Autunno Gabriele D’Annunzio
Autunno, che negli occhi suoi specchiasti e nel mar taciturno il tuo fulvo oro - tutte le acque un immobile tesoro parvero, e gli occhi più del mare vasti -,
Autunno, io non sentii mai così forte la tristezza che tu solo diffondi - quante di me ne’ tuoi boschi profondi son cose morte tra le foglie morte!
come ieri. Fu ieri la suprema tristezza e fu l’amor supremo. Ah mai, ne l’ore più segrete, mai l’amai come ieri. Ancor l’anima ne trema.
Ella taceva, chiusa ne la nera tunica dove sparsi erano fiori pallidi, Autunno, come i tuoi che indori sul vano stelo; e, china a la ringhiera,
guardava il golfo solitario, china come colei che un peso immane aggrava. ombra de la sua fronte! - o non guardava forse dentro di sé la sua ruina?
Forse. Non domandai. Ma così pienamentre a lei rispondean tutte le cose visibili, apparenze dolorose d’anime involte ne la stessa pena,
che io credetti vedere il suo dolore in quelle forme, vivere in un mondo espresso intero dal suo cuor profondo, irradiato da quel solo cuore;
e fu per me ciascuna forma un segno che svelava un mistero: quasi un muto verbo; e più nulla fu disconosciuto, anche per me, ne l’infinito regno. Gabriele D’Annunzio
Realizzazione: Lulu Musica: Autumn leaves, piano