Menandro e il suo “rapporto” con Euripide

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Transcript della presentazione:

Menandro e il suo “rapporto” con Euripide

Menandro nacque a Cefisia, demo di Atene, nel 342/1 a. C. Di origine nobile, frequentò gli ambienti dei filosofi: fu compagno di fanciullezza di Epicuro e, probabilmente, allievo del filosofo Teofrasto (discepolo di Aristotele).

Rispetto alla commedia antica, Menandro introdusse alcune novità nella scansione della rappresentazione teatrale. Innanzitutto fissò l'attenzione, come Euripide, sul prologo in cui sono raccontati sia l'antefatto sia la conclusione della commedia per consentire agli spettatori di concentrarsi non sulla trama, ma su come questa viene rappresentata.

La commedia di Menandro nasconde spesso fini etici La commedia di Menandro nasconde spesso fini etici. In questo, ha molto in comune con Euripide, che, al di là delle storie luttuose che narra, mira ad indirizzare l’uditorio verso un comportamento corretto.

Pare che Menandro abbia avuto grande venerazione per la tragedia Ione, da cui ha sicuramente tratto i temi ricorrenti nella sua produzione. Le sue opere sono costruite intorno a imprevisti cambiamenti di situazione, a fatti ricorrenti come esposizioni di neonati, riconoscimenti improvvisi, rapimenti. Tipico della Commedia Nuova è il tema del riconoscimento, già molto usato nel tardo Euripide: la rivelazione di un inaspettato legame di parentela è determinante per sciogliere situazioni complicate e non risolvibili dall'agire umano.

L’interesse profondo e critico sui rapporti familiari è comune ai due generi, e in particolare, sia in Euripide che in Menandro, c’è molta attenzione alle relazioni tra genitori e figli, tra fratelli e tra moglie e marito.

Eredità sempre euripidea, specie dell'ultima fase della sua produzione tragica , è l'ampio intervento riservato all'imprevedibilità della Tyche, che, dopo aver rovesciato capricciosamente situazioni e destini, li ricompone nella necessità del lieto fine.

Prima dell’allegro scioglimento, Menandro propone un momento di patetismo molto gradito dagli spettatori greci.

Menandro porta nella commedia i lunghi monologhi del teatro tragico, le esortazioni al bene, le tematiche euripidee, da lui condivise e mai messe in ridicolo.

La commedia di Menandro è nota per il realismo con cui imita la vita La commedia di Menandro è nota per il realismo con cui imita la vita. Per questo, gli interventi divini sono ridotti all’essenziale, a volte solo al prologo o all’epilogo, alla maniera euripidea.

Anche il gioco delle parti è di stile tragico: dietro le fanciulle abbandonate e gli schiavi maltrattati si nascondono spesso ricche ereditiere e uomini liberi.

Naturalmente tante sono le differenze: gli uomini che andavano a teatro nel v secolo a.C. credevano ancora nel ruolo colonialista di Atene e nel suo esempio di città democratica. Con la creazione di una nuova civiltà da parte di Alessandro Magno, la commedia dovette mostrare un mondo diverso, con interessi diversi.

Lo specchio della tragedia e della commedia antica era l’universo della polis e i temi trattati erano il destino umano, la giustizia, la fede negli dei e i problemi politici: gli Ateniesi andavano a teatro perché sapevano che ciò che era rappresentato era attuale e, anche se non mancavano le contestazioni e le critiche, riguardava comunque la città. Il coro rappresentava quindi la collettività, era un tramite tra l’esperienza tragica dell’eroe straordinario e la visione dei cittadini.

Il coro comico, in epoca ellenistica, ha invece il compito di parlare a nome del poeta ed è investito quindi di un ruolo metateatrale, poiché il teatro parla di se stesso.

Anna Dessì 2012