Vediamo alcuni esempi. «Si presentò Giovanni a battezzare nel de­serto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorreva.

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Transcript della presentazione:

Vediamo alcuni esempi. «Si presentò Giovanni a battezzare nel de­serto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati» (Mc 1,4s.).

«In quei giorni comparve Giovanni il Batti­sta a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”. [...] Allora accorrevano a lui da Ge­rusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano. Vedendo però molti farisei e saddu­cei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente? Fate dunque frutti degni di con­versione”» (Mt 3, 1s. 5-8).

«Sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesi­mo di conversione per il perdono dei peccati. [...] Diceva dunque alle folle che andavano a farsi battezzare da lui: “Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all’ira imminente? Fate dunque opere degne della conversione e non cominciate a dire in voi stessi: Abbiamo Abramo per padre! Perché io vi dico che Dio può far nascere figli ad Abramo anche da queste pietre. Anzi, la scure è già posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e buttato nel fuoco”. Le folle lo interrogavano: “Che cosa dobbiamo fare?”. Rispondeva: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”. Vennero anche dei pubbli­cani a farsi battezzare, e gli chiesero: “Mae­stro, che dobbiamo fare?”. Ed egli disse loro: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. Lo interrogavano anche alcuni soldati: “E noi che dobbiamo fare?”. Rispose: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, con­tentatevi delle vostre paghe”. Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestingui­bili”» (Lc 3,2s.7-17).

«Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo”» (Mc 1,14s.).

Non si può leggere senza profonda emozio­ne l’episodio dei due malfattori crocifissi con Gesù: «Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!”. Ma l’altro lo rimproverava: “Nean­che tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché ricevia­mo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male”. E aggiunse: “Gesù, ri­cordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso”» (Lc 23,39-43).

Queste brevi pa­role sono l’ultima espressione del Cuore misericordioso di Cristo dinnanzi al buon ladrone, il quale riconosce sinceramente i propri peccati e desidera vivere con lui.

Fa riflettere l’insegnamento di San Paolo circa la responsabilità apostolica nei confronti di quei membri della comunità che hanno pec­cato gravemente: ad esempio nel caso dell’incestuoso di Corinto (cfr. 1 Cor 5,1-13).

Considera­to il buon risultato del suo energico intervento, l’Apostolo scrive di nuovo a quella comunità: «Se anche vi ho rattristati con la mia lettera, non me ne dispiace. E se me ne è dispiaciuto - vedo infatti che quella lettera, anche se per breve tempo soltanto, vi ha rattristati - ora ne godo; non per la vostra tristezza, ma perché questa tristezza vi ha portato a pentirvi. Infat­ti vi siete rattristati secondo Dio e così non avete ricevuto alcun danno da parte nostra; perché la tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte» (2 Cor 7,8-10).

È bene ricordare un testo dell’ultimo libro del Nuovo Testamento: «Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo. Mostrati dunque zelante e ravvediti. Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,19s.).

Aggiungiamo la testimonianza di San Cle­mente I, Papa e Martire della fine del secolo I: «Guardiamo il sangue di Gesù Cristo e con­sideriamo quanto sia prezioso al Padre suo. Effuso per la nostra salvezza portò al mondo la grazia del pentimento. Scorriamo tutte le gene­razioni e notiamo che di generazione in gene­razione il maestro “diede luogo al pentimento” per tutti quelli che volevano rivolgersi a lui. Noè predicò il pentimento e tutti quelli che l’ascoltarono furono salvi. Giona predisse lo sterminio ai Niniviti, ma essi, pentiti dei loro peccati, si resero propizio Dio pregando ed ebbero la salvezza, benché estranei a Dio... I ministri della grazia di Dio parlarono del pentimento per mezzo dello Spirito Santo. Anche il Signore di tutte le cose parlò del pentimento col giuramento: “Io vivo - dice il Signore - e non voglio la morte del peccatore, bensì la sua conversione”. Aggiunse anche un buon proposito. “Pentiti, o casa d’Israele, della tua iniquità. Riferisci ai figli del mio popolo: anche se i vostri peccati arriveranno dalla terra al cielo e saranno più rossi dello scarlatto e più neri del sacco, e vi convertite a me con tutto il cuore e direte: Padre, io vi ascolterò come un popolo santo»1. 1. SAN CLEMENTE I, Lettera alla Chiesa di Corinto, Città Nuova, Roma 2008.

L’espressione conversione presenta origina­riamente un senso materiale e locale: cambiare di direzione o girarsi.

In altre parole, essere in una posizione diametralmente opposta a quella che si aveva prima; girare di 180 gradi, così come si fa in alcuni esercizi ginnici.

Dal sud­detto significato originario ne deriva un altro, questa volta spirituale e morale: cambiare pas­sando da una condotta contraria alla volontà di Dio ad un’altra coerente con essa.

Più direttamente: smettere di essere contro Dio per mettersi accanto a Lui; cessare di essere nemico di Dio per diventare suo amico.

Questo secondo senso, che nella lingua greca si esprime con la parola metanoia, è quello che corrisponde alla terminologia evangelica e che sottostà alle pa­role conversione, convertirsi, convertito e con­verso.

Si tratta di un cambiamento che non può limitarsi solo alle parole, ma che, per essere sincero, deve tradursi in opere, realizzazioni e scelte concrete.

Accettare il Vangelo, buona novella e messaggio di salvezza, implica un cambiamento del modo di pensare e di valu­tare, così come esprime inequivocabilmente San Paolo: «Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12, 2).

Dal cambiamento del modo di pen­sare deve procedere, come necessaria conse­guenza, la modificazione nel modo di agire.

È così ben visibile come la verità, alla quale aderisce l’intelligenza, esiga coerenza negli atti della volontà.

L’incoerenza religiosa invece è un atteggiamento che dissocia la fede dalle opere, proprio per questo meritò un severo rimprovero da parte di Dio: «Dice il Signore: “Poiché questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me”» (Is 29,13; cfr. Mt 15,7 s.; Mc 7,6).

Non in tutti i brani biblici in cui è descritto qualche peccato grave, appare chiaramente il pentimento da parte di chi lo ha commesso. Soffermiamoci ora su tre casi in cui veramente emerge pentimento o conversione. Uno appar­tiene all’Antico Testamento ed è il gravissimo peccato di adulterio ed omicidio commesso dal re Davide (cfr. 2Sam 11,1-27; 12,1-23; Sal 51); gli altri due appaiono nel Nuovo Te­stamento e sono la parabola del “figlio prodi­go” (cfr. Lc 15,11-31), e la conversione del pub­blicano Zaccheo (cfr. Lc 19,1-10).