Letteratura e industria Molti narratori rivelatisi negli anni Cinquanta, spesso in rapporto con il neorealismo, successivamente hanno seguito il modificarsi della società italiana, i processi dello sviluppo economico, le trasformazione del tessuto antropologico del paese. Questi autori si riallacciano ad una prospettiva realistica, ad un’idea di letteratura come modo di conoscenza della realtà
Seguono tuttavia ciascuno le sue inclinazioni e le sue prospettive politiche, approdando a linguaggi, tematiche, soluzioni stilistiche diverse. Luciano Bianciardi (Grosseto 1922, Milano 1971) nel romanzo La vita agra (1962), attraverso la deformazione comica e satirica, descrive la situazione di un intellettuale provinciale approdato a Milano
Ottiero Ottieri Ottiero Ottieri si sofferma sulla possibile industrializzazione del Sud, analizzando lo scontro tra la atavica realtà meridionale e le proposte del progresso, che sembrano intrinsecamente respinte da questo mondo. Donnarumma è del ‘59, quando il mito dell’industrializzazione è all’apice; è un diario romanzo saggio. L’io narrante mette a nudo
Donnarumma Il dramma secolare del Sud. La questione meridionale è affrontata da un punto di vista documentaristico, in una dicotomia tangibile tra la fabbrica ultramoderna e la miseria dei disoccupati analfabeti che conoscono solo la fatica. La corsa all’industrializzazione del Sud appare assurda, refrattaria alle strutture socioeconomiche della realtà in cui s’innesta
Donnarumma
L’atteggiamento del narratore è simpatetico verso gli operai; c’è una velata critica verso la chiusura e la sufficienza degli industriali. A fronte del reiterato uso del verbo faticare crollano tutte le connotazioni sociolinguistiche che lo psicotecnico applica per i suoi test. Il diario saggio consente di raccogliere e proporre le riflessioni dell’autore sullo stato del meridione; anche l’oscillazione tra discorso indiretto, diretto,
linguaggio popolare e tecnico consente di recuperare pienamente la realtà
I cambiamenti proposti dal dettato industriale provocano cambiamenti apparenti
Paolo Volponi Convinto di un possibile sviluppo democratico della civiltà industriale, V ha guardato positivamente al progresso economico dell’Italia negli anni ‘50. In quest’ottica ha lavorato nell’amministrazione industriale, cercando una letteratura che mettesse in luce le contraddizioni del mondo produttivo, che desse voce ad un’Italia proiettata ad un nuovo equilibrio tra modernità, macchine, natura, umanesimo
La sua opera presenta la parabola delle speranze legate alle trasformazioni dell’Italia. In questa prospettiva è ben contrapposta a quella lucida disamina della drammatica situazione del paese nella post-modernità elaborata da Pasolini. Tuttavia, anche l’ottimismo di V è attraversato da una lucida capacità di osservazione, che –a ridosso della crisi dell’industrializzazione- ha
colto l’intreccio di poteri occulti, la tensione aggressiva di un’economia incontrollata, l’onnipresenza della comunicazione pubblicitaria. Per questo la sua opera rappresenta il modo di immergersi nella modernità e nella memoria della storia, ritenendo possibile costruire un mondo giusto, in equidistanza tra l’estremismo irrazionalistico e la degradazione del paese.
Nato a Urbino, nel 1950, V incontra Olivetti, un industriale con una visione solidaristica e democratica dello sviluppo industriale. Nel 1956 entrò alla Olivetti di Ivrea come direttore dei servizi sociali. Inizia a scrivere raccolte di versi ed entra in contatto con il gruppo di «Officina»,; la sua diretta esperienza del mondo industriale lo porta ad elaborare il romanzo «Memoriale» (1962)
Nel 1972 si stabilì a Torino, iniziando una consulenza con la Fiat; dopo il romanzo Corporale (1974) fu nominato segretario della fondazione Agnelli . Dopo l’iscrizione al PCI fu costretto ad abbandonare tutto. Parlamentare del PCI, nel 1989 , pubblicò Le mosche del capitale dedicato alla memoria di Olivetti, un lacerante addio alle speranze degli anni precedenti.
Memoriale Il romanzo racconta del nuovo mondo industriale: la vicenda è narrata in prima persona dall’operaio Albino Saluggia, che nel rapporto con la fabbrica vive fino in fondo l’esperienza della malattia e della solitudine. L’io narrante ricostruisce incidenti, incontri, esperienze con l’ottica della paranoia, che diventa uno straordinario strumento conoscitivo. Gli schemi del neorealismo
Sono molto lontani