Il figlio ritrovato (Luca 15,11-32)

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Il figlio ritrovato (Luca 15,11-32) 2 - Cenacolo Alpha 12.10.2010 Obbiettivo: Scoprirsi desiderati e attesi dal Padre Frase: “Tu eri morto e sei tornato in vita” … cammina alla scoperta della vera Vita. Immagine: l’ABBRACCIO

Nelle ‘parabole’ Gesù mette in scena storie di esseri umani Nelle ‘parabole’ Gesù mette in scena storie di esseri umani. Le sue storie rispecchiano il modo di agire di Dio che interviene con grande carità nella vita di ognuno di noi. Tra le esperienze umane una delle più comuni e dolorose è quella della PERDITA. Essa ci appartiene, presto o tardi è inevitabile (perdite di familiari o amici, di forze e salute, del tempo che passa …). Frase: “A chi chiede di essere aiutato a rialzarsi, non rifiutare mai di stendere la mano” (A. Graf, Ecce homo, 530)

San Luca raccoglie nel cap San Luca raccoglie nel cap. 15 tre storie intorno ad una perdita a cui fa seguito un ritrovamento e una gioia immensa: la pecorella smarrita, la moneta e il figlio perduto. Nelle prime due parabole la perdita è comunque lieve … ma queste perdite possono essere sempre strazianti; come il loro ritrovamento. Il senso di queste parabole è il seguente: Dio gioisce infinitamente nel ritrovare e accogliere di nuovo quanti si sono allontanati, andando smarriti. “Il perdono ci fa essere superiori a coloro che ci ingiuriano” (N. Machiavelli, Pensieri, XI, 7)

Messaggio in generale E’ la storia del figlio più giovane di un proprietario terriero, ansioso di assaporare la propria libertà e indipendenza, di rompere il vincolo con la tradizione, di allontanarsi dalla vita familiare che lo opprime e di inaugurare una vita familiare altrove. Dopo aver sperperato i soldi preferisce mettersi a servizio di un fattore pagano, che lo manda a pascolare i porci: questa è una delle umiliazioni più brucianti per un ebreo. In pratica il giovane rinnega la propria religione. Solo in preda alla fame e all’umiliazione “rientra in se stesso”; decide di tornare al padre e a Dio. Ricorda ciò che ha perduto. Tornerà dal padre e dirà: “Padre, ho peccato contro il cielo e dinanzi a te”. Sa che il padre è generoso persino con i servi. Si aggrappa al pensiero di suo padre come a una scialuppa di salvataggio. Frase: “Chi non sa perdonare spezza il ponte sul quale egli stesso dovrà passare” ( Sacra Scrittura)

Appena lo vede il padre, dimentico della sua dignità, gli corre incontro ad accoglierlo. Solo ora comincia a parlare … interrompendo le scuse del figlio. Il padre esercita il perdono: dà al figlio la veste riservata a un ospite di riguardo; gli infila un anello al dito; gli fa calzare sandali; ordina un banchetto di gioia. L’atteggiamento del figlio dice qualcosa di importante. Spesso non riusciamo a prendere decisioni autentiche … ci perdiamo. Anziché correre dietro alle cose che davvero amiamo restiamo come bloccati … “Perdona, caro, a chi fa un passo falso; pensa che anche tu hai un piede che può incespicare” (Ruckert, Wiesheit des Bahmanen, 24)

Il figliol prodigo “rientra in se stesso” Il figliol prodigo “rientra in se stesso”. Emerge dalla sua auto-alienazione. Trova se stesso! La sua è una decisione autonoma. Solo ritrovando se stesso riuscirà a vedere il sentiero che lo condurrà lontano dalla miseria. S. Agostino e John Henry Newmann con forza suggeriscono che dobbiamo rientrare in noi stessi e conoscere chi siamo se vogliamo tornare a Dio e conoscerlo. Per far questo bisogna attribuire a noi la colpa dei nostri peccati e non scaricarla fuori di noi. “Non cercare mai d’ingannare te stesso, non giustificare l’errore, e ricordati che è cosa bella e magnanima confessare il proprio torto” (L. Settembrini, Lettere)

“Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità … Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace”. (S. Agostino, Le Confessioni) “La verità è quello che cerchi quando ancora non sai cosa sia, ma sai che c’è” (Umberto Cerroni)

L’amore del Padre La storia è un invito ad aprirci allo straordinario amore del Padre. Possiamo individuare almeno QUATTRO QUALITA’ dell’amore umano e divino. 1) L’amore di Dio è donatore di vita e principio creativo: conduce alla vita ciò che ancora non esiste, è forza che rigenera; il padre misericordioso dispensa amore al figlio che era morto dal punto di vista morale e religioso. E’ l’amore del padre che rende possibile la rinascita del figlio. 2) L’amore di Dio è incondizionato: “tu non devi morire, devi vivere per sempre” (G. Marcel). Coloro che amano non riescono a sopportare l’idea che il bene amato non ci sia più. Dio è felice della nostra esistenza: non importa quanto feriamo e distruggiamo noi stessi nel peccato; l’amore di Dio non ci viene mai tolto. L’amore di Dio promette una vita rinnovata, su questa terra e nei cieli. La felicità di Dio diventa assoluta quando i figli ritornano a casa, accettano l’amore di Dio

“Paga la metà chi confessa il debito” (Herrick, Hesperides, 220) 3) L’amore di Dio genera unione e riconciliazione: l’amore – per sua natura – è una forza reciproca, è incompleto fino a quando il suo slancio non viene corrisposto. L’amore è simile ad un abbraccio che non si concede senza riceverne un altro in cambio. Amare non è mai manipolazione e forzatura degli altri ad amarmi. Qui l’amore del padre fa maturare una nuova comunione di vita. 4) L’amore di Dio è stracolmo di gioia, ne è un frutto tipico. Nella parabola la gioia esplode in due occasioni: quando il figlio ritorna (“facciamo festa” 15,24) e in risposta al figlio maggiore (“si doveva far festa” 15,32). “Paga la metà chi confessa il debito” (Herrick, Hesperides, 220)

Ma come è Dio? La parabola del figliol prodigo dice a chiare lettere che DIO E’ AMORE. Nella Redemptor hominis Giovanni Paolo II scrive: “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore” (10). L’uomo non può vivere senza aver incontrato l’amore del Padre. O Dio, ti preghiamo e ti rendiamo grazie per il tuo amore infinito e per la tua misericordia verso di noi. Tu ci riconduci a casa, in seno a te, rendendoci partecipi della tua letizia senza fine. Tu desideri che noi ti siamo figli e figlie, riunendoci per sempre in una comunione d’amore e di vita con te. Colmaci ora e sempre della tua gioia infinita, per la grandezza del tuo amore clemente verso ognuno di noi.

Lettura del testo in particolare Dio riconosce necessariamente come figli tutti quanti, sia giusti sia peccatori. Semplicemente perché è Padre! Il giusto invece riconosce a denti stretti il peccatore come figlio, ma non come fratello suo! E’ quindi il vero peccatore. Bisogna che riconosca l’altro come fratello, identificandosi con lui. Questa pagina del vangelo esige il passaggio da una religione servile alla libertà dei figli. Siamo amati da Dio non perché noi siamo buoni, ma perché lui è nostro Padre. ALCUNE SEMPLICI NOTE … come esempio “là sperperò la sua sostanza”: il figlio, lontano dal Padre, perde la sua sostanza. “vivendo da dissoluto”: letteralmente ‘vivendo insalvabilmente’. Quando l’uomo perde il rapporto con la propria fonte, cerca tutte le briciole di vita per soddisfare la propria sete; si vende e si prostituisce ad esse. Nell’angoscia che tutto è nulla, si riempie inutilmente il vuoto con tutto. “venuto in se stesso”: prima era fuori di sé, alienato nei suoi desideri che l’avevano ridotto a fame. Ora non si pente. Semplicemente rinsavisce. Constata che la realtà non era come pensava. Capisce che ha sbagliato a valutare le cose. E’ l’inizio di un cammino. Un antico proverbio ebraico dice: “Quando gli israeliti hanno bisogno di mangiare carrube, è la volta che si convertono”. “PRENDI POSIZIONE! La neutralità favorisce sempre l’oppressore, non la vittima. Il silenzio incoraggia sempre il torturatore, non il torturato” . (Elie Wiesel)