Linternazionalizzazione delle imprese italiane come risposta strategica alla crisi Claudio Vicarelli Istat – SEP Servizio Studi Econometrici e Previsioni.

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Transcript della presentazione:

Linternazionalizzazione delle imprese italiane come risposta strategica alla crisi Claudio Vicarelli Istat – SEP Servizio Studi Econometrici e Previsioni Tavola Rotonda: LInternazionalizzazione delle imprese italiane in tempo di crisi SSEF, 31 ottobre 2013

Lexport come unico driver della crescita Nello scenario attuale e dei prossimi anni, la capacità di intercettare la domanda estera costituirà ancora uno dei principali (lunico?) fattori di crescita Lanalisi delle modalità di internazionalizzazione delle imprese italiane, la dimensione del fenomeno, le tendenze in atto e limpatto sulla performance aziendale rappresentano aspetti sempre più rilevanti, non solo per lanalisi economica ma anche per lidentificazione di strumenti di policy adeguati.

Struttura della presentazione 1)I profili strategici dimpresa prevalenti nellindustria italiana: il ruolo della proiezione internazionale delle imprese manifatturiere 2)I modelli di internazionalizzazione: una tassonomia delle modalità, levoluzione in tempo di crisi, leffetto sulla performance 3)Gli ostacoli allespansione sui mercati esteri nella percezione delle imprese 4)Le imprese manifatturiere esportatrici nel : dimensione, impatto e profilo delle imprese vincenti e perdenti Le analisi presentate sono in gran parte basate su rielaborazioni di ampie basi di dati microeconomici recentemente costruite dallIstat come risposta alle crescenti esigenze informativo- analitiche sul fenomeno dellinternazionalizzazione.

1. I profili strategici e il ruolo della proiezione estera I La crisi ha determinato enormi pressioni sullapparato manifatturiero, con lapertura di un rilevante gap tra domanda estera e domanda interna. La struttura organizzativa e le strategie delle imprese sono cambiate e continuano a modificarsi: ricadute sulla flessibilità produttiva, sullorientamento degli investimenti, sul posizionamento delle singole unità allinterno delle catene del valore e sui mercati più dinamici. Esigenza di informazioni statistiche complesse: una parte del 9° censimento dellindustria e dei servizi è stato dedicato allapprofondimento della misurazione degli elementi di modernizzazione e competitività del sistema delle imprese. 9°Censimento dellindustria e dei servizi: raccolte informazioni su tutte le imprese con almeno 20 addetti e su un ampio campione di quelle con una dimensione compresa tra 3 e 19 addetti. nel 2011 attive circa 422 mila imprese manifatturiere, con 3,9 milioni di addetti.

1. I profili strategici e il ruolo della proiezione estera II T EMI : 1) Proprietà, controllo, gestione; 2) Risorse umane; 3) Relazioni; 4) Mercato; 5) Innovazione; 6) Finanza; 7) Internazionalizzazione. Lanalisi multivariata individua tre profili strategici associati alla competitività. La combinazione di questi profili diviene una chiave di lettura per classificare le imprese sulla base del loro orientamento strategico.

1. I profili strategici e il ruolo della proiezione estera III

1) I profili strategici e il ruolo della proiezione estera IV Il profilo strategico legato alla proiezione internazionale delle imprese emerge come tratto distintivo di almeno due ampi segmenti manifatturieri: Unità complesse – circa imprese, prevalentemente di grandi dimensioni, che occupano oltre 500 mila addetti; Internazionali tascabili - circa 50 mila imprese manifatturiere, che assorbono un milione di addetti. o Prevalentemente imprese di piccole e medie dimensione (21,1 addetti in media), a bassa complessità organizzativa, ma dinamiche e internazionalizzate. o Il livello di produttività del gruppo è superiore a quello complessivo, ma la crescita degli addetti è stata contenuta tra il 2007 e il 2010 (effetto della prima crisi, che ha colpito prevalentemente lexport). o Chi sono? presenze significative di imprese della manifattura tradizionale (pelli e cuoio, bevande e abbigliamento) accanto ai macchinari (oltre un terzo delle imprese del settore), allelettronica e alla fabbricazione di autoveicoli. Il ruolo delle strategie dimpresa sembrano divenire sempre più rilevanti, ai fini della performance, rispetto ai consueti fattori strutturali legati a dimensione e settore. Queste evidenze suggeriscono di approfondire lanalisi delle modalità di internazionalizzazione delle imprese.

2) Forme, evoluzione, performance dellinternazionalizzazione Rapporto 2013 sulla competitività dei settori produttivi. Esame delle diverse forme di presenza sui mercati internazionali negli anni più difficili della prima crisi, tra il 2007 e il Costruzione, per gli anni 2007 e 2010, di una innovativa base dati derivante dallintegrazione di un ampio numero di indagini statistiche e dati amministrativi, comprensiva di osservazioni per oltre imprese attive in entrambi gli anni, che impiegavano circa 2,2 milioni di addetti.

2) Le forme dellinternazionalizzazione I Una tassonomia a partire dalla letteratura esistente (es. EFIGE Report 2012…), in ordine decrescente di complessità/efficienza: Internazionalizzazione produttiva Internazionalizzazione commerciale Ogni impresa è inclusa in una sola classe; se presenta caratteri di classi diverse, prevale la classe più complessa 3.Global (esportano in almeno 5 aree extra-UE) 4.Esportatori-importatori (esportano e importano) 5.Importatori di beni intermedi 6.Importatori di altri beni e servizi 7.Solo esportatori 1.Controllo estero (imprese a controllo estero) 2.MNE (multinazionali italiane)

2) Le forme dellinternazionalizzazione II Prevalgono forme di internazionalizzazione di media o bassa complessità Le imprese con forme di internazionalizzazione più complesse sono mediamente più grandi e più produttive.

2) Le forme dellinternazionalizzazione III le multinazionali italiane (MNE) diversificano di più in termini di numero medio di prodotti esportati e di settori nei quali si esporta Le imprese global mostrano un più elevato numero medio di mercati esteri di destinazione

Il 70% delle imprese (circa ) mantiene inalterata la forma di internazionalizzazione Le permanenze sono più frequenti nelle classi più elevate 2) Levoluzione : transizioni e permanenze Spostamento netto verso forme più complesse, soprattutto nelle classi più basse

2) La performance Limpatto di transizioni e permanenze sulla performance (occupazione e val. agg.) Upgradings: effetto positivo e significativo; downgradings: effetto negativo o nullo Entità del salto proporzionale alleffetto

Elementi qualitativi: lesame diretto delle percezioni delle imprese riguardo gli impedimenti che possono condizionare la loro internazionalizzazione, e la valutazione delle strategie da esse adottate o che intendono adottare per il futuro. Indagine statistica ad hoc su un campione di imprese manifatturiere, effettuata dallIstat alla fine del Valutazione di: scelte strategiche delle imprese nel ; orientamenti per il 2013; fattori percepiti come ostacoli allespansione estera dellimpresa. Principali risultati: negli ultimi anni le imprese hanno adottato strategie di miglioramento della qualità/incremento della gamma di prodotti e di contenimento dei prezzi; i principali ostacoli allexport sono la difficoltà di comprimere i costi e i vincoli di accesso al credito; le dimensioni sono percepite come ostacoli dal 20% delle imprese; oltre la metà delle imprese ritiene importanti ulteriori misure di garanzia/agevolazione del credito allesportazione. 3) Gli ostacoli allespansione sui mercati esteri nella percezione delle imprese I

4) Le imprese esportatrici nel I Dimensione, impatto e profilo delle imprese vincenti e perdenti Importanza dellanalisi delle dinamiche individuali delle imprese esportatrici, a complemento dei segnali che provengono dalle statistiche congiunturali sui flussi commerciali con lestero. Panel di 29mila imprese manifatturiere persistentemente esportatrici nel periodo (gennaio-maggio di ogni anno). Copertura: 241 miliardi di export nel 2010 (91% del totale) e 108 miliardi nei primi cinque mesi del Classificazioni: imprese distinte in classi di propensione allexport (fatturato esportato/totale): 60% ("alta"), per classi di addetti, settore, territorio, profilo economico, caratteristiche delle esportazioni (prodotti, mercati). Struttura dimensionale: 6 mila microimprese (con meno di 10 addetti), 16 mila piccole imprese (10-49 addetti), 6 mila medie imprese ( addetti) e grandi imprese.

5) 4) Le imprese esportatrici nel II Un primo aspetto è la decomposizione della dinamica complessiva dellexport nei contributi positivi delle imprese in espansione e negativi di quelle in flessione. Rispetto alla tendenza degli ultimi tre anni, nel 2013 emerge un forte peggioramento del contributo negativo delle imprese in flessione di export e un ridimensionamento dellintensità di crescita di quelle in espansione.

4) Le imprese esportatrici nel III Un secondo aspetto è lindividuazione dei segmenti di imprese persistentemente competitive, quelli in declino strutturale, e quelli con dinamiche differenziate nelle diverse fasi del periodo Le imprese del panel sono state suddivise in 4 gruppi: 1. export in crescita in entrambi i periodi e : imprese, 31% del totale; 45% dellexport. 2. export in flessione in entrambi i periodi e : imprese, 16% del totale 7,5% dellexport; 3. export in flessione nel e in crescita nel : imprese, 20% del totale; 13% dellexport. 4. export in crescita nel e in flessione nel : imprese, 33% del totale, 35% dellexport.

4) Le imprese esportatrici nel IV Analisi dei fattori che caratterizzano le imprese «vincenti» (sempre in crescita): Le strategie risultano più rilevanti dei fattori strutturali: è fondamentale operare su scala globale, più estensivamente che intensivamente. Le imprese «vincenti»: a.già nel 2010 operavano su almeno 5 aree extra-Ue (eranoglobal); b.hanno presidiato un numero crescente di mercati e hanno offerto un numero crescente di prodotti; c.hanno accompagnato leventuale aumento del peso delle vendite nellextra-Ue a un aumento dei mercati serviti (il solo rivolgersi allextra-ue non ha un effetto positivo)..

Non solo «se», quindi, ma anche «come» partecipare allattività internazionale (forme di internazionalizzazione più evolute si associano a migliori performance) In Italia prevalgono ancora forme intermedie di internazionalizzazione (Esportatori-importatori). Questo anche nel Made in Italy, dove però pesano ancora molto le imprese Solo esportatrici, condizionando la performance settoriale. Gli spostamenti verso forme più complesse (elementari) hanno inciso positivamente (negativamente) sulla variazione di occupazione e valore aggiunto, in qualche caso in modo proporzionale allentità del «salto». In un contesto strategico focalizzato sul prodotto e sul contenimento dei prezzi, la compressione dei costi di produzione e laccesso al credito rappresentano oggi (più delle dimensioni) i maggiori ostacoli allespansione dellexport nella manifattura CONCLUSIONI I

CONCLUSIONI II Indicazioni di policy: o - Importanza di sostenere la transizione delle imprese verso forme più complesse di internazionalizzazione. In alcuni passaggi, si tratta di unevoluzione che non richiede cambiamenti radicali, coerente con le caratteristiche strutturali del nostro sistema delle imprese (bassa dimensione media, elevata polverizzazione, forte specializzazione) e con impatto rilevante sulla crescita..

Il dibattito sulla partecipazione delle imprese italiane ai mercati internazionali ha oscillato tra le questioni del cambiamento del modello di specializzazione, il mantenimento del modello ma con una concentrazione in «nicchie» di mercato, il «nanismo». ALCUNI SPUNTI: Se questo è lobiettivo, in che termini ladozione di modelli di internazionalizzazione più complessi pùò rappresentare una strategia per far uscire il paese dalla crisi? Se sì, con quali strumenti? Quali diventano allora i termini della questione dimensionale? E necessario puntare sullampliamento tout court della dimensione? Le indagini ci dicono che nella manifattura, il problema è di dimensione organizzativa, prima ancora che «fisica». Se il modello tradizionale con specializzazione di nicchia è quello intrapreso, è necessario allargare i mercati queste evidenze ci dicono che forse è necessario il salto a forme di internazionalizzazione più complesse.