Ia ipotesi R Tu me seras reis des ribauz

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Transcript della presentazione:

Ia ipotesi R 10938 Tu me seras reis des ribauz F 87 6 Che re de’ barattier’ tu sì sarai Inf., xxii 87 barattier non fu picciol, ma sovrano   IIa ipotesi Inf., xxii 87 barattier non fu picciol, ma sovrano Fiore 152 5, 154 1, 192 6 traduce sempre con ribaldo il ribaut/ribauz della Rose L. Rossi, Notula sul re dei ribaldi, in «Cultura neolatina» XXXIII (1973), pp. 217-31 dimostra che barattiere ha un significato nell’ Inferno e un altro nel Fiore.

Ia ipotesi R 11222 Mout sont li fait aus diz divers F 103 11 Ma molto è il fatto mio a dir diverso Inf., XXXII 12 Sì che dal fatto al dir non sia diverso   IIa ipotesi però che sì mi caccia il lungo tema,/ che molte volte al fatto il dir vien meno./ La sesta compagnia in due si scema:/ per altra via mi - Inferno 4.147 Rose vers : divers Inf., Fiore verso : diverso La rima verso : diverso anche in Panuccio dal Bagno, Monte Andrea e altri.

Ia ipotesi   R 2989 […] se la lettre ne ment F 112 4 […] se·llo Scritto non erra Inf., XIX 54 Di parecchi anni mi mentì lo scritto IIa ipotesi Nella canzone Sì come ’l pescio al lasso di Lunardo del Guallacca si legge : se lo scritto non mente. Conosce la canzone di Lunardo anche Dante da Maiano che nel son. 13 ne rifà l’incipit al v. 2: «sì come il pesce ch’è preso a la lenza».

1 Così è l'uomo che non ha denari 2 com'è l'uccel quand'è vivo pelato; ANGIOLIERI, C. Rime 87 1 Così è l'uomo che non ha denari 2 com'è l'uccel quand'è vivo pelato; 3 li uomin di salutarlo li son cari: 4 com'un malatto sel veggion da lato. 5 E' dolci pomi li paion amari, 6 e ciò ch'elli od'e vede li è disgrato; 7 per lu' ritornan li cortes'avari: 8 or quest'è 'l secol del pover malfato! 9 Un rimedi' ha per lu' in questo mondo: 10 ched e' s'affogh'anz'oggi che domane, 11 ché fa per lu' la mort'e non la vita. 12 Ma que' c'ha la sua borsa ben fornita 13 ogn'uom li dice: «Tu se' me' che 'l pane!», 14 e ciò che vol come mazza va <a> tondo. SONETTO 159   La Vec[c]hia 1 "Buon acontar fa uon c[h]'ab[b]ia danari, 2 Ma' ched e' sia chi ben pelar li saccia: 3 Con quel cotal fa buon intrar in caccia, 4 Ma' ched e' no·gli tenga troppo cari. 5 L'acontanza a color che·sson avari 6 Sì par c[h]'a Dio e al mondo dispiaccia: 7 Non dar mangiar a que' cotali in taccia, 8 Ché ' pagamenti lor son troppo amari. 9 Ma fa pur ch'e' ti paghi inanzi mano: 10 Ché, quand'e' sarà ben volonteroso, 11 Per la fé ched i' dô a san Germano, 12 E' non potrà tener nulla nascoso, 13 Già tanto non fia sag[g]io né certano, 14 Sed e' sarà di quel disideroso. ms. volonteroso Rose : «Bon acointier fait omes riches, / … / S'il est qui bien plumer les sache». Ché sie certana ch'e' non è peccato,/ Chi si spergiura per voler pelare / Colui che fie di te così ingannato./ - 160.13  Chi 'l su' amico non cessa di pelare / Infin ch'egli ag[g]iapenna in ala o in dosso/ E che d'ogn'altro - 174.1 Rose: «Fole est qui son ami ne plume». "E al pelar convien aver maniera,/ Sì che l'uomo a veder non si ne desse, - 175.1 Rose: «Mais au plumer couvient maniere». GIACOMO DA LENTINI Ma molti creden tenere amistade sol per pelare altrui a la cortese, …

Quando ’l cattivo ch’è·ssarà ’ncacato, La cui pensëa non serà verace, Fiore 182 (1-8) LA VECCHIA Quando ’l cattivo ch’è·ssarà ’ncacato, La cui pensëa non serà verace, Sì crederà che ’l fatto su’ ti piace Tanto, c‹h›’ogn’altro n’ài abandonato, E che ’l tu’ cuor gli s’è tretutto dato; Né non si guarderà de la fallacie In che la volpe si riposa e giace, Insin ch’e’ non serà ben corredato. Ché molt'è folle que' che cred'avere Nessuna femina che·ssia sua propia, Per don ched e' facesse di su'avere. Que' che·lla vuol, la cheg[g]ia 'nn-Atiopia, Ché qua no·lla pott'io ancor vedere, E s'ella ci è, sì porta l'aritropia.  ANDREA CAPPELLANO, De Amore, cap. XXI Nam, si captus fueris amore feminae cuiuscunque fallacis et ditari quaerentis, illius nunquam consequeris amorem, sed vulpino decipieris ingenio, quia, quum falsos tibi nutus extorquendi causa demonstrabit amoris, venti te aura ditabit inani, largiendi sibique tibi provocabit ingenium.   Infatti, se tu ti sarai preso d’amore per una qualche donna ingannevole e che vuole solo arricchirsi, mai otterai il suo amore, ma sarai raggirato da una mente volpina, perché, quando per ripulirti ti farà moine amorose, ti farà ricco solo di vento e ti solleciterà per trovare il modo di come dare a lei. Chiaro Davanzati: dorme e giace Amico di Dante: dimora e giace   Nell’Epistola di Dante ad Arrigo VII: ubi vulpecula […] venantium secura recumbat.    Matteo 8 20: «Vulpes foveas habent et volucres caeli tabernacula. Filius homini non habet ubi caput reclinet»  Fiore 175 14: non ha dove le carni sue ripogna.  Secondo Gorni solo Cavalcanti e Dante sarebbero stati in grado di mettere in versi una citazione evangelica.

1 "Chi della pelle del monton fasciasse SONETTO 97   Falsembiante 1 "Chi della pelle del monton fasciasse 2 I·lupo, e tra·lle pecore il mettesse, 3 Credete voi, perché monton paresse, 4 Che de le pecore e' non divorasse? 5 Già men lor sangue non desiderasse, 6 Ma vie più tosto inganar le potesse; 7 Po' che·lla pecora no'l conoscesse, 8 Se si fug[g]isse, impresso lui n'andasse. 9 Così vo io mi' abito divisando 10 Ched i' per lupo non sia conosciuto, 11 Tutto vad'io le genti divorando; 12 E, Dio merzé, i' son sì proveduto 13 Ched i' vo tutto 'l mondo og[g]i truffando, 14 E sì son santo e produomo tenuto.   Commento trecentesco alla Commadia CHIOSE VERNON, cosiddetto Falso Boccaccio […] misse Dante questa similitudine a' frati minori perchè essendo una volta andato Dante in Chasentino arrivò a cchasa del conte Ghuido Novello il quale lo ricievette molto graziosamente. Ed essendo Dante dimorati alquanti dì e volendosi partire volse fare motto alla contessa donna d'assai senno. E andando il conte e Dante alla chamera della contessa e volendo Dante entrare nella chamera vide la contessa i· mezzo tra ddue frati minori. Laonde Dante sanza entrare dentro si volse al conte e disse queste parole. Chi i· lupo in una pelle di montone fasciasse e poi tra lle pechore il mettesse credi tu perchè monton paresse ch'egli però le pechore salvasse insino a tanto che una ve n'avesse ch'egli tutte nolle divorasse. E andando dietro facciendo il sonetto inprovvisò. Laonde per questa chagione i frati minori sempre gli volsono poi male ed eziandio gli altri frati perch'egli disse e scrisse le loro chattività e de' chattivi in assai luoghi nel suo libro. QUESTI VERSI SONO RIPRESI IN ALTRI COMPONIMENTI, PER ES. UN SONETTO DI BINDO BONICHI DA SIENA (cfr. ed. Contini pp. 475-81). ALIGHIERI, D. Commedia Inferno 23 1 Taciti, soli, sanza compagnia 2 n'andavam l'un dinanzi e l'altro dopo, 3 come frati minor vanno per via.