PSF > Huygens PSF I principali parametri sono: Pupil Sampling, Image Sampling, and Image Delta. Image Delta è la distanza tra due punti consecutivi nella griglia (in micron). La regione totale in cui è calcolata la H-PSF non è altro che il prodotto Image Delta x Image Sampling on axis off axis

Sistemi Off-axis in Zemax - 1 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Sistemi Off-axis in Zemax - 1 ZEMAX può anche modellare sistemi ottici off-axis, che cioè contengono folding mirror, componenti ottiche tiltate rispetto all’asse ottico. Per fare ciò si introducono nel disegno ottico le superfici di tipo "Coordinate Break”.  Una Coordinate Break (CB) permette di specificare lo shift in x,y o in z e/o il tilt (rotazione intorno all’asse ottico) della successiva superficie. Essa è pertanto una “dummy surface”, cioè non ha alcun potere riflettivo o rifrattivo.

Sistemi Off-axis in Zemax - 2 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Sistemi Off-axis in Zemax - 2 Ad esempio consideriamo un gregoriano con 2 specchi conici. Se non introducessimo uno shift fuori asse, otterremmo il totale oscuramento sul piano immagine (per costruzione delle ottiche introdotte).

Sistemi Off-axis in Zemax - 3 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Sistemi Off-axis in Zemax - 3 Viceversa, definendo uno spostamento (decenter), mediante un coordinate break, si riesce ad ottenere un fascio collimato verso il piano immagine

ottica attiva/adattiva - 1 Tecnologie Astronomiche M. Brescia ottica attiva/adattiva - 1 Gli strumenti di ray tracing possono giocare un ruolo importante anche nella fase di progettazione e verifica dei sistemi di correzione attiva delle ottiche di un telescopio. Prima di vedere come, dobbiamo però analizzare quali sono i sistemi di correzione previsti. Storicamente, l’ottica adattiva nasce negli anni ‘50 come idea per risolvere “real time” i problemi legati all’atmosfera. E’ invece degli anni ‘70 l’idea dell’ottica attiva come soluzione ai disallineamenti delle ottiche dei grandi telescopi. Sorgenti di degradazione immagine con relativi tempi scala

ottica attiva/adattiva - 2 Tecnologie Astronomiche M. Brescia ottica attiva/adattiva - 2 In generale, i sistemi attivi e adattivi hanno primariamente introdotto i seguenti vantaggi: tolleranze ottiche e strutturali sulle superfici ottiche meno stringenti; specchi più leggeri e flessibili, quindi meno costosi; ridotti drasticamente i problemi termici (minore massa  minore capacità termica); auto-gestione (forte automazione) del telescopio attraverso i loop di controllo; Tecnologie a confronto

ottica attiva/adattiva - 3 Tecnologie Astronomiche M. Brescia ottica attiva/adattiva - 3 Il principio di funzionamento in entrambi i casi è lo stesso: il sistema è composto da un tasduttore di fronte d’onda captato dal telescopio mediante un computer dedicato che, dal feedback del trasduttore, comanda la possibile correzione da parte dei sistemi installati ad hoc sulle ottiche. Control loop adattivo Control loop attivo

ottica adattiva Caso telescopio con pupilla da 8m θ0 Tecnologie Astronomiche M. Brescia ottica adattiva Nel caso dell’ottica adattiva, i parametri fondamentali in gioco sono: il parametro di Fried, ossia la dimensione della pupilla d’entrata entro cui sussiste correlazione del fronte; l’angolo isoplanatico, che definisce il FOV entro cui i difetti presenti tra 2 oggetti risulterebbero indistinguibili; il numero di sub-aperture, cioè quanto densamente campionare il fronte d’onda distorto; il tempo di correzione, ossia la velocità di risposta del correttore. θ0 <h> R0 Caso telescopio con pupilla da 8m ANGOLO ISOPLANATICO: E’ L’ANGOLO ENTRO CUI POSSO SPAZIARE SENZA CHE IL FRONTE D’ONDA SIA PIU’ ABERRATO DI R0

ottica attiva Tecnologie Astronomiche M. Brescia ottica attiva Nel caso dell’ottica attiva, la correzione avviene direttamente sulle ottiche primarie del telescopio, tramite attuatori che deformano su tempi di scala lunghi il profilo del fronte d’onda. Rendendo attivo M2 si possono correggere defocus e coma: Per il defocus si sposta M2 lungo l’asse ottico Per il coma si ruota M2 intorno al centro di curvatura Rendendo attivo M1 si possono correggere sferica, astigmatismo, tricoma, etc.

Sensore di fronte d’onda - 1 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Sensore di fronte d’onda - 1 Cuore del sistema in retro-azione, comune alle 2 tecniche di correzione ottica, è il sensore di fronte d’onda. Il più comune è lo Shack-Hartmann (SH). L’idea (Hartmann) consiste nel collocare davanti al telescopio uno schermo con molti fori. Dall’analisi dell’immagine creata dai raggi passanti prima (intrafocale) e dopo (extrafocale) il piano focale, si può risalire alla direzione della sorgente per ogni foro. L’evoluzione dell’idea (Shack) consiste nel suddividere la pupilla d’ingresso in N porzioni con una griglia di piccole lenti generanti ciascuna l’immagine dell’oggetto osservato (occorre notare la difficoltà tecnologica nel costruire lenti di circa 1mm di diametro con focale di 100-150mm). Ogni lente produce un’informazione sul fronte incidente sulla corrispondente sezione della pupilla. Dagli spostamenti relativi delle singole immagini si può risalire alla deformazione completa del fronte. Questo viene quindi decomposto nei polinomi (ad es. di Zernike) calcolando quindi le aberrazioni presenti.

Sensore di fronte d’onda - 2 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Sensore di fronte d’onda - 2 Un’aberrazione è definita positiva se il fronte d’onda reale è al di sopra di quello di riferimento. Un’aberrazione positiva implica uno shift dello spot di SH verso l’asse ottico. Le forze di M1 e gli spostamenti di M2 da applicare devono ovviamente avere il segno opposto rispetto alle aberrazioni misurate dal sensore di fronte d’onda.

Sensore di fronte d’onda - 3 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Sensore di fronte d’onda - 3 Passaggio dal sistema di riferimento CCD a quello delle ottiche Il sensore di fronte d’onda fornisce valori nel sistema di riferimento del CCD. Ma esso ruota con l’asse di derotazione di campo rispetto agli specchi che invece sono fissi. Occorre dunque effettuare una trasformazione di coordinate per applicare forze e spostamenti, rispettivamente a M1 e M2. Ciò si può fare mediante un cambio intermedio di coordinate dal sistema CCD a quello dell’asse solidale con il derotatore di campo e successivamente al sistema di M1/M2. Sistema AD/ROT bottom view (dal piano immagine) Sistema CCD bottom view (dal piano immagine) Sistema M1 bottom view (dal piano immagine)

Sensore di fronte d’onda - 4 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Sensore di fronte d’onda - 4 Esistono anche altri tipi di sensori di fronte d’onda: sensore di curvatura: confronta le immagini prima e dopo il p. f. per risalire al fronte d’onda; shearing interferometry: si basa sull’interferenza del fronte con se stesso dopo averlo traslato; Tutti questi metodi sono costretti a misurare singolarmente soltanto alcune piccole zone dell’apertura del telescopio, tanto più piccole e numerose quanto più si vuole andare a fondo nello sviluppo di Zernike, perciò il problema della magnitudine limite (luce debole), diventa ancora più importante.

Laser Guide Star - 1 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Laser Guide Star - 1 Una soluzione del tutto innovativa è stata trovata a questo problema nella metà degli anni ’80 e consiste nel sovrapporre alla sorgente in osservazione una stella artificiale proiettata da un laser coassiale al telescopio stesso (Laser Guide Star): il raggio laser, regolato (ad es.) sulla lunghezza d’onda del sodio a 589 nm, percorre in questo modo lo stesso tratto di atmosfera percorso dalla luce dell’oggetto, quindi raggiunge lo strato di sodio mesosferico a 90km di altezza dal suolo e ne eccita la fluorescenza lungo un cilindro di atmosfera di circa 11 km di spessore e 50 cm di diametro, pari ad 1” alla distanza dello strato. Questo volume di atmosfera riemette luce di fluorescenza in tutte le direzioni, parte di questa luce torna verso il telescopio ripercorrendo una seconda volta l’atmosfera inferiore con l’intensità di una stella di 6a mag e viene usata come riferimento dal sistema di correzione ottica.

Laser Guide Star - 2 a) b) Tecnologie Astronomiche M. Brescia Laser Guide Star - 2 La stella guida laser (LGS) è in grado di misurare tutti gli ordini superiori al primo dello sviluppo di Zernike del fronte d’onda deformato in entrata all’apertura del telescopio. Non può tuttavia essere usato per determinare il Tip-Tilt dell’immagine, in quanto in tal caso i raggi di ritorno dalla stella artificiale ripercorrono lo stesso cammino del fascio laser inviato da terra (a), perciò il baricentro dell’immagine stellare resta sempre centrato sull’asse ottico. Nelle deformazioni di ordine superiore invece, le distorsioni causate nei due percorsi di andata e di ritorno si sommano l’una all’altra (b) COSTI ELEVATISSIMI DIFFUSIONE ALL’INTERNO DELLA CUPOLA STELLA NON PUNTIFORME NON SI PUO’ CORREGGERE PER TIP- TILT I TELESCOPI SONO OTTIMIZZATI PER IMMAGINI DALL’INFINITO, NON DAL FINITO a) b)

Alternativa: stella reale di riferimento - 1 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Alternativa: stella reale di riferimento - 1 Loop adattivo con stella reale di riferimento

Alternativa: stella reale di riferimento - 2 Tecnologie Astronomiche M. Brescia Alternativa: stella reale di riferimento - 2 Loop attivo con stella reale di riferimento

Problema: vignetting Tecnologie Astronomiche M. Brescia Problema: vignetting La soluzione di adottare la stella reale come riferimento per la correzione ottica ha un problema: lo specchio usato per deflettere la luce verso il sensore di fronte d’onda può vignettare il FOV dello strumento primario (fuoco del telescopio).

Soluzione: off-axis guide star Tecnologie Astronomiche M. Brescia Soluzione: off-axis guide star La soluzione è allora utilizzare il sistema di guida off-axis del telescopio. La stella usata per la guida può essere rediretta verso il sensore di fronte d’onda per l’analisi del fronte.

Il sistema di controllo di ottica attiva Tecnologie Astronomiche M. Brescia Il sistema di controllo di ottica attiva

ottica attiva con M1 - 1 Tecnologie Astronomiche M. Brescia ottica attiva con M1 - 1 Per ottica attiva applicata al primario di un telescopio, si intende tenere sotto controllo la forma dello specchio, che può essere soggetta a deformazioni non uniformi, rispetto all’intera superficie (specie per specchi di grande diametro e molto sottili), dovute a gradienti termici/gravitazionali, contro-deformando zone localizzate della superficie prima (off-line) o durante (on-line) le osservazioni. Come già detto, ciò può essere fatto mediante un sensore di fronte d’onda e scomponendo la funzione di fronte d’onda nel polinomio i cui coefficienti sono i contributi di aberrazione, di diversa tipologia a seconda del grado nel polinomio. Abbiamo anche visto che i polinomi di Zernike sono i più usati. Dai coefficienti di aberrazione si può calcolare la forza da applicare agli attuatori per attuare la deformazione. Ciò può essere fatto: off-line: forze di calibrazione per correggere 1nm di ogni tipo di aberrazione (pre-calcolate in base al modello teorico) 2) on-line: decomposto il fronte d’onda nei coefficienti di aberrazione, si effettua il calcolo delle forze da applicare per ognuno degli attuatori

ottica attiva con M1 - 2 Tecnologie Astronomiche M. Brescia ottica attiva con M1 - 2 Tuttavia, per le aberrazioni correggibili mediante M1, il modo analitico migliore per rappresentarle e quantificarle, sarebbe utilizzare i modi di vibrazione naturale dello specchio, detti modi elastici. La loro rappresentazione analitica risulta molto più complessa rispetto a Zernike, ma hanno una maggior precisione di rappresentazione delle aberrazioni di M1 (sferica, astigmatismo, tricoma etc….), che si riflette su una minore richiesta di forza da applicare agli attuatori contro-deformanti (risparmio di energia e maggiore sicurezza del sistema rispetto allo specchio). Nella pratica, Zernike è più preciso per le aberrazioni corrette da M2 (defocus, coma, tilt), mentre i modi elastici lo sono per le aberrazioni relative ad M1.

ottica attiva con M1 - 3 Tecnologie Astronomiche M. Brescia ottica attiva con M1 - 3 Sia i coefficienti di Zernike che i modi elastici sono insiemi di funzioni mutuamente ortogonali. Tale ortogonalità si perde in modo trascurabile se si mescolano nel sistema di correzione attiva di un telescopio. La forma radiale dei modi elastici è molto simile a quella di Zernike. La seguente tabella mostra la tipica classificazione dei modi elastici e la corrispondente interpretazione in termini dei coefficienti di Zernike. Symmetry Order Optical interpretation 2 Similar to Spherical 3rd order 3 Similar to Spherical 5th order 1 Similar to Coma 5th order Similar to Astigmatism 3rd order Similar to Astigmatism 5th order Similar to Tricoma 4 Similar to Quadratic Astigmatism

ottica attiva con M1 - 4 Tecnologie Astronomiche M. Brescia ottica attiva con M1 - 4 aberrazioni rotazionalmente simmetriche Sono corrette applicando un “letto” di forze sugli attuatori laddove non sia importante l’angolo di incidenza del supporto inferiore dello specchio. Considerato l’anello di attuatori generico R, per correggere il generico coefficiente di aberrazione m, si ha: aberrazioni non rotazionalmente simmetriche Sono corrette applicando un “letto” di forze dove vi sia dipendenza tra l’anello e l’angolo del supporto. La forza per l’attuatore i-esimo dell’anello R per l’aberrazione a con ordine di simmetria o, è la seguente:

Tecnologie Astronomiche M. Brescia ottica attiva con M1 - 5