PENTIMENTO: PORTA DELLA MISERICORDIA 2° PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Anno Pastorale 2015-2016.

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PENTIMENTO: PORTA DELLA MISERICORDIA 2° PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Anno Pastorale

2. I L RE D AVIDE, PECCATORE E PENITENTE Il caso del re Davide è raccapricciante. Fer­mo restando l’atteggiamento provocatorio di Betsabea, che faceva il bagno nella terrazza vicina, è chiaro che egli sapeva trattarsi della moglie di uno dei suoi soldati, Uria, il quale, proprio in quel periodo, faceva parte dell’eser­cito impegnato nella guerra per Israele.

Con­durre quella donna nella sua residenza costituì, quindi, un vile tradimento verso il militare as­sente, un abuso di potere nonché un adulterio senza pudore.

La donna rimase incinta e Davi­de, non appena lo seppe, fece venire il marito a Gerusalemme affinché la gravidanza di Betsa­bea potesse essere attribuita a lui.

Tuttavia non riuscì nella sua intenzione perché Uria, forse a conoscenza di quanto accaduto, non volle rien­trare a casa sua con la motivazione di non volersi riposare, mentre l’esercito soffriva le privazioni proprie di una campagna militare.

A questo punto la malvagità di Davide giunse al suo culmine: inviò infatti, per mano del ma­rito ingannato, una lettera al capo dell’esercito, ordinando che il povero Uria venisse collocato in una posizione tale da renderlo vittima dei nemici, ed è quanto effettivamente accadde.

In seguito Davide prenderà in sposa la vedova adultera.

Ma Dio parlò al re adultero e assassi­no per mezzo del profeta Natan, rimproveran­dolo severamente e punendolo con la morte del figlio nato dal tradimento.

Davide rispose alle ammonizioni di Natan dicendo: «Ho peccato contro il Signore!» (2 Sam 12,13). Secondo la tradizione, espressa nell’epigrafe del Salmo 51, quella commovente preghiera esprime il penti­mento di Davide.

Conviene rammentare alcune delle sue parole: «Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà can­cella il mio peccato. Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato. Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinan­zi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto; perciò sei giusto quando parli, retto nel tuo giudizio. [...] Distogli lo sguardo dai miei pec­cati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo [...] poiché non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti. Uno spirito con­trito è sacrificio a Dio, un cuore affranto ed umiliato, Dio, tu non disprezzi» (Sal 51 [secon­do la nuova numerazione; nell’antica, 50], s.18s.).

Questo salmo diviene espressione perfetta dell’atteggiamento interiore della peni­tenza o conversione: il peccato è, anzitutto, una offesa a Dio, e solo Lui può perdonarlo, ricostituendo il cuore nella purezza: solo Lui infatti può rinnovare l’interiorità dell’uomo.

Un atto di culto che prescindesse dal pentimento, non potrebbe di certo essere gradito a Dio: ciò che Egli chiede, dopo il peccato, è uno spirito con­trito, gravato dal dolore per averlo offeso, e profondamente umile alla sua presenza.

A buo­na ragione è possibile scorgere nel suddetto salmo, il Miserere, la più antica teologia biblica sulla conversione e sul pentimento.

La Chiesa infatti ha inserito questo salmo nel gruppo di quei sette definiti tradizionalmente penitenziali.

3. La parabola del figliol prodigo o, meglio, del padre misericordioso Non è necessario riportare completamente qui il testo di questa bellissima parabola (lo faremo durante il ritiro), la quale piuttosto potrebbe essere meglio denominata del padre misericordioso.

Basti richiama­re alla memoria i suoi elementi più importanti, senza per questo tralasciare la raccomandazione di leggere interamente il testo evangelico di San Luca (cfr. Lc 15,11-32).

Il ragazzo non apprezza il benessere della casa paterna e crede che, allontanandosi e cercando quella falsa libertà che gli possono pro­curare i numerosi beni famigliari che, tra l’al­tro, il giovane non ha acquisito con il suo sforzo, starà meglio.

Dissipa i suoi beni, vivendo in modo frivolo e peccaminoso, per cadere poi nella miseria.

A questo punto si vede costretto a cercare lavoro, e ne trova uno davvero umiliante per un ebreo: la cura dei maiali, animali disprezzati ed immondi secondo la Legge mosaica.

 In tale situazione si rende conto di quello che ha perso e si ricorda che a casa di suo padre vi è cibo in abbondanza, addirittura an­che per gli operai che non sono parte della famiglia.