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Ritiro della Parrocchia Mater Ecclesiae di Campobasso Presso il Monastero S.Girolamo delle Monache Benedettine Vallombrosane a S.Gimignano (Siena) 9-13 luglio 2012
PER DARE TESTIMONIANZA di P. Pierangelo Casella
In cambio dei suoi doni, gli dobbiamo obbedienza continua. Prima di ogni altra cosa devi chiedere a Dio con insistenti preghiere che egli voglia condurre a termine le opere di bene da te incominciate, perché non debba rattristarsi delle nostre cattive azioni dopo che si è degnato di chiamarci ad essere suoi figli. In cambio dei suoi doni, gli dobbiamo obbedienza continua. S. Benedetto, Regola, Prologo
Vivere l’esperienza di preghiera in un monastero di clausura è intraprendere un cammino nuovo di rapporto con il Signore attraverso il tempo e lo spazio.
Infatti entrare in un monastero implica ritrovare lo spazio che ci circonda orientato alla presenza di Dio, ma anche il tempo della giornata scandito dagli appuntamenti con il Signore, infatti sette volte lungo la giornata la regola chiama le monache a recarsi in chiesa per la preghiera.
Diverse persone sono contente di trovare ospitalità in un monastero per ricrearsi nel corpo e nello spirito, perché sanno che la preghiera delle monache è anche per loro e quindi sentono che la loro permanenza in monastero è salutare e di protezione, e ogni volta che si trova il coraggio di condividere le ore di preghiera e di “solitudine” davanti al Signore, si sperimenta anche la sua pace.
Già il profeta Osea diceva: «Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi v'inciampano». (Osea 14, 10).
Chi è vicino a Dio comprende che aprire il cuore al Signore ogni giorno mettendo totalmente la propria vita nelle sue mani, è la via della saggezza, ma chi ha altri interessi vede che questo modo di vita non produce il guadagno che il mondo cerca.
Non sorprende allora che il profeta annunci con insistenza: “Torna dunque, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità. Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, né chiameremo più "dio nostro" l'opera delle nostre mani” (Os 14, 2.4).
L’invito a ritornare al Signore e abbandonare quei desideri che portano a realizzare le scelte che conducono ad adeguarsi alle potenze del tempo, sia a livello della cultura dominante che dei desideri personali, sono la condizione per diventare saggi e considerare rette le vie del Signore, quelle vie che rendono ogni creatura partecipe della gloria del Creatore.
Sì, veramente il cuore ritrova la via della lode del Signore perché agisce con giustizia verso tutti quelli che lo temono! Allora il cuore implora con riconoscenza: “Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito” (Sal. 50, 12-13).
Vivere in monastero si respira effettivamente questa pace che è frutto della presenza del Signore, ma quando poi si ritorna alla vita di ogni giorno, al combattimento con le diverse situazioni che non sempre si aprono al Signore, sembra che quella vita sia irrealizzabile per le persone che vivono nel mondo. Ma il cristiano, colui che ha accolto Gesù nella sua vita, è consapevole della realtà del male che domina questo mondo.
Gesù ha detto: “Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani” (Mt 10,16- 18).
Quindi la lotta contro il male è per dare testimonianza a Gesù, alla vita e alla pace che derivano dalla sua presenza. Il richiamo ad essere prudenti e semplici di fronte al malvagi è in funzione della testimonianza: non compromettersi con il male significa far risplendere in noi la presenza di Gesù.
Ma se Gesù è presente, nulla potrà far temere il discepolo, perché lui ha vinto il mondo e continua a vincerlo in coloro che custodiscono la sua parola. “Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” (Mt 10, 19-20).
Il grande dono di Gesù, il suo Spirito, agisce nel discepolo come ha fatto con Gesù: lo guida nel cammino della volontà del Padre e gli dona le parole di Gesù. E’ quindi la potenza dello Spirito che prende le difese del discepolo e gli dona la forza della testimonianza.
Il cristiano è quindi chiamato a dare testimonianza nel far risplendere la presenza di Gesù in lui, perché anche i pagani possano conoscere l’amore di Dio e giungere così all’obbedienza della fede.
Grazie, Signore Gesù, perché ci hai chiamati a stare con te in disparte sul monte per conoscere meglio il tuo amore ricco di misericordia, e ci doni questa grazia come dono prezioso perché in questi giorni della nostra vita la possiamo annunciare a tutti.
Come vi è uno zelo cattivo e amaro che allontana da Dio e conduce all'inferno, così c'è uno zelo buono che allontana dai vizi e conduce a Dio e alla vita eterna. Nulla assolutamente anteponiamo a Cristo e così egli, in compenso, ci condurrà tutti alla vita eterna. S. Benedetto, Regola, Prologo