La struttura dell’Al di là

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La struttura dell’Al di là

INFERNO

Nella teologia cristiana La dottrina cristiana sul tema infernale riprende quella ebraica e più in genere le figure tipiche delle religioni del Mediterraneo. L'Inferno è un luogo sotterraneo, immerso nelle fiamme e nelle tenebre, da cui i dannati possono vedere i santi, i beati e i penitenti che riposano nella beatitudine del Paradiso o nella santa attesa del Purgatorio, e non possono ottenere sollievo alcuno, privi d'ogni speranza.

Va comunque precisato che il termine "inferno" non è mai citato nella Bibbia. Per i teologi della filosofia Scolastica, l'Inferno è semplicemente la lontananza da Dio, la privazione della Sua luce divina, e proprio in questo consiste in realtà la pena infernale, al di là dell'immaginario poetico. Infatti, l'anima ha naturale e ardente desiderio di Dio, cioè dell'Infinito, della Verità, della Bellezza e dell'Amore Assoluto; dunque, la privazione "in eternuum" di tale supremo obiettivo del desiderio umano, condanna l'anima alla propria perenne sofferenza .

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica 1033 Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: “Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna” (1Gv 3,15). Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola “inferno”.

L'"Inferno" di Dante L’ "Inferno" di Dante è l'espressione di tutta la dottrina teologica e filosofica del Cristianesimo riguardo il luogo di soggiorno degli ingiusti. Dante descrive e narra la "storia" metafisica dell'Inferno: esso è un enorme e profondissimo abisso, scavato da Lucifero nella sua caduta dal Cielo, e si troverebbe nel sottosuolo dell'emisfero delle terre emerse

PURGATORIO

Nella teologia cattolica Il Purgatorio è un elemento importante della dottrina escatologica della Chiesa cattolica. La sua fondatezza teologica è però rigettata dalla maggior parte delle altre confessioni cristiane. Nella dottrina cattolica, il purgatorio è una dolorosa ma necessaria condizione di purificazione, attraverso la quale passano quelle anime dei defunti che, pur essendo nella Grazia di Dio in punto di morte, non sono pienamente purificate. Esse soffrono per ripagare la Giustizia divina infranta e, quindi, per ascendere al Paradiso e "vedere il volto di Dio”.

Nella teologia cattolica Il Purgatorio non è inteso, dalla dottrina cattolica, come una crudele punizione divina: al contrario, esso sarebbe frutto dell'infinito amore di Dio. Infatti, nella teologia cattolica, un'anima imperfetta non potrebbe stare al cospetto di Dio senza soffrire immensamente per la propria miseria, perciò il Purgatorio è una sfera necessaria alla beatitudine delle anime peccatrici, seppur presenti nella Grazia.

Riscontri nell’A.T.: l'unica attestazione biblica si trova nel Secondo libro dei Maccabei. Questo testo rientra tra i libri deuterocanonici dell'Antico Testamento e, per questo motivo, i Protestanti e gli Ebrei lo considerano apocrifo, quindi non ispirato da Dio. In tale libro appare, oltre alla fede nella risurrezione, la certezza che l'offerta di un sacrificio possa servire davanti a Dio per l'espiazione di un peccato.

Riscontri nel N.T.: spesso la dottrina del Purgatorio viene giustificata anche con queste parole dell'apostolo Paolo: « Nessuno infatti, può porre altro fondamento che quello che è stato posto, cioè Gesù Cristo. Ora, se uno costruisce sopra questo fondamento con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l'opera di ciascuno si renderà manifesta; infatti, il giorno la renderà manifesta, perché si rivelerà nel fuoco e il fuoco proverà quel che vale l'opera di ciascuno. Se l'opera di qualcuno che ha costruito sopra rimarrà, egli ne riceverà ricompensa; se l'opera di qualcuno invece sarà consumata dal fuoco, ne avrà danno, però si salverà, ma come attraverso il fuoco ». (1 Corinzi 3,11-15)

L'evoluzione del dogma: la Chiesa Cattolica, attraverso la sua intercessione per i defunti, manifesta sin dalle origini la sua fede nel Purgatorio, come riscontrabile da vari testi patristici. Ad esempio, nel Pastore di Erma, un testo del II secolo, vi sono chiari ed espliciti riferimenti ad uno stato, successivo alla morte terrena, in cui è necessario purificarsi prima dell'ingresso in Paradiso.

In modo più specifico, la dottrina del Purgatorio venne definita dal secondo Concilio di Lione del 1274, da quello di Firenze del 1438 e infine ribadita nel Concilio di Trento, nel 1563. La dottrina afferma che coloro che muoiono nella Grazia di Dio, senza però essersi completamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gloria del Cielo (cioè il Paradiso).

Tale purificazione consiste nelle medesime, dolorose pene infernali, con la differenza che le pene del Purgatorio hanno un termine (al contrario di quelle infernali, che sono eterne), e inoltre sono stemperate dalla luce della Speranza Divina che scende dal Paradiso. Per questo, le anime del Purgatorio sono in perenne e continua preghiera, che li aiuta a sostenere la pena della purificazione.

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica 1030 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo. 1031 La Chiesa chiama Purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt'altra cosa dal castigo dei dannati

Durante il concilio di Firenze gli esponenti ortodossi obiettarono: La posizione della Chiesa ortodossa Durante il concilio di Firenze gli esponenti ortodossi obiettarono: “L'Apostolo divide tutto ciò che è costruito sul fondamento proposto (Gesù Cristo) in due parti, ma non suggerisce mai una terza parte come fosse una fase intermedia. [..] La vostra dottrina avrebbe forse qualche fondamento se (l'Apostolo) dividesse le azioni cattive in due generi: un genere purificabile da Dio e l'altro degno della punizione eterna. Ma egli non ha fatto tale divisione”. La Chiesa Ortodossa non accetta la esistenza del Purgatorio, però tradizionalmente prega per i morti, chiedendo a Dio che mostri loro la sua misericordia ed il suo amore.

La posizione delle Chiese protestanti Le Chiese protestanti generalmente rifiutano del tutto la dottrina del Purgatorio perché una delle attestazioni bibliche su cui essa si fonda si trova nel Secondo libro dei Maccabei. Questo testo rientra tra i libri deuterocanonici dell'Antico Testamento e, per questo motivo, i Protestanti e gli Ebrei lo considerano apocrifo, quindi non ispirato da Dio.

Il Purgatorio di Dante Dante descrive così la struttura del Purgatorio: esso è un monte, costituito della materia che Lucifero ha innalzato nella sua caduta, scavando l'abisso dell'Inferno; inoltre, è circondato dal mare, e si troverebbe nell'emisfero antartico del mondo. Sulla cima del Monte Sacro si trova l'Eden, cioè il Paradiso Terrestre, dove vivono nella piena Grazia di Dio gli spiriti dei Santi e dei Beati.

Nel Purgatorio Dante descrive la successione del giorno e della notte, al contrario dell'Inferno e del Paradiso, dove vi è, rispettivamente, eterna tenebra ed eterna luce; infatti, il Purgatorio è l'unico regno metafisico temporale, in quanto sparirà quando l'ultimo uomo ne sarà uscito (dopo il Giudizio Universale); per questo, è il regno più simile al mondo fisico (cioè la Terra).

IL PURGATORIO DI DANTE “… quel secondo regno dove l’umano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno” (vv.4-6)

È il secondo dei tre regni dell'Oltretomba cristiano visitato da Dante nel corso del viaggio, con la guida di Virgilio. Dante lo descrive come una montagna altissima che si erge su un'isola al centro dell'emisfero australe totalmente invaso dalle acque, agli antipodi di Gerusalemme che si trova al centro dell'emisfero boreale.

Composizione del Purgatorio Dal 1308 fino al 1312 Ipotesi (Petrocchi) che fosse stato composto in un periodo in cui sperava di rientrare a Firenze “con buone opere e buoni portamenti” (Leonardo Bruni)

Struttura Nell’immaginario dantesco, Inf. e Purg. fanno parte della sfera terrestre, il I sprofonda nell’emisfero settentrionale (boreale), il II è l’unica isola nell’emisfero meridionale (australe)

Nascita della montagna del Purgatorio Caduta di Lucifero, la terra della voragine crea la montagna del P. agli antipodo di Gerusalemme

Montagna del Purgatorio Dante immagina un’unica isola nell’immensità dell’oceano disabitato che copre tutta la metà australe della Terra Sull’isola ci sono una spiaggia e una montagna alta ma con la punta smussata perché ospita il paradiso terrestre

Secondo la spiegazione di Virgilio (Inf Secondo la spiegazione di Virgilio (Inf., XXXIV, 121-126), quando Lucifero venne precipitato dal cielo in seguito alla sua ribellione, cadde al centro della Terra dalla parte dell'emisfero australe e tutte le terre emerse si ritirarono in quello boreale, per timore del contatto col maligno; si creò così la voragine infernale e la terra che la lasciò andò a formare la montagna del Purgatorio, che sorge in posizione opposta all'Inferno. L'isola è collegata al centro della Terra da una natural burella, una sorta di cunicolo sotterraneo che si estende in tutto l'emisfero meridionale e dove scorre un fiumiciattolo, probabilmente lo scarico del Lete

Ai tempi di Dante il secondo regno era creazione recente della dottrina, essendo stato ufficialmente definito solo nel 1274: secondo alcuni storici della Chiesa tale «invenzione» era dovuta al fine di lucrare sul pagamento da parte dei fedeli delle preghiere, destinate ad attenuare le pene cui i penitenti erano sottoposti (e in effetti Dante sottolinea a più riprese nella Cantica che i fedeli possono abbreviare la permanenza delle anime nel Purgatorio, ma ciò indipendentemente dal denaro versato o meno alle istituzioni ecclesiastiche).

Secondo Dante, le anime destinate al Purgatorio dopo la morte si raccolgono alla foce del Tevere e attendono che un angelo nocchiero le raccolga su una barchetta e le porti all'isola dove sorge la montagna. Qui arrivano su una spiaggia e sono probabilmente accolte da Catone l'Uticense che del secondo regno è il custode; quindi alcune attendono nell'Antipurgatorio un tempo che varia a seconda della categoria di penitenti cui appartengono (contumaci, pigri a pentirsi, morti per forza, principi negligenti). L'attesa può protrarsi a lungo, ma non oltrepassare il Giorno del Giudizio in cui queste anime, comunque salve, accederanno al Paradiso. Terminato il periodo di attesa, i penitenti attraversano la porta del Purgatorio che è presidiata da un angelo, quindi accedono alle sette Cornici in cui è suddiviso il monte.

In ogni Cornice è punito uno dei sette peccati capitali, in ordine decrescente di gravità e dunque con un criterio opposto rispetto all'Inferno: essi sono la superbia, l'invidia, l'ira, l'accidia, l'avarizia e prodigalità, la gola, la lussuria. All'ingresso di ogni Cornice ci sono esempi della virtù opposta (il primo dei quali è sempre Maria Vergine), mentre all'uscita ci sono esempi del peccato che si sconta; gli esempi possono essere raffigurati visivamente, dichiarati da delle voci o dai penitenti, rappresentati con delle visioni. Il passaggio da una Cornice all'altra è assicurato da delle scale, talvolta ripide e difficili da salire.

Le anime dei penitenti soffrono delle pene fisiche, analoghe per molti versi a quelle infernali e con un contrappasso, ma con la differenza che i penitenti non sono relegati per l'eternità in una Cornice ma procedono verso l'alto: quando un'anima ha scontato un peccato e si sente pronta a proseguire, passa alla Cornice successiva.

Le anime si trattengono nelle varie Cornici un tempo che varia a seconda del peccato commesso, che in certi casi può essere nullo (Stazio, ad esempio, non si sottopone alle pene delle ultime due Cornici) o protrarsi per anni o secoli. In ogni caso la pena non può andare oltre il Giudizio Universale, dopo il quale i penitenti accedono al Paradiso.

Quando l'anima di un penitente ha scontato per intero la sua pena, il monte è scosso da un tremendo terremoto e tutte le anime intonano il Gloria: a quel punto l'anima accede al Paradiso Terrestre, che si trova in cima alla montagna dopo il fuoco dell'ultima Cornice. Qui è accolta da Matelda, che probabilmente rappresenta lo stato di purezza dell'uomo prima del peccato originale e che fa immergere il penitente nelle acque dei due fiumi che scorrono nell'Eden: il Lete, che cancella il ricordo dei peccati commessi in vita, e l'Eunoè, che rafforza il ricordo del bene compiuto. A questo punto l'anima è pronta a salire in Cielo, pura e disposta a salire a le stelle come Dante dirà di se stesso.

Struttura Luogo Peccato espiato Tre zone Antipurgatorio Ospita coloro che si pentirono all’ultimo momento I girone Superbia Amore diretto a un “malo obietto” II girone Invidia III girone Ira IV girone Accidia Amore con insufficiente intensità (“poco di vigore”) V girone Avarizia Amore oltre il giusto limite (“troppo di vigore”) VI girone Gola VII girone lussuria

L’Antipurgatorio Ospita le anime che devono attendere un certo tempo prima di accedere alle Cornici. Si dividono in queste categorie: Contumaci: coloro che sono morti dopo essere stati scomunicati dalla Chiesa (attendono un tempo trenta volte superiore a quello trascorso come ribelli alla Chiesa) Pigri a pentirsi: coloro che si sono pentiti troppo tardivamente, per pigrizia (attendono tutto il tempo della loro vita) Morti per forza: coloro che sono morti violentemente e sono stati peccatori fino all'ultima ora (attendono un tempo indefinito) Principi negligenti: re e governanti che non hanno avuto cura della propria anima in vita (attendono in una amena valletta, piena di fiori ed erba, per un tempo indefinito).

I Cornice: superbi Camminano curvi sotto un enorme macigno, che li costringe a guardare verso il basso (mentre essi, in vita, guardarono verso l'alto con presunzione) II Cornice: invidiosi Hanno gli occhi cuciti da del filo di ferro e non possono quindi guardare in malo modo, come fecero in vita III Cornice: iracondi Camminano in una spessa e fitta oscurità, che provoca irritazione agli occhi (simboleggia il fumo della collera)

IV Cornice: accidiosi Corrono a perdifiato lungo la Cornice, contrariamente alla loro pigrizia in vita V Cornice: avari e prodighi Sono stesi proni sul pavimento della Cornice, col volto a terra, proprio come in vita hanno badato solo ai beni materiali VI Cornice: golosi Sono consumati dalla fame e dalla sete, provocate da due alberi che producono frutti invitanti e da una fonte d'acqua; essi presentano una spaventosa magrezza

VII Cornice: lussuriosi Camminano in un muro di fiamme che li separa dall'Eden, e che simboleggia il fuoco della passione amorosa che ebbero in vita (Dante include sia i peccatori secondo natura sia i sodomiti, divisi in due schiere diverse che si rinfacciano reciprocamente il peccato)

Tempo 10 – 13 aprile 1300 Albe, tramonti, notti sostituiscono la fissità dell’I.

Il poeta compie l'intero percorso accompagnato da Virgilio, che non è esperto di questo luogo non essendovi mai stato prima. Prima di attraversare la porta del Purgatorio, l'angelo guardiano incide con una spada sulla fronte di Dante sette «P», che rappresentano i sette peccati capitali che dovranno essere da lui scontati moralmente (ogni «P» verrà cancellata all'uscita da ciascuna Cornice). L'ascesa di Dante lungo il monte, quindi, si presenta come un percorso di purificazione morale analogo per certi aspetti alla discesa all'Inferno, che ricorda anche (specie nei Canti iniziali) il colle del Canto I dell'Inferno che rappresentava la felicità terrena e che il poeta non aveva potuto scalare a causa delle tre fiere.

La salita è faticosa e dura assai più della discesa all'Inferno, dal momento che la legge del secondo regno vieta di salire di notte (secondo quanto Sordello spiega nel Canto VII, 43 ss.) e Dante deve compiere tre soste in altrettante notti durante l'ascesa (Canti IX, XIX, XXVII, episodi nei quali il poeta fa dei sogni di significato allegorico).

Quasi alla fine del viaggio ai due poeti si unisce l'anima di Stazio, che ha scontato la sua pena nella V Cornice e può quindi terminare il suo percorso nel Purgatorio. Stazio fornisce a Dante alcune preziose indicazioni circa la struttura morale del regno, quindi accompagna lui e Virgilio nell'Eden. Una volta arrivato qui, il poeta incontra Beatrice alla fine della processione simbolica che rappresenta la vicenda storica della Chiesa e all'apparire della donna scompare Virgilio, cosa che provoca la disperazione e il pianto di Dante. Beatrice rimprovera aspramente Dante per i peccati che l'hanno fatto smarrire nella selva, quindi lei e Matelda immergono Dante nelle acque dei due fiumi, operazione che permette la successiva ascesa al Paradiso Celeste.