I principi della conservazione e del restauro dei BBCC mobili

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I principi della conservazione e del restauro dei BBCC mobili

Perché si restaura? Per raggiungere quali obiettivi? Per rispondere a quali bisogni? Quali fattori o circostanze impongono il restauro? Cosa si restaura?

Restauro: attività comunque svolta per prolungare la vita dell’opera d’arte e parzialmente reintegrarne la visione e il godimento

In passato il termine Restauro indicava le operazioni necessarie a riportare un’opera alle sue condizioni iniziali, se queste erano state compromesse dall’usura del tempo o da eventi traumatici.

Fondamentale premessa al restauro è il riconoscimento di un prodotto dell’attività umana quale “opera d’arte”, caratterizzata dalla duplice istanza estetica e storica. Per questo motivo “restauro” e “Beni Culturali” sono due concetti che presuppongono l’uno l’esistenza dell’altro, e si può parlare di una vera e propria attività di restauro solo da quando nella sensibilità collettiva è maturato il concetto di valore storico-culturale di un Bene, cioè a partire dal XVIII-XIX secolo. Prima di tale periodo le operazioni condotte sulle opere d’arte erano solo di ripristino di una funzionalità perduta ma non di conservazione del suo valore storico. Una vera e propria coscienza critica sul restauro maturò solo nel XIX secolo.

Principi fondamentali della conservazione e del restauro Si restaura solo la materia dell’opera d’arte, non l’immagine (non si può intervenire sull’immagine di un’opera, per renderla magari più gradevole o adeguata al gusto dei propri tempi). Il restauro deve mirare a ristabilire dell’unità potenziale dell’opera, purché sia possibile raggiungere ciò senza commettere un falso artistico o un falso storico, e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell’opera nel tempo.

Principi fondamentali della conservazione e del restauro il restauro deve essere riconoscibile (anche se non immediatamente visibile) la materia dell’opera d’arte è insostituibile ogni intervento deve essere compatibile e possibilmente reversibile, e facilitare gli eventuali interventi futuri ogni intervento deve essere preceduto da una attenta analisi storica dell’opera sulla quale si interviene (genesi, sia sulla sua storia successiva fino ai nostri giorni, in particolare su tutte le trasformazioni e i restauri precedenti) Ad ogni intervento si deve accompagnare una attenta analisi tecnico-scientifica dei materiali e delle patologie riscontrate Ogni intervento di restauro dovrebbe essere documentato e pubblicato per lasciare nel futuro precise indicazione degli interventi effettuati sull’opera (analisi effettuate e procedure eseguite nel restauro, documentazione dello stato iniziale e di quello finale a seguito del restauro)

Principi fondamentali della conservazione e del restauro Oggi si pone massima attenzione sull’aspetto della AUTENTICITÀ. Infatti, il fine principale del restauro è consentire la conservazione di ciò che è autentico di un’opera, senza alcuna intenzione di ripristino di uno stato iniziale che, nella maggior parte dei casi, può essere del tutto ignoto. Ciò significa che è prioritario salvaguardare ciò che di un’opera può essere considerato documento storico, sia della sua genesi, sia della sua storia successiva.

Interventi volti a riparare danni, naturali o causali o intenzionali, prodottisi su manufatti d’interesse artistico sono documentati fin dall’antichità sia attraverso le fonti letterarie sia attraverso il ritrovamento di reperti che mostrano riparazioni, modifiche e sostituzioni di parti come nel caso di ceramiche e manufatti metallici.

Nel corso del Medioevo l’approccio agli interventi di restauro non è molto diverso, ma il maggior numero di informazioni e opere superstiti consentono un giudizio più preciso. Si diffondono i trattati tecnici che suggeriscono i procedimenti e i materiali più adatti con cui conservare in particolare le opere pittoriche. es. Trattato del Cennino (inizio XV sec.) analizza le caratteristiche dei materiali (pigmenti, supporti, leganti …) e suggerisce quali accorgimenti occorre usare in ogni fase dell’esecuzione per assicurare all’opera maggiore stabilità e sicurezza di conservazione.

Durante il Medioevo la pratica manutentiva era costante relazione con alla persistenza del valore, del significato e della funzione dell’opera e dunque alla necessità di mantenere la conservazione materiale e la leggibilità iconografica, fino al punto da procedere a veri e propri rifacimenti di parti più o meno estese.

In particolare la PULITURA dei dipinti conservati in chiese, monasteri, edifici pubblici e privati era l’atto manutentivo più comune per asportare dalle superfici strati di polvere e depositi di nerofumo. Le fonti indicano l’uso di sostanze abrasive o acide, e non mancano di rilevare l’esito spesso distruttivo di questi procedimenti tanto da raccomandare successive riprese del colore, ridipinture e verniciature con resine, oli e chiara d’uovo.

La continuità e la cultura della manutenzione sono testimoniate anche dai numerosi documenti relativi alla grandi istituzioni civili e religiose che incaricavano pittori, a volte anche illustri, di intervenire sul patrimonio figurativo presente in edifici ecclesiastici e palazzi pubblici per riparare danni o assicurare lo stato di conservazione delle opere.

Fin dall’inizio del Trecento le fonti descrivono l’attività dell’Opera del Duomo di Siena per la manutenzione di sculture e tavole dipinte, anche con interventi di “aggiornamento” iconografico per ubidire a nuove esigenze di culto. Altrettanto importanti sono gli interventi documentati nel Palazzo Pubblico come quello realizzato da Andrea Vanni, incaricato di ridipingere con fedeltà iconografica le parti danneggiate dall’umidità dell’affresco di Ambrogio Lorenzetti raffigurante il “Buon Governo”

In età medievale erano molto frequenti i RIFACIMENTI di antiche e venerate icone sacre. Le ridipinture erano dettate dalla necessità di mantenere la chiara definizione ed evidenza iconografica, necessarie per conservarne immutato il valore liturgico e sacrale. In altri casi il rinnovamento del gusto e il mutato apprezzamento del valore stilistico comportavano, seppur nel mantenimento di una sostanziale fedeltà all’iconografia originale, il rifacimento di parti significative di immagini importanti dal punto di vista religioso o politico.