SOSTEGNO & MOVIMENTO Parte I
APPARATO LOCOMOTORE L’apparato locomotore è costituito da Componente ossea: ossa e articolazioni Componente muscolare costituita dalla muscolatura striata volontaria. L’apparato locomotore risulta, quindi, costituito dalle ossa che si uniscono per formare lo scheletro, dalle articolazioni che connettono le ossa fra loro e dalla muscolatura scheletrica. Nell’embrione lo scheletro è formato da circa 350 ossa di natura cartilaginea, molte delle quali si fondono nel corso dello sviluppo fetale tra loro; la natura cartilaginea dello scheletro resta circoscritta ad alcune zone di orecchio e naso, alla trachea ed ai bronchi, alla superficie anteriore delle coste ed alle superfici articolari.
FUNZIONI DELL’APPARATO SCHELETRICO Sostegno: fornisce il sostegno del capo, del tronco e degli arti. Protezione: protegge diversi organi e strutture interne Movimento: i muscoli scheletrici, inserendosi sulle ossa tramite i tendini, consentono spostamenti dell’intero corpo o parti di esso: Ossa: componente passiva dello scheletro Muscoli: componente attiva Riserva: le ossa sono un importante deposito di Sali minerali Emopoiesi: alcune ossa contengono il midollo osseo, responsabile della produzione e sede dell’emopoiesi.
SCHELETRO ASSILE E APPENDICOLARE La componente scheletrica viene a sua vota suddivisa in: Scheletro assile: comprende le ossa del cranio del torace e della colonna vertebrale che insieme formano l’asse longitudinale del corpo Scheletro appendicolare: comprende le ossa degli arti superiori e inferiori ed i cingoli che li collegano al tronco
LO SCHELETRO ASSILE Costituito da 80 ossa, il 40% delle ossa del corpo umano. Comprende: Il cranio (22 ossa) e le ossa associate (6x ossicini uditivi e l’osso ioide La colonna vertebrale (24 vertebre+ il sacro ed il coccige) La gabbia toracica (24 coste + lo sterno) Lo scheletro assile crea una struttura che sostiene e protegge gli organi e fornisce la superficie di inserzione ai muscoli che: Regolano la posizione di testa, collo e tronco Eseguono movimenti respiratori Stabilizzano o posizionano strutture dello scheletro appendicolare
COMPONENTE OSSEA Le ossa vengono classificate per struttura o per forma. In base alla struttura istologica vengono classificate in: Ossa spugnose Ossa compatte La superficie delle ossa presenza sporgenze (apofisi, processi, tuberosità) o spine appuntite, solchi, fosse e docce che hanno funzioni articolari o permettono l’inserzione di tendini e legamenti.
I processi ossei sono, quindi, sporgenze di varia forma, contenute nell’osso che le ospita. Entrano a far parte delle articolazioni dando attacco a tendini, legamenti e muscoli. Si riconoscono: I condili, I tubercoli e le tuberosità: processi di forma tondeggiante I trocanteri: processi ossei di forma varia Le creste e Le spine: processi ossei sottili più o meno appuntiti
In base alla forma, e a seconda della prevalenza della lunghezza e della larghezza sullo spessore o della relativa equivalenza delle tre dimensioni, vengono classificate in: Ossa lunghe: ossa dalla forma irregolarmente cilindrica in cui la lunghezza prevale sulla larghezza e sullo spessore. Presentano generalmente 3 regioni: Un corpo allungato detto diafisi al cui interno è contenuto il canale midollare che ospita il midollo osseo. Due estremità ingrossate dette epifisi (una prossimale ed una distale). Ossa piatte: sono costituite da due lamine di osso compatto che racchiudono osso spugnoso Ossa brevi: hanno le tre dimensioni sostanzialmente simili e sono costituite da tessuto osseo spugnoso, rivestito da tessuto osseo compatto.
TESSUTO OSSEO Tessuto connettivo iperspecializzato. La matrice è formata per 1/3 di fibre collagene e per 2/3 di sali di calcio, principalmente fosfato di calcio e carbonato di calcio che si legano alle fibre collagene e formano una struttura flessibile ma molto resistente alla frantumazione. Le sue funzioni sono: Sostegno per i muscoli Protezione degli organi interni (cuore e polmoni, apparato riproduttivo) Riserva di minerali principalmente il calcio (95%) Produzione di cellule del sangue. Garantisce, grazie alla sua formidabile struttura interna la massima resistenza con il minimo peso.
Come per la cartilagine, anche le cellule dell’osso, gli osteociti, sono accolte in lacune all’interno della matrice. A differenza della cartilagine, l’osso è un tessuto vascolarizzato e innervato e le lacune che accolgono gli osteociti, sono disposte circolarmente intorno ai vasi sanguigni accolti nella matrice. Data l’alta percentuale di sali di calcio che non permettono gli scambi di sostanza tra le cellule e i vasi, gli osteociti sono messi in comunicazione con l’ambiente esterno tramite estensioni citoplasmatiche dette canalicoli. Anche l’osso, come la cartilagine, è avvolta da uno strato di tessuto connettivo detto periostio, incompleto solo a livello delle articolazioni e delle zone di inserzione di tendini e legamenti.
LE CELLULE DELL’OSSO L’osso presenta 3 citotipi: Cellule osteoprogenitrici: cellule che derivano dallo strato mesenchimale. Sono presenti nel periostio Possono differenziarsi in osteoblasti (frattura). Osteoblasti: di origine mesenchimale. Secernono la matrice (osteone) Sono responsabili della sua mineralizzazione Sintetizzano nuovo osso. 2. Osteociti: cellule dell’osso maturo. Sono coinvolti nel rimodellamento dell’osso Insieme agli osteoblasti depongono i sali nella matrice. Sono accolti in piccoli spazi detti lacune immersi in strati di matrice calcificata (lamelle). Comunicano attraverso prolungamenti detti canalicoli Osteoclasti: nascono nel midollo osseo ed hanno gli stessi progenitori dei macrofagi e dei monociti. Sono cellule giganti multinucleate originate per fusione degli osteociti Hanno proprietà fagocitarie. Secernono lisosomi le cui sostanze distruggono la matrice ossea, provocando il rilascio del fosfato e del calcio contenuti all’interno (osteolisi).
OSTEOBLASTI VS OSTEOCLASTI Gli osteoblasti sono di derivazione mesenchimale, secernono l’osteone e sono responsabili insieme agli osteociti della sua mineralizzazione nonché del processo di osteogenesi. Gli osteoclasti secernono lisosomi (???) in grado di degradare la matrice e rilasciare i minerali, aumentandone così la concentrazione plasmatica. Erodendo e riassorbendo l’osso (???), sono i responsabili dell’osteolisi, (osteoporosi).
STRUTTURA DELL’OSSO Esistono due tipi di osso che con le dovute eccezioni sono presenti nella composizione generale di tutte le ossa: Osso compatto o lamellare la cui unità morfofunzionale è l’osteone. Osso spugnoso che ha un aspetto alveolare in cui le lamelle si organizzano a formare una rete tridimensionale che accoglie il midollo osseo.
OSSO COMPATTO O LAMELLARE L’osteone è formato da un canale centrale, il canale di Havers, al cui interno scorrono i vasi che nutrono l’osso; questo è circondato dalle lamelle di matrice calcificata disposte su file parallele al cui interno ci sono le lacune contenenti gli osteociti. I canali di Havers formano anastomosi con i canali di Volkmann o canali perforanti, una seconda serie di canali che decorrono parallelamente al canale centrale nutrendo gli osteoni più profondi e la cavità midollare interna.
Il midollo osseo è un tessuto molle che occupa il canale midollare e i canali di Havers delle ossa lunghe e gli spazi intertrabecolari delle epifisi e delle ossa piatte (tessuto osseo spugnoso) e costituisce il più importante organo emopoietico essendo la sede principale dove sono presenti tutti gli elementi maturi e immaturi della serie eritrocitica, granulocitica e megacariocitica. La sua costituzione varia con l’età variando da rosso a giallo nel procedere dall’infanzia all’età adulta. Il midollo rosso, particolarmente ricco di elementi ematopoietici, è proprio del periodo fetale e dell’infanzia mentre nel corso della vita viene gradualmente sostituito da midollo osseo giallo ricco in tessuto adiposo. Permane nell’adulto nei corpi vertebrali, nello sterno nelle coste e nelle epifisi prossimali di omero e femore.
PERIOSTIO ED ENDOSTIO Periostio: strato di tessuto connettivo altamente vascolarizzato che riveste la superficie esterna delle ossa. Manca a livello delle articolazioni. Endostio: sottile strato di tessuto connettivo che riveste internamente l’osso spugnoso, quando presente, e la cavità midollare; si continua con i canali vascolari dell’osso. Periostio ed endostio hanno importanti capacità osteogeniche, sono cioè, in grado di formare osso nuovo.
OSTEOGENESI Esistono due meccanismi di ossificazione: Membranosa o intramembranosa - Interessa le ossa piatte della volta per cranio (frontale, temporale parietale e parte della mandibola) - Simile allo sviluppo per apposizione della cartilagine. L’osso si sviluppa dal mesenchima o dal tessuto connettivo fibroso. 2. Condrale o endocondrale - Interessa la base del cranio, colonna vertebrale, bacino, arti) - Si sviluppa un modello cartilagineo che viene sostituito in tutto o in parte da tessuto osseo
FASI DELL’OSSIFICAZIONE INTRAMEMBRANOSA Simile alla crescita per apposizione della cartilagine: Differenziazione degli osteoblasti dalle cellule mesenchimali e osteoprogenitrici. Gruppetti di osteoblasti che iniziano a secernere le componenti organiche della matrice. La matrice (sostanza osteoide) va incontro a mineralizzazione. 4. Con il procedere della deposizione di osteoide si forma un’impalcatura tridimensionale di nuovo osso; alcuni osteoblasti rimangono intrappolati nella matrice e si trasformano in cellule quiescenti dette osteociti; gli osteoblasti vengono rimpiazzati dal differenziamento di ulteriori cellule mesenchimali i preosteoblasti del mesenchima si trasformano in… osteoblasti, che iniziano a deporre… osteoide, la matrice extracellulare dell’osso
OSSIFICAZIONE ENDOCONDRALE Tipica delle ossa degli arti (femore e omero) Inizia con un abbozzo di osso cartilagineo, generatosi per apposizione dal pericondrio e per successiva crescita interstiziale. I condrociti al centro della diafisi si accrescono, la matrice comincia a calcificare, isolando i condrociti che muoiono, lasciando libera la cavità interna della diafisi. Il pericondrio si differenzia in periostio. Il periostio forma uno strato di tessuto osseo intorno alla diafisi (colletto osseo) L’osso in formazione necessita di nutrienti apportati dai vasi sanguinei con la vascolarizzazione del colletto osseo. Gli osteoblasti producono osso spugnoso creando un centro di ossificazione primario. Man mano che l’osso si accresce, gli osteoclasti cominciano ad erodere l’osso spugnoso , creando la cavità midollare. Gli osteoblasti si spostano dal centro di ossificazione primario verso l’epifisi.
CRESCITA DELL’OSSO IN LUNGHEZZA Gli osteoblasti migrano dal centro di ossificazione primario verso le epifisi, sostituendo la cartilagine metafisaria con osso. Contemporaneamente le epifisi continuano a crescere per deposizione di cartilagine. Ad un certo momento che varia da osso a osso e da individuo a individuo, gli osteoblasti riescono a raggiungere l’epifisi determinando la formazione di un centro di ossificazione secondario. Il centro di ossificazione secondario comincia a crescere e a deporre osso sostiuendosi alla cartilagine epifisaria, tranne che a livello delle articolazioni (cartilagine articolare) e nella zona di transizione tra epifisi e diafisi (cartilagine epifisaria).
CRESCITA DELL’OSSO IN LARGHEZZA Crescita per apposizione di tessuto osseo dal periostio dove le cellule osteoprogeninitrici dello strato interno, si differenziano in osteoblasti
LE ARTICOLAZIONI Le articolazioni sono dispositivi giunzionali che mettono in relazione due o più ossa, consentendo fra esse movimenti più o meno ampi. Un’articolazione è quindi ogni punto dello spazio in cui due o più ossa sono a contatto, indipendentemente dal grado di movimento loro concesso. Il nome delle articolazioni deriva tipicamente dal nome delle ossa in essa coinvolte. In base al grado di movimento vengono classificate in: Articolazioni mobili (diartrosi) Articolazioni semimobili (sinfisi) Articolazioni immobili (suture)
In base al grado di movimento che consentono, le articolazioni vengono classificate in 3 grandi gruppi: Articolazioni mobili o diartrosi Articolazioni scarsamente mobili sinfisi, sincondrosi e sindesmosi Articolazioni immobili o suture
SINARTROSI Vengono definite sinartrosi le articolazioni scarsamente mobili. Si classificano in funzione della tipologia di tessuto che è interposto fra i capi articolari; in particolare abbiamo: Articolazioni fibrose: suture e sindesmosi Articolazioni cartilaginee: sinfisi e sincondrosi Le sinfisi, in cui il tessuto interposto è costituito da cartilagine fibrosa Le sincontrosi se il tessuto interposto fra i capi articolari è cartilagine ialina Le sindesmosi se il tessuto interposto è costituito da connettivo fibroso Le suture sono articolazioni immobili che si stabiliscono tra le ossa piatte del cranio
ARTICOLAZIONI FIBROSE Vengono definite articolazioni fibrose o sinartrosi quelle articolazioni in cui due ossa entrano in contatto tramite fibre collagene. Si distinguono in: Suture → ossa del cranio, movimento minimo o nullo. Gonfosi → articolazioni tipiche dei denti: si instaurano, infatti tra le radici del dente e il processo alveolare dell’osso mascellare a mezzo del legamento periodontale. Permettono un movimento minimo o nullo. Sindesmosi → un’ articolazione fibrosa in cui le due ossa prendono contatto tramite fibre di collagene relativamente lunghe che consentono un maggiore movimento rispetto alle suture (membrana interossea radio-ulna opp tibia-fibula)
GONFOSI
SINDESMOSI
SUTURE Le suture sono articolazioni fibrose immobili o leggermente mobili che legano fra loro le ossa del cranio. Possono essere classificate come: Dentate (sutura coronale) Squamose (sutura squamosa) Piane (Processi palatini del mascellare)
LE DIARTROSI Sono formate da: I capi articolari delle ossa che entrano a far parte delle articolazioni. Questi risultano costituiti da singole superfici dette condili rivestita da cartilagine ialina. Capsula articolare, tipica delle articolazioni mobili o diartrosi, è un manicotto di tessuto connettivo fibroso che si inserisce da entrambe le parti ai margini delle cartilagini articolari e continua nei periosti. E’, inoltre, rivestita internamente da una membrana sinoviale, capace di filtrare da sangue il liquido sinoviale; quest’ultimo ha funzione trofica per le cartilagini articolari e riduce l’attrito tra le superfici articolari. Legamenti: fasci di tessuto connettivo che stabilizzano e rinforzano le articolazioni. Si distinguono: Legamenti intrinseci: entrano a far parte della capsula articolare stabilizzandola Legamenti estrinseci e/o Legamenti accessori: legamenti esterni alla capsula articolare
In base ai tipi di movimento che consentono e della forma dei condili articolari che coinvolgono, le diartrosi vengono classificate in 5 sotto categorie: Artrodie Enantrosi Condiloartrosi Articolazioni a sella Ginglimi
ARTRODIE I capi articolari hanno forma pianeggiante e possono solo scivolare tra loro
ENANTROSI Nelle enantrosi le superfici articolari contrapposte di una emisfera cava e di una emisfera piena Permettono movimenti su tutti i piani
CONDILARTROSI Nelle condilartrosi le superfici articolari hanno la forma di un elissoide pieno e cavo.
ARTICOLAZIONE A SELLA Nelle articolazioni a sella, le superfici articolari sono biassiali ossia convesse in una direzione e concave in quella ortogonale.
GINGLIMI Nei ginglimi i capi articolari hanno la forma di due cilindri, uno cavo e l’altro pieno. Si distingue in: Ginglimo laterale se gli assi dei capi articolari sono paralleli all’asse longitudinale dell’osso Ginglimo angolare se perpendicolari
PRINCIPI GENERALI DI MOVIMENTO Tutti i movimenti, sia quelli semplici come il camminare che quelli complessi come i movimenti che si compiono durante l’attività motoria o fini come lo scrivere, sono in realtà combinazioni complesse di schemi motori semplici. Ogni movimento è determinato dalla sinergia di diversi componenti: Le diartrosi che caratterizzano il tipo di movimento I muscoli, l’innervazione e le modalità di inserzione sono, invece, gli elementi caratterizzanti la forza e la destrezza del movimento. I tipi di movimento consentiti alle articolazioni mobili o diartrosi sono essenzialmente 4: Scivolamento Movimento angolare Rotazione Circomduzione
LE LEVE Una leva è una macchina semplice, un dispositivo costruito dall'uomo per vincere mediante una forza, detta motrice, un'altra forza detta resistente. E’ costituita da: Il fulcro ossia il punto attorno al quale ruota la leva Il braccio della forza definita come la porzione di leva compresa tra il fulcro ed il punto di applicazione della forza Il braccio del carico definita come la porzione di leva compresa tra il fulcro ed il punto di applicazione del carico. Si riconoscono leve di prima, di seconda e di terza classe
Il movimento all’interno del corpo del corpo umano è il prodotto della complessa disposizione delle 3 classi di leve. I fulcri sono generalmente situati a livello delle articolazioni Il carico consiste, generalmente, nel peso corporeo o in qualche resistenza interna. La forza è prodotta dall’azione muscolare.
LEVE DI PRIMA CLASSE La leva di prima classe ha il fulcro compreso compreso tra il braccio del carico e quello della forza La leva di prima classe è usata per bilanciare il peso del corpo; di solito non c’è guadagno di resa meccanica. Poggiando, ad esempio, sull’arto inferiore destro, si crea una leva di prima classe atta a bilanciare il peso del corpo in cui: Il fulcro è costituito dall’articolazione dell’anca Il carico è costituito dal peso corporeo La forza è costituita dalla contrazione del piccolo e medio gluteo
LEVE DI SECONDA CLASSE Una leva di seconda classe (carriola) è caratterizzata dall’avere il fulcro ad una delle estremità e la forza applicata sull’altra. E’ caratterizzata da una notevole resa meccanica, in quanto in grado di spostare carichi pesanti anche se a velocità moderata. Un tipico esempio, applicato al corpo umano, è rappresentato dal sollevarsi sulle punte del piedi; in questo caso, infatti: Le teste dei metatarsi costituiscono il fulcro Il peso del corpo è il carico La contrazione dei muscoli del polpaccio garantiscono la forza
LEVE DI TERZA CLASSE Una leva di terza classe è caratterizzata dall’avere il fulcro ad una delle estremità, il carico applicato sull’altra e la forza nel mezzo. La leva di terza classe è quella più frequentemente presente nel corpo umano. Funziona con minore efficienza meccanica perché in grado di spostare pesi di minore entità, ma spesso con una notevole velocità.
I MOVIMENTI I principali tipi di movimento sono 4: Scivolamento Movimento angolare Rotazione Circomduzione
LO SCIVOLAMENTO Tipico delle artrodie. E’ il movimento più semplice che possa compiere un’articolazione Consiste nello scivolamento di una superficie articolare sull’altra senza componenti rotatorie e modificazioni angolari.
MOVIMENTI ANGOLARI Raramente l’esecuzione dei movimenti che coinvolge un segmento corporeo rispetto ad un altro si verifica su di un unico piano. Tuttavia, per semplicità di comprensione, conviene considerare separatamente i movimenti sui 3 assi. Il movimento angolare: - è caratteristico delle enantrosi, condilartrosi, delle articolazioni a sella e dei ginglimi angolari. Determina la riduzione o l’ampliamento dell’angolo compreso fra le due ossa che costituiscono l’articolazione. Nell’uomo i movimenti angolari sono 4 e risultano particolarmente evidenti negli arti superiore ed inferiore.
I 4 movimenti angolari sono: Flessione o piegamento Estensione o raddrizzamento Abduzione o allontanamento Adduzione o avvicinamento. La flessione e l’estensione si verificano nel piano parasagittale: La flessione consiste nel piegare due segmenti corporei contigui in un piano parasagittale in maniera tale da avvicinarne le superfici articolari anteriori o posteriori: piegare il gomito, ad esempio, significa compiere una flessione per avvicinare l’avambraccio e il braccio in modo che le superfici anteriori risultino contrapposte l’una all’altra; all’opposto piegare il ginocchio significa avvicinare le superfici posteriori della gamba e della coscia. L’estensione è il movimento contrario alla flessione e consiste nell’allontanare due superfici articolari contrapposte lungo il piano sagittale.
L’abduzione e l’adduzione sono, invece, movimenti che si verificano nel piano frontale. l’abduzione consiste, quindi, nel muovere un segmento lungo il piano frontale in maniera tale che questo si allontani dalla linea mediana del corpo: il movimento dell’arto superiore che si allontana da lato del tronco. L’adduzione, viceversa, consiste nel muovere un segmento lungo il piano frontale in maniera tale che questo si avvicini alla linea mediana del corpo: il movimento dell’arto superiore che lo avvicina al lato del tronco.
Il movimento di rotazione, che avviene nel piano orizzontale, si attua quando un osso ruota attorno ad un asse che può essere la sua stessa diafisi, come nella rotazione dell’omero, o può coincidere con un altro osso, come nel caso dell’atlante che ruota attorno al dente dell’epistrofeo. E’ caratteristica dei ginglimi Può essere laterale o mediale: La rotazione mediale consiste nella rotazione di un arto rispetto al suo asse longitudinale, in maniera tale da disporre la sua superficie anteriore verso la linea mediana: ruotando internamente la gamba, le dita del piede si avvicinano alla linea mediana del corpo La rotazione laterale consiste nella rotazione di un arto rispetto al suo asse longitudinale, in maniera tale da allontanare la sua superficie anteriore dalla linea mediana: ruotando esternamente la gamba, le dita del piede si allontanano alla linea mediana del corpo. Si usano i termini pronazione e supinazione per descrivere la rotazione all’interno e all’interno della mano e del piede.
CIRCUMDUZIONE Movimento tipico dell’enantrosi, in particolare della spalla e dell’anca. E’ un movimento complesso, risultante dalla combinazione dei movimenti di flesso-estensione, di abduzione e di adduzione Consiste nel descrivere tramite un osso lungo uno spazio conico in cui la circonferenza di base è disegnata dall’estremità distale dell’osso ed il vertice si trova nella cavità articolare.
TESSUTO MUSCOLARE Formato da cellule altamente specializzate (cellule eccitabili → contrazione), denominate fibrocellule o cellule muscolari, in grado di contrarsi e di trasformare energia chimica in energia meccanica. E’ responsabile dei meccanismi contrattili degli organismi pluricellulari. Altri meccanismi di contrazione???? Esistono 3 tipologie di tessuto muscolare: Tessuto muscolare liscio: - Ricopre la parete dei visceri e dei vasi -Formato da fibrocellule muscolari mononucleate che formano fasci di fibre muscolari, i cui filamenti non si organizzano a formare striature. E’ innervato dal Sistema Nervoso Autonomo La contrazione è involontaria. 2. Tessuto muscolare striato scheletrico: - Compone i muscoli che si inseriscono sullo scheletro. Formato da grossi fasci di cellule multinucleate caratterizzati dalle classiche striature trasversali e longitudinali. E’ innervato dal Sistema Nervoso Centrale La contrazione è volontaria. 3. Tessuto muscolare striato cardiaco: Costituisce il parenchima cardiaco. Le cellule sono mononucleate, ma le fibre sono striate - La contrazione è involontaria.
MUSCOLO SCHELETRICO Formato da elementi cellulari multinucleati, denominati fibre muscolari, derivati per fusione dai mioblasti. Le fibre muscolari si organizzano in fasci che insieme a tessuto connettivo formano il muscolo. Questo nel suo insieme è avvolto dall’epimisio, mentre il perimisio avvolge il fascio e l’endomisio avvolge ciascuna fibra
FIBRE MUSCOLARI SCHELETRICHE La cellula muscolare è di forma allungata viene indicata come fibra muscolare. La membrana plasmatica viene indicata come sarcolemma; il citoplasma come sarcoplasma il reticolo endoplasmatico come reticolo sarcoplasmatico. Le fibre muscolari sono le unità morfofunzionali del muscolo striato scheletrico. Presentano le seguenti caratteristiche: Sono cellule multinucleate derivate per fusione dai mioblasti. I nuclei sono generalmente posizionati alla periferia. Presentano 2 tipi si striature: Striatura trasversale: formata in base alla rifrangenza e alla colorabilità dall’alternanza di bande scure e bande chiare (microscopio elettronico). Striatura longitudinale: formata dall’organizzazione dei miofilamenti in miofibrille; visibile al microscopio ottico.
Sezione trasversale Sezione longitudinale perimisio endomisio
STRIATURE E FILAMENTI La particolare striatura trasversale caratteristica del muscolo scheletrico, è data dall’organizzazione dei miofilamenti che compongono le miofibrille di cui sono composte a loro volta le fibre muscolari. La striatura è dovuta all’alternanza, al microscopio elettronico, di bande scure (bande A) e bande chiare (bande I). La banda A è divisa in due dalla banda H, a sua volta divisa dalla stria M, più scura. La banda I è, invece divisa in due dalla stria Z. La porzione di fibra compresa tra due strie Z adiacenti si chiama sarcomero e constituisce l’unità contrattile del muscolo scheletrico.
banda A banda I linea Z linea M banda H
L’alternanza delle bande riflette l’organizzazione ultrastrutturale dei miofilamenti che compongono le fibrille. Si riconoscono due tipi di flilamenti: I filamenti spessi: Sono costituiti da miosina e dalle proteine accessorie Occupano l’intera banda A e sono più spessi nella parte centrale dove formano la stria M 2. I filamenti sottili: Costituiti da actina (costituente principale), troponina e tropomiosina con funzioni regolative. Partono dalla stria Z e percorrono tutta l’emibanda I
sarcomero e miofilamenti
LA CONTRAZIONE MUSCOLARE Il muscolo è costituito da cellule eccitabili, cioè da cellule in grado di evocare un potenziale d’azione. L’effetto del potenziale d’azione è la contrazione muscolare. Quando un muscolo si contrae, le strie Z si avvicinano e il sarcomero si accorcia. Il meccanismo attraverso cui questo avviene è stato postulato nella teoria dello scorrimento dei filamenti che prevede lo scorrimento dei filamenti sottili sui filamenti spessi attraverso il legame della testa della miosina alle molecole di actina e successivo scorrimento.
I MUSCOLI SCHELETRICI NEL MOVIMENTO Il muscolo scheletrico è un organo composto da vari tipi diversi di tessuto, che comprendono: il tessuto muscolare scheletrico, il tessuto vascolare, il tessuto nervoso e vari tipi di tessuto connettivo. Sono, quindi, dei veri e propri organi in cui si riconoscono macroscopicamente due componenti: Il ventre, la porzione rossa e carnosa costituita in massima parte dalle fibre muscolari Una porzione bianca e lucente definita tendine che si inserisce sull’osso, costituita per massima parte di tessuto connettivo.
Il muscolo si inserisce sull’osso in due punti o inserzioni: Il capo di origine, definito come il punto di terminazione del muscolo più vicino alo scheletro e di conseguenza meno mobile Il capo di inserzione ossia il punto di terminazione dl muscolo più distale rispetto allo scheletro. A volte però ci possono essere più capi di origine (bicipite brachiale, tricipite, quadricipite) o più inserzioni (flessore ed estensore comune delle dita). A seconda della loro origine, i muscoli si distinguono in: Estrinseci se hanno origine esterna e l’inserzione sulle ossa della zona considerata Intrinseci se hanno origine e inserzione sulle ossa della zona considerata.
FORMA E DIMENSIONE DEI MUSCOLI I muscoli scheletrici si classificano sulla base di alcuni parametri: La forma; si riconoscono, infatti muscoli - Lunghi o nastriformi Piatti, nel qual caso le formazioni connettivali che le uniscono alle ossa sono dette aponeurosi Brevi Anulari o orbicolari.
In particolare, l’orientamento delle fibre che compongono il ventre di un muscolo, ne determinano la forza e la direzione del movimento. Si riconoscono: Muscoli fusiformi: spessi al centro e sottili alle estremità (bicipite brachiale e gastrocnemio) Muscoli paralleli: larghezza uniforme e fasci paralleli, possono coprire distanze lunghe ma a parità di massa generano meno forza di un muscolo fusiforme Muscoli triangolari o convergenti: a forma di ventaglio. Questa caratteristica gli permette di generare forza nonostante la piccola inserzione Muscoli pennati a forma di piuma Muscoli circolari o sfinteri: formano anelli attorno ad alcune aperture del corpo. Contraendosi restringono l’apertura e tendono ad impedire il passaggio del materiale attraverso di essa.
Il diverso numero di capi o ventri (bicipite, tricipite, quadricipite digastrici e poligastrici.) Il tipo d’azione: caratteristica specifica dei muscoli scheletrici è quella di lavorare in coppia; un singolo muscolo non muoverebbe l’osso poiché la sua azione è dovuta solo alla contrazione. Per questo motivo ci devono essere almeno due muscoli con funzione opposta. Si riconoscono, pertanto: Muscoli antagonisti: i muscoli che lavorano in coppia con azioni opposte per produrre il movimento Muscoli sinergici ossia quei muscoli che collaborano con gli agonisti.
I muscoli vengono classificati anche in base del tipo di movimento consentito alle diverse parti del corpo. Si distinguono quindi: Muscoli flessori ed estensori Muscoli abduttori e adduttori Muscoli pronatori e supinatori Muscoli rotatori esterni ed interni