José Antonio Pagola. “Jesús: aproximación histórica” Dio non viene come un giudice adirato, ma come padre dall’amore esorbitante. Viene per manifestare la sua bontà e renderla effettiva. Viene per introdurre nella vita la sua misericordia e inondare la creazione intera con la sua compassione. Gesú ci comunica la sua propria esperienza di Dio, non l’idea che tradizionalmente veniva riciclata ovunque. Dio non riserva il suo amor solo agli Ebrei né bendice solo quanti vivono secondo la legge. Ha compassione anche dei pagani e dei peccatori. Questo atteggiamento di Dio, che tanto scandalizzava i gruppi più fanatici, commuove Gesù. Non è che Dio sia ingiusto o che sia indifferente al male, solamente, non può vedere nessuno soffrire. Per questo la sua bontà non ha limiti, nè vuole il male. Questo è il Dio che viene a noi. José Antonio Pagola. “Jesús: aproximación histórica” Testo: Giovanni 3, 14-21. Quaresima 4 B Commenti e presentazione: M.Asun Gutiérrez. Musica: Haendel. Adagio e staccato.
Gesù dice a Nicodemo: Il testo è un frammento della conversazione notturna con Nicodemo. Il primo intellettuale convertito alla fede cristiana che compare solo nel quarto vangelo. Va da Gesù “di notte“. La notte può indicare sia il buio, per cui si può avvicinare Gesù in segreto, come l’oscurità interiore di chi non capisce e resta perplesso di fronte ai miracoli e alle parole di Gesù. Gesù parla a Nicodemo, e anche a noi, del senso della vita, di Dio e del suo grande amore per noi, della salvezza offerta a tutti, della luce e delle tenebre, di vivere nella verità... Nicodemo non ha fatto invano il percorso, non è uscito delusa da quell’incontro con Gesù. Il tempo occupato nell’ascolto di Gesù non è mai perso.
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Per chiarire a Nicodemo i suoi dubbi dopo avergli detto che il Figlio dell’uomo doveva morire in croce, Gesú ricorre al ricordo del serpente di bronzo, posto su di un’asta, che sorprendentemente salvó dalla morte molti israeliti (Nm 21, 6-7). Non erano stati salvati dall’oggetto, come se fosse un talismano, ma “da te, Salvatore di tutti” (Sap 16, 7). “Deve essere innalzato” significa, allo stesso tempo, che Gesú sará innalzato sulla croce e posto su tutti nella risurrezione e nella gloria.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. L’amore di Gesú, la sua vita, il suo compito sono la norma e l’esempio all’uomo perché raggiunga la pienezza. Ciò che risana e dà vita è l’amore. Ciò che salva è la vita corroborata dell’amore al prossimo. Credere è la risposta all’infinito amore di Dio. La reciprocità dell’amore. Ogni gesto, ogni parola di Gesú manifesta l’immagine di Dio. La fede suppone che si accolga questo amore che ci salva, che ci dà – fin da ora - la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. L’amore di Dio è universale, irrora tutta l’umanità. Il desiderio del suo amore è che il mondo, e ogni uomo, abbia la vita vera. Dio non è colui che castiga i nostri errori, ma è colui che ci salva da questi. Non tralascia il compito di salvare per farsi giudice, sullo stile della nostra mentalità giuridica. Il cuore della nostra fede è che Dio, in Gesù e attraverso Gesù, crea, libera e salva tutta l’umanità; non è quindi il castigo e la condanna. Non dovremmo forse affermarlo più spesso e con più chiarezza?
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. Gesù non condanna nessuno. Chi non crede si “condanna” a non godere della fortuna e della gioia che accompagna chi crede. La fede e l’incredulità sono temi ricorrenti nel quarto Vangelo. Credere in Gesú è il più forte stimolo e il miglior orientamento per vivere in pienezza. E’ sapersi amati, scoprire nuove vie, nuova forza, nuovi orizzonti, nuovo senso nella nostra quotidianità. E’ avere in noi la vita eterna, cominciare a vivere da ora qualcosa di nuovo e definitivo. E’ sentire Dio in noi che anima e sostiene la nostra vita, rendendola più piena, più felice e più libera. E’ sentire che adesso sta salvando anche noi.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Le nostre opere mostrano il nostro amore per la luce, la nostra fede in Gesù. Non c’é luce più forte di quella dell’uomo che testimonia con le sue parole e con la sua vita, con la sua bontà e umanità. Come fa Gesú. Questa spiegazione teologica dell’evangelista ci offre un messaggio luminoso e determinante: Dio è come l’abbiamo conosciuto in Gesù. E il Dio che Gesù rivela è la più bella Notizia, corrisponde a ciò di cui più abbiamo bisogno e che più desideriamo: luce, vita, libertà, tenerezza, accoglienza, compassione, perdono gratuito e incondizionato...
Se non conosciamo il tuo nome, ma ti guardiamo negli occhi, Tu ci sorridi. Se non ti preghiamo né ti parliamo, ma ti adoriamo a modo nostro, Tu ci sorridi. Se ci mettiamo in cammino, ma non teniamo il passo, Tu ci sorridi. Quando gridiamo e ci ribelliamo, perché pensiamo che non ci ascolti, Tu ci sorridi. Quando ti lasciamo e lottiamo contro di Te e contro noi stessi, Tu ci sorridi. E se, non sapendo nulla di Te, cerchiamo i tuoi segnali e le tue tracce, Tu ci sorridi. E quando ti capitasse di non sorridere perché temiamo di cadere nel tuo gioco, Tu ci sorridi. Sempre tu sorridi ai tuoi figli, e rimani vicino, ma senza intrometterti nelle nostre scelte. (Ulibarri, Fl.) Tu ci sorridi...