Lo vidi lì, allangolo di una Chiesa: elegante, ben vestito, col cilindro in una mano. Non vedevo il volto ma seguivo il gesto: una mano che, dalla tasca, si apriva a mezzaria in un punto astratto, per ritrarla subito, tremante.
Lo rividi qualche giorno dopo, seduto sugli scalini della stessa Chiesa, quasi accasciato su se stesso, la testa reclinata, col cilindro poggiato a terra tra le sue gambe… Mendicava.
Un pensiero mi folgorò e dimprovviso compresi: quel tendere e ritrarre la mano era la proiezione della sua nuova vita!
Domandavo, avrei voluto sapere quale tragitto di vita e di scelte lo aveva condotto fin lì da una esistenza che, si vedeva, doveva essere stata ben diversa.
Rispose soltanto, con calma rassegnazione: non so prendere. E subito si richiuse in se stesso, assente e sordo al coro di gioia proveniente dalla Chiesa; cieco di fronte alla mia mano tesa che avrebbe voluto sostenerlo.
Comè lontano ora il censo, il buon nome, la ricchezza, tutto è perduto: resta solo un vago ricordo simbolico del passato che è quel cilindro poggiato a terra
dentro, solo pochi spiccioli, a fare lesigua differenza tra poco e nulla.
E davvero grande quella solitudine oscura, quellabisso impenetrabile in cui, a volte, luomo confina se stesso…
Quando, sapendo di aver fatto molti errori, non riesce a perdonarsi, si ritiene immeritevole e non sa prendere, neppure quando gli viene dato con spontaneità.
Vorrei che sollevassi il mento, ora, prima che anche il tempo, ultimo amico rimasto, lentamente e inutilmente, ti abbandoni…
Vorrei che salissi quello scalino per varcare la soglia di quella Chiesa; potresti scoprire che lamore di Dio, grande e misericordioso, accoglie tutti i Suoi figli, indistintamente… e chissà, forse allora, finalmente, anche tu riuscirai a perdonare a te stesso!
Scultura: Silvestro Migliorini Testo e grafica: