TECNICHE DI INDAGINE (2)
TECNICHE DI INDAGINE Osservazioni ottiche sui minerali Quando i minerali vengono attraversati dalla luce in essi insorgono fenomeni ottici che sono utili a fini diagnostici. Per osservare tali fenomeni e gli effetti ottici ad essi correlati, sono state messe a punto una serie di tecniche che utilizzano come strumento di indagine il microscopio da mineralogia. Il microscopio da mineralogia è lo strumento base indispensabile per svolgere le osservazioni ottiche sui minerali e consente di mettere in evidenza gli effetti connessi alle fenomenologie che si esplicano quando la luce (spettro del visibile) attraversa i minerali. Il microscopio da mineralogia è pertanto uno strumento adatto alle osservazioni in luce trasmessa, cioè luce che viene trasmessa attraverso il minerale. Tutti i minerali, ad eccezione di quelli monometrici, danno luogo, quando attraversati dalla luce, a fenomeni di birifrazione e contemporanea polarizzazione, è necessario che il microscopio sia strutturato non solo per consentire una visione ingrandita dell’oggetto da osservare, ma anche per mettere in evidenza gli effetti connessi a detti fenomeni di polarizzazione e birifrazione, per questo è dotato di polarizzatori e viene chiamato anche ‘’microscopio polarizzatore’’ o ‘’microscopio a luce polarizzata’’. Per le osservazioni in luce trasmessa si utilizzano ‘sezioni sottili’ di rocce o minerali, che hanno di solito uno spessore di 25 μ.
TECNICHE DI INDAGINE 12 11 13 10 9 8 7 6 3 4 5 1 2 Tubo per la microfotografia – accessorio opzionale Tubo oculare contenente la lente di Bertrand-Amici e l’oculare Tubo intermedio contenente l’analizzatore mobile Braccio regolabile in altezza a mezzo della vite macrometrica e micrometrica Revolver per obiettivi Tavolino portaoggetti ruotante con alidada per la lettura degli angoli Condensatore estraibile con lente condensatrice mobile Porta condensatore regolabile in altezza Supporto con polarizzatore fisso Dispositivo di centratura della microlampada Piede con alloggiamento per microlampada Microlampada Manopole macrometrica e micrometrica per la messa a fuoco dell’oggetto.
TECNICHE DI INDAGINE Principali caratteristiche e funzionalità del microscopio da mineralogia SISTEMA DI ILLUMINAZIONE (12). E’ costituito da una lampada alogena capace di fornire luce bianca (policromatica, composta da tutte le frequenza-lunghezze d’onda che compongono lo spettro del visibile). SUPPORTO PER POLARIZZATORE FISSO (9). E’ un supporto che consente l’alloggiamento di un polaroide detto ‘polarizzatore’. Tale polaroide trasforma la luce naturale, proveniente dalla lampada alogena, in luce polarizzata, imponendole di vibrare su un solo piano. CONDENSATORE ESTRAIBILE CON LENTE CONDENSATRICE MOBILE (7). E’ un sistema di lenti che ha la funzione di rendere convergenti le radiazioni provenienti dalla lampada alogena. Queste lenti sono inserite sul cammino ottico dei raggi luminosi, tutti rigorosamente tra loro paralleli, e li trasformano in raggi convergenti in un punto detto fuoco. La posizione del fuoco della lente condensatrice giace sul piano del minerale da esaminare posto sul piatto del microscopio. TAVOLINO PORTAOGGETTI RUOTANTE (6). E’ costituito da un tavolino ruotante forato nella sua posizione centrale in modo da consentire ai raggi luminosi che provengono dalla lampada di investire e attraversare il preparato posto su di esso. La circonferenza del tavolino è graduata da 0° a 360° con macrointervalli di 10° e tacche secondarie intervallate da 1; tale graduazione fa riferimento ad un’alidada che permette letture angolari con la precisone di 0,1°. L’asse di rotazione del piatto coincide con l’asse ottico del microscopio*. *asse ottico del microscopio: è quell’asse immaginario coincidente con il cammino ottico di un raggio che partendo dalla lampada perviene al nostro occhio passando per i fuochi di tutte le lenti ed apparati ottici che compongono il microscopio.
TECNICHE DI INDAGINE REVOLVER PER OBIETTIVI (5). E’ costituito da un tratto cilindrico ruotante su cui sono inseriti diversi obiettivi. La rotazione del cilindro avviene attorno ad un asse del microscopio in modo tale che vengono scambiati tra loro i diversi obiettivi (utilizzando esclusivamente l’apposita ghiera) mantenendo centrato il microscopio. Gli obiettivi forniscono un certo ingrandimento lineare dell’oggetto osservato (gli obiettivi più comuni forniscono i seguenti ingrandimenti: 2,5X, 10X, 25X, 40X, 50X). TUBO INTERMEDIO CONTENENTE L’ANALIZZATORE MOBILE (3). E’ costituito da un tratto cilindrico in posizione retta che contiene gli alloggiamenti per un secondo polaroide e per il compensatore. TUBO OCULARE CONTENENTE LA LENTE E L’ OCULARE (2). Tale tubo è supportato da una semisfera in cui è collocato un prisma ottico che consente la deviazione del cammino ottico dei raggi lungo l’asse ottico del microscopio che, pertanto, viene anche esso deviato. Nel tratto terminale del tubo oculare trova alloggiamento un supporto girevole (inseribile o disinseribile dal cammino ottico dei raggi) che supporta la lente di Bertrand-Amici. Tale lente consente di defocalizzare il sistema ottico. Nella parte terminale di questo tubo si trova l’oculare: esso è costituito da una serie di lenti che neutralizzano le aberrazioni cromatiche, mantengono inalterato il cammino delle onde lungo l’asse del microscopio e forniscono un certo ingrandimento lineare dell’oggetto osservato (i più comuni forniscono ingrandimenti 8X, 10X). L’ingrandimento complessivo è dato dal prodotto dell’ingrandimento dell’obiettivo per quello dell’oculare.
I diversi tipi di osservazione al microscopio TECNICHE DI INDAGINE I diversi tipi di osservazione al microscopio Sui minerali possono essere eseguiti i seguenti tipi di osservazioni: Osservazione a un solo polaroide con luce parallela (osservazioni ortoscopiche con il solo polarizzatore) Osservazioni ad un solo polaroide e luce convergente (che però non trova applicazioni pratiche) Osservazioni a due polaroidi (Nicol’s* incrociati) e luce parallela (osservazioni ortoscopiche con polarizzatore ed analizzatore) Osservazione a due polaroidi (Nicol’s* incrociati) e luce convergente (osservazioni conoscopiche con polarizzatore ed analizzatore) * Il prisma di Nicol è il primo tipo di prisma polarizzatore inventato nel 1928 da William Nicol. Consisteva di un cristallo romboedrico di calcite tagliato con un angolo di 68° diviso diagonalmente in due unità simmetriche reincollate con balsamo del Canada (liquido e trasparente). Per consuetudine anche oggi i polarizzatori vengono chiamati polaroidi di Nicol.
TECNICHE DI INDAGINE Caratteristiche morfologiche OSSERVAZIONE A LUCE PARALLELA (ORTOSCOPICA) E AD UN SOLO POLAROIDE Questo tipo di osservazione, preliminare a tutte le altre, consente di determinare le caratteristiche morfologiche (abito e forma del minerale, presenza di sfaldature, presenza di fratturazioni), morfometriche ed alcuni caratteri ottici dei minerali presenti nella roccia la cui sezione sottile viene esaminata (ed in generale i suoi costituenti). Questo tipo di osservazione viene detta anche ortoscopica in quanto le radiazioni luminose arrivano al minerale procedendo secondo un cammino parallelo all’asse ottico del microscopio (ortogonalmente alla sezione del minerale). Caratteristiche morfologiche Abito esagonale Abito: fa riferimento alla morfologia ideale del cristallo cui il minerale può dar luogo Forma: fa riferimento al maggiore o minore grado con cui il minerale rispecchia la morfologia ideale del suo corrispondente cristallo
TECNICHE DI INDAGINE Abito fibroso Abito prismatico Abito tabulare
TECNICHE DI INDAGINE Presenza di sfaldature: la presenza di sfaldature in un minerale viene evidenziata dalla presenza di tracce rettilinee che rappresentano l’intersezione dei piani di sfaldatura con il piano della sezione del minerale (la sfaldabilità di un minerale è la sua proprietà di fratturarsi parallelamente a piani cristallografici definiti, la sfaldatura è quindi una fratturazione regolare).
TECNICHE DI INDAGINE Caratteristiche morfometriche Caratteri ottici Presenza di fratturazioni la fratturazione (irregolare) si manifesta invece con tracce irregolari ad andamento non rettilineo. Caratteristiche morfometriche Dimensioni dei minerali Valori degli angoli formati tra le facce Andamento del loro contorno Caratteri ottici Trasparenza Colore Pleocroismo Rilievo
TECNICHE DI INDAGINE I () = I0( )* e – k d Trasparenza: un minerale è trasparente quando si lascia attraversare dalle radiazioni luminose almeno per uno spessore di circa 25 μm: questo significa che l’intensità della luce incidente, pur venendo attenuata nell’attraversamento del minerale, mantiene un valore significativo e percepibile al nostro occhio. In caso contrario si dice che il minerale è opaco. Legge di Lambert Beer: è una relazione empirica che correla la quantità di luce assorbita da un mezzo, alla natura chimica, alla concentrazione e allo spessore del mezzo attraversato. I () = I0( )* e – k d d K, d Dove: I è l’intensità della luce incidente I0 è l’intensità della luce in uscita k è un coefficiente di assorbimento lineare d è lo spessore attraversato dalla luce. k è un coefficiente che oltre a dipendere dalla natura del mezzo cui si riferisce è funzione del suo indice di rifrazione (n)e della lunghezza d’onda della radiazione adoperata.
TECNICHE DI INDAGINE Colore: un minerale osservato in trasparenza ed investito da luce bianca (luce policromatica contenente tutte le lunghezze d’onda dello spettro del visibile) appare colorata quando, in seguito ad assorbimento selettivo, consente l’emergenza di una radiazione, ancora di tipo policromatico, ma con rapporti di intensità delle varie λ diversi rispetto a quelli esistenti nella luce bianca incidente, ciò che viene percepito dal nostro occhio come colore. L’insorgenza del colore trova la sua spiegazione nella legge di Lambert Beer, infatti poiché k è funzione di λ esso assume valori diversi in funzione di λ. Esempio: se k è sostanzialmente uguale per tutti i valori di λ la radiazione policromatica bianca incidente sul minerale sarà attenuata nella stessa misura per tutte le lunghezze d’onda che la compongono, per cui i rapporti di intensità che la caratterizzano non variano: la sostanza investita da luce bianca ci appare incolore in trasparenza. Se invece k assume valori significativamente diversi in funzione di λ (assorbimento selettivo) la radiazione policromatica bianca incidente sul minerale sarà attenuata in misura diversa in funzione di λ, pertanto saranno diversi i rapporti di intensità rispetto a quelli della radiazione incidente: questa variazione è percepita dal nostro occhio come colore e la sostanza ci apparirà colorata in trasparenza.
TECNICHE DI INDAGINE Pleocroismo. E’ una proprietà osservabile nella maggior parte dei minerali birifrangenti colorati: una sezione birifrangente di un minerale birifrangente colorato, osservata in luce bianca polarizzata, cambia colore al cambiare dell’orientazione reciproca fra il piano di vibrazione della luce polarizzata incidente su di essa e le direzioni di vibrazione delle due onde birifratte e polarizzate che si propagano al suo interno. Esempio: una lamina sottile di biotite (cristallizza nel sistema monoclino, è birifrangente e colorata) se esaminata con un solo polaroide e in condizioni di luce parallela appare colorata. Se si ruota il piatto del microscopio si nota che il colore del minerale cambia coprendo con continuità tutte le gradazioni cromatiche comprese fra due colori estremi, ciascuno dei quali si manifesta, in un giro completo di 360°, due volte ad intervalli di 180° e si alterna all’altro ogni 90°.
TECNICHE DI INDAGINE Minerali monometrici Minerali dimetrici Perché? Se la sezione che stiamo considerando è birifrangente, cioè in essa si propagano due onde con indici di rifrazione diversi (n1 ed n2) occorre considerare due spettri di assorbimento fra loro differenti relativi alle due onde birifratte. A ciascuna delle due onde birifratte è associato un colore, il nostro occhio sintetizza la somma pesata di detti colori a seconda dell’intensità delle due onde. Poiché ciascuna sezione generica di un minerale birifrangente è caratterizzata da onde con indici di rifrazione fra loro diversi, se il minerale presenta il fenomeno del pleocroismo ciascuna sezione sarà caratterizzata da colori estremi diversi e da diverse colorazioni intermedie. Minerali monometrici Minerali dimetrici trimetrici Comportamento ottico Monorifrangente Birifrangente N° di indici di rifrazione principali del minerale Uno Due (ε e ω) Tre (α, β e γ) N° di indici di rifrazione per ciascuna sezione del minerale Due (ε’ e ω) Due (α’ e γ’) Colori principali di una generica sezione colorata Due (uno fisso e l’altro variabile relativi a ε’ e ω) Due entrambi variabili e relativi a (α’ e γ’) Colori principali di un minerale colorato Due (relativi a ε e ω) Tre (relativi a α, β e γ)
TECNICHE DI INDAGINE I minerali del gruppo dimetrico, in considerazione del fatto che presentano due colori principali relativi agli indici di rifrazione principali (ε e ω) vengono anche detti dicroici, mentre quelli del gruppo trimetrico caratterizzati da tre indici di rifrazione principali (α, β e γ) sono detti tricroici. Il pleocroismo è un importante carattere diagnostico dei minerali, perciò è necessario, per i minerali birifrangenti colorati, indicare lo schema del loro pleocroismo ovvero fornire i loro colori di assorbimento principali relativi a ω e ε per i dimetrici (dicroici) e a α, β e γ per i trimetrici (tricroici). Rilievo. Il rilievo di un corpo trasparente è la manifestazione del suo indice di rifrazione in relazione a quello del materiale in cui esso è inserito: tanto maggiore è la differenza tra detti indici di rifrazione tanto maggiore è il rilievo del corpo considerato. Il rilievo di un corpo può essere positivo o negativo. Un corpo trasparente presenta rilievo positivo rispetto al materiale in cui è inserito quando il suo indice di rifrazione è maggiore di quello relativo a quest’ultimo; in caso contrario il suo rilievo è negativo. Esempio: Sezione di roccia contenente diversi minerali: l’olivina ha indice di rifrazione maggiore del plagioclasio per cui presenta un alto rilievo (rilievo positivo), mentre il plagioclasio ha indice di rifrazione minore (rilievo negativo) e si presenta più depresso rispetto all’olivina. In realtà la superficie dell’olivina e del plagioclasio sono sullo stesso piano, dal momento che la sezione è a facce piane e parallele.
TECNICHE DI INDAGINE Il rilievo positivo o negativo di un corpo viene evidenziato dal suo apparire come posto su un piano più elevato, o rispettivamente più depresso, rispetto a quello definito dalla superficie del materiale che lo ingloba (ciò sembra essere rispettivamente più vicino o più lontano rispetto all’osservatore). Il rilievo viene evidenziato al microscopio dalla comparsa della linea di Becke: è un sottile alone luminoso che si osserva al contatto fra materiali ad indici di rifrazione diversi (N e n) quando si pone leggermente fuori fuoco (sfoca) la loro comune superficie. IMPORTANTE: quanto detto si applica in senso stretto a sostanze otticamente isotrope (che hanno un solo indice di rifrazione), poiché i minerali anisotropi hanno infiniti indici di rifrazione e in ciascuna generica sezione presentano due indici di rifrazione. Nel caso dell’olivina e del plagioclasio si nota che l’olivina pur essendo caratterizzata da infiniti indici di rifrazione (1,64 < n < 1,88) dal momento che questi ultimi risultano sempre maggiori degli altrettanti infiniti indici di rifrazione del plagioclasio (1,53 < n < 1,57) presenterà rispetto ad esso rilievo positivo: l’indice di rifrazione medio dell’olivina risulta maggiore dell’indice di rifrazione medio del plagioclasio. Anche il rilievo è un importante carattere diagnostico: l’osservazione della linea di Becke e il suo modo di manifestarsi consente la valutazione qualitativa dell’indice di rifrazione di un minerale incognito rispetto a quelli di altri noti.
TECNICHE DI INDAGINE OSSERVAZIONE A LUCE PARALLELA E A DUE POLAROID (NICOL’S INCROCIATI) Questo tipo di osservazione consente di rilevare univocamente attraverso l’insorgenza o meno dei colori di interferenza, il carattere otticamente anisotropo o isotropo dei minerali presenti nella roccia la cui sezione sottile viene esaminata e di valutare per i minerali anisotropi la loro birifrangenza attraverso la tipologia dei suddetti colori. Nei minerali otticamente anisotropi consente di individuare le direzioni di vibrazione delle onde birifratte permettendo di ottenere importanti informazioni sul sistema di cristallizzazione. Una sezione birifrangente di un minerale osservata al microscopio in luce parallela e con entrambi i polaroidi inseriti sul cammino dei raggi luminosi, appare illuminata e colorata con colori non propri del minerali: i colori di interferenza. Se si fa ruotare il piatto del microscopio il colore di interferenza resta invariato, mentre ne muta l’intensità, che varia da un valore massimo in cui il colore di interferenza assume il massimo di brillantezza ad un valore minimo in cui la sua intensità diviene nulla e il minerale appare nero (il minerale si dice estinto).
TECNICHE DI INDAGINE Aspetto del minerale ad un solo polaroide Aspetto del minerale a due colori inseriti Aspetto del minerale dopo una rotazione di α Posizione di estinzione Nel giro completo del piatto del microscopio si incontrano 4 posizioni di massima intensità del colore di interferenza e 4 di posizioni di estinzione: ciò che si estingue è la radiazione luminosa in quanto assume intensità nulla: qualsiasi luce che ha intensità nulla non esiste. Ciascuna di dette posizioni precede una sua omologa a intervalli angolari di 90° mentre segue o precede ad intervalli angolari di 45° una posizione di tipo diverso. IMPORTANTE: minerali diversi mostrano colori di interferenza diversi. Sezioni diverse dello stesso minerale mostrano colori di interferenza diversi.
TECNICHE DI INDAGINE Osservazione di una sezione di roccia: A due polaroidi: minerali diversi mostrano colori di interferenza diversi Ad un solo polaroide Cosa sono i colori di interferenza e perché si formano? I colori di interferenza sono colori non propri del minerale che si generano a seguito di fenomeni di interferenza selettiva fra le onde birifratte dal minerale al momento in cui esse si ricompongono nell’analizzatore. Per un dato minerale il colore di interferenza mostrato da tutte le possibili sezioni che si possono ricavare da esso non è sempre lo stesso: ciascun minerale birifrangente (caratterizzato da infinite birifrangenze ciascuna caratteristica di una data sezione) presenta colori di interferenza diversi ciascuno specifico della sezione a cui si riferisce. Fra questi colori ce n’è uno che corrisponde alla sezione a massima birifrangenza, che è il colore di interferenza massimo. Questo colore ha carattere diagnostico in quanto direttamente correlato alla birifrangenza massima del minerale.
TECNICHE DI INDAGINE Perché i colori di interferenza si estinguono? I colori di interferenza si estinguono quando le onde luminose birifratte dal minerale non superano l’analizzatore e dunque non provengono al nostro occhio, il minerale non viene illuminato (si dice perciò ‘estinto’). Ciò in un giro completo di 360° avviene ogni 90°. Quali informazioni sono deducibili dall’osservazione dei colori di interferenza? Nel caso di minerali monometrici (otticamente isotropi) per qualsiasi sezione la luce non supera l’analizzatore e il minerale appare non illuminato, cioè nero, quindi estinto. Nel caso di minerali dimetrici e trimetrici questo avviene solo per le loro sezioni isotrope (perpendicolari all’asse ottico o a uno dei due assi ottici). In tutti gli altri casi per qualsiasi sezione, eccetto quelle isotrope, i minerali dimetrici e trimetrici presenteranno i colori di interferenza. Tavola dei colori di Michel-Levy: noto lo spessore di una sezione di un minerale birifrangente (nel caso dei minerali 25μ) dall’osservazione del colore di interferenza si può stimare la birifrangenza della sezione stessa. Diverse case produttrici di microscopi forniscono questa tavola corredata anche, per ciascun valore delle birifrangenze indicate, dell’elenco dei principali minerali che le esibiscono quali la birifrangenza massima.
TECNICHE DI INDAGINE Minerali monometrici: poiché sono minerali otticamente isotropi, qualsiasi loro sezione osservata al microscopio a luce parallela e con entrambi i polaroidi inseriti sul cammino ottico dei raggi (Nicol’s incrociati) apparirà sempre estinta. Se un minerale appare sempre estinto in qualsiasi sua sezione esso è un minerale appartenente al gruppo monometrico. Minerali dimetrici: sono minerali birifrangenti uniassici, la loro indicatrice ottica è un’ellissoide di rotazione che si orienta all’interno del cristallo in modo tale che l’asse ottico (che è l’asse di rotazione dell’ellissoide) coincida con la direzione cristallografica dell’asse z. Esempio: cristallo di quarzo α (gruppo dimetrico-sistema trigonale). Una possibile sezione del minerale può essere: perpendicolare all’asse z (e quindi all’asse ottico); è l’unica sezione birifrangente e pertanto osservata a luce parallela e a Nicol’s incrociati appare sempre estinta; parallela all’asse z (e quindi all’asse ottico); è la sezione a massima birifrangenza (indici di rifrazione (ε e ω), presenta quindi i colori di interferenza più alti rispetto a quelli possibili per il minerale; obliqua rispetto all’asse z (e quindi all’asse ottico), la sezione presenta birifrangenza intermedia (indici di rifrazione (ε’ e ω) e quindi colori di interferenza intermedi rispetto a quelli più alti.
TECNICHE DI INDAGINE OSSERVAZIONE A LUCE CONVERGENTE (CONOSCOPICA) E A DUE POLAROIDI (NICOL’S INCROCIATI) Questo tipo di osservazione, consente di definire univocamente il carattere uniassico (dimetrico) o biassico (trimetrico) dei minerali e il loro segno ottico. Tali osservazioni vengono svolte ponendo sul cammino ottico dei raggi un obiettivo ad alto ingrandimento (40X o 50X) e la lente defocalizzante di Bertrand-Amici. Il sistema in questo modo risulta defocalizzato, per cui non si vede più la figura del minerale in esame, ma l’immagine degli effetti ottici che si possono formare su un piano diverso (più alto) di quello della sezione del minerale in esame. Tali immagini prendono il nome di figure di interferenza, e sono chiaramente e inconfondibilmente differenti in relazione al gruppo di appartenenza del minerale a cui si riferiscono. Esistono pertanto: figure di interferenza dei minerali birifrangenti uniassici (dimetrici) figure di interferenza dei minerali birifrangenti biassici (trimetrici) IMPORTANTE: Si definiscono ‘’figure’’ in quanto esse non sono immagini di un oggetto reale, ma immagini di un effetto ottico di interferenza in quanto esse di formano in seguito a ‘’fenomeni di interferenza’’.
TECNICHE DI INDAGINE Figure di interferenza dei minerali birifrangenti uniassici (dimetrici) Figura di interferenza di una sezione perpendicolare all’asse ottico di un cristallo uniassico: tale sezione è identificabile mediante l’osservazione a Nicol’s incrociati e a luce parallela poiché essa appare sempre estinta. La figura di interferenza di questa sezione è data da un insieme di anelli circolari fra loro concentrici ed aventi centro comune (detto ‘melatopo’) al centro del campo visibile del microscopio: ciascun anello presenta colore diverso dagli altri. Tali anelli si susseguono dal centro alla periferia e vengono chiamati curve isocromatiche o semplicemente isocromatiche. In aggiunta a questi anelli la figura presenta una croce nera le cui braccia, fra loro ortogonali vengono dette curve isogire o semplicemente isogire e si intersecano al centro della figura e pertanto al centro comune delle isocromatiche. Se si fa ruotare il piatto del microscopio la figura di interferenza rimane inalterata (l’osservatore cioè non rileva alcun suo movimento come se il piatto del microscopio non ruotasse). Perché? Ruotare il piatto del microscopio significa ruotare la sezione del minerale intorno alla sua normale, che coincide con l’asse ottico che è un’asse di simmetria infinita e rende fra loro equivalenti tutte le posizioni assunte dalla sezione del minerale.
TECNICHE DI INDAGINE La geometria e le caratteristiche generali della figura di interferenza non mutano nei diversi minerali uniassici, ma il numero di anelli isocromatici dipende dalla birifrangenza massima del minerale in esame . La comparsa di un elevato numero di isocromatiche è indicativa di un minerale ad alta birifrangenza massima (es. rutilio, calcite, zircone) al contrario la comparsa di poche curve isocromatiche è indicativa di un minerale a bassa birifrangenza (es. quarzo, apatite). Cosa accade quando la sezione non è perpendicolare all’asse ottico ma inclinata rispetto ad esso? Qual è l’aspetto della corrispondente figura di interferenza? Nel caso di sezioni non perpendicolari all’asse ottico, le isocromatiche della figura di interferenza non hanno più forma circolare ma ovoidale; e il melatopo non si colloca più al centro della figura, ma è spostato linearmente di una quantità proporzionale all’ampiezza dell’angolo di inclinazione rispetto dell’asse ottico. Le isogire a forma di croce, invece, incrociano le proprie braccia in posizione decentrata rispetto al centro del campo visibile del microscopio. Sezione perpendicolare all’asse ottico Sezione inclinata rispetto all’asse ottico
TECNICHE DI INDAGINE Se si ruota il piatto del microscopio, dal momento che la rotazione della sezione non avviene intorno all’asse ottico, si osserva che la figura di interferenza ruota. In questo movimento le isogire non cambiano forma, ma si spostano parallelamente a loro stesse, lo stesso vale per le isocromatiche che cambiano di posizione ma non di geometria. Tutto questo si accentua ulteriormente al crescere dell’inclinazione che la sezione presenta nei confronti dell’asse ottico sino a quando il melatopo si colloca al di fuori del campo del microscopio e pertanto si osserva solo un’isogira. Questa situazione si estremizza al divenire della sezione sempre più parallela all’asse ottico. Quando la sezione è parallela all’asse ottico la figura di interferenza prende il nome di ‘figura flash’.
TECNICHE DI INDAGINE Figure di interferenza dei minerali birifrangenti biassici (trimetrici) Figura di interferenza di una sezione perpendicolare alla bisettrice dell’angolo acuto formato dai due assi ottici del cristallo (Bisettrice Acuta- B.A.). E’ una sezione birifrangente che osservata a luce parallela e a Nicol’s incrociati appare illuminata e manifesta colori di interferenza. Se si porta la sezione in estinzione, la figura di interferenza è la seguente: le isogire formano una croce di cui un braccio appare più sottile e sfumato dell’altro che appare significativamente più ampio; le isocromatiche non hanno forma circolare ma ovoidale e poi ellittica ; la figura presenta simmetria speculare rispetto a due piani (orizzontale e verticale in questo caso) . facendo ruotare il piatto del microscopio la figura di interferenza cambia il proprio aspetto.
TECNICHE DI INDAGINE Le isogire si scindono separandosi fra loro in due curve che assumono la geometria di due braccia di iperbole (quando la sezione del minerale si trova a 45° dalla posizione iniziale (b)). Al procedere della rotazione del piatto del microscopio, le isogire cambiano ancora di aspetto fino a ricongiungersi ancora dopo una ulteriore rotazione di 45° per formare di nuovo la figura di partenza ruotata di 90° (angolo complessivo di cui è stato ruotato il piatto del microscopio (d). (a) (b) (c) (d) Procedendo nella rotazione, quanto descritto si ripete sino a che dopo ulteriori 90° di rotazione (rotazione totale di 180°) si ritorna alla figura di partenza (h). (h) (e) (f) (g)
TECNICHE DI INDAGINE Cosa accade quando la sezione non è perpendicolare alla bisettrice acuta (B.A.) ma risulta obliqua rispetto ad essa? Qual è l’aspetto della corrispondente figura di interferenza? Posizione di estinzione Posizione ruotata di 45° rispetto alla prima (a) (b) Se invece la sezione è tagliata ortogonalmente rispetto ad uno dei deue assi ottici, la figura di interferenza assume i seguente aspetto: Per quanto riguarda le isocromatiche si osserva che durante la rotazione del piatto esse non cambiano d’aspetto o di forma, ma vengono trascinate nel movimento di rotazione.
TECNICHE DI INDAGINE Queste figure di interferenza oltre a indicare il carattere biassico del minerale in esame, consentono anche una stima dell’ampiezza dell’angolo fra gli assi ottici (2V): Differenti aspetti della figura di interferenza di un minerale biassico in sezione ortogonale alla B.A. in funzione del diverso angolo Lo stesso tipo di informazione si può ottenere osservando la curvatura dell’isogira in una sezione ortogonale a uno dei sue assi ottici:
TECNICHE DI INDAGINE DETERMINAZIONE DEL SEGNO OTTICO DEI MINERALI DIMETRICI (UNIASSICI ) Tra i minerali dimetrici (uniassici) vengono definiti otticamente positivi quelli in cui si realizza la condizione (ε’ > ω), nel caso contrario (ε’ < ω) il minerale è detto otticamente negativo. Dall’esame della figura di interferenza di un minerale uniassico si possono individuare le direzioni di vibrazioni delle onde che in esso si propagano e a ciascuna di questa onde è attribuibile l’indice di rifrazione ε’ o ω che la caratterizza (l’onda con indice ε’ vibra sempre in posizione radiale, mentre quella con indice ω vibra sempre in posizione tangenziale rispetto alle isocromatiche: per determinare il segno ottico basta determinare quale fra ε’ e ω è l’indice maggiore. Ciò viene fatto utilizzando il compensatore. Quando viene introdotto il compensatore cambia sia il colore delle isogire (che da nero diventa rosso) sia i colori delle isocromatiche che cresceranno o decresceranno nella scala dei colori.
Il minerale è otticamente negativo Il minerale è otticamente positivo TECNICHE DI INDAGINE Quando si inserisce il compensatore si nota che la direzione di vibrazione dell’onda ad indice ε’ coincide con due quadranti tra loro opposti, mentre nei restanti due quadranti, anch’essi opposti, si trova la direzione di vibrazione dell’onda che si propaga con indice ω. Poiché i due indici sono diversi la variazione dei colori delle isocromatiche non è uguale in tutti e quattro i quadranti in cui il campo del microscopio è suddiviso dalle isogire, ma sarà uguale in quadranti opposti e diversa in quadranti tra loro adiacenti. ε ε ω ω Nei quadranti che si trovano nella direzione di vibrazione dell’onda ad indice ε si passa dal bianco all’azzurro, mentre nei quadranti in cui si trova la direzione di vibrazione dell’onda ad indice di rifrazione ω si passa dal bianco al giallo: ε’ < ω Il minerale è otticamente negativo Nei quadranti che si trovano nella direzione di vibrazione dell’onda ad indice ε si passa dal bianco al giallo, mentre nei quadranti in cui si trova la direzione di vibrazione dell’onda ad indice di rifrazione ω si passa dal bianco all’azzurro: ε’ > ω Il minerale è otticamente positivo
TECNICHE DI INDAGINE DETERMINAZIONE DEL SEGNO OTTICO DEI MINERALI TRIMETRICI (BIASSICI ) Sono otticamente positivi quando la bisettrice dell’angolo acuto formato dagli assi ottici (Bisettrice Acuta, B.A.) coincide con la direzione di vibrazione dell’onda ad indice massimo γ. In caso contrario, cioè quando la bisettrice dell’angolo acuto formato dagli assi ottici coincide con la direzione di vibrazione dell’onda ad indice α il minerale è detto negativo. γ α Nella zona compresa tra le isogire, i colori di interferenza crescono, mentre i colori della porzione compresa fra le isogire diminuiscono. La bisettrice dell’angolo acuto formato dagli assi ottici coincide con la direzione di vibrazione dell’onda ad indice massimo γ: il minerale è otticamente positivo Nella zona compresa tra le isogire, i colori di interferenza diminuiscono, mentre i colori della porzione compresa fra le isogire crescono. La bisettrice dell’angolo acuto formato dagli assi ottici coincide con la direzione di vibrazione dell’onda ad indice α : il minerale è otticamente negativo.
TECNICHE DI INDAGINE Quanto visto vale per sezioni di minerali trimetrici (biassici) ortogonali alla Bisettrice Acuta. Nel caso di sezioni ortogonali ad uno dei due assi ottici vale sempre l’analisi della variazione dei colori nelle figure di interferenza dopo l’introduzione di un compensatore sul cammino ottico dei raggi. Nella zona concava della isogira i colori di interferenza crescono:, mentre nella zona convessa i colori decrescono: il minerale è otticamente positivo. Nella zona concava della isogira i colori di interferenza crescono:, mentre nella zona convessa i colori decrescono: il minerale è otticamente positivo . In sezioni diverse rispetto a quella considerata il segno ottico può essere determinato se la figura di interferenza può in qualche modo essere ricondotta a quelle considerate.
Grossularia Ca3Al2[SiO4]3 Spessartina Mn3Al2[SiO4]3 TECNICHE DI INDAGINE RICONOSCIMENTO AL MICROSCOPIO DELLE PRINCIPALI FASI COSTITUENTI LE ROCCE. La distribuzione di alcuni minerali nelle rocce risulta particolarmente significativa, per cui è importante il loro riconoscimento al microscopio. GRANATI Sotto il termine granati vengono indicati i seguenti minerali, sia puri che in miscele: Piropo Mg3Al2[SiO4]3 Grossularia Ca3Al2[SiO4]3 Almandino Fe3Al2[SiO4] Andradite Ca3Fe2[SiO4]3 Spessartina Mn3Al2[SiO4]3 Uvarovite Ca3Cr2[SiO4]3 Sono monometrici e i loro indici di rifrazione variano, a seconda della composizione, da 1,714 a 1,865. Colore: in sezioni sottili i colori variano da incolore a debolmente colorati su tonalità tenui del rosso, del bruno, del verde. Possono essere presenti zonature di colore correlate a variazioni composizionali. Abito: in sezione sottile esibiscono forme poligonali o rotondeggianti. Rilievo: molto alto. Sfaldatura: assente. Sono comuni le fratture irregolari. Rifrangenza: i granati sono cubici, monorifrangenti e appaiono estinti a Nicol’s incrociati. Caratteristiche diagnoistiche: i granati sono facilmente riconoscibili in sezione sottile per la forma poligonale o rotondeggiante, il rilievo molto alto e il carattere otticamente isotropo dei cristalli.
TECNICHE DI INDAGINE Osservazione a un solo polaroide: è visibile il rilievo. Osservazione a due polaroidi: i granati appaiono estinti.
TECNICHE DI INDAGINE Osservazione a un solo polaroide: è visibile il rilievo. Osservazione a due polaroidi: i granati appaiono estinti. I granati si trovano soprattutto in rocce metamorfiche ma anche in rocce ignee acide. Essendo molto resistenti all’alterazione si rinviene spesso come minerale residuale in sedimenti e rocce detritiche.
TECNICHE DI INDAGINE QUARZO E’ una delle forme cristalline del Biossido di Silicio (SiO2). Minerale fondamentale di rocce magmatiche intrusive ed effusive acide , di rocce metamorfiche e di rocce sedimentarie clastiche. Il quarzo più comunemente riscontrato nelle rocce è il Quarzo α (trigonale); i suoi indici di rifrazione principali sono: ε = 1,544 ω= 1,553 Colore: incolore. Limpido per assenza di alterazione. Può contenere inclusioni gassose, liquide e di minerali vari quali rutilio ed ematite. Abito: in molte rocce effusive ed ipoabissali acide il quarzo ha abito piramidale o prismatico che in sezione da forme poligonali Rilievo: basso con indici di rifrazione simili (leggermente superiori o leggermente inferiori) a quello delle più comuni resine adoperate per l’incollaggio della sezione sottile sul vetrino. Sfaldatura: assente. Presenti spesso fratture concoidi. Rifrangenza: birifrangenza debole con colori di interferenza dal grigio fino al bianco. Caratteristiche diagnostiche: limpidezza, rilievo basso o assente, pochi colori di interferenza, segno ottico positivo, assenza di alterazioni, assenza di sfaldature, fratture concoidi. Può essere confuso con i seguenti minerali che però presentano qualche differente carattere specifico: Cordierite è biassica Plagioclasi non geminati sono biassici positivi o negativi e possono essere alterati Berillo è negativo e presenta tracce di sfaldatura Nefelina è uniassica negativa Ortoclasio è biassico negativo e ha aspetto torbido per alterazione
TECNICHE DI INDAGINE MUSCOVITE E’ un fillosilicato Al e K: KAl2(OH)2 [AlSi3O10], appartiene al gruppo delle miche, è un minerale monoclino, ha abito lamellare e sfaldatura molto facile. Birifrangente biassico, i suoi indici di rifrazione principali sono: α = 1,552 -1,576 β = 1,582 -1,615 γ = 1,587 – 1.618 Colore: incolore Abito: pseudoesagonale in sezione basale, lamellare in sezione parallela o inclinata ull’asse z, a volte si presenta in aggregati microcristallini (sericite-muscovite microscagliosa) Rilievo: moderato Sfaldatura: perfetta. Tutte le sezioni inclinate sull’asse cristallografico z mostrano un unico sistema di tracce di sfaldatura tra loro parallele Rifrangenza: la birifrangenza cambia a seconda delle sezioni considerate, si va da una bririfrangenza debole con colori grigi a birifrangenza molto elevata con colori di interferenza vivaci Caratteristiche diagnostiche: in sezione basale si riconosce per i bassi colori di interferenza, in sezione parallela o poco inclinata rispetto all’ asse z sono inconfondibili le tracce di sfaldatura, la forma allungata parallellamente alle tracce di sfaldatura e i colori di interferenza alti. Minerale tipico di rocce metamorfiche. La sericite è una varietà microcristallina di muscovite ed è tipica di basso grado metamorfico; essa rappresenta anche il prodotto di alterazione di feldspati nei cui cristalli si sviluppa sotto forma di minute lamine ben distinguibili a Nicol’s incrociati per i colori di interferenza molto vivaci ben visibili sui colori grigi del feldspato. La muscovite si trova anche in alcune rocce ignee intrusive (es. graniti). Essendo un minerale molto resistente all’ alterazione si trova anche in rocce sedimentarie detritiche.
TECNICHE DI INDAGINE BIOTITE E’ un fillosilicato di Mg, Fe e K, K(Mg, Fe)3(OH)2[AlSi3O10] appartiene al gruppo delle miche, è un minerale monoclino, ha abito lamellare e sfaldatura molto facile parallela al piano. Birifrangente biassico i suoi indici di rifrazione principali sono: α = 1,522 – 1,625 β= 1,548 – 1,672 γ = 1,549 – 1,696 Gli indici di rifrazione e la birifrangenza crescono al crescere del contenuto in Fe. Colore: in genere bruno scuro ma anche giallo- verde, verde scuro e rossiccio (il colore varia verso tonalità sempre più scure al crescere del contenuto in Fe). Abito: pseudoesagonale in sezione basale, tabulare o lamellare in sezione parallela o inclinata sull’asse z, a volte si presenta in aggregati lamellari. Sono comuni inclusioni di minerali accessori quali apatite, titanite e zircone. Questi minerali, specie lo zircone, sono circondati da un’ aureola scura (aureola policroica) formatasi in seguito a danneggiamento della struttura cristallina per effetto del bombardamento di particelle pesanti emesse da alcuni radioisotopi (U, Th) presenti nelle inclusioni. Nelle vulcaniti la biotite è spesso circondata da un bordo di ossidi di Fe-Ti (bordo opacitico) che si forma a causa della instabilità del minerale in condizioni effusive. Rilievo: moderato Sfaldatura: perfetta. Tutte le sezioni inclinate sull’asse cristallografico z mostrano un unico sistema di tracce di sfaldatura fra loro parallele. Rifrangenza: birifrangenza quasi nulla in sezione basale, forte in sezione circa perpendicolare alla basale. I colori di interferenza sono ampiamente mascherati dal colore scuro del minerale. Caratteristiche diagnostiche: ll colore bruno, le numerose tracce di sfaldatura, il forte pleocroismo e l’alta birifrangenza in sezione non basale. La biotite è un minerale tipico di rocce granitoidi e di alcune rocce vulcaniche, può trovarsi anche in sedimenti come minerale detritico; in ambiente marino la biotite si trasforma in glauconite, una mica ad elevato tenore di Fe e Mg che ha caratteristiche ottiche simili alla biotite.
TECNICHE DI INDAGINE Osservazione a un solo polaroide: per il quarzo è visibile il rilievo basso o nullo, per la biotite il rilievo è moderato. Osservazione a due polaroidi: la biotite appare colorata in diversi colori (pleocroica), ha alti colori di interferenza e nette tracce di sfaldatura fra loro parallele.
TECNICHE DI INDAGINE Osservazione a un polaroide: la muscovite è incolore e presenta rilievo moderato. Osservazione a due polaroidi: la muscovite presenta alti colori di interferenza e nette tracce di sfaldatura tra loro parallele.
TECNICHE DI INDAGINE
TECNICHE DI INDAGINE OLIVINA Le olivine sono soluzioni solide tra forsterite (Fo: Mg2[SiO4] e fayalite (fa: Fe2[SiO4]. Birifrangenti biassici. Gli indici di rifrazione principal sono α = 1,635 – 1,827 β= 1,651– 1,869 γ = 1,670 – 1,879 Gli indici di rifrazione e la birifrangenza crescono al crescere del contenuto in Fe. Colore: generalmente incolore. I termini molto ferriferi hanno un colore giallino e possono nostrare pleocroismo. Abito: prismatico tozzo, spesso rotondeggianti e attraversati da fratture Rilievo: alto, specialmente nei termini ferriferi Sfaldatura: imperfetta espesso non visibile. Sono comuni le fratture. Rifrangenza: birifrangenza alta con colori vivaci Caratteristiche diagnostiche: il rilievo alto, gli elevati colori di interferenza, l’assenza o scarsità di tracce di sfaldatura, la presenza di fratture irregolari.
TECNICHE DI INDAGINE PLAGIOCLASIO I plagioclasi sono minerali triclini dati da tutte le possibili soluzioni solide tra albite (Ab: Na [AlSi3O8] e anortite (An: Ca [Al2Si2O8]). Hanno abito allungato nella direzione dell’asse z e sfaldatura abbastanza facile. Birifrangenti biassici, i loro principali indici di rifrazione sono: α = 1,527 – 1,577 β= 1,531– 1,585 γ = 1,538 – 1,590 Gli indici di rifrazione sono variabili e crescenti al crescere del contenuto di anortite. Colore: sono incolori in sezione sottile, a volte torbidi per alterazione. Abito: generalmente da tabulare ad allungato nella direzione dell’asse z. Rilievo: assente. Gli indici di rifrazione aumentano con il contenuto di anortite. Sfaldatura: perfetta secondo l’asse z, buona secondo ‘asse y, mal definita secondo l’asse x. Rifrangenza: birifrangenza debole con colori di interferenza grigi. Caratteristiche diagnostiche: l’assenza di colore e di rilievo, la bassa birifrangenza, le complesse zonature e soprattutto le tipiche geminazioni polisintetiche assicurano, in genere, un agevole riconoscimento del plagioclasio. In assenza di geminazioni o in sezioni parallele ai piani di geminazione, risulta difficile distinguere il plagioclasio albitico dal feldspato potassico o dal quarzo, in quanto detti minerali hanno indici di rifrazione, birifrangenza e aspetto abbastanza simili. Il plagioclasio albitico si distingue dal feldspato potassico in quanto il suo segno ottico è positivo mentre quello del feldspato è negativo; si distingue dal quarzo in quanto quest’ultimo è uniassico.
TECNICHE DI INDAGINE La diversa orientazione dell’indicatrice ottica nei vari termini della serie determina una forte variabilità dell’angolo di estinzione che ha valore diagnostico e consente la determinazione del tenore di anortite dei plagioclasi. La diversa orientazione ottica che questi minerali presentano al variare della loro composizione fa sì che eventuali zonature composizionali vengano messe in evidenza dalle diverse posizioni di estinzione. A zone a composizione diversa competono posizioni di estinzione diverse.
TECNICHE DI INDAGINE I plagioclasi mostrano generalmente geminazioni polisintetiche secondo la legge dell’albite: un insieme di cristalli paralleli a sviluppo lamellare; l’asse di geminazione è normale all’asse y, il piano di contatto è il piano y. La diversa orientazione ottica che esiste fra lamelle adiacenti del geminato fa sì che, a Nicol’s incrociati, ciascuna di esse si estingua in una posizione diversa rispetto a quella delle altre ad essa adiacenti; perciò le lamelle costituenti il geminato risultano alternativamente contemporaneamente estinte o illuminate: mentre una serie di lamelle fra loro alternate è estinta, l’altra, anch’essa data fra lamelle tra loro alternate, resta illuminata con colore di interferenza grigio chiaro). Ciò conferisce alle sezioni del minerale il tipico aspetto zebrato
TECNICHE DI INDAGINE Un altro tipo di geminazione è quella secondo la legge del periclino: il piano di contatto di questi geminati è perpendicolare al piano di contatto dei geminati secondo la legge dell’albite. I geminati complessi albite-periclino sono costituiti da due serie di lamelle che si intersecano circa ad angolo retto (geminazione a scacchiera).
TECNICHE DI INDAGINE I geminati secondo la legge di Carlsbad sono dati dall’associazione di due individui che vengono a contatto o si compenetrano lungo il piano y. Poiché questo piano non è un piano di simmetria del geminato, i due individui che lo costituiscono avranno orientazione diversa e non simmetrica; per questo a Nicol’s incrociati appariranno estinti in posizioni diverse. I geminati secondo la legge dell’albite-Carlsbad associano le caratteristiche peculiari di entrambi i tipi di geminazione: in questo caso si hanno due individui che costituiscono i geminati Carlsbad, che sono a loro volta geminati secondo la legge dell’albite. Anche in questo caso l’estinzione cambia. Ciascun individuo presenta estinzione non simmetrica, anche se le proprie lamelle di geminazione albite presentano tra loro estinzione simmetrica. Tali considerazioni sono importanti per il riconoscimento del contenuto in anortite dei plagioclasi.
TECNICHE DI INDAGINE Un po’ di storia… Per avere un’esatta comprensione del funzionamento del microscopio ottico sono stati necessari oltre 200 anni, mentre in soli 40 anni sono stati realizzati nuovi tipi di microscopi che anziché usare la luce (fotoni) sfruttano particelle cariche (elettroni) e di focalizzarli mediante campi magnetici (J.J. Thomson, 1895 e H. Busch, 1926). Agli inizi del Novecento era stata avanzata l’ipotesi che gli elettroni avessero un comportamento ondulatorio con lunghezza d’onda molto corta, come in seguito dimostrato dagli esperimenti eseguiti da C.J. Davisson e L.H. Germer nel 1926 e, indipendentemente, da G.P. Thomson nel 1927. De Broglie intuì la possibilità di realizzare un microscopio elettronico, ma l’idea venne scartata: era opinione corrente che il fascio elettronico avrebbe distrutto o danneggiato irreparabilmente il campione e che no sarebbe stato possibile osservare preparati biologici in condizioni di vuoto spinto. Il primo tentativo di costruire un microscopio elettronico fu fatto da due ingegneri elettrotecnici: E. Ruska e M. Knoll, ma lo strumento fu accolto nella quasi totale indifferenza della comunità scientifica internazionale…! Nel 1939 era già stata formulata la meccanica ondulatoria da parte di E.C. Schrodinger (1926) che permetteva una completa descrizione del principio di funzionamento del microscopio elettronico. E’ interessante tuttavia notare una dichiarazione dello stesso Ruska: ‘’non c’è stata influenza della meccanica ondulatoria durante tutto il periodo di sviluppo del microscopio elettronico sino alla consegna del primo apparecchio di serie avvenuta nel 1939. Io e i miei collaboratori eravamo ingegneri in elettrotecnica, non sapevamo niente della meccanica ondulatoria e durante il nostro lavoro eravamo guidati essenzialmente da idee di ottica geometrica’’.
TECNICHE DI INDAGINE In uno strumento ottico, la propagazione di un fascio luminoso è determinato dalla configurazione geometrica delle lenti e del loro indice di rifrazione. In ottica elettronica il moto di una particella carica è descritto dall’equazione di Lorentz, dalla quale è possibile ricavare le equazioni delle traiettorie, noti i campi elettrici e magnetici. MICROSCOPIO ELETTRONICO A TRASMISSIONE (TRANSMISSION ELECTRON MICROSCOPE = TEM) Una sorgente di elettroni si ottiene portando a incandescenza un sottile filamento. Un campo magnetico, a simmetria assiale, viene ottenuto da una lente (lente magnetica) e provvede a concentrare il fascio di elettroni sul campione da osservare, il cui spessore può variare da 10 a 100 nm (1 nm = 10-3 μ). Gli elettroni emergenti dal preparato vengono raccolti dalla lente obiettivo (la lente più importante del microscopio) che ne forma una prima immagine ingrandita. Una successiva lente (lente di proiezione) proietta, ulteriormente ingrandita, la prima immagine reale su una lastra fotografica o su uno schermo ricoperto di fosforo. La lunghezza focale si può variare agendo semplicemente sull’intensità del campo magnetico. Nei moderni microscopi elettronici la lente di proiezione è costituita da un complesso di più lenti magnetiche che rende maggiormente flessibile l’uso dello strumento e permette di ottenere un vasto campo di ingrandimenti. Gli ingrandimenti ottenibili variano da qualche decina di volte fino a circa un milione di volte.
Struttura teorica ricavata per simulazione con un calcolatore. TECNICHE DI INDAGINE Con il TEM è possibile osservare anche le figure di diffrazione e avere informazioni sui piani reticolari di un cristallo. Reticolo cristallino di una lega di NiAl Struttura teorica ricavata per simulazione con un calcolatore. Distanze fra gli atomi
TECNICHE DI INDAGINE MICROSCOPIO OTTICO sorgente lente condensatrice campione lente obiettivo piano ove si forma la prima immagine lente di proiezione piano di osservazione o lastra fotografica colonna sotto vuoto del microscopio finestra di osservazione alle pompe da vuoto MICROSCOPIO ELETTRONICO A TRASMISSIONE (TEM) MICROSCOPIO OTTICO
TECNICHE DI INDAGINE MICROSCOPIO ELETTRONICO A SCANSIONE (SCANNING ELECTRON MICROSCOPE = SEM) Un sottile ed intenso pennello di elettroni, accelerati da una differenza di potenziale, viene indirizzato mediante un sistema di lenti, sul campione (che in questo caso può essere sia sottile che massivo) in modo da ‘illuminare’ un’area del diametro di qualche nanometro. Il pennello viene spostato lateralmente in modo che percorra sequenzialmente tutta una linea sul campione. Questo procedimento viene ripetuto fino a quando la sonda elettronica non è stata inviata su tutta l’area da osservare. L’immagine della superficie e altre informazioni riguardanti l’area esaminata, vengono ottenute raccogliendo, mediante opportuni rivelatori, gli elettroni e i fotoni che escono dal preparato. Questi segnali sono di quattro tipi: elettroni trasmessi (se il preparato è sufficientemente sottile); elettroni riflessi o retrodiffusi (se il preparato è spesso); elettroni secondari; radiazione elettromagnetica dal visibile ai raggi X.
TECNICHE DI INDAGINE I segnali più utilizzati per osservare il preparato sono gli elettroni retrodiffusi e gli elettroni secondari, entrambi facilmente selezionabili. La raccolta del segnale dei raggi X viene principalmente utilizzata per individuare specie atomiche in determinate regioni del campione. In questo caso il microscopio permette di ottenere più che l’immagine vera e propria del campione una dettagliata microanalisi chimica che può essere sia qualitativa che quantitativa. La stessa zona del preparato apparirà quindi ‘’morfologicamente diversa’’ a seconda del tipo di segnale usato. Il primo microscopio elettronico a scansione fu commercializzato nel 1965 dalla ditta inglese Cambridge Instruments, che si avvalse della collaborazione di un gruppo di ricercatori guidati da G. Oatley. La prima idea fu di Knoll che nel 1935 costruì un prototipo che ebbe scarso successo, forse a causa del modesto ingrandimento che era di 1X. Questo prototipo fu successivamente ripreso da M. von Ardenne nel 1938, ma anche questo strumento non portò a risultati concreti per difficoltà di ordine tecnologico specie nella parte elettronica. Nel 1942 V. K. Zworkin, costruì un prototipo che raggiunse una risoluzione intorno ai 50 nm, tuttavia l’elevato rumore di fondo e i problemi relativi alla contaminazione del campione indussero i ricercatori ad abbandonare il progetto. Solo grazie ai progressi nel campo della microelettronica e della miniaturizzazione degli apparati oggi si hanno strumenti diversi dalle prestazioni molto elevate.
TECNICHE DI INDAGINE Cristallografia X La cristallografia X utilizza quale strumento di indagine le radiazioni X (radiazioni analoghe a quelle luminose, ma caratterizzate da elevate energie e bassi valori di λ (le lunghezze d’onda sono dell’ordine di 1 Å = 10-10 m = 0.1 nm) e sfrutta le fenomenologie che insorgono quando dette radiazioni, attraversando la materia solida cristallina, interagiscono con essa. Nessuna sostanza è in assoluto opaca rispetto alle radiazioni X e tutte le sostanze hanno indice di rifrazione praticamente uguale a 1. Perciò ci si riferisce a fenomeni che si manifestano quando i raggi x attraversano la materia. Lo scienziato Max von Laue (1879-1960) è stato il primo ad indagare sull’interazione raggi X - materia cristallina. Egli suggerì che file regolari di atomi in un cristallo potessero funzionare come reticolo di diffrazione tridimensionale per i raggi X. Questa previsione è stata confermata da diversi esperimenti. La diffrazione dei raggi X si è dimostrata una tecnica senza pari per chiarire le strutture cristalline e più in generale la struttura della materia.
TECNICHE DI INDAGINE Apparato sperimentale per l’osservazione della diffrazione da parte di un cristallo: un fascio di raggi X incide ortogonalmente un cristallo. I fasci diffratti possono essere rivelati da una pellicola fotografica. Dopo un opportuno periodo di esposizione ciò che si ottiene è un insieme di macchie più o meno intense (che testimoniano l’arrivo sulla lastra di radiazioni più o meno intense) disposte intorno a una macchia centrale (la più intensa). Questo insieme di macchie è noto come spettrogramma di Laue. Analizzando le posizioni e l’intensità delle varie macchie nella figura si può dedurre la struttura cristallina. La macchia centrale testimonia l’esistenza di un intenso fascio di raggi che attraversa il cristallo nella stessa direzione in cui lo stesso viene investito dai raggi X, le altre macchie testimoniano l’esistenza di radiazioni che si propagano in direzioni diverse da quella corrispondente alla naturale prosecuzione dei raggi incidenti. Laue spiegò l’esistenza di questi raggi mediante fenomeni di diffrazione operata dal reticolo cristallino del minerale considerato, a cui si accompagnano fenomeni di interferenza positiva.
TECNICHE DI INDAGINE Il reticolo di un minerale è dato dalla ripetizione omogenea periodica e discontinua della materia che lo costituisce (per semplicità consideriamo gli atomi, ma potrebbero essere anche ioni o gruppi ionici). Le radiazioni X che lo investono investiranno detti atomi e pertanto le loro nuvole elettroniche. A causa dell’ effetto di Rayleigh ogni atomo diviene a sua volta sorgente di radiazioni coerenti e con eguale λ a quelle incidenti, che vengono poi diffuse in tutte le direzioni dello spazio. L’intensità di dette radiazioni sarà decrescente al crescere dell’angolo di deviazione rispetto alla direzione del raggio incidente Il comportamento dell’atomo investito da raggi X può essere paragonato a quello di una fenditura investita da radiazioni luminose con λ confrontabili con l’ampiezza della fenditura: l’atomo all’interno del reticolo cristallino assume la stessa funzione della fessura in un reticolo
TECNICHE DI INDAGINE 2d sen θ = m λ (m=1, 2, 3…) Legge di Bragg La cella unitaria (forma geometrica che si ripete in tutto il cristallo) di un cristallo di NaCl è un cubo il cui lato ha lunghezza a. Gli ioni del cristallo si trovano su vari piani. La radiazione X incidente incontrando il primo piano viene da esso riflessa, mentre in parte lo attraversa per essere nuovamente in parte riflessa al piano successivo e così via all’infinito per tutti i piani costituenti il cristallo. Le onde appartenenti al treno d’onde riflesso potranno interferire fra loro. Supponiamo che un fascio di raggi X incida con un angolo θ su uno dei due piani. Il fascio può essere riflesso sia dal piano di atomi superiore che da quello inferiore. Il fascio riflesso dalla superficie inferiore fa un percorso più lungo rispetto a quello riflesso dalla superficie superiore. La differenza di cammino tra i due raggi è 2d sen θ, dove d è la distanza tra i piani. a I due raggi si rinforzano reciprocamente (interferenza positiva) quando la differenza di cammino sarà pari a un certo multiplo intero della lunghezza d’onda λ. Lo stesso vale per la riflessione dell’intera famiglia di piani paralleli. Quindi la condizione per l’interferenza positiva è data da: Fascio incidente riflesso Piano superiore Piano inferiore 2d sen θ = m λ (m=1, 2, 3…) Legge di Bragg
TECNICHE DI INDAGINE Diffrattometro delle polveri La legge di Bragg (dal nome di W.L. Bragg, 1890-1971, che per primo derivò questa relazione) permette di calcolare la distanza tra i piani atomici conoscendo la lunghezza d’onda e l’angolo di diffrazione dei raggi. La diffrazione con interferenza positiva operata dalla materia solida cristallina sulle radiazioni X viene oggi ampiamente adoperata per indagare sulla geometria dei reticoli cristallini e sulle modalità di distribuzione della materia che si realizza in essi, per questo risultano particolarmente utili ai fini dello studio e dell’identificazione dei minerali. Diffrattometro delle polveri R-X → fascio di radiazioni X reso parallelo dal passaggio attraverso il collimatore S. C → camera di diffrazione a geometria cilindrica sul cui asse (ortogonale al piano della figura) è posto il campione da esaminare costituito da un insieme di grani cristallini di dimensioni molto piccole inserito su un portacampione piatto costituito da materiale amorfo (vetro). Il campione può ruotare attorno a questo asse. R → è il rivelatore dei raggi X diffratti dal campione a sua volta capace di ruotare intorno all’asse C in modo sincrono con il campione.. Gli efetti di diffrazione vengono registrati su carta o su file digitali. Questa geometria è quella Bragg-Brentano 2θ /θ. Esistono anche altre geometrie ad es. Bragg-Brentano θ/θ, in cui mentre il portacampione rimane fermo, si ha la contemporanea e antitetica rotazione del tubo di raggi X e del rivelatore intorno a C.
TECNICHE DI INDAGINE Questa geometria consente agli infiniti cristalli che costituiscono la polvere, tutti fra loro disorientati, di raggiungere con piani diversi e in momenti successivi, le condizioni di diffrazione con interferenza positiva regolate dall’equazione di Bragg. Considerato che sul portacampione si trova un numero infinito di granuli cristallini fra loro disorientati, si avrà che molti piani reticolati fra loro diversi si trovano paralleli alla superficie del portacampione e che durante la rotazione di quest’ultimo intorno all’asse C potranno, in momenti successivi, essere investiti dalle radiazioni X sotto i caratteristici angoli di Bragg. Solo in questi momenti, fra loro diversi, questi piani emettono delle radiazioni diffratte che interferiscono positivamente fra loro: queste radiazioni diffratte saranno rivelate dal rivelatore R. L’ingresso nel rivelatore di una radiazione X viene evidenziato dal’insorgere di una ‘’corrente’’ la cui intensità è proporzionale all’intensità della radiazione rivelata, il rivelatore mostrerà quasi sempre un’intensità di corrente debole o quasi nulla, nota come ‘rumore di fondo’, che corrisponde all’assenza di effetti di diffrazione con interferenza positiva, mentre solo sporadicamente, in modo discontinuo e solo per specifici valori di θ verranno evidenziate delle correnti significativamente diverse da quelle corrispondenti al rumore di fondo. Se si registrano i valori di queste intensità si ottiene un diffrattogramma: diagramma caratterizzato da picchi che si stagliano rispetto al rumore di fondo.
TECNICHE DI INDAGINE DIFFRATTOGRAMMA In ascissa ci sono i valori 2θ (°), in ordinata i valori dell’intensità di corrente proporzionale al numero di fotoni X diffratti per unità di tempo (counts/sec). I valori delle intensità diverse rispetto al rumore di fondo (i picchi in figura) vengono misurati in funzione dei valori degli angoli θ raggiunti dal portacampione (o 2θ raggiunti dal rivelatore). θ e 2θ sono rispettivamente gli angoli di cui dopo un tempo t sono ruotati rispettivamente il portacampione ed il rivelatore rispetto alla direzione dei raggi che proseguono nella medesima direzione dei raggi X incidenti. La lettura del diffrattogramma (che consiste nel determinare i valori di θ o 2θ a cui si realizzano gli effetti di diffrazione con interferenza positiva), consente di ricavare, per ciascun effetto di diffrazione rilevato, il valore della distanza interplanare del piano responsabile della diffrazione considerata, risolvendo l’equazione di Bragg (2d sen θ = m λ ).
TECNICHE DI INDAGINE Le informazioni che si ottengono da un diffrattogramma sono utili in cristallografia strutturale (ad es. per il calcolo delle costanti reticolari del minerale), ma soprattutto sono utilissime per l’identificazione delle specie minerali presenti nelle rocce. La sua utilità in sostanza si basa su alcune considerazioni di carattere generale: ogni minerale dal momento che è caratterizzato da un reticolo cristallino che gli è proprio presenta una serie di piani reticolari caratterizzati da determinate distanze che gli sono proprie; ogni minerale presenta uno spettro di diffrazione di polveri (diffrattogramma) che gli è proprio, sia per quanto riguarda la posizione dei picchi che lo caratterizzano che per quanto riguarda i loro rapporti di intensità; per ogni minerale lo spettro di diffrazione di polveri è una sorta di ‘’impronta specifica’’ che, in quanto esclusiva, è sufficiente a identificarlo. Lo sviluppo sempre crescente di capacità di calcolo ed elaborazione automatica di dati ha consentito la messa a punto di software più o meno complessi che, interfacciati ai moderni diffrattometri, consentono l’analisi dei diffrattogrammi di polveri e la loro elaborazione tesa all’identificazione delle fasi cristalline presenti nella polvere analizzata (analisi qualitativa) e alla determinazione delle percentuali in cui le suddette fasi sono in essa presenti (analisi quantitativa). Già dal 1941 la ASTM (American Society for Testing and materials) ha iniziato a pubblicare delle schede informative che riportavano, per i diversi materiali cristallini, le informazioni essenziali sulle loro caratteristiche e sulla serie di distanze interplanari ricavabili da diffrattogrammi di polveri. Successivamente tale attività è stata svolta dal Joint Committee on Powder Diffraction Standards (JCPDS) che, nel 1978, ha assunto l’attuale denominazione di International Centre for Diffraction data (ICDD).