Italia: crisi di fine secolo (1896-1900) Adua e la fine della politica coloniale La sconfitta di Adua e suoi effetti Tornare allo Statuto? L’opposizione di socialisti e cattolici Lotte sociali e repressioni Proteste contro il «caro pane» I cannoni di Bava Beccaris Il governo Pelloux Prove di forza e morte di Umberto I Pelloux contro il Parlamento Attentato al Re Verso una nuova unione dei liberali A cura del prof. Luigi O. Rintallo
Adua e la fine della politica coloniale Fine secolo /1 Adua e la fine della politica coloniale Si rinnova il patto con Austria e Germania della Triplice Alleanza. Rudinì, in Parlamento, annuncia pure i buoni rapporti con l’Inghil-terra. Intanto il socialista Costa raccoglie 100.000 firme di milanesi contro l’impresa africana. Il 1° marzo 1896 , presso Adua, muoiono oltre 4000 soldati italiani dopo la battaglia contro 70000 etiopi. In Italia manifestazioni contro la guerra e il governo Crispi. Francesco Crispi si dimette da presidente del Consiglio ed è sostituito da Rudinì, che ottiene il sostegno anche da giolittiani e radicali. Il governo, composto da ministri ostili alla guerra voluta da Crispi, concede l’amnistia ai condannati dai tribunali militari e apre trattative con il Negus Menelik. La battaglia di Adua è l’ultimo di una serie di scontri, tutti sfavorevoli all’Italia impegnata da Crispi in una guerra offensiva per la conquista dell’Etiopia. I contrasti fra il gen. Baratieri e gli altri ufficiali sono all’origine degli insuccessi, oltre che le obiettive condizioni di scarsità di risorse, determinate dai dissensi all’interno stesso del ministero presieduto da Crispi. Questo era uscito confermato dalle elezioni del 1895, svoltesi però dopo una riduzione del corpo elettorale che aveva penalizzato le opposizioni socialiste e democratiche. La riforma militare promossa dal ministro Ricotti è bocciata dalla mag-gioranza e da Crispi, che si avvale anche dell’ostilità del Re. A giugno 96 Rudinì attua un rimpasto di go-verno. Il gen. Pelloux è il nuovo mini-stro della guerra. Per l’economista Pareto, quello Rudinì è un governo di galantuo-mini che offre il suo sostegno a malfattori: il riferimento è all’insab-biamento dello scandalo della Banca Romana dov’era coinvolto Crispi. Il 26.10.1896 Narazzini, plenipo-ternziario in Etiopia, firma la pace con il Negus, che ottiene il ricono-scimento dell’indipendenza dell’Etiopia in cambio del suo per la colonia italiana in Eritrea. A settembre era stato siglato l’accor-do con la Francia sulla Tunisia, ponendo termine alle tensioni fra i due governi. Il dibattito politico è animato dall’articolo «Torniamo allo Statuto» del liberale conservatore Sidney Sonnino. Vi si prospetta un rafforza-mento dell’esecutivo a spese del Parlamento, sul modello dell’ordina-mento tedesco. Sonnino teme la debolezza politica della classe dirigente liberale, insidiata dalla forte avanzata di cattolici e socia-listi, che raddoppieranno i loro voti alle elezioni del marzo 1897. Contro i socialisti, che da dicembre 1896 fanno uscire il loro giornale «Avanti!», il governo aveva già attuato provvedimenti restrittivi chiudendo i loro circoli e la Camera del lavoro di Roma. Altrettanto temute sono le organizzazioni cattoliche, che a settembre 1897 tengono il 15° congresso dell’Opera dei congressi: contro di esse il governo Rudinì emana una circolare che mira a ostacolarne l’attività. Nel frattempo, prosegue la politica di disimpegno coloniale dell’Italia: la postazione di Kassala in Sudan è considerata inutile, cosicché il 18.12.1897 è siglato l’accordo con gli Inglesi per la sua restituzione al governo anglo-egiziano. In Eritrea, al governo militare subentra l’amministrazione civile del governatore Ferdinando Martini.
Lotte sociali e repressioni Fine secolo/2 Lotte sociali e repressioni La crisi politica fra USA e Spagna per Cuba, determina un calo delle importazioni di grano che fa salire il prezzo del pane. I socialisti chiedono l’abolizione dei dazi doganali su grano e farine. Dopo una crisi di governo, seguita alle dimissioni di Pelloux, Rudinì costituisce un nuovo governo. Il Parlamento approva l’intervento militare a tutela dell’indipendenza di Creta, al fianco delle altre potenze europee, mentre Austria e Germania sostengono l’impero turco che concederà autonomia all’isola nel dicembre 1898. Dopo il fallito attentato al Re del 22 aprile 1897, il governo effettua una serie di arresti arbitrari di esponenti socialisti e anarchici. Uno degli arrestati, il muratore Romeo Frezzi, muore per le sevizie subite in carcere. A giugno 97 è portato a termine il riordino dell’Esercito italiano, ad opera del ministro della guerra Pelloux. Rudinì opera un mini-rimpasto dopo la morte del mini-stro di Giustizia Giuseppe Costa. Dalla Romagna, hanno inizio in aprile una serie di tumulti popolari contro il nuovo rincaro del pane che si estendono al resto del Paese. Il governo autorizza la proclamazione dello stato d’assedio in singole città, qualora si renda necessario. Il 5 maggio, a Pavia, la polizia uccide in piazza il figlio del deputato radicale Giuseppe Mussi, lo studente Muzio. Il deputato radicale Felice Cavallotti è ucciso in un duello con il deputato di destra Ferruccio Macola, che dalle pagine della «Gazzetta di Venezia» l’aveva diffamato. I funerali di Cavallotti il 9 marzo 1898 si trasformano in una manifestazione contro le forze conservatrici. Nel gennaio 1898, il dazio sulle farine è ridotto da 7,5 a 5 lire il quintale. Ciononostante, per il timore di tumulti contro il caro pane, l’esercito mobilita 40.000 uomini. In Parlamento si delineano convergenze fra liberali giolittiani e socialisti, contro la maggioranza governativa. Le manifestazioni di Milano assumono carattere di protesta politica. Il gen. Bava Beccaris, proclamato lo stato d’assedio della città, ordina di sparare sulla folla con i cannoni. I morti sarebbero 80 per le forze dell’ordine, 300 secondo le opposizioni. Sono soppressi alcuni giornali e i loro direttori arrestati. Lo stato di assedio è esteso a Napoli e alla Toscana. E’ arrestato il direttore dell’ «Avan-ti!», on. Bissolati, ma sarà liberato dopo due mesi perché la Camera non concede l’autorizzazione a procedere. Anche alcuni comitati diocesani sono sciolti, in risposta –secondo Rudinì – al complotto di Neri (cattolici) e Rossi (socialisti). Dopo le dimissioni del ministro degli Esteri, Visconti Venosta, restio ad aggravare i contrasti con la Santa Sede, Rudinì presenta le dimissioni del governo. Ottiene tuttavia il reincarico per il suo quinto governo dal Re, che intanto insignisce Bava Beccaris dell’Ordine militare dei Savoia. Quando Rudinì presenta leggi per rendere definitivi i provvedimenti restrittivi della libertà di stampa e associazione, si scontra con l’opposizione della Camera. Chiede pertanto al Re di rendere esecutiva con decreto regio la legge di bilancio, ma Umberto I rifiuta perché violerebbe lo Statuto e a giugno affida la presidenza del consiglio al generale Luigi Pelloux, il quale promette di rispettare lo Statuto ottenendo così l’appoggio anche di Zanardelli e Giolitti.
Prove di forza e morte di Umberto I Fine secolo /3 Prove di forza e morte di Umberto I A giugno, socialisti e radicali ricorrono all’ostruzionismo per impedire l’approvazione delle leggi contro la libertà di stampa e associazione. Pelloux chiede di modificare il regolamento per impedirlo. A marzo, il governo invia un ultimatum alla Cina per pretendere la concessione di una postazione nella baia di San Mun, forte del sostegno inglese. Il 22 aprile 99 una commissione di nove deputati modifica in senso ancor più restrittivo la legge che limita le libertà politiche. Un mese dopo il presidente della Camera Zanardelli si dimette per protesta. A febbraio 99, Pelloux presenta un disegno di legge che limita le libertà di stampa e associazione. I giolittiani non si oppongono, onde evitare la convergenza fra governo e conservatori di Sonnino. Poiché il Regno Unito rifiuta di ap-poggiare una prova di forza, l’ulti-matum è ritirato. Per evitare il di-battito parlamentare sulla politica italiana in Cina, Pelloux vara a maggio un nuovo governo con la collaborazione di Sonnino. L’iniziativa contro la Cina rientra nelle azioni promosse dalle poten-ze europee per la conquista di ba-si commerciali, dopo che la nazio-ne asiatica era uscita sconfitta dal-la guerra col Giappone del 1895. L’Italia, nel luglio 1900, partecipe-rà alla missione militare internazio-nale per reprimere la rivolta xeno-foba dei Boxers cinesi. Dopo i disordini alla Camera, un decreto regio del 30 ottobre chiu-de il Parlamento sino al 14 novem-bre. La magistratura intraprende un’azione penale contro i deputati socialisti per gli scontri nelle aule parlamentari, ma ben presto es-sa rientra. In un discorso del 23 ottobre 99, Giolitti afferma l’incostituzionalità del decreto presentato dal Governo. La sua mancata applicazione determina un clima di calma, favorito anche dall’amnistia per i reati politici di fine anno. A febbraio, la Cassazione dichiara nullo il decreto di Pelloux, che lo ripresenta in forma di proposta di legge. Riprende l’ostruzionismo. Il governo chiede di votare le modifi-che al regolamento così da scon-giurarlo. Con decreto reale, il governo emana i provvedimenti sull’ordine pubblico. Il decreto, in vigore dal 20 luglio esautora il Parlamento, che è chiuso per sei giorni con altro decreto regio. Alla riapertura, riprende l’ostruzionismo delle opposizioni. Il 29.3.1900 il presidente della Camera, con un colpo di mano, pone ai voti le modifiche. La votazione non è riconosciuta valida da liberali giolittiani e sinistre. Il 6 aprile il governo ritira il disegno di legge sui provvedimenti politici. Pelloux rifiuta di delegare a una commissione la revisione del regolamento proposta da Giolitti. Il Re decide di indire nuove elezioni. Giugno 1900: avanzata elettorale di socialisti e radicali, mentre i gruppi governativi perdono consensi pur mantenendo la maggioranza. Pelloux si dimette da presidente del Consiglio e indica al Re come suo successore Giuseppe Saracco. Il nuovo governo consente alla proposta di istituire una commissione per la modifica del regolamento, che sarà approvata il 1° luglio 1900. Nello stesso mese, il 29, a Monza l’anarchico Gaetano Bresci, giunto dagli USA, spara al re Umberto I. Sale sul trono il figlio Vittorio Emanuele III, che guarda con simpatia a Zanardelli e Giolitti. A settembre, confronto sui giornali fra Sonnino e Giolitti sulla necessità di avviare un processo riformatore.