La poesia in Italia dagli anni Venti agli anni Cinquanta

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Transcript della presentazione:

La poesia in Italia dagli anni Venti agli anni Cinquanta Linea novecentista -Ungaretti ed ermetici- Linea antinovecentista -Saba- -Montale- Riferimenti al Simbolismo e uso delle analogie; linguaggio alto Poesia anti-simbolista e realistica; linguaggio semplice e quotidiano Soluzioni alternative

L’Ermetismo Nasce negli anni Trenta a Firenze p. 410 Nasce negli anni Trenta a Firenze quando le condizioni imposte dal regime fascista spingono molti poeti a rifiutare qualsiasi impegno sociale o politico… quindi parlano di se stessi Ungaretti è il punto di riferimento anche se egli non si definì mai poeta ermetico Il termine viene usato per la prima volta nel 1936 da un critico per indicare una nuova poesia: difficile, oscura, tutta basata sulle analogie, aristocratica, chiusa…

conflitto interiore: rifiuto del cognome paterno ma anche ammirazione… Infanzia p. 571 1883: nasce a Trieste. Madre ebrea e padre veneziano che abbandona la moglie prima della nascita del bambino. conflitto interiore: rifiuto del cognome paterno ma anche ammirazione… È affidato a una balia slovena: Peppa Sabaz (fino a 3 anni). In ricordo della nutrice Beppa Sabaz e per adesione al mondo ebraico, il poeta prese il nome di Saba (che in ebraico significa «pane»).

Istruzione e lavoro Compie studi irregolari ma legge tutti i classici italiani, si interessa di filosofia e di psicologia, studia violino La “triestinità”… Lavora come mozzo su una nave mercantile e come praticante presso una ditta commerciale, poi apre una libreria p. 571

La famiglia p. 572 1909: sposa Lina a cui dedicherà numerose poesie e da cui avrà una figlia, Linuccia Abita a Montebello, vicino Trieste ma dopo le leggi razziali è costretto a nascondersi, aiutato da Ungaretti e da Montale

La malattia Per superare frequenti crisi depressive legate ai traumi dell’infanzia fa uso di oppio Nel 1928 inizia una cura psicanalitica con il dottor Edoardo Weiss, allievo di Freud. Nel 1954 la malattia nervosa peggiora 1957: muore di infarto a Gorizia p. 572

La poetica 1)Estraneo alle poetiche moderne di D’Annunzio, Ungaretti e Montale e poi dell’Ermetismo, Saba elabora una poetica molto personale, vicina alla tradizione italiana (da Petrarca a Leopardi). Diventa così il punto di riferimento per i poeti della linea antinovecentista. p. 573 7

La poetica 2)Saba si propone di fare una «poesia onesta», vuole, cioè, descrivere la realtà, anche quella interiore, per aiutare l’uomo a recuperare la propria identità e integrità. La poesia onesta deve funzionare come uno “scandaglio” destinato a “toccare il fondo”; la poesia onesta è strumento di scavo per arrivare al fondo delle cose e dei sentimenti. “La fede avere di tutti, dire parole, fare cose che poi ciascuno intende, e sono, come il vino e il pane, come i bimbi e le donne, valori di tutti…” (da Il borgo) 8

La ricerca di Saba non ha, tuttavia, alcuna valenza metafisica La ricerca di Saba non ha, tuttavia, alcuna valenza metafisica. Non si tratta di attingere, attraverso la parola, ad una verità mistica o metafisica (cfr Ungaretti e, per certi versi, Montale). Quella che Saba cerca è una verità “psicologica”, tutta terrena, che spieghi le motivazioni più profonde dell’agire umano e che attraverso l’esperienza individuale possa assumere un valore esemplare, universale.

La poetica p. 574 Anche Saba esprime la “malattia” del Novecento (temi: solitudine, tristezza, malinconia, caducità delle cose, dolore dell’esistenza), ma a differenza dei suoi contemporanei egli ritiene che sia possibile guarire aderendo alla realtà cioè inserendosi nella vita quotidiana (temi: accettazione e amore per la vita, autobiografismo e realismo). 3) Saba rifiuta lo sperimentalismo formale; la forma è limpida e chiara; la metrica è quella tradizionale; il lessico deriva da una fusione del linguaggio parlato con quello dei grandi poeti italiani… Le forme tradizionali, però, veicolano nuovi contenuti, come l’analisi della vita interiore dell’uomo, con effetti stranianti! 10

Il Canzoniere: edizioni, genere, titolo p. 577 Il Canzoniere raccoglie tutta la produzione poetica di Saba; i 437 testi che lo compongono furono scritti nell'arco di oltre mezzo secolo (1900-1954). La prima edizione è del 1921; l'edizione definitiva, postuma, è del 1961. Si tratta di una raccolta di liriche che ha i caratteri del diario e dell’autobiografia: Saba ricostruisce la propria vicenda individuale e intima, che assume però un carattere universale. Il titolo richiama la raccolta di Petrarca… Autobiografismo (la poesia deve essere strumento di autoindagine, di autoconoscenza). Realismo: le cose e la vita quotidiane; Trieste, la campagna, gli animali, la moglie; la malattia, il dolore, la morte, l’infanzia rivisitata in chiave psicoanalitica.

La “poesia bella” e la “poesia onesta” facile /difficile: facile nella comprensione immediata, ma difficile nella decifrazione delle risonanze profonde, psicologiche che legano tra loro i singoli componimenti tutto, il bene e il male, si tiene: alla “poesia bella” si contrappone la “poesia onesta”. «romanzo psicologico» di una vita

Amai Amai trite parole che non uno osava. M’incantò la rima fiore amore, la più antica difficile del mondo. Amai la verità che giace al fondo, quasi un sogno obliato, che il dolore riscopre amica. Con paura il cuore le si accosta, che più non l’abbandona. Amo te che mi ascolti e la mia buona carta lasciata al fine del mio gioco. Due quartine e un distico Nove endecasillabi e un ternario Schema della rima: X A – a B – B A – A C – C Y

Anafora: AMAI AMORE AMO TE Parole chiave riconducibili a Il componimento è una « dichiarazione di poetica » (poesia che parla della poesia e del suo poeta). Anafora: AMAI AMORE AMO TE (continuità tra passato e presente nelle scelte poetiche e di vita) Amai Amai trite parole che non uno osava. M’incantò la rima fiore amore, la più antica difficile del mondo. Amai la verità che giace al fondo, quasi un sogno obliato, che il dolore riscopre amica. Con paura il cuore le si accosta, che più non l’abbandona. Amo te che mi ascolti e la mia buona carta lasciata al fine del mio gioco. 1. Non è facile fare poesia con parole comuni e rime banali ma ad esse si possono dare significati e musicalità inconsueti Parole chiave riconducibili a POESIA e MORTE 2. L’amore per la verità è un impegno morale ma non c’è amore senza dolore 3. Si rivolge al lettore. Metafora della poesia come salvezza Saba ama la semplicità, la sincerità, l’immediatezza ma soffre per le sue scelte tradizionali (allora anticonformiste) Andamento colloquiale; lessico semplice

Il poeta p. 580-581 Il poeta ha le sue giornate contate, come tutti gli uomini; ma quanto, quanto variate! L'ore del giorno e le quattro stagioni, un po’ meno di sole o più di vento, sono lo svago e l'accompagnamento sempre diverso per le sue passioni, sempre le stesse; ed il tempo che fa quando si leva, è il grande avvenimento del giorno, la sua gioia appena desto. Sovra ogni aspetto lo rallegra questo d'avverse luci, le belle giornate movimentate come la folla in una lunga istoria, dove azzurro e tempesta poco dura, e si alternano messi di sventura e di vittoria. Con un rosso di sera fa ritorno, e con le nubi cangia di colore la sua felicità, se non cangia il suo cuore. Il poeta è un uomo come tutti gli altri (ha i giorni contati) ma per lui le ore trascorrono serene perché sa cogliere nella quotidianità immagini e variazioni che ai più sfuggono Riflessione sul trascorrere del tempo priva di pessimismo

Trieste Ascendenze leopardiane nel lessico: erta, muricciolo, strana, natia, pensosa, schiva che fanno del realismo di Saba un realismo lirico (Trieste come luogo dell’anima) Intima vitalità della città (in ogni parte è viva) che contrasta con la ricerca di tranquillità, la pensosità del poeta e la sua attitudine contemplativa (viva rima emblematicamente con schiva) …Transfert psicoanalitico?

Città vecchia (dal Canzoniere, Trieste e una donna, 1910-1912) p. 585-586 Spesso, per ritornare alla mia casa prendo un’oscura via di città vecchia. Giallo in qualche pozzanghera si specchia qualche fanale, e affollata è la strada. Qui tra la gente che viene che va dall’osteria alla casa o al lupanare, dove son merci ed uomini il detrito di un gran porto di mare, io ritrovo, passando, l’infinito nell’umiltà. Qui prostituta e marinaio, il vecchio che bestemmia, la femmina che bega, il dragone che siede alla bottega del friggitore, la tumultuante giovane impazzita d’amore, sono tutte creature della vita e del dolore; s’agita in esse, come in me, il Signore. Qui degli umili sento in compagnia il mio pensiero farsi più puro dove più turpe è la via Città vecchia (dal Canzoniere, Trieste e una donna, 1910-1912) Strofa narrativa Strofa descrittiva Strofa riflessiva

L’infinito nell’umiltà Città vecchia I temi Il vero significato della vita si nasconde nelle situazioni e nelle persone più umili e quotidiane. La verità e l’autenticità dell’esistenza sono nella gente all’osteria, al lupanare, nelle creature più umili e oscure, nei marinai, nelle prostitute… Motivo dell’ “infinito nell’umiltà” (concetto nietzchiano di coincidenza tra quotidianità e infinito): il poeta riscopre le ragioni della vita nel rapporto con gli altri L’infinito nell’umiltà E’ una dichiarazione forte, in polemica con la ricerca simbolista ma anche delle avanguardie (ermetismo) di una poesia che cerca il senso profondo, religioso (il Signore) attraverso arditi accostamenti analogici. Saba invece trova tutto ciò (il senso religioso dell’esistere e la fratellanza tra gli uomini) a contatto con la realtà più semplice e quotidiana.

Saba e De Andrè Entrambi i testi descrivono i quartieri più degradati di una città portuale (Trieste-Genova), caratterizzati dall’assenza di luce. In entrambi i testi si fa riferimento a un’umanità degradata a cui, però, si guarda senza condanna. In De Andrè c’è un certo distacco ironico nei confronti della vita e della morte invece Saba si immerge totalmente nel mondo senza alcun giudizio morale.

De Andrè Prostitute e pensionati sono descritti con evidente simpatia, perché raffigurano la schiettezza contro l'ipocrisia del vecchio professore dall'ambiguo comportamento. Le ultime due strofe delineano con maggiori particolari la zona dell'angiporto e i personaggi che lo abitano: ladri, assassini, approfittatori senza scrupoli. Ed è proprio qui che De André chiede di non giudicare con il metro della legalità e della mentalità borghese, bensì di provare per quei poveri esseri un forte senso di pietà, poiché essi non sono null'altro che vittime della società e della storia. 

Il tema del calcio, nella letteratura italiana, non è un argomento che ha interessato molti autori o poeti; del resto il calcio italiano è diventato importante solo quando, nel 1934 e nel 1938, l’Italia vinse il campionato del mondo. Saba era un tifoso della Triestina, squadra che seguiva anche in trasferta e considerava il calcio un mix tra tenacia e sensibilità, uno sport che insegna a rispettare gli avversari battuti, pieno di emozioni e sentimenti. Le "Cinque poesie sul gioco del calcio" sono da molti ritenute il vertice della poesia di Umberto Saba. E in effetti incarnano al meglio la sua idea di "pratica quotidiana" come tratto peculiare dello scrivere poesie. Le "trite parole" che palesemente Saba prediligeva significavano anche triti gesti, triti rituali. E tali sono quelli della squadra e dei tifosi descritti nelle "Cinque poesie": l'ingresso in campo, l'attesa del portiere, il momento del goal, l'esultanza dei tifosi. Semplici momenti di quotidianità domenicale. Eppure si ha la sensazione immediata, leggendole, che l'autore operi regolarmente uno scarto impercettibile dalla prosa all'epica. Il gioco del calcio diventa il gioco della vita.

GOAL Tre strofe di sei versi endecasillabi p. 588 Il portiere caduto alla difesa ultima vana, contro terra cela la faccia, a non veder l’amara luce. Il compagno in ginocchio che l’induce, con parole e con mano, a rilevarsi, scopre pieni di lacrime i suoi occhi.   La folla – unita ebbrezza – par trabocchi nel campo. Intorno al vincitore stanno, al suo collo si gettano i fratelli. Pochi momenti come questo belli, a quanti l’odio consuma e l’amore, è dato, sotto il cielo, di vedere. Presso la rete inviolata il portiere - l’altro - è rimasto. Ma non la sua anima, con la persona vi è rimasto sola. La sua gioia si fa una capriola, si fa baci che manda di lontano. Della festa – egli dice – anch’io son parte. Tre strofe di sei versi endecasillabi La poesia descrive una partita di calcio durante la quale sono focalizzate in particolar modo le emozioni e gli stati d'animo nei momenti successivi a un goal: il goal dal punto di vista del portiere che lo ha subito è fonte di tristezza e di dolore, per i giocatori dell’altra squadra e per i tifosi è gioia allo stato puro. Alla gioia della folla citata nella seconda strofa si unisce quella dei calciatori, soprattutto del portiere che, nonostante fisicamente si trovi lontano dalla squadra, gioisce con i compagni. 22

In questa strofa l'attenzione è rivolta al portiere sconfitto che, dopo essersi slanciato in un'ultima inutile difesa, nasconde per la rabbia e l'umiliazione la faccia a terra che viene messa in evidenza dall'enjambement che collega i versi due e tre (contro terra cela/ la faccia). Tra le figure di significato è presente una sinestesia (amara luce) ed è anche importante l'iperbato al verso 6 (scopre pieni di lacrime i suoi occhi) mettendo in evidenza il dolore del portiere sconfitto. Il portiere caduto alla difesa ultima vana, contro terra cela la faccia, a non veder l’amara luce. Il compagno in ginocchio che l’induce con parole e con mano, a rilevarsi, scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

Nella seconda strofa l'attenzione viene invece rivolta alla folla la cui ebbrezza sembra traboccare nel campo. Il testo è un inversione con la presenza di un'anastrofe (intorno al vincitore stanno al suo collo si gettano i fratelli) e un iperbato al verso 4. Il poeta per rendere evidenti i sentimenti contrapposti delle due squadre si serve di un'antitesi (a quanti l'odio consuma e l'amore è dato). La folla- unita ebrezza - par trabocchi nel campo. Intorno al vincitore stanno, al suo collo si gettano i fratelli. Pochi momenti come questo belli, a quanti l’odio consuma e l’amore, è dato, sotto il cielo, di vedere.

Presso la rete inviolata il portiere - l’altro - è rimasto Presso la rete inviolata il portiere - l’altro - è rimasto. Ma non la sua anima, con la persona vi è rimasta sola. La sua gioia si fa una capriola, si fa baci che manda di lontano. Della festa - egli dice - anch’io son parte. La terza strofa inizia con un’ anastrofe (presso la rete inviolata il portiere-l'altro-è rimasto). La gioia viene espressa con un rapporto analogico nel verso 16 (la sua gioia si fa una capriola), e la lirica si conclude con un iperbato (della festa egli dice anch'io son parte).

STORIA… Riconosciuto da Mussolini come “gioco fascista” il calcio fu usato dal regime quale strumento per la costruzione di un’identità nazionale e arma diplomatica per imporre l’Italia alla ribalta della scena internazionale. Non è un caso che proprio gli anni ’30 segnarono il trionfo del calcio italiano.   Nel periodo tra le due guerre, grazie ai mezzi di comunicazione di massa – stampa, cinema e radio – lo sport divenne il terreno sul quale potevano essere idealizzate le tensioni tra i gruppi e le nazioni, che si affrontavano in scontri simbolici sui campi di calcio o di rugby. Le competizioni sportive internazionali diventarono così l’occasione per diffondere sentimenti nazionali anche tra individui scarsamente interessati alla vita politica: il semplice tifoso, identificandosi con gli atleti che rappresentavano il suo paese, diventava egli stesso un simbolo della propria nazione. Nel clima confuso e disorientato degli anni in mezzo alle due guerre, caratterizzati da una grave crisi economica mondiale e da un diffuso timore nei confronti della modernizzazione della società, lo sport acquistò rilievo come valore sociale e il campione sportivo diventò un modello da imitare. Inoltre lo sport si prestava a sviluppi propagandistici in senso nazionalistico e militaristico, consentendo l’esaltazione della giovinezza, della prestanza fisica, della razza. La stampa sportiva, dichiaratamente fascista, arrivò ad affermare nel 1940, un mese prima dell’entrata in guerra dell’Italia, che “lo sport è un’arma. È un modo di essere e di divenire di un popolo guerriero”.