Filo conduttore della meccanica da Galilei ad Einstein

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Filo conduttore della meccanica da Galilei ad Einstein Ottavio Serra La Caduta dei gravi Filo conduttore della meccanica da Galilei ad Einstein Cosenza, 2009

Aristotele, 384 – 322 a.C.

Secondo Aristotele i corpi cadono tanto più velocemente quanto più sono pesanti. E se sono come le piume, non cadono neanche verticalmente, ma oscillando.

Galilei, 1564 - 1642

Galilei ridicolizza questa opinione, osservando che in tal caso un mattone dovrebbe cadere più velocemente o più lentamente, a seconda che lo si pensi intero o formato da due mezzi mattoni.

Galilei, dopo alcune incertezze iniziali, trova le formule corrette per il moto dei gravi in assenza d’aria:

Newton, 1642 - 1727

Fu però Newton che portò a compimento il lavoro di Galilei e creò la nuova meccanica e la teoria della gravitazione, forgiando anche la matematica, il calcolo infinitesimale, necessaria per esprimere le nuove leggi fisiche e derivarne tutte le conseguenze.

Se la velocità è costante (moto uniforme), lo spazio percorso è velocità per intervallo di tempo = anche “area del rettangolo”. E se il moto non è uniforme…

Idea: divido l’intervallo di tempo in tanti intervallini così piccoli che in essi il moto si possa ritenere uniforme; si ottengono tanti rettangolini e la somma delle loro aree approssima lo spazio percorso. Al limite i rettangolini riempiono esattamente la figura.

L’area del trapezio dà lo spazio (lunghezza) percorso nel tempo t.

Se il moto non è uniformemente accelerato, l’area al di sotto del grafico non è un trapezio, però dà sempre lo spazio percorso, solo che il calcolo è più difficile.

La caduta dei gravi avviene con accelerazione costante. Naturalmente, ciò vale in assenza d’aria o se questa può essere trascurata, per esempio per la caduta di un sasso: MOTO UNIFORMEMENTE ACCELERATO.

Una piuma o un pezzetto di carta sono talmente soggetti alle più deboli correnti d’aria, che il loro moto è praticamente imprevedibile. Ma in assenza d’aria una piuma cade come un sasso. Come togliere l’aria per fare la prova?

Togliamo l’aria senza pompa pneumatica: Mettere un pezzetto di carta su una moneta da due euro e far cadere la moneta di piatto: mentre cade, la moneta fa il vuoto davanti a sé e il pezzetto di carta cade come un sasso. Se non vi riesce, riprovate!

Perché in prossimità del suolo e in assenza di vento le gocce di pioggia cadono a velocità costante? La resistenza del mezzo. La forza agente sulla goccia è F = mg – kv, essendo mg il suo peso e kv la resistenza dell’aria proporzionale alla velocità. Man mano che la goccia cade, la velocità aumenta e con essa la resistenza del mezzo, finchà F si annulla. Da quel momento v = mg/k. (velocità asintotica)

Il coefficiente k dipende dalla viscosità η del mezzo (dell’aria) e dalla dimensione del grave. Per una goccia di pioggia (sferica) k è data dalla legge di Stokes: Perciò, a parità di viscosità η (a parità del mezzo) la velocità finale è tanto più piccola quanto più piccolo è il raggio r. (La velocità finale è proporzionale al quadrato di r). Perciò le gocce piccole arrivano più lentamente delle gocce grosse. (Per il paracadute la cosa è diversa: occorre una grande dimensione (superficie) per avere piccola velocità finale. Come mai? Giustificare. Fare poi un esperimento con l’ombrello).

Come è possibile verificare che le gocce di pioggia arrivano al suolo con velocità costante? Si consideri un autobus in corsa con velocità v0 Nel riferimento (inerziale) esterno le gocce cadono verticalmente (se non c’è vento), ma l’autobus va loro incontro mentre cadono e queste rigano il vetro obliquamente dall’angolo superiore destro all’angolo inferiore sinistro dell’autobus. Vedi immagine seguente

Riferimento Inerziale Esterno Siccome il vetro è rigato rettilineamente, si conclude che la pioggia arriva con velocità costante.

Riferimento inerziale INTERNO Ora sfrutteremo il principio di relatività di Galilei. L’autobus per i passeggeri è FERMO e le cose vanno come se le gocce di pioggia avessero, oltre che la loro velocità di caduta, anche quella dell’autobus cambiata di segno. Per il principio di relatività di Galilei, il vetro dovrà essere rigato come nella prima descrizione. Vedi immagine seguente.

Che le gocce di pioggia arrivino con velocità costante si può notare osservando come rigano il finestrino di un autobus che vada a velocità costante. Il finestrino dell’autobus viene rigato dalla pioggia parallelamente al vettore w. Siccome le rigature di pioggia sono rettilinee, si conclude che le gocce di pioggia arrivano con velocità costante. Come righerebbero il vetro se arrivassero accelerate?

Ma perché tutti i corpi cadono con la stessa accelerazione? Perché i satelliti di Giove girano intorno a Giove come se il Sole non ci fosse? Lo stesso dicasi della Luna intorno alla Terra. Perché la forza di gravità è proporzionale alla massa? E’ l’unica forza per cui ciò accade.

Per capirlo dobbiamo aspettare Einstein (1879 – 1955) Einstein il 1916, anno della Relatività generale.

Negli ultimi anni della sua vita

Prima citiamo il principio di RELATIVITA’ Galileiano, come è riportato in una pagina memorabile del capolavoro ”Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano”. Sintetizzo: se un corpo, sasso, mosca o altro, si muove sotto coverta in una nave che va a velocità costante in mare calmo, il suo moto è identico a quello che si avrebbe se la nave fosse ferma.

Galilei sottintende una quarta equazione: Le equazioni della trasformazione di Galilei nel passaggio da un riferimento inerziale S (es. mare calmo o terra ferma) a un altro S’ (es. nave o treno in moto rettilineo uniforme) sono: x’=x - v.t, y’=y, z’=z. (Relatività galileiana). Galilei sottintende una quarta equazione: t’ = t (lo scorrere del tempo è assoluto, è lo stesso in tutti i sistemi di riferimento inerziali; ciò non sarà vero nella relatività einsteiniana).

Il riferimento K’ si nuove con velocità v rispetto al riferimento K Il riferimento K’ si nuove con velocità v rispetto al riferimento K. (OO’ = vt).

La forza di inerzia e la forza di gravità. Da Newton ad Einstein La forza di inerzia e la forza di gravità. Se un carrello accelera verso destra in un riferimento inerziale, i corpi interni al carrello non sono soggetti ad alcuna forza; se erano fermi restano fermi. E’ il carrello che gli va addosso. E’ il caso della pallina poggiata sul pavimento. Per il pendolo, invece, esso tenta sì di restare fermo, ma è trascinato dal filo di sospensione fissato al soffitto, per cui è costretto ad accelerare verso destra e il filo si tende, come il guinzaglio di un cane riottoso.

La risultante tra la forza peso del pendolo e la tensione del filo dà la forza di trascinamento del pendolo, che, divisa per la sua massa, imprime al pendolo un’accelerazione verso destra pari all’accelerazione del carrello. Ora vediamo come si presenta la situazione per un osservatore interno al carrello.

Tutti i corpi appaiono soggetti ad una forza diretta verso sinistra proporzionale alla loro massa, per cui i corpi cadono verso sinistra con la stessa accelerazione.

Il disegno si riferisce a un carrello immerso in un campo verticale di gravità, per cui il basso non è a rigore la parete verticale sinistra del carrello, ma il piano perpendicolare al filo di sospensione del pendolo, che si allinea con la risultante tra la forza peso del pendolo e la misteriosa forza agente sul pendolo e diretta verso sinistra.

Componendo questa forza misteriosa con la tensione del filo e con la forza peso della pallina del pendolo, si ottiene forza totale zero e perciò la pallina del pendolo resta ferma nel riferimento del carrello. Invece la pallina rossa, essendo soggetta solo alla forza misteriosa diretta a sinistra e proporzionale alla massa, si muove verso sinistra con accelerazione a = -a0 . (Il suo peso è bilanciato dalla reazione vincolare del pavimento).

Ma questa forza non è di gravità, non è elettrica o magnetica: fu detta FORZA APPARENTE. Però quando la pallina va a sbattere contro la parete sinistra del carrello si può deformare o rompere e, se è una persona, si può fare un bernoccolo che è reale, non apparente. Perciò è più appropriato chiamarla FORZA di INERZIA, perché si manifesta in un riferimento non inerziale, cioè accelerato rispetto al riferimento inerziale esterno.

Anche un autobus in corsa lungo un tratto curvilineo è un riferimento non inerziale. La forza che costringe l’autobus a seguire la curva è l’attrito tra le ruote e la strada (forza centripeta) che, fintanto che l’autobus tiene la strada, uguaglia il prodotto tra la massa dell’oggetto e l’accelerazione centripeta:

Chi è dentro l’autobus risente però una forza apparente diretta verso la fiancata esterna, detta perciò forza centrifuga. Essa è il prodotto della massa dell’oggeto per l’accelerzaione centripeta cambiata di segno: F = - Fc = m.(-ac). Einstein interpreterà questo fenomeno in modo genialmente diverso.

Prima però parliamo del famoso ascensore di Einstein, anche se ora lo lo sostituiamo con un’astronave.

A sinistra abbiamo l’astronave ferma a Terra e la pallina cade verso il basso (il pavimento) con l’accelerazione di gravità g. A destra l’astronave è nello spazio interstellare, lontana da campi di gravità, e accelera verso l’alto con accelerazione a=-g sotto la spinta dei suoi motori. Dentro l’astronave la pallina è soggetta a una forza di inerzia che la spinge verso il basso con accelerazione g= -a. La forza di inerzia è indistinguibile dalla forza di gravità. La gravità è inerzia.

Nessun esperimento interno all’astronave consente di distinguere tra le due descrizioni: gravità o inerzia? Einstein introduce a questo punto il famoso postulato, detto principio di equivalenza: “A tutti gli effetti un sistema di riferimento accelerato rispetto a un riferimento inerziale esterno è equivalente a un riferimento inerziale nel quale agisce un campo di gravità”.

Anche la luce cade in un campo di gravità?

L’astronave sta accelerando verso l’alto con accelerazione a, mentre un raggio di luce parte orizzontalmente dalla parete di sinistra e punta verso il centro C della parete di destra; però nell’intervallo di tempo che la luce impiega per arrivare a destra l’astronave si è spostata di un certo tratto, perciò la luce colpisce la parete non in C, ma in un punto più basso B. Per chi è dentro l’astronave le cose vanno come se questa fosse ferma ( o in moto rettilineo uniforme) rispetto a un riferimento inerziale esterno, ma immersa in un campo di gravità g = -a.

Siccome un riferimento accelerato (non inerziale) rispetto a un riferimento inerziale senza gravità si comporta come un riferimento inerziale immerso in un campo di gravità, si conclude che la luce cade in un campo di gravità, come un qualsiasi corpo. Si noti che nel riferimento inerziale, nel quale l’astronave si muove di moto accelerato, la luce va in linea retta a velocità costante c. (vedi fig. precedente a pag 41)

Questo disegno mostra, aumentata in modo esagerato, la deflessione della luce di una stella che passa in prossimità del Sole.

Va ricordato che Newton, immaginando la luce costituita di particelle, aveva trovato una deflessione di 0,87” (secondi d’arco), applicando la sua legge di gravitazione, secondo la quale α = 2GM/R. (Nessuna deflessione è prevista nella teoria ondulatoria: perché?). Einstein con la relatività generale del 1916 trovò il doppio: α = 4GM/R. Nel caso del Sole α = 1,75’’ (secondi d’arco). Questo valore fu confermato, già nel 1919, dal grande astronomo inglese sir Arthur Eddington durante un’eclissi di Sole.

E’ chiaro che più è forte il campo gravitazionale, maggiore è la deflessione, per esempio se il raggio di luce stellare sfiora una nana bianca o, ancora di più, una pulsar (stella di neutroni).

Un’altra conseguenza della gravitazione di Einstein è l’avanzamentodel perielio dei pianeti, per cui l’orbita non è una ellisse come nella teoria di Newton (prima legge di Keplero), ma una curva aperta. Einstein spiega così il disavanzo di 42” d’arco per secolo del perielio di Mercurio. Nelle tre diapositive seguenti presento due mie simulazioni con esponente 2 e 2,1 della legge di gravitazione e poi l’orbita effettivamente osservata in una pulsar binaria.