PENTIMENTO: PORTA DELLA MISERICORDIA 2° PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Anno Pastorale
2. I L RE D AVIDE, PECCATORE E PENITENTE Il caso del re Davide è raccapricciante. Fermo restando l’atteggiamento provocatorio di Betsabea, che faceva il bagno nella terrazza vicina, è chiaro che egli sapeva trattarsi della moglie di uno dei suoi soldati, Uria, il quale, proprio in quel periodo, faceva parte dell’esercito impegnato nella guerra per Israele.
Condurre quella donna nella sua residenza costituì, quindi, un vile tradimento verso il militare assente, un abuso di potere nonché un adulterio senza pudore.
La donna rimase incinta e Davide, non appena lo seppe, fece venire il marito a Gerusalemme affinché la gravidanza di Betsabea potesse essere attribuita a lui.
Tuttavia non riuscì nella sua intenzione perché Uria, forse a conoscenza di quanto accaduto, non volle rientrare a casa sua con la motivazione di non volersi riposare, mentre l’esercito soffriva le privazioni proprie di una campagna militare.
A questo punto la malvagità di Davide giunse al suo culmine: inviò infatti, per mano del marito ingannato, una lettera al capo dell’esercito, ordinando che il povero Uria venisse collocato in una posizione tale da renderlo vittima dei nemici, ed è quanto effettivamente accadde.
In seguito Davide prenderà in sposa la vedova adultera.
Ma Dio parlò al re adultero e assassino per mezzo del profeta Natan, rimproverandolo severamente e punendolo con la morte del figlio nato dal tradimento.
Davide rispose alle ammonizioni di Natan dicendo: «Ho peccato contro il Signore!» (2 Sam 12,13). Secondo la tradizione, espressa nell’epigrafe del Salmo 51, quella commovente preghiera esprime il pentimento di Davide.
Conviene rammentare alcune delle sue parole: «Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato. Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato. Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto; perciò sei giusto quando parli, retto nel tuo giudizio. [...] Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo [...] poiché non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto ed umiliato, Dio, tu non disprezzi» (Sal 51 [secondo la nuova numerazione; nell’antica, 50], s.18s.).
Questo salmo diviene espressione perfetta dell’atteggiamento interiore della penitenza o conversione: il peccato è, anzitutto, una offesa a Dio, e solo Lui può perdonarlo, ricostituendo il cuore nella purezza: solo Lui infatti può rinnovare l’interiorità dell’uomo.
Un atto di culto che prescindesse dal pentimento, non potrebbe di certo essere gradito a Dio: ciò che Egli chiede, dopo il peccato, è uno spirito contrito, gravato dal dolore per averlo offeso, e profondamente umile alla sua presenza.
A buona ragione è possibile scorgere nel suddetto salmo, il Miserere, la più antica teologia biblica sulla conversione e sul pentimento.
La Chiesa infatti ha inserito questo salmo nel gruppo di quei sette definiti tradizionalmente penitenziali.
3. La parabola del figliol prodigo o, meglio, del padre misericordioso Non è necessario riportare completamente qui il testo di questa bellissima parabola (lo faremo durante il ritiro), la quale piuttosto potrebbe essere meglio denominata del padre misericordioso.
Basti richiamare alla memoria i suoi elementi più importanti, senza per questo tralasciare la raccomandazione di leggere interamente il testo evangelico di San Luca (cfr. Lc 15,11-32).
Il ragazzo non apprezza il benessere della casa paterna e crede che, allontanandosi e cercando quella falsa libertà che gli possono procurare i numerosi beni famigliari che, tra l’altro, il giovane non ha acquisito con il suo sforzo, starà meglio.
Dissipa i suoi beni, vivendo in modo frivolo e peccaminoso, per cadere poi nella miseria.
A questo punto si vede costretto a cercare lavoro, e ne trova uno davvero umiliante per un ebreo: la cura dei maiali, animali disprezzati ed immondi secondo la Legge mosaica.
In tale situazione si rende conto di quello che ha perso e si ricorda che a casa di suo padre vi è cibo in abbondanza, addirittura anche per gli operai che non sono parte della famiglia.