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PubblicatoGiacinto Gallo Modificato 8 anni fa
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CASTELBUONO NEI SECOLI Curriculo di Storia Locale Istituto Comprensivo “ F. Minà Palumbo” A.S. 2015-2016 A cura dei docenti: Scerrino Maria Enza, Conoscenti Domenica, Di Garbo Daniela
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LA CONQUISTA NORMANNA DELLA SICILIA NELL’XI SECOLO I Normanni, quando arrivarono in Sicilia, nell’XI secolo, furono visti dalla chiesa come i paladini della Chiesa di Roma contro la Chiesa di Bisanzio e contro gli arabi infedeli. Nel Concilio di Melfi del 1059, il normanno Roberto il Guiscardo pronunciò il giuramento di fedeltà alla Chiesa e fu incaricato dal Papa di conquistare la Sicilia.
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La conquista fu fatta in soli trent’anni, anche se i normanni avevano un esercito inferiore a quello degli arabi. Il successo fu il fatto che essa fu vista come una guerra santa contro l’ infedele e molte città si arresero, la prima fu Messina, successivamente Palermo. Roberto fu investito dal Papa come duca di Sicilia ed il fratello Ruggero I° diventò suo conte vassallo. Gli Arabi furono sottomessi, ma gli fu consentito di mantenere i propri beni e la libertà di culto, vennero però privati dei diritti politici e delle armi. Ruggero I di Sicilia e Roberto il Guiscardo ricevono le chiavi della città di Palermo dagli Arabi
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Grazie all’alleanza con la Chiesa, Ruggero I° ottenne la nomina di legato pontificio per la Sicilia: cioè era il rappresentante del Papa in Sicilia e poteva nominare i Vescovi e dare loro il territorio da amministrare. Molti feudi furono così assegnati ai fedeli del conte Ruggero. Ruggero I Gran Conte di Sicilia
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Secolo XII Muore Ruggero, gli succede il figlio Ruggero II nel 1101. Per unificare il Mezzogiorno, egli conquista la Puglia che ottenne dal Papa come feudo. Nel 1130 diventò Re per volere del Papa, ma anche per nomina di un parlamento siciliano guidato da notabili normanni.
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NASCE IL REGNO DI SICILIA Organizzazione del Regno ORGANIZZAZIONE DI TIPO FEUDALE: UNA FORTE BUROCRAZIA Gli garantiva l’aiuto armato gestita dalla corte di e le imposte regolari Palermo e dai suoi funzionari
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AMMINISTRAZIONE CENTRALE DEL POTERE Furono create: Una cancelleria----- dove si registravano i documenti importanti; La Dohana------ un ufficio incaricato di gestire i confini dei feudi assegnati dal re ed i redditi fiscali; La Foresta---- vigilava sui boschi che fornivano la legna per le navi e dove solo al re era consentito cacciare; Il primo ministro--- gestiva tutta l’amministrazione Il Tribunale itinerante--- garantiva l’esercizio della giustizia.
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Una corte multiculturale La corte di Palermo divenne centro di cultura e di raffinata civiltà che univa e amalgamava culture diverse e tradizioni diverse: araba, greca e cristiana. Questo portò a : un grande sviluppo urbano la ripresa del commercio e dell’artigianato Chiesa di S.Giovanni degli eremiti(Palermo) Palazzo dei normanni (Palermo)
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CRISI DEL REGNO FINO A FEDERICOII Alla morte di Ruggero II gli successe il figlio Guglielmo I. Egli fu molto crudele con i baroni di Puglia che si erano ribellati a lui e li fece condannare a morte, mentre altri furono incarcerati ed accecati. In Sicilia, dopo la sconfitta in Puglia, ottenne dal Papa la sovranità della Sicilia e tutta l’Italia meridionale fino a Napoli, in cambio dovette giurare fedeltà alla Chiesa di Roma.
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Alla sua morte, nel 1166, gli succede il figlio Guglielmo II, ma è troppo piccolo e diventò reggente la madre Margherita di Navarra. Seguì un periodo di lotta tra la burocrazia di corte, la aristocrazia locale e l’aristocrazia spagnola legata alla madre di origine spagnola. Margherita di Navarra.
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Finisce la reggenza nel 1172, quando Guglielmo II salì al Trono e governò pacificamente. Non ebbe figli e per questo decise di dare in sposa la zia, Costanza, figlia di Ruggero II (suo nonno) ad Enrico VI di Svevia, figlio di Federico Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero germanico. Morì a trenta sei anni e fu ricordato come Guglielmo il Buono, al contrario del padre. Fu lui a far edificare in Sicilia l’Abazia ed il Duomo di Monreale con i magnifici mosaici bizantini che si amalgamano con lo stile arabo dell’architettura Duomo di Monreale Guglielmo II il Buono
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Federico II di Svevia La morte di Guglielmo II senza eredi rese più grande la crisi. Il matrimonio tra la normanna Costanza D’Altavilla e lo svevo Enrico VI portò alla necessità di un erede che guidasse il Regno di Sicilia. Il giorno di Natale del 1194 Enrico VI si incoronò re di Sicilia, dal matrimonio con Costanza nasce Federico II. Enrico VI il giorno di Natale del 1194 si fa incoronare re
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Federico era nipote di Federico Barbarossa per parte di padre, quindi con diritto al trono imperiale e nipote di Ruggero II per parte di madre, normanna, perciò erede del Regno di Sicilia. L’obiettivo era realizzare il progetto politico degli Svevi di Germania che volevano estendere l’impero fino al meridione d’Italia e quello dei Normanni che, legandosi all’impero, volevano rendere il loro regno più potente e liberarsi dalla sottomissione al papato.
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Nel 1197 muore Enrico VI a 30 anni e Federico II, a 4 anni, si ritrovò sotto la reggenza del Papa Innocenzo III a cui lo aveva affidato la madre Costanza. Il Papa difese e protesse il regno di Federico, ma si occupò poco degli affari interni, per cui il patrimonio ben presto fu depredato dai baroni locali. Al contrario si occupò molto della cultura e dell’educazione di Federico che avvenne all’interno del palazzo reale di Palermo, città nel cuore del Mediterraneo e incontro di molte culture, dove lui si formò una personalità fortissima e un sapere multilingue. Nel 1208 raggiunge l’età per governare, ricevette i pieni poteri, ma il regno era quasi distrutto. Orgoglioso di essere normanno e svevo, volle riprendersi tutto quello che aveva perso ed eliminò i baroni nemici all’interno del suo regno. Papa Innocenzo III
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Morto il Papa Innocenzo III il suo obiettivo fu uno solo: Lo Stato Unico Fondare un grande Stato che andava dalla Germania alla Sicilia.
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La Sicilia veniva così unita all’impero germanico. Egli visse nel regno di Sicilia e solo due volte andò in Germania, dando la priorità al Regno più che all’Impero e dimorò più stabilmente in Puglia. 1220/1240 Regno di Federico II
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La capitale fu sempre Palermo, dove diede vita a una corte vivacissima frequentata dai poeti più importanti dell’epoca di tutte le culture, molti furono arabi, lo stesso Dante la considerò la culla della lingua italiana, dove si scriveva in lingua volgare siciliana. Nasce così nella corte di Palermo la Scuola poetica siciliana. Federico Secondo e la Scuola Poetica Siciliana
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Cultura Dal punto di vista culturale fu fautore dell'Intercultura tra i popoli; dal punto di vista politico fu molto spietato con i popoli nemici, come per esempio con la comunità araba che sterminò e deportò, pur avendo grande ammirazione per la loro cultura e li ospitò nella sua corte di Palermo.
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Il castello di Melfi dove furono redatte le Costituzionicastello di Melfi Uno Stato moderno e centralizzato Nel 1231, con le Costituzioni di Melfi attuò il suo modello di Stato, secondo l’esempio del nonno Ruggero II. Le Costituzioni sono un Codice di circa 200 leggi scritte che regolavano la vita dello Stato in cui il sovrano aveva il potere assoluto per volontà divina e non era ammesso avere divergenze di idee. Aveva tutti i diritti, anche quelli commerciali. Egli ebbe sempre contraria la Chiesa che vietò ai baroni di giurargli fedeltà e lo depose dal trono di Sicilia nel 1245.
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Alla sua morte, avvenuta nel 1250, i figli non riuscirono a tenere unito il regno, che fu offerto dal Papa a Carlo D’Angiò, fratello del re di Francia. Federico II, sovrano durissimo, ma di grandi capacità politiche e di una raffinata cultura, lasciò una fama indelebile. Egli volle stupire il mondo, (fu appellato Stupor mundi) perché, nonostante i suoi errori politici e la crudele tirannia, privato sin da piccolo del suo regno e del suo impero con tutti i privilegi, egli riuscì a costruire dal nulla uno Stato moderno che fu di esempio per molti altri.
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Alla storia normanna e sveva, in particolare a Federico II, si fa risalire l’origine della dinastia dei Ventimiglia a Geraci prima e Castelbuono poi. Il capostipite della dinastia dei Ventimiglia fu Guglielmo, conte dei Ventimiglia arrivato in Sicilia dalla Liguria, che aveva portato con sé la Reliquia di S. Anna ricevuta dal Duca di Lorena in cambio di alcune terre. Storia locale: I Ventimiglia
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I Ventimiglia si erano insediati a Geraci favoriti dal matrimonio tra Enrico, figlio del conte Guglielmo, e Isabella IX dei Normanni, contessa di Geraci.
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Il matrimonio era stato voluto dall’Imperatore Federico II, di cui Enrico si diceva fosse il nipote naturale, avendo Guglielmo sposato Memma Sveva, figlia naturale di Federico II. Inizia così la dinastia Normanno-Ventimiglia, che nello stemma araldico si riconosce dai simboli della scacchiera (simbolo normanno) e dalle bande orizzontali o il leone rampante (simbolo dei Ventimiglia).
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La contea di Geraci apparteneva allora a Federico II e fu ceduta a Guglielmo Ventimiglia dal figlio di Federico, il re Manfredi, dopo la morte di Federico II, invece il figlio di Guglielmo, Enrico Ventimiglia, ottenne l’investitura, cioè i feudi, di Petralia Sottana e Petralia Soprana. La Contea di Geraci rappresentata in una carta della fine del XVII secolo Vestigia della rocca di Geraci, risalente al XII secolo Contea di Geraci(1063-1436
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Alla morte di Federico II, anche la fortezza di Geraci passò alle truppe di Carlo D’Angiò, fratello del re di Francia. Gli angioini infatti si erano stanziati nel Regno delle due Sicilie. Questi perseguitavano il conte Enrico Ventimiglia perché egli era fedele alla casa sveva di Federico ed era ribelle al re Carlo D’Angiò. Statua di re Carlo I d'Angiò
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Dopo la guerra del Vespro nel 1282, il figlio di Enrico, Alduino Ventimiglia, sollecita la venuta in Sicilia di Pietro D’Aragona della casa di Spagna contro gli angioini francesi e si trascina dalla sua parte tanti comuni delle Madonie che acclamavano Pietro D’Aragona come nuovo re di Sicilia, per questo servizio ottenne, dal nuovo re di Sicilia, vasti feudi nelle Madonie. Pietro III re d’Aragona La guerra del Vespro: Pietro III d'Aragona sbarca a Trapani
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Con la dinastia aragonese finirono le lotte tra i feudatari e i Ventimiglia lasciarono la fortezza di Geraci e si trasferirono a Castelbuono, nel castello che nel frattempo avevano già fatto costruire
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Alla fine del 1200 Castelbuono ancora non esisteva. Al suo posto c’era Ypsigro, un casale bizantino che doveva essere già stato fortificato con una torre costruita nel posto dove poi sorgerà il castello, forse la torre di sud-est, la più antica, perché il casale si era molto sviluppato ed era aumentata la popolazione che era stimata di 50 fuochi, cioè circa 250 persone. Ogni fuoco comprendeva una famiglia e una casa. Origine di Castelbuono
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A Enrico Ventimiglia era succeduto il nipote Francesco, figlio di Alduino, il quale ricevette dal Vescovo il poggio o colle di S. Pietro, nella terra di Ypsigro. Si pensa che il poggio doveva corrispondere all’attuale via S. Anna, da cui iniziava il casale di Ypsigro e che aveva il punto più elevato dove si trova oggi il castello, da cui si dominava tutta la vallata. All’inizio di questo poggio sorgeva la chiesa di Santa Maria che si ritiene possa essere la chiesa di Maria SS. Assunta, chiamata poi Matrice Vecchia.
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Ottenuto il poggio, Francesco Ventimiglia, nel 1316, fece iniziare la costruzione del castello che venne denominato Castello Belvedere di Ypsigro, che darà poi origine al nome Castelbuono. In origine, quando fu costruito il castello, non c’era ancora l’esigenza di una nuova dimora per i Ventimiglia, ma semplicemente la necessità di difendere le terre dalle guerre in cui era caduta la Sicilia. Inoltre, per la posizione centrale che esso aveva, impediva le vie d’accesso verso le terre delle Madonie.
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Fu nel XV secolo che i Ventimiglia decisero di dimorare stabilmente a Castelbuono e il Conte Giovanni I, avuto il titolo di primo marchese di Castelbuono dal re di Sicilia Alfonso D’Aragona, vi fece trasferire da Geraci il Sacro Teschio di S. Anna, il 4 maggio 1454, collocandolo nell’antica cappella, all’interno del castello. Uno dei due arieti bronzei - d'epoca ellenistica - che fregiano la tomba del marchese Giovanni I Ventimiglia, nella chiesa di San Francesco di Castelbuonoarieti bronzei Giovanni I Ventimiglia
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I Ventimiglia e la cultura a Castelbuono Sotto Giovanni I Ventimiglia, con l’inizio del marchesato, Castelbuono godette di un grande sviluppo, sia economico che culturale. Diventò autonoma da Geraci e fu elevata a Università, con il Governatore e i Giurati. Si deve a lui la costruzione della Cappella di S. Antonio, attigua alla chiesa di S. Francesco che accoglie le tombe dei Ventimiglia, dove lui voleva essere sepolto e che venne chiamato Mausoleo dei Ventimiglia. Dentro il Mausoleo oggi troviamo la lapide di Giovanni I, le tombe di Simone Ventimiglia e della moglie Isabella Moncada, la tomba di Maria Spadafora, moglie di Francesco III Ventimiglia e la monumentale tomba barocca di Francesco Rodrigo IV Ventimiglia.
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A Francesco IV si deve la decorazione, con stucchi su fondo in foglia d’oro zecchino, della Cappella Palatina dedicata a S. Anna, all’interno del castello, fatta decorare a Giuseppe e Giacomo Serpotta.
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Sempre nel XV secolo, il Marchese Antonio Ventimiglia, figlio di Giovanni I, fece costruire un arco a tutto sesto d’ingresso al castello per chiudere il baglio grande con un ingresso decoroso. Sul frontespizio dell’arco è raffigurato, in marmo bianco, lo stemma marchionale dei Ventimiglia con il leone rampante e la spada alzata. Sopra l’arco si legge una lunga iscrizione in latino antico che dice che l’opera è stata iniziata sotto il regno di Giovanni D’Aragona e porta la data del 1487.
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Molte opere di pittura, scultura e architettura, a Castelbuono, furono commissionate dai Signori Ventimiglia, che per questo furono ricordati come dei grandi mecenati, perché arricchirono Castelbuono di opere di grandi artisti. A Simone I Ventimiglia si deve la committenza del grande Polittico della Matrice Vecchia datato 1520 fatto trasportare da Messina, dove fu dipinto, fino a Castelbuono. Esso è composto da 28 figure tra Madonne e Santi, racchiuse in tanti scomparti su fondo in oro zecchino e collocato nell’abside, nella navata centrale.
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Altra committente fu la moglie di Simone I, la Marchesa Isabella Moncada, che fece realizzare da un argentiere palermitano il mezzobusto in argento di S. Anna in grandezza naturale, come adempimento di un voto fatto alla Santa in seguito a un parto difficile, che porta la data 1520.
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Successivamente, Giovanni IV Ventimiglia, nel 1700, fece realizzare il reliquiario di S. Anna posto sotto il busto, sempre in argento, che custodisce il Sacro teschio della Santa e che ogni anno vengono portati in processione in occasione della festa patronale, il 27 luglio.
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Il XV e il XVI secolo sono ben rappresentati a Castelbuono anche dalla presenza di grandi scultori della famiglia dei Gagini e della scuola gaginiana. La loro presenza la troviamo nella Matrice Vecchia con le statue marmoree, con decorazioni in oro zecchino, della Madonna degli Angeli e la Madonna del Carmelo ai due lati dell’altare maggiore, la prima attribuita ad Antonello Gagini e la seconda a Bartolomeo Berrettaro della scuola gaginiana, ma anche nel Ciborio marmoreo della Cappella del Sacramento, quarta navata, attribuito allo scultore Giorgio Da Milano. Madonna degli Angeli
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Altre testimonianze le abbiamo nella Madonna in marmo policromo della chiesa dell’Annunziata e la Madonna delle Grazie della chiesa di S. Francesco, sempre di scuola gaginiana. A volte i committenti non furono solo i Signori Ventimiglia, ma anche la nobiltà locale, in questi casi troviamo i loro nomi e la data incisi sulla base delle sculture marmoree.
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