LA RISPOSTA DELLO STATO AL CRIMINE

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Transcript della presentazione:

LA RISPOSTA DELLO STATO AL CRIMINE

DAL CARCERE AL PENITENZIARIO

DOMITIO ULPIANO Anche se la massima di Ulpiano: CARCER ENIM AD CONTINENDOS HOMINI … viene messa in discussione in quanto qualche studioso sostiene che sia in Roma che nel Medioevo il carcere ebbe anche funzione di pena il carcere continuò a lungo invece ad essere semplice contenitore in attesa di giudizio. Sarà, invece, la Chiesa di Roma, che a partire dal Rinascimento attuerà una nuova politica carceraria che partendo da Roma e dallo Stato Pontificio si irradierà per il resto dei Paesi europei.

Ma per tutto il Medioevo ed anche dopo il Rinascimento il carcere continuerà ad avere sostanzialmente la sua funzione di contenitore momentaneo. Oltre alla pena di morte ed alle pene infamanti le uniche pene della privazione della libertà continuarono ad essere: In opus publicum (poi lavori forzati) Deportatio in insulam (colonizzazione del Sud America) Ad triremes (sulle galee e sui galeoni per scopi commerciali)

IL CARCERE MEDIOEVALE

Il carcere continuerà ad avere sostanzialmente la sua funzione di aberrante contenitore di soggetti in attesa di giudizio o esecuzione. Le celle meglio note come “segrete” erano ricavate nei sotterranei dei castelli e dei palazzi nobiliari.

Cella dal greco “Kalia o kalias” : capanna – gabbia –nido –casetta; dal latino “cellarium” : cantina – piccola stanza del tempio dove si teneva il nume tutelare; dal latino “cellae” cioè le camerette in fila del dormitorio del convento

Alcune celle erano talmente piccole che spesso neanche si riusciva a stare in piedi, oppure si trattava di stanzoni enormi dove si viveva nella più squallida promiscuità (donne ed uomini – minorenni e maggiorenni – criminali incalliti e semplici debitori insolventi…)

Pene infamanti

L’INQUISIZIONE E LA NASCITA DEL PENITENZIARIO

Con l’Inquisizione, e l’opera di Martin Lutero, la Chiesa cattolica di Roma, attraversa il momento più nero della sua storia. La sua supremazia non poteva essere messa in discussione e così per eretici, utopisti e streghe, furono creati Tribunali e carceri speciali, cosiddetti della “Santa Inquisizione”

Il periodo tra il Quattrocento ed il Seicento, fu infatti, per la Chiesa di Roma, e per la sua politica, particolarmente burrascoso e travagliato, pieno di disagi e di pesanti contrasti sociali. Da una parte, essa predicava l'amore per il prossimo, la fratellanza, la giustizia, il perdono del colpevole e la sua emenda, dall'altra, era accusata di mandare al rogo, attraverso il braccio secolare, preti, monaci, streghe, eretici, miscredenti e presunti tali. Alla chiesa fu contestata la predilezione per le classi nobili e per i ricchi dai quali pretendere danaro, lasciti e donazioni in cambio di preghiere, indulgenze e comodi accessi in Paradiso.

Sistemi inquisitoriali Tra il Cinquecento ed il Seicento la Chiesa di Roma vive un momento abbastanza turbolento, in particolare dopo il Concilio di Trento di metà XVI sec. Da una parte i problemi creati da Martin Lutero Dall’altra quelli dell’Inquisizione Ma Lutero si limita a predicare e fare proselitismo L’Inquisizione agisce spietatamente contro atei, eretici, miscredenti, streghe, …..o presunti tali, spesso sulla base di semplici delazioni o sospetti.

Dopo il Concilio di Trento (1535) la Chiesa di Roma intervenne su fronti diversi sia per arginare quanto andava predicando Martin Lutero sia per porre fine ai danni provocati dai Tribunali della Inquisizione

L’opera di Martin Lutero, la nascita del protestantesimo e lo spettro della Inquisizione riuscirono, però, a dare uno scossone alla Chiesa e, così con la nascita della “Controriforma” e della pena della privazione della libertà come pena capace di emenda, la Chiesa di Roma fu tutta proiettata verso un apostolato senza precedenti.

Alle ombre del passato, alle lacune del momento, la Chiesa si presentò con una indomabile vitalità per le opere di carità cristiana, particolarmente tramite le numerose confraternite, che diedero il via ad un movimento di “volontariato” senza precedenti

LA FUNZIONE EMENDATIVA “CARCER ENIM AD POENAM ET CORRECTIONEM HOMINIS, NON AD CUSTODIAM ET CASTIGATIONEM”

IL PENTIMENDO E L’EMENDA In epoca medioevale e forse già prima la Chiesa chiudeva in apposite carceri la moltitudine di preti, monaci e monache … che si allontanavano dalla retta via … allo scopo di metterli di fronte alle loro responsabilità nel buio delle celle ed al cospetto solo di Dio. In effetti la privazione della libertà, l’isolamento in carcere, fu dalla chiesa ritenuto momento ideale per il pentimento dei reati commessi dai vari rappresentanti del clero … Si parlò di ravvedimento e di emenda …

La solitudine, la preghiera ed il lavoro, nel tempo sicuramente avrebbero prodotti i loro risultati di pentimento e di emenda. La Chiesa pensò che se la cosa funzionava con gli ecclesiastici perché non provare allora anche con i criminali ed i delinquenti comuni?

L’idea di utilizzare il periodo della carcerazione per purificare lo spirito attraverso il pentimento, raggiungibile solo con il totale isolamento del soggetto dal mondo esterno è predicato dalla chiesa in ogni dove … dall’Europa alla … nuova America. In seguito i Quacqueri faranno altrettanto, particolarmente in America.

Tra la fine del Seicento ed il Settecento si sviluppa almeno teoricamente l’idea del “PENITENZIARIO”, luogo nel quale la pena inizierà il suo travagliato cammino verso una più accentuata umanizzazione e dove il fine retributivo, man mano sarà affiancato dal fine emendativo e rieducativo. Ciò maggiormente nelle case di correzione per minorenni che a partire dalla seconda metà del Seicento inizieranno la loro opera rieducativa.

Dal lato più pratico era, però, quanto mai necessario che il carcere avesse locali adatti a tale nuova funzione. I soggetti non sarebbero più rimasti in prigione solo in attesa di giudizio, ma vi avrebbero trascorso tutto il tempo della condanna, breve, lunga o a vita.

E’ la nascita, dopo lungo travaglio, del penitenziario di quel luogo cioè dove il periodo di privazione della libertà, predeterminato dal giudice, al posto della condanna a marte, dovrà essere: “ad poenam aut ad correctionem” e non più esclusivamente “ad custodiam aut ad castigationem”.

Il carcere acquista così, man mano, un carattere funzionale più definito, mentre, ovviamente il processo di umanizzazione sarà sì più lento, ma inesorabile. Di conseguenza l'obiettivo pratico per l' eliminazione della maggior parte delle pene corporali fu conseguito solamente molto più tardi.

Fu così che nel periodo rinascimentale unitamente al rifiorire delle scienze, delle lettere, delle arti, gli architetti pensarono anche alla progettazione di nuove carcerari che inserirono nel loro più ampio progetto di “Città ideale”.

Tra le prime costruzioni, progettate e realizzate come prigioni possiamo sicuramente dare la palma del primato alle “Nuove di Strada Giulia” in Roma, volute da Innocenzo X. Il progetto e la realizzazione furono curati dall’Architetto Antonio del Grande. Era il 1650 e nasceva in Roma il primo “PENITENZIARIO”

E’ la nascita del sistema cellulare. Nelle “Nuove” i detenuti sono suddivisi per sesso, per età e per gravità del delitto commesso. Le celle sono illuminate e ben areate. Vi sono cortili di passeggio con fontane e acqua potabile.

LA PASTORALITA’ CARCERARIA

Alla concreta attuazione della nuova funzione emendativa della pena collaborano attivamente, particolarmente in Italia, due istituzioni laico-religiose: LE CONFRATERNITE IL TRIBUNALE DELLA VISITA

LE CONFRATERNITE Inizialmente costituitesi come “volontariato” nelle carceri cittadine, le confraternite vengono successivamente riconosciute ufficialmente dall’autorità civile e religiosa. Si interessano di assistenza materiale e spirituale dei carcerati e delle loro famiglie; assistono e confortano i condannati a morte. Sono membri del Tribunale della visita.

ROMA San Giovanni decollato (1488) San Girolamo della carità (1519) Pietà dei carcerati (1579) NAPOLI Compagnia Bianchi della Giustizia (1430) Opera Nostra signora Santa Maria della visita carceri Della Misericordia (Torino); Della carità e della morte (Vercelli … e tante altre in tutte le città italiane

Tra gli ecclesiastici più impegnati si ricordano: San Filippo Neri, Jean Mabillon, Padre Giovanni Tellier, Giovanbattista Scanarolo

Tribunale visitationis

E’ chiamato della “visita” in quanto realmente visita periodicamente le carceri. E’ l’antenato dell’attuale Tribunale di Sorveglianza. Le funzioni del Tribunale della Visita vengono esercitate in tre momenti diversi:

VISITA SETTIMANALE Ha carattere squisitamente giudiziario. Si interessa della pendenza delle cause e propone azioni di stimolo ai giudici.

VISITA MENSILE Esercita concreta ispezione ai locali della prigione, al personale ed al trattamento materiale (igiene e cibo) e spirituale dei carcerati.

VISITA GRAZIOSA … annuale Si concretizza in una richiesta di grazia e di amnistia per alcuni carcerati, in occasione di particolari feste di religiose.

Le carceri, però, con esclusione della città di Roma continueranno a svolgere il loro ruolo di contenitori di criminali e di debitori insolventi. Ancora per molti decenni i carcerati vegeteranno nel sudiciume e nella nefandezza, subendo angherie e soprusi da parte del personale e delle autorità a ciò preposte.

I DELINQUENTI MINORENNI INIZIANO PERO’ AD ESSERE TRATTATI DIVERSAMENTE

Nel 1703, dopo soli cinquant’anni sempre in Roma e su ordine di un altro Pontefice: Clemente XI viene posta una nuova pietra miliare nell’universo carcerario mondiale: L’architetto Carlo Fontana progetta e costruisce la “casa di correzione per minorenni” detta di San Michele a Ripa Grande (Porta Portese)

La giornata del giovane recluso è impostata su alcune precise regole: Il lavoro in comune La preghiera in comune Lo studio in comune Il silenzio La solitudine di notte nei singoli cubicoli

Nel 1750 il Pontefice dà incarico all’Architetto Ferdinando Fuga di costruire nel medesimo complesso del San Michele a Porta Portese il nuovo carcere femminile

Tutto questo accadeva a Roma. Nelle altre città italiane la “rivoluzione” carceraria fu molto più lenta perché contrastata dalle diverse autorità al potere degli Stati pre-unitari. Fu sicuramente la tenacia dei vescovi e la capillare presenza delle numerose confraternite e dei cappellani delle carceri che riuscì però a portare in quei posti un minimo di umanità e di conforto.

In effetti Le Nuove di Strada Giulia e di Porta Portese in Roma restano a lungo solo un prototipo di quanto la Chiesa andava predicando. La realtà italiana ed europea era altra. Il pauperismo, l’allontanamento di grandi masse dalle campagne verso le città, una smisurata offerta di mano d’opera provocò nelle grandi città nuove forme di criminalità, a cui le autorità non seppero por freno se non tornando all’antico sistema carcerario medioevale.

Su suggerimento delle autorità religiose furono costruiti enormi edifici detti “Ospedali dei poveri” “Ospizi” o come in Francia “Hopitaux gènèraux” dove vennero internate masse di storpi, di poveri, di accattoni, di orfani, prostitute e di piccoli delinquenti.

LA FUNZIONE UTILITARISTICA All’infuori del carcere di Amsterdam dove era presente la lavorazione del legname e per l’appunto detto “Rasp-house” il lavoro carcerario non esisteva affatto, salvo nelle case di correzione per minorenni dove era applicata la formula benedettina dell’ “ora et labora”.

Pur continuando a considerare il carcere luogo di massima afflittività (pena retributiva) e di intimidazione sociale, si pensò, secondo leggi economiche del tempo, ad utilizzare a basso costo la mano d’opera dei detenuti in lavori pesanti e di utilità sociale.

GALEE E BAGNI PENALI

GALEE E BAGNI PENALI Nel Settecento e fino alla nascita delle navi a vapore i galeotti continuano ad essere utilizzati per remare sulle galee o nella costruzione e manutenzione di porti ed arsenali militari.

Allorché la ciurma non era in navigazione veniva alloggiata nei cosiddetti “bagni penali” (nati intorno al ‘500 ed in funzione fino alla fine del ‘700) dove era dedita alla manutenzione del naviglio.

A Roma i galeotti ed i forzati dei bagni furono adibiti agli scavi del “Foro romano”

… LA FUNZIONE UTILITARISTICA In modo particolare nei Paesi Anglosassoni si pensò di utilizzare la mano d’opera carceraria a basso costo per opere pubbliche. In Italia i “galeotti - forzati” venivano utilizzati nello scavo dei porti, e delle darsene, nella pulizia delle strade e negli scavi del “Foro romano”

Nei tempi successivi alcuni galeoni furono utilizzati per la tratta dei negri e per il trasporto dei forzati (detti bagnard) dall’Europa alle colonie del Centro e del Sud America

L’utilizzo della mano d’opera a basso costo dei carcerati fu sfruttata particolarmente sulle “galee” che fino al Settecento furono utilizzate come mercantili di varia stazza. Ma i Paesi che avevano colonie oltre mare utilizzarono grossi galeoni anche per il trasporto dei “bagnard”, verso il Centro ed il Sud America.

In particolare l’Inghilterra ancora per qualche secolo utilizzerà vecchie navi da guerra in disarmo, le cosiddette “hulks” come prigioni galleggianti dove alloggiare migliaia di detenuti da adibire poi alla manutenzione dei porti all’estrazione di ghiaia e sabbia lungo le coste del Tamigi.

Strano ma vero. Ancora oggi L’Inghilterra utilizza una sua nave come prigione. Si tratta della Resolution che durante la guerra nelle Falkland fu utilizzata come caserma. Oggi è ancorata al largo del Portland nell’Inghilterra meridionale e con il nome di HMP WEARE ospita poco meno di mille detenuti.

CARCERI E PENITENZIARI Ancora nel Settecento le carceri erano situate per lo più in antichi castelli o nelle darsene dei porti che prendevano nome di “Bagni penali”.

TEORIA DELLA INTIMIDAZIONE O DELLA DETERRENZA (TEORIA RELATIVA: UTILITARISTICA) (NE PECCETUR)

Le teorie relative pur giustificando la pena “ne peccetur” concentrano la loro attenzione sull'azione preventiva (ne peccetur), guardano al futuro ( a differenza della teoria assolutistica - peccetur quia peccatum est - che guardano il passato ). E Tendono ad esercitare sulla massa dei consociati e sul singolo un’azione preventiva attraverso appunto il timore dell’applicazione della pena.

La teoria dell'intimidazione assegna alla pena la funzione di prevenire i delitti mediante l'efficacia intimidativa che le è inerente. Sul presupposto della sofferenza cui è sottoposto il reo, tale funzione è destinata a distogliere i proclivi a delinquere dal commettere azioni criminose. Si pensa, infatti, che gli individui propensi al delitto possano essere trattenuti dal commetterlo proprio in previsione delle minacciate pene severe, e crudeltà delle torture oltre che della stessa pena capitale cui lo stesso può essere sottoposto.

Sostenitori di questa teoria, cosiddetta della difesa sociale e dei singoli che compongono la società furono addirittura Platone ed Aristotele. Il primo sostenne che " lo Stato ha il diritto di punire, cioè di reagire e di difendersi per la necessità della propria conservazione immediatamente con la eliminazione dei delinquenti insanabili e la temporanea segregazione degli altri e mediatamente con la minaccia di una pena la quale, agendo come intimidazione distoglie dal commettere reati e a quelli che l'hanno sperimentata impedisce di diventare recidivi, o per lo meno serve ad indebolire gli stimoli ".

Aristotele, invece, partendo dal concetto della giustizia come principio esclusivamente sociale, che chiama " virtù sociale " ritenendo giusti quei comportamenti che valgono a conservare una vita pacifica e prospera dei consociati, fondava il diritto di punire sulla difesa sociale. L’italiano Giandomenico Romagnosi, con la sua teoria della controspinta ebbe a sostenere a tal proposito che " la pena agisce psicologicamente come controspinta alla spinta criminosa ed in tal modo trattiene l'individuo dal violare la norma ".

La teoria della coazione psicologica fu invece sostenuta dal Feuerbach, il quale sosteneva che " tutte le infrazioni sono mosse dal desiderio di procurarsi un piacere e che tale impulso psicologico può essere eliminato soltanto se il soggetto sa che alla sua azione segue un male che è maggiore del rammarico che deriva dal mancato appagamento del suo desiderio ".

PREVENZIONE O INTIMIDAZIONE GENERALE attuata mediante l’inflizione della pena. Secondo questa teoria l’esecuzione della pena nei confronti del colpevole serve, attraverso l’impressione del timore che essa suscita, a distogliere gli altri membri della società dalla commissione di delitti. Su questa teoria si fonda la cosiddetta “pena esemplare”, una pena cioè severa e sproporzionata alla colpa del delinquente o al fatto commesso che viene comminata “per dare un esempio” in occasione di delitti molto diffusi o in situazioni di grave allarme sociale.

PREVENZIONE O INTIMIDAZIONE SPECIALE Teoria che attribuisce all’inflizione della pena uno scopo di intimidazione nei confronti del “singolo reo” e quindi una funzione di prevenzione di futuri delitti commessi dallo stesso colpevole punito. Il delitto commesso contiene in sé la minaccia o possibilità della commissione di futuri delitti da parte del colpevole, è pertanto lecito agire con la pena su quest’ultimo in modo da determinarlo a non eseguire la minaccia ed a far prevalere in lui il senso di disgusto proveniente dalla pena rispetto alla soddisfazione derivante dal delitto. In questo caso, però, il soggetto non viene usato come strumento per fini a lui estranei, come concepito dalla dottrina dell’intimidazione generale, ma per scopi a lui più direttamente vicini.

Nel Seicento e nel Settecento la pena di morte veniva applicata con varie modalità e sempre pubblicamente. Essa assumeva un notevole ruolo nella vita comunitaria e nella immaginazione collettiva. Supplizi ed esecuzioni capitali avevano perciò carattere spettacolare appunto per terrificare ed intimidire. Assumevano queste pene un ruolo squisitamente deterrente.

Per i crimini di minor rilievo e per alcuni reati “civili” erano largamente applicate le PENE INFAMANTI

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