CROCE ROSSA ITALIANA Comitato Regionale ABRUZZO

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CROCE ROSSA ITALIANA Comitato Regionale ABRUZZO DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO 2° CORSO INFORMATIVO di Diritti Umani e Diritto Internazionale Umanitario Chieti, 21 ottobre 2007 Dott..Federico ERAMO - Giudice del Tribunale per i minori di’Aquila Consigliere Giuridico nelle Forze Armate Ufficiale in congedo del Corpo Militare C.R.I.

Nozione di “Diritti Umani” L’espressione indica oggi, nell’uso corrente, “solo quei diritti e libertà individuali che appartengono alla persona umana in virtù della sua umanità (…)”, ossia “qualcosa che appartiene ad ogni essere umano semplicemente perché è tale”. Secondo una definizione più articolata, invece, essi costituiscono “il fenomeno connesso non solo con la protezione degli individui dall’arbitrio delle autorità governative o statali ma anche quello diretto alla creazione da parte dello Stato di condizioni sociali dirette allo sviluppo della personalità e alla realizzazione del cittadino” (J. Humphrey). I diritti umani – o diritti dell’uomo – come furono inizialmente intesi si rifanno ai dettami della dottrina del diritto naturale.

LE FONTI DEI DIRITTI UMANI Tra le numerose fonti esistenti vanno ricordati: - La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948; - la Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950; - la Convenzione americana relativa ai diritti umani del 1969; - la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli del 1981; - i Patti internazionali relativi ai diritti dell'uomo del 1966; - la Convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti del fanciullo del 1989.

Evoluzione dei Diritti Umani 1^ generazione I primi diritti che si è cercato di tutelare sono quelli che poi verranno definiti civili e politici, ossia il diritto dell’individuo di essere libero dall’arbitraria influenza dello Stato; sono diritti – attributi dell’individuo, opponibili allo stato in quanto suppongono un suo atteggiamento di astensione perché possano venire rispettati. 2^ seconda generazione Sono i diritti c.d. economici, sociali e culturali: il diritto alla creazione di condizioni tali, da parte dello stato, della collettività nazionale e della comunità internazionale, da permettere ad ogni individuo di vivere al meglio delle sue possibilità; questi diritti sono esigibili dallo Stato, in quanto richiedono la realizzazione di determinate azioni politiche per poter essere realizzati. 3^ generazione Nella seconda metà del XX secolo si affermeranno, poi, i cosiddetti diritti della terza generazione o diritti di solidarietà. Sostenuti dai paesi in via di sviluppo, dopo la conquista dell’indipendenza, in primo luogo nel forum costituito dalle Nazioni Unite, essi esprimono le esigenze di questi nuovi attori della comunità internazionale; sono allo stesso tempo esigibili ed opponibili allo stato, ma soprattutto non possono essere realizzati senza la collaborazione di tutti gli attori sociali: si individuano cinque diritti appartenenti a questa categoria: diritto allo sviluppo, alla pace, alla tutela dell’ambiente, alla condivisione della proprietà del patrimonio comune dell’umanità, alla comunicazione.

Nozione ed evoluzione del diritto internazionale umanitario L'evoluzione delle norme del diritto internazionale umanitario è il risultato dell'equilibrio tra la necessità militare e le preoccupazioni umanitarie. Il diritto internazionale umanitario prevede norme che cercano di proteggere le persone che non partecipano, o non partecipano più, direttamente alle ostilità — come i civili, i prigionieri di guerra e gli altri detenuti, i feriti e i malati — nonché di disciplinare i mezzi e i metodi di guerra — incluse le tattiche e le armi utilizzate- in modo da evitare mali superflui, sofferenze e distruzioni inutili. “La guerra non è una relazione tra un uomo e un altro uomo, bensì una relazione tra Stati, in cui gli individui sono nemici solo per caso; non come uomini, nemmeno come cittadini, ma solo in quanto soldati (...) “(J. J. Rousseau)

Possibilità di limitazione della tutela dei diritti umani L’art. 4 Patto Internazionale sui diritti civili e politici stabilisce che : “In caso di pericolo pubblico eccezionale, che minacci l’esistenza della nazione e venga proclamato con atto ufficiale, gli Stati parti del presente Patto possono prendere misure le quali deroghino agli obblighi imposti dal presente Patto, nei limiti in cui la situazione strettamente lo esiga, e purché tali misure non siano incompatibili con gli altri obblighi imposti agli Stati medesimi dal diritto internazionale e non comportino una discriminazione fondata unicamente sulla razza, sul colore, sul sesso, sulla lingua, sulla religione o sull’origine sociale. La suddetta disposizione non autorizza alcuna deroga agli articoli 6 (diritto alla vita), 7 (divieto di tortura), 8 (divieto di schiavitù)” A ciò si aggiunge il principio di legalità e di non retroattività della legge. Questi diritti fondamentali che gli Stati sono tenuti a rispettare in ogni caso – anche in caso di conflitto o di disordini interni – vengono chiamati il "nocciolo duro" dei diritti dell’uomo.

QUAL E' LA DIFFERENZA TRA IL DIRITTO INTERNA Z I O NA L E U M A N I TARIO ED I DIRITTI UMANI? Il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale dei diritti dell’uomo mirano entrambi a proteggere la persona umana, ma la proteggono in circostanze e con modalità differenti. Il diritto umanitario si applica nelle situazioni di conflitto armato mentre i diritti umani, o almeno alcuni tra di essi, proteggono la persona umana in ogni tempo, tanto in guerra che in pace. Se il diritto umanitario ha per fine quello di proteggere le vittime cercando di limitare le sofferenze causate dalla guerra, i diritti umani mirano a proteggere la persona umana e a favorirne lo sviluppo. Il diritto umanitario si occupa anzitutto del trattamento delle persone cadute in potere della parte avversa, oltre che della condotta delle ostilità. I diritti umani mirano essenzialmente a prevenire gli arbitri, limitando il potere dello Stato sugli individui; essi non hanno come scopo la regolamentazione della condotta delle ostilità. Per assicurare il rispetto delle proprie norme, il diritto umanitario contempla meccanismi che realizzano una forma di controllo continuo della sua applicazione e mette l'accento sulla cooperazione tra le parti in conflitto ed un intermediario neutro, al fine di prevenire eventuali violazioni. E’ per questo motivo che il CICR, che ha il compito di far rispettare il diritto umanitario, privilegia la persuasione come modalità d'azione.

I diritti umani diventano dunque applicabili anche Fondamenti teorici e pratici della distinzione Fra DIU e diritti Umani - 1 In un’epoca in cui si parla tanto di progresso e di civiltà, visto che purtroppo le guerre non possono sempre essere evitate, non urge insistere perché si cerchi, in uno spirito d’umanità e di vera civiltà, di prevenire o almeno mitigarne gli orrori? (H. Dunant) Dal 1968 con la proclamazione di Teheran/Conferenza diritti umani L’Assemblea Generale ONU si occupa del tema del “rispetto dei diritti umani in periodo di conflitto armato”.  I diritti umani diventano dunque applicabili anche in tempo di guerra, ma in tal caso gli Stati possono sospendere l’esercizio di alcuni diritti, senza mai escludere tuttavia quelli fondamentali (“nocciolo duro”).

Fondamenti teorici e pratici della distinzione Fra DIU e Diritti Umani -2 SULLA PROIBIZIONE DELLA GUERRA Fino alla fine della Prima Guerra Mondiale, il ricorso alla forza armata era considerato non come un atto illecito, ma come un modo accettabile di risolvere le controversie. Nel 1919, il Patto della Società delle Nazioni e, nel 1928, il Trattato di Parigi (Patto Briand-Kellogg) cercarono di limitare, se non di mettere al bando la guerra. L’adozione della Carta delle Nazioni Unite nel 1945 confermò questa tendenza: “I membri dell’Organizzazione si asterranno, nelle loro relazioni internazionali, dal ricorrere alla minaccia o all’uso della forza (...).” Tuttavia, quando uno Stato (o un gruppo di Stati) è attaccato da un altro Stato (o da un altro gruppo di Stati), la Carta delle Nazioni Unite sostiene il diritto all’autodifesa individuale o collettiva. Il Consiglio di Sicurezza, agendo sulla base del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite può anche decidere l’uso collettivo della forza. Questo può significare: - misure coercitive (volte a ristabilire la pace) contro uno Stato che minaccia la sicurezza internazionale; - misure di mantenimento della pace sotto forma di missioni di osservazione o di missioni di peace-keeping. Un'altra ipotesi in cui è ammesso il ricorso alla forza si rinviene nell'ambito del diritto dei popoli all’autodeterminazione: nella risoluzione 2105 (XX), adottata nel 1965, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite “riconosce la legittimità della lotta ingaggiata dai popoli sotto la dominazione coloniale per esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza

3- Apparenti incongruenze E’ contraddittorio parlare prima di proibizione della guerra e poi invocare regole per la sua disciplina? No. Lo scopo del diritto internazionale umanitario è limitare le sofferenze causate dalla guerra proteggendo e assistendo il meglio possibile le sue vittime. Il diritto perciò si rivolge alla realtà del conflitto senza considerare le ragioni o la legittimità del ricorso alla forza. Esso regola solamente quegli aspetti del conflitto che sono relativi a questioni di carattere umanitario. E’ questo il diritto conosciuto come ius in bello (diritto nella guerra). Le sue norme si applicano alle parti che combattono indipendentemente dalle ragioni del conflitto e a prescindere dal fatto che la causa sostenuta dall'una o dall'altra parte sia giusta. Nel caso di un conflitto armato internazionale, del quale le stesse Nazioni Unite riconoscono la possibilità, spesso è difficile definire quale Stato sia responsabile della violazione del principio del divieto del ricorso all’uso della forza sancito nella Carta delle Nazioni Unite. L’applicazione del diritto internazionale umanitario non è condizionato dall’accertamento di siffatta responsabilità. Inoltre, il diritto umanitario, per sua natura, protegge le vittime della guerra e i loro diritti fondamentali, a prescindere dalla parte alla quale esse appartengano. Per questo motivo lo ius in bello deve rimanere indipendente dallo ius ad bellum o ius contra bellum (diritto di usare la forza o diritto contro la guerra).

DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO E DIRITTI UMANI - QUALE RAPPORTO ? - I TEORIA La tesi“autonomista” o “separatista” sostiene che il diritto internazionale dei diritti umani ed il diritto internazionale umanitario devono considerarsi del tutto distinti, essendone diversi l’oggetto, il campo di applicazione e gli strumenti di controllo; sarebbe quindi inutile, se non dannosa, una integrazione dei due sistemi. II TEORIA La seconda tesi, “integrazionista”, sostiene invece la sostanziale unità e conformità dei due sistemi di diritto, entrambi volti alla protezione della persona e della dignità umana; alcuni sostengono però che il diritto umanitario in senso ampio comprenda i diritti umani, al contrario altri sostengono che il diritto umanitario sia la specie di cui i diritti umani sono il genere, perché esso protegge i diritti umani nella particolare e specifica situazione di conflitto armato. III TEORIA – PREVALENTE E’ quella della complementarietà dei due sistemi, entrambi volti alla protezione dell’individuo attraverso la limitazione dei poteri statali. I DIRITTI UMANI operano pienamente in tempo di pace e quando l’insorgere di un conflitto armato provoca la sospensione del godimento di alcuni di essi subentra la funzione protettrice del Diritto Internazionale Umanitario

Casi dubbi 1- Conflitti interni Le situazioni meno tutelate restano quelle di stato di emergenza ufficialmente dichiarato da uno Stato che, conseguentemente, decide di sospendere le garanzie previste dal diritto dei diritti umani, senza peraltro applicare il diritto umanitario in quanto non vi è alcun conflitto in corso. In particolare, tra tutte le situazioni che possono rientrare nella definizione di stato di emergenza, le tensioni interne – o disordini, o sommosse - sono quelle più problematiche perché presentano molti caratteri simili a quelli dei conflitti senza poter porre in essere tutte le garanzie offerte dal diritto bellico (art. 1, comma 2, del 2^ Protocollo aggiuntivo). QUALE DIRITTO SI APPLICA, ALLORA, AI DISORDINI INTERNI ED ALLE ALTRE SITUAZIONI DI VIOLENZA INTERNA? Il diritto internazionale umanitario non si applica alle situazioni di violenza che non raggiungono l’intensità di un conflitto armato. In tal caso si può avere un vuoto di tutela, se lo Stato che ha sospeso le garanzie. In queste ipotesi possono invocarsi le norme sui diritti umani (“nocciolo duro”) e quelle rilevanti di diritto interno.

Casi dubbi 2- Terrorismo Fra i casi dubbi circa l’applicazione del DIU c’è l’attività terroristica. I terroristi non si considerano mai delinquenti ma combattenti legittimi contro un gruppo di usurpatori al potere, tanto che quando vengono arrestati si dichiarano “prigionieri poltici e invocano l’applicazione delle Convenzioni di Ginevra. In realtà, i gruppi di terroristi non sono protetti dal DIU perché: - I terroristi sono delinquenti comuni. Non compete loro lo status di Prigioniero di guerra Possono essere incriminati per atti criminali o illegali. Armi e stratagemmi proibiti dal DIU possono essere utilizzate contro i terroristi quando autorizzate dalla competente autorità (perfidia, armi non letali,ecc.) Anche in questo caso possono invocarsi le norme sui diritti umani (“nocciolo duro”) e quelle rilevanti di diritto interno.

Casi dubbi 3- Altri tipi di conflitto armato Una situazione assai simile quelle appena esposte si verifica in tutti quei conflitti la cui complessità comporta notevoli difficoltà nel determinare a quale categoria appartengano – internazionali, internazionalizzati, interni, conflitti civili in cui vi è massiccio ricorso alla violenza – difficoltà aggravata dal fatto che la decisione spetta allo Stato coinvolto ed è quindi, spesso, una decisione politica. La determinazione di quali norme siano applicabili è sempre successiva e conseguente alla definizione dell’eventuale conflitto. Tra i diritti che più spesso vengono violati in queste situazioni rientrano sicuramente le garanzie giudiziarie; in particolare, le autorità invocano motivi di sicurezza per giustificare arresti di massa, spesso arbitrari, nonché lunghi periodi di detenzione preventiva ed il maltrattamento dei detenuti; lo stesso divieto di applicare una legge penale retroattiva, che rientra tra quelli non derogabili, viene spesso disatteso.

CONCLUSIONI E’ importante sostenere la teoria della complementarietà dei due sistemi che hanno lo stesso fine, la protezione della vita e della dignità umana, tenendo però separati i campi di applicazione. Ciò consentirà, di non dimenticare che i conflitti armati sono comunque situazioni eccezionali, che richiedono norme eccezionali. L’adesione alla teoria integrazionista si presta all’utilizzo di un sistema contro l’altro, con ricadute negative sul cittadino, mentre l’accoglimento della tesi separatista rischia di lasciare senza protezione molte situazioni. Fra l’altro, la commistione dei due sistemi rischia di incidere sulla credibilità dei controllori. Affidare il controllo del rispetto dei diritti umani, in tempo di guerra, alle Nazioni Unite è assai rischioso per la natura essenzialmente politica della loro azione, che mette a repentaglio il requisito fondamentale della “neutralità”, tipico invece del Comitato Internazionale della Croce rossa. Federico Eramo