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ETICA DEL LAVORO E MOBBING P.Arbarello, S. Ferracuti, F.M. Gallo L.Iavarone.

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Presentazione sul tema: "ETICA DEL LAVORO E MOBBING P.Arbarello, S. Ferracuti, F.M. Gallo L.Iavarone."— Transcript della presentazione:

1 ETICA DEL LAVORO E MOBBING P.Arbarello, S. Ferracuti, F.M. Gallo L.Iavarone

2 Perché la guerra? A. Einstein Indubbiamente cattivo è colui che, abusando del proprio ruolo di potere e prestigio, commette ingiustizie e violenza a danno dei suoi simili; infinitamente più cattivo è colui che, pur sapendo dell’ingiustizia subìta da un suo simile, tacendo, acconsente a che l’ingiustizia venga commessa.

3 RISCHI AZIENDALI Rischi generici (pericoli collegabili alla struttura fisica produttiva, concernenti gli ambienti di lavoro, le attrezzature, le macchine e gli impianti). Rischi specifici (pericoli ascrivibili a sostanze pericolose utilizzate e ai procedimenti di lavorazioni adottate). Rischi di processo (pericoli legati allo specifico ciclo tecnologico sviluppato.) Rischi di natura ergonomica (pericoli connessi a posture non congrue, sollevamento manuale dei carichi pesanti, videoterminali) Rischi di natura organizzativa (pericoli legati a personale non formato, conflitti personali e sovrapposizioni di ruolo).

4 Fonti di rischio GENERICI strutture macchine attrezzature impianti elettrici SPECIFICI agenti chimici; agenti cancerogeni e/o mutageni agenti fisici; agenti biologici ERGONOMICI videoterminali postura; sollevamento; stress fisico-mentale DI PROCESSO sostanze nocive incendi ed esplosioni ORGANIZZATIVI standard di sicurezza formazione; comunicazione

5 RISCHI PER LA SICUREZZA rischi di natura infortunistica (Rischi per la sicurezza) Strutture Macchine attrezzature Sostanze pericoloseImpianti elettriciIncendio- Esposioni

6 RISCHI PER LA SALUTE Rischi per la salute Agenti Chimici Agenti Fisici Agenti Biologici

7 RISCHI PER LA SICUREZZA E LA SALUTE Rischi per la sicurezza e la salute (Rischi Trasversali) Organizzazione del lavoro Fattori psicologiciFattori ergomonici Condizioni di lavoro difficili

8 VALUTAZIONE DEL RISCHIO  Identificazione Pericolo  Caratterizzazione Pericolo  Valutazione esposizione  Caratterizzazione rischio  Comunicazione Rischio

9 SCENARIO RISCHI  PERICOLO POTENZIALE (HAZARD)  CAUSA (TRIGGER)  EFFETTO ( EFFECT)

10 Metodi di analisi del rischio  Modelli di tipo qualitativo  Modelli di tipo semi-quantitativo  Modelli di tipo quantitativo

11 I modelli qualitativi  Sono utilizzati quando non sono disponibili dati scientifici, statistici ed epidemiologici o quando il tempo e le risorse non ne consentono l’applicazione.  i dati che si utilizzano sono di tipo descrittivo e senza far uso di espressioni numeriche, verificando soprattutto la conformità alle norme vigenti (leggi, decreti o norme di buona tecnica).  Il risultato finale è una stima del rischio di tipo categorico (rischio basso, medio, elevato) e soggettivo che non tiene conto dei fattori d’incertezza.

12 modelli semi-quantitativi o semi-qualitativi Il dato saliente di questo modello di valutazione è la sua intrinseca imprecisione, ma può costituire un grande aiuto per individuare gli “aspetti critici” della sicurezza nell'attività lavorativa, sulle priorità d’intervento con misure di prevenzione e protezione adeguate, atte a eliminare o a minimizzare possibilmente il rischio.

13 I modelli quantitativi richiedono l'uso d’input matematici e gli output sono sempre espressi in termini matematici Si utilizza un modello matematico che assegna l’indicatore di Rischio (R) in relazione alla probabilità (P) che l’evento rischioso si verifichi e all’intensità del danno (D) causato. R = P x D R= Rischio P = Probabilità che l’evento accada. D = Gravità (Intensità, Magnitudo) del Danno.

14 Formazione e Informazione il fattore (K ) R= P x D K  Informazione sui potenziali rischi fornita ai lavoratori  Formazione professionale dei lavoratori, tramite corsi periodici di aggiornamento e riunioni ad hoc. K è un valore strettamente legato all’avvenuta “Formazione e Informazione dei lavoratori”: se questa ha avuto luogo, all’aumentare di K (formazione-informazione) diminuisce il valore di R (rischio). Diversamente, aumenta il rischio.

15 misure di prevenzione tendono a ridurre e possibilmente eliminare il rischio, diminuendo la frequenza di accadimento degli eventi non desiderati.

16 misure di protezione tendono a ridurre il danno manifesto, nel caso in cui l’evento negativo, nonostante le precauzioni prese, abbia comunque luogo (infortunio, malattia professionale).

17 Mobbing (art. 2087 Codice civile) Nell’ordinamento italiano, non esiste una vera e propria legge che disciplini il mobbing e, per tutelare le vittime, è buona prassi ricorrere al principale strumento di tutela e di difesa nei confronti delle azioni vessatorie a nostra disposizione, qual è appunto l’art. 2087 del Codice civile, che obbliga il datore di lavoro a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore da qualsiasi rischio causato nell’ambiente di lavoro.

18 Sentenza del Consiglio di Stato n. 3648/2011 Nel valutare i casi di presunto mobbing, sono rilevanti « la molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente secondo un disegno vessatorio ». Più specificamente: Una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico,complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti di un lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all’ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del lavoratore, tale che ne consegua un effetto lesivo della sua salute psicofisica.

19 Mobbing (definizione Heinz Leymann, 1996) Comunicazione ostile e non etica perpetrata in maniera sistematica da parte di uno o più individui generalmente contro un singolo che, a causa del mobbing, è spinto in una posizione in cui è privo di appoggio e di difesa e lì costretto per mezzo di continue attività mobbizzanti. Queste azioni si verificano con una frequenza piuttosto alta (definizione statistica: almeno una volta la settimana) e per un periodo di tempo (definizione statistica: una durata di almeno sei mesi).

20 Mobbing (definizione Harald Ege) una forma di terrorismo psicologico sul luogo di lavoro esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti da parte di colleghi o superiori. Definizione più circostanziata guerra sul lavoro in cui, tramite la violenza psicologica, fisica e/o morale, una o più vittime del mobbing vengono costrette ad esaudire la volontà di uno o più aggressori. Questa violenza si esprime attraverso attacchi frequenti e duraturi che hanno lo scopo di danneggiare la salute, i canali di comunicazione, il flusso di informazioni, la reputazione e/o la professionalità della vittima. Le conseguenze psicofisiche di un tale comportamento aggressivo risultano inevitabili per il mobbizzato. (Ege, 2001)

21 Tipologie di mobbing (verticale) Top–down (dall’alto verso il basso): l’attività persecutoria è messa in atto da un dirigente e/o superiore gerarchico nei confronti di un suo sottoposto; Bottom–up (dal basso verso l’alto): l’attività vessatoria è realizzata da un gruppo compatto di sottoposti verso un superiore gerarchico. Bossing (datore di lavoro o dai quadri direttivi aziendali) dove l’esercizio del potere gerarchico degenera in sopraffazione ed è finalizzata a estromettere il dipendente da ogni possibilità d’avanzamento e di crescita nel lavoro.

22 Tipologie di Mobbing (orizzontale o ambientale) si realizza tra colleghi di pari grado, per motivazioni verosimilmente“personali”(invidia,disprezzo,rancore) e finalizzato a denigrare la reputazione di un lavoratore, in modo da ostacolare una sua possibilità di avanzamento in azienda.

23 Il doppio mobbing fenomeno tipico della società italiana, dove la famiglia riveste un ruolo sociale fondamentale. Il legame esistente tra i singoli membri familiari è molto forte per cui il lavoratore, soggetto a comportamenti vessatori reiterati, scarica sul nucleo familiare quanto subìto sul posto di lavoro.

24 Mobbing emozionale o relazionale Riguarda i rapporti interpersonali che degenerano in conflitti (gelosia, rivalità, antipatia). La malversazione è legata agli aspetti della personalità della vittima ed è finalizzata a rendere il mobbizzato inaffidabile, impedendo così un suo sviluppo professionale.

25 Le fasi del mobbing (Leymann) 1.La prima fase (segnali premonitori) 2.La seconda fase (mobbing e stigmatizzazione) 3.La terza fase (abusi ed errori dell’amministrazione del personale) 4.La quarta fase (esclusione dal mondo del lavoro)

26 MODELLO FASI (Leymann) 1 Segnali premonitori (conflitto generico) I rapporti relazionali tra la vittima e i colleghi di lavoro e/o il datore di lavoro evolvono in una situazione conflittuale continuativa e sistematica, concretizzandosi progressivamente in una situazione di mobbing. 2 Mobbing e stigmatizzazione (maturazione del conflitto) La vittima subisce continui e sistematici attacchi contro la propria persona. Sono attuate azioni distruttive, tendenti a isolare la vittima e a creare situazioni che fanno sentire il lavoratore in disagio con se stesso e con l’ambiente di lavoro. Si evidenziano stati d’ansia e patologie psicosomatiche. Si stabilizzano i ruoli del mobber e del mobbizzato. 3 Abusi ed errori dell’amministrazione del personale (violazione dei diritti) La vittima comincia ad accusare disturbi comportamentali, perdita di capacità critica e autocritica, disagi esistenziali, difficoltà digestive, insonnia, e tende ad assentarsi dal lavoro. Il caso è “ufficializzato” ed è aperta un’inchiesta interna che, il più delle volte, colpevolizza ulteriormente il mobbizzato, considerato privo di personalità e in preda a manie di persecuzione. 4 Esclusione dal mondo del lavoro (depressione, disturbi psicosomatici) Il mobbing raggiunge il suo scopo. L’allontanamento dall’ambiente di lavoro è attuato dall’organizzazione aziendale (licenziamento, prepensionamento) o “decisa” dal lavoratore stesso (dimissioni, prepensionamento, aspettativa)

27 MODELLO FASI (Ege) Prefase: la condizione zero Prima fase: il conflitto mirato Seconda fase: l’inizio del mobbing Terza fase: primi sintomi psico–somatici Quarta fase: errori ed abusi dell’ufficio del personale Quinta fase: aggravamento della salute psico– fisica della vittima Sesta fase: esclusione dal mondo del lavoro.

28 I protagonisti del mobbing Mobber Vittima Spettatori: a) I side–mobbers, pur non essendo avversari diretti, partecipano attivamente al mobbing, si alleano con il mobber e lo aiutano a distruggere la vittima; b) gli indifferenti, non si schierano, sono quelli che favoriscono il mobbing con la loro indifferenza e indisponibilità a intervenire contro le azioni distruttive del mobber; c) gli oppositori, sono coloro che cercano di aiutare la vittima e di bloccare il processo.

29 Individuazione dei rischi a)l’ambiente sociale della vittima; b) la personalità della vittima; c) l’attendibilità della vittima; d) pregresse psicopatologie della vittima; e) fattori lesivi dell’integrità psicofisica della vittima

30 Ambiente sociale della vittima Permette di conoscere le sue condizioni di vita e di lavoro, il livello di reddito, il grado d’istruzione e la comunità di cui fa parte. Tutti questi elementi esercitano un forte impatto sulla salute e influiscono direttamente sul comportamento di un essere vivente.

31 Personalità della vittima Lo studio scientifico delle caratteristiche psicologiche, morali, sociali e culturali della vittima costituisce uno dei terreni più fertili per acquisire una maggiore conoscenza dei fattori che possono determinare la predisposizione a subire ripetute e perverse forme di violenza psichica.

32 Attendibilità della vittima Utilizzo di test psicologici per la verifica dell’attendibilità nella narrazione degli avvenimenti da parte della presunta vittima. Offre agli analisti importanti elementi di riscontro basati su un protocollo di lavoro di natura essenzialmente scientifica.

33 Pregresse psicopatologie Lo studio è rivolto a rilevare nei soggetti vittime di violenza psicologica, l’esistenza di diagnosi con precedenti disturbi d’ansia, depressione o psicopatologie

34 Fattori lesivi dell’integrità psicofisica della vittima Utilizzo di scale validate indicanti i criteri adottati e il numero dei soggetti esaminati. Consente di identificare i fattori maggiormente rappresentativi dei comportamenti o delle situazioni in grado di determinare effetti negativi sullo stato psicofisico dell’individuo.

35 Strumenti di misurazione del fenomeno mobbing Utilizzo di specifiche matrici di rischio attraverso metodi qualitativi, quantitativi e semi–quantitativi, in relazione alle informazioni disponibili.

36 L’approccio qualitativo Incentrato sul soggetto piuttosto che sulle variabili e si riferisce a una metodologia che non persegue la rappresentatività statistica, ma presenta i risultati con prospettiva narrativa. Le metodologie qualitative prevedono l’intervista e il focus group.

37 L’intervista qualitativa È una conversazione provocata dall’intervistatore, rivolta a soggetti scelti sulla base di un piano di rilevazione e in numero consistente, avente finalità di tipo conoscitivo, guidata dall’intervistatore, sulla base di uno schema flessibile e non standardizzato di interrogazione. (Corbetta,1999)

38 L’intervista di gruppo o focus group Tecnica di rilevazione per la ricerca sociale basata sulla discussione tra un piccolo gruppo di persone, alla presenza di uno o più moderatori,focalizzata su un argomento che si vuole indagare in profondità. (Corrao 2000).

39 la stima quantitativa dei rischi si basa su un calcolo matematico, la cui precisione dipende dai dati disponibili e dalla probabilità dell’accadimento di un determinato evento in un tempo definito. Un classico esempio di metodologia quantitativa è il questionario che punta alla rappresentatività statistica dei dati. L’interrogazione mediante questionario (intervista quantitativa) è particolarmente indicata quando il fenomeno studiato è già ampiamente conosciuto e i risultati possono essere generalizzati a popolazioni più ampie del campione.

40 Metodologia integrata Analizza sia la vittima sia il suo ambiente sociale. Il metodo è articolato in quattro fasi: A) Sopralluogo tecnico. Prevede una prima visita in azienda per conoscere e analizzare l’organizzazione aziendale. b) Raccolta e verifica dati. Contempla un’intervista a tutti gli attori interessati alla dinamica di sicurezza aziendale quali, datore di lavoro, responsabili del management, responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), responsabile dei lavoratori per la sicurezza (RLS), preposti, medico competente e lavoratore, per accertare l’esistenza o meno del fenomeno mobbing. c) Individuazione delle carenze organizzative. Include l’identificazione delle carenze relative al contesto lavorativo e la successiva verifica delle misure specifiche e procedurali adottate. d) Attuazione delle misure di sicurezza. Considera tutte le situazioni di disagio lavorativo riscontrate nelle fasi precedenti e le azioni da porre in essere per evitare condizioni dannose per i lavoratori.

41 Il questionario Il modello è suddiviso in due parti, abbracciando il livello aziendale e quello personale, e rappresenta una sintesi della valutazione dei rischi di natura psicosociale descritti nel presente testo. La prima parte esamina la presenza di variabili soggettive del lavoratore (ansia, stress) La seconda parte verifica la conoscenza del fenomeno, al fine di predisporre specifiche misure preventive ed eventuali misure protettive, nei casi in cui siano state riscontrate situazioni di mobbing.


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