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PubblicatoAurelia Belloni Modificato 8 anni fa
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Michelangelo Buonarroti “si dipinge col cerviello et non con le mani”
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Domenico Ghirlandaio Apparizione dell'angelo a Zaccaria Cappella Tornabuoni, S. Maria Novella, Firenze Nasce il 06 marzo 1475 vicino ad Arezzo, da famiglia toscana che rivestiva importanti cariche politiche e si spostava per lavoro. Il padre, terminato l’incarico di Podestà, trasferisce la famiglia a Settignano, piccolo paese vicino a Firenze di tradizione marmorea; infatti a Settignano si cavava la pietra Serena e il lavoro ruotava intorno a cavatori e scalpellini. In quel periodo la famiglia versa in un periodo di indigenza, trascorso che lascerà un segno nel carattere di Michelangelo e lo porterà a pensare sempre a proteggere la famiglia; nel 1487, a soli 12 anni, approda alla bottega del Ghirlandaio (1, Cappella Tornabuoni), lavora con solerzia ma non completa l’apprendistato triennale, poiché viene allontanato dalla bottega forse per uno scherzo al maestro. Michelangelo si è dedicato alla copia di opere di Giotto e Masaccio.
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Ritratto di Lorenzo De Medici detto il Magnifico Inizia a frequentare il “giardino di S.Marco”, una specie di Accademia artistica voluta da Lorenzo De Medici, a Firenze. Gli allievi si cimentavano in copie marmoree di opere greche e romane della collezione privata del Magnifico, affinando così la sua tecnica. Michelangelo venne notato da Lorenzo che lo accolse in casa, nel 1490; conobbe così alcune personalità del periodo come Pico della Mirandola che lo rese partecipe della dottrina Neoplatonica.
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La Madonna della Scala bassorilievo marmoreo (55,5x40 cm) 1491 circa - Casa Buonarroti a Firenze. A questo periodo risalgono le sue prime opere: la Madonna della Scala -1491- con evidenti influenze donatelliane. Percorso di lettura: Individua e descrivi gli elementi comuni con Donatello. Percorso di studio: Analizza gli aspetti formali dell’opera ( lo spazio, la linea, la luce etc), esegui uno schema
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CENTAUROMACHIA rilievo su lastra di marmo, 84,5X90 cm. Casa Buonarroti, Firenze L’opera è densa di riferimenti: il riferimento all'antico mito greco - quello della battaglia tra i Centauri e i Làpiti - tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, fu solo un pretesto. E' classica anche l'ispirazione agli antichi sarcofagi romani, ma è una composizione molto libera in cui abbandona le formule tradizionali. Questo rilievo non è solo una prova di bravura del giovane artista esordiente, è anche il punto d'arrivo delle ricerche quattrocentesche sul nudo e l'avvio di una nuova concezione plastico-dinamica del corpo nello spazio. Michelangelo non ha narrato la vicenda, non ha ricostruito la scena mitologica, ma ha voluto rappresentare una lotta furiosa tra guerrieri nudi dalla muscolatura tesa e possente. La figura al centro, in maggiore evidenza, è il perno di tutta l'azione. Dal suo gesto, con il braccio destro alzato e la torsione del busto, si genera un moto rotatorio che sembra trascinare tutte le altre figure. È lo stesso movimento che ritornerà cinquant'anni più tardi, nel Cristo Giudice del Giudizio Universale
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Bacco, 1497 marmo,203 cm Museo Nazionale del Bargello, Firenze La statua evoca il mito pagano di Bacco, qui rappresentato come un "giovane dio ebbro", che barcolla sostenendo una coppa mentre dietro di lui un piccolo satiro, seduto su un tronco, approfitta furbescamente della sua ebbrezza per assaggiare l'uva che tiene con la sinistra. Il dettaglio del satiro, che ha una funzione statica e invita lo spettatore ad allargare la visione frontale verso il lato, venne ampiamente lodata da tutti gli scultori del tempo, poiché il giovane sembra davvero mangiare dell’ uva con grande realismo. Il Bacco è reso in maniera naturalistica, come un fanciullo che incede con incertezza per via dell'ebbrezza, con un modellato fluido che evidenzia gli attributi di un'acerba virilità sensuale, e con effetti illusivi e tattili nel marmo che rendono l'opera in grado di gareggiare con i modelli della scultura ellenistica CONFRONTO: quali sono gli elementi della scultura ellenistica rintracciabili nel Bacco?
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Pietà. marmo carrara (altezza 174 cm, larghezza 195 cm, profondità 69) 1497-1499 Roma Basilica di S. Pietro. Stato Pontificio del Vaticano Il soggetto del gruppo scultoreo è definito nel contratto: «Una Pietà di marmo, cioè una Vergine Maria vestita con un Cristo morto nudo in braccio». I gruppi scultorei della Pietà, prima di Michelangelo, erano su supporto essenzialmente ligneo e diffusi soprattutto nell’area nordica. Michelangelo innovò invece la tradizione concependo il corpo di Cristo come mollemente adagiato sulle gambe di Maria con straordinaria naturalezza, privo della rigidità delle rappresentazioni precedenti e con un'inedita compostezza di sentimenti. Le due figure sembrano fondersi in un momento di toccante intimità, dando origine a un'originale composizione piramidale, raccordate dall'ampio panneggio sulle gambe di Maria, dalle pieghe pesanti e frastagliate, generanti profondi effetti di chiaroscuro. Fortemente espressivo è anche il gesto della mano sinistra, che pare invitare lo spettatore a meditare sulla rappresentazione davanti ai suoi occhi secondo le pratiche di meditazione concentrata e dolente di ispirazione savonaroliana. Approfondimento: la cava di Carrara ESERCITAZIONE: Esegui una lettura delle linee forza
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Pietà: dettaglio del Cristo Dalla figura del Cristo sono assenti i segni della Passione, Michelangelo, infatti, non persegue la rappresentazione oggettiva della morte ma manifesta la propria visione religiosa nel volto abbandonato e tuttavia sereno del Figlio a testimonianza della comunione fra uomo e Dio sancita con il sacrificio del Salvatore. Il livello di finitezza dell'opera è estremo, soprattutto nel modellato anatomico del corpo di Cristo, con effetti di levigatura e morbidezza degni della statuaria in cera, come il dettaglio della carne tra il braccio e il costato, modificata dalla salda presa di Maria opposta al peso del corpo abbandonato. La bellezza della statua risiede forse proprio nel naturalismo straordinariamente virtuoso della scena, fuso con un'idealizzazione e una ricerca formale tipica del Rinascimento e un notevole spessore psicologico e morale
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David marmo: h 410 cm, 517 con la base 1501-1504 Galleria dell’Accademia - Firenze Nel 1501 torna a Firenze, ormai affermato, inizia a lavorare alla commessa di una statua del David, da ottenere da un blocco parzialmente sgrossato, creò un capolavoro. Il giovane nudo, in atteggiamento pacato ma determinato, pronto allo scatto, quasi a simbolo della giovane repubblica fiorentina, viene assunto a simbolo della città e posto in piazza della Signoria.
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Tondo Doni dipinto a tempera su tavola (diametro 120 cm) 1506/08 - Galleria degli Uffizi - Firenze Tra il 1503 e il 1504 lavora al tondo Taddei e al tondo Doni, in entrambi si rappresenta la sacra famiglia, evidente qualche influenza leonardesca. Nel dipinto i colori sono squillanti, con accostamenti audaci, i corpi sono massicci, scultorei e plastici. La Sacra Famiglia è composta come un gruppo scultoreo al centro del tondo: la Madonna in primo piano, contrariamente a tutta l'iconografia antecedente, non ha il Bambino posto davanti, ma si volta per prenderlo da Giuseppe, che è inginocchiato dietro di lei. Essa, accoccolata a terra, ha appena smesso di leggere il libro che ora è chiuso e abbandonato sul suo manto fra le gambe. Gesù, rubicondo e ricciuto, sta acconciando i capelli della madre. Maria ha una bellezza virile, con una evidente muscolatura delle braccia, che preannuncia le Sibille della volta della Cappella Sistina. Il gesto di Maria le fa compiere una torsione che genera un moto a serpentina di grande originalità. Quest'ipotetica spirale di linee di forza, unita alla composizione piramidale che ha il vertice nella testa di Giuseppe, genera un forte effetto dinamico, che si adatta perfettamente alla forma del tondo, proiettandosi anche al di fuori verso lo spettatore [. Un altro triangolo, di senso inverso, è composto dalle teste e le braccia dei protagonisti, attirando ulteriormente l'attenzione sul gruppo e preannunciando gli annodati collegamenti gestuali dei manieristi. Le ginocchia di Maria in primo piano e il blocco dietro del figlio e dello sposo configurano una superficie emisferica, mentre una seconda emisfera è accennata in profondità dagli ignudi: viene così a comporsi uno spazio pittorico perfettamente sferico contenuto entro la cornice circolare. LETTURA DEI PIANI: Effettua una lettura dello spazio con una scansione di piani, dagli elementi più vicini sino al fondo. Controlla gli elementi della prospettiva.
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Tomba di Giulio II studio La tomba di Giulio II è un progetto architettonico e scultoreo che, nella sua versione definitiva, è collocato nella basilica di San Pietro in Vincoli a Roma. A quest'opera Michelangelo lavorò per quasi quarant'anni, dal 1505 al 1543, con continui dissapori con la committenza, ripensamenti e ridimensionamenti dell'opera (si contano almeno sei progetti), accuse e diffamazioni, minacce di processi e di restituzione del denaro anticipato dagli eredi, arrivando a diventare una delle vicende più tormentate e sofferte della sua esistenza
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Mosè 1513/15 monumento funebre di Giulio II S, Pietro in Vincoli- Roma Il profeta viene rappresentato in posizione seduta, con la testa barbuta rivolta a sinistra, il piede destro posato per terra e la gamba sinistra sollevata con la sola punta del piede posata sulla base. La posizione delle gambe ricorda quella del Profeta Isaia di Raffaello (1511-1512), che le fonti ricordano come elogiato dal Buonarroti. Il braccio sinistro è abbandonato sul grembo, mentre quello destro regge le tavole della Legge, mentre la mano arriccia la lunga barba. Curiosamente le tavole della legge risultano rovesciate, come se fossero scivolate dalle braccia del Mosè La statua, nella sua composizione, esprime la solennità e la maestosità del personaggio biblico. Celebre lo sguardo del Mosè definito come “terribile”: esso è stato interpretato come espressione del carattere di Michelangelo, irascibile, orgoglioso e severo, per il quale è stato appositamente coniato il termine "terribilità“. Le corna sul capo del Mosè, tipiche della sua iconografia, sono probabilmente dovute ad un errore di traduzione dell'Libro dell'Esodo (34-29), nel quale si narra che Mosè, scendendo dal monte Sinai, avesse due raggi sulla fronte. L'ebraico "karan" o "karnaim" - "raggi" - potrebbe essere stato confuso con "keren" - "corna". All'errore può aver contribuito anche il fatto che nel Medioevo si riteneva che solo Gesù potesse avere il volto pieno di luce.
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Visione d’insieme particolare La Cappella Sistina affresco, 1508-1513 4093×1341 cm
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Gli ignudi, particolare Creazione di Adamo, particolare La Cappella Sistina
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Cappelle medicee Sagrestia nuova di S. Lorenzo -Firenze Sagrestia nuova della chiesa di S. Lorenzo, Michelangelo utilizza membrature in pietra serena, l’ambiente acquista un ritmo più serrato e unitario con l’inserimento di un mezzanino tra le pareti e le lunette e in queste ultime, apre le finestre architravate che stagliano verso l’alto la costruzione fino alle volte a cassettoni. Colloca le tombe dei due principi: Giuliano con allegorie del giorno e della notte, e Lorenzo con allegorie del crepuscolo e dell’aurora.
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Tomba di Giuliano de Medici particolare
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Il Magnifico Principe è rapprsentato come un guerriero ma ritratto in posa assorta, pensierosa, volge la testa verso la statua della Madonna col Bambino La figura sdraiata sul sarcofago in posizione precaria, rappresenta l’allegoria del tempo: l’Aurora, dalla parte opposta una figura maschile: il crepuscolo. Tomba di Lorenzo De Medici
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Il Giudizio Universale 1541, affresco cm 206x311 La grandiosa composizione si incentra intorno alla figura dominante del Cristo, colto nell'attimo che precede quello in cui verrà emesso il verdetto del Giudizio Universale. Il suo gesto, imperioso e pacato, sembra al tempo stesso richiamare l'attenzione e placare l'agitazione circostante: esso dà l'avvio ad un ampio e lento movimento rotatorio in cui sono coinvolte tutte le figure. Ne rimangono escluse le due lunette in alto con gruppi di angeli recanti in volo i simboli della Passione (a sinistra la Croce, i dadi e la corona di spine; a destra la colonna della Flagellazione, la scala e l'asta con la spugna imbevuta di aceto). Accanto a Cristo c'è la Vergine, che volge il capo in un gesto di rassegnazione: ella infatti non può più intervenire nella decisione, ma solo attendere l'esito del Giudizio. È importante notare come lei guardi con dolcezza gli eletti al regno dei cieli, mentre il Cristo riservi uno sguardo duro e aspro a coloro che stanno scendendo negli inferi. Anche i Santi e i beati, disposti intorno alle due figure della Madre e del Figlio, attendono con ansia di conoscere il verdetto. Non c'è misericordia nel volto di Maria, la quale non si rivolge con sguardo pietoso ai dannati, né con giubilo agli eletti: la nuova venuta del Cristo si è compiuta, il tempo degli uomini e delle passioni è tramontato. Le dinamiche del mondo mortale lasciano spazio al trionfo dell'eternità divina. Alcuni predestinati alla gloria di Cristo sono facilmente riconoscibili: San Pietro con le due chiavi, che ritornano al suo unico possessore perché non serviranno più ad aprire e chiudere le porte dei cieli. Nella fascia sottostante, al centro gli angeli dell'apocalisse risvegliano i morti al suono delle lunghe trombe; a sinistra i risorti in ascesa verso il cielo recuperano i corpi (resurrezione della carne), a destra angeli e demoni fanno a gara per precipitare i dannati nell'inferno. Infine, in basso Caronte a colpi di remo insieme ai demoni percuote e obbliga a scendere i dannati dalla sua imbarcazione per condurli davanti al giudice infernale Minosse, con il corpo avvolto dalle spire del serpente.
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Piazza del Campidoglio 1537 inizio dei lavori Roma Gli ultimi decenni di vita di Michelangelo sono caratterizzati da un progressivo abbandono della pittura e anche della scultura, esercitata ormai solo in occasione di opere di carattere privato. Prendono consistenza invece numerosi progetti architettonici e urbanistici, che proseguono sulla strada della rottura del canone classico, anche se molti di essi vennero portati a termine in periodi seguenti da altri architetti, che non sempre rispettarono il suo disegno originale. Approfondimento: vedi gli studi della Basilica di S. Pietro
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Iniziata nel 1557 circa fu scolpita a Roma, dove l'artista, ormai più che ottantenne. In questa scultura in marmo raffigura Gesù privo di sensi adagiato sulla Madonna che lo sorregge. Sovrasta la figura di Giuseppe d'Arimatea (o secondo alcuni Nicodemo), nella quale molti hanno riconosciuto un autoritratto. La particolarità sta nel fatto che dal corpo di questa figura sembra uscire la figura del Cristo. La nuova composizione in verticale fu altamente innovativa e dimostrò le capacità inventive dell'artista ormai ottantenn. Nel gruppo si alternano parti condotte a termine, riferibili alla prima stesura, e parti non finite, legate ai ripensamenti della seconda versione mai compiuta. Tutta l'attezione dell'artista è concentrata sul rapporto tra madre e figlio morto. A sinistra la Pietà Bandini dell’opera del Duomo, così detta per la sua collocazione. A destra la Pietà Rondanini, 1552/3, marmo h.195 cm, Castello Sforzesco, Milano
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Schiavo morente I Prigioni sono un gruppo di sei statue, eseguite per la tomba di Giulio II. Due di essi sono pressoché finiti, risalgono al 1513 circa (secondo progetto) e sono oggi al Louvre. Quattro, databili al 1525-1530 circa, sono vistosamente "non-finiti" e sono conservati nella Galleria dell'Accademia a Firenze. Schiavo morente I Prigioni sono un gruppo di sei statue, eseguite per la tomba di Giulio II. Due di essi sono pressoché finiti, risalgono al 1513 circa (secondo progetto) e sono oggi al Louvre. Quattro, databili al 1525-1530 circa, sono vistosamente "non-finiti" e sono conservati nella Galleria dell'Accademia a Firenze. Schiavo barbuto. è il più finito dei prigioni fiorentini e deve il suo nome alla folta barba ricciuta. Il torso muscoloso in torsione denota un approfondito studio anatomico, tipico delle migliori opere di Michelangelo; le gambe, leggermente piegate e divaricate, sono tenute da una fascia, e per quanto riguarda le braccia, il destro è sollevato a reggere la testa reclinata, il secondo, con la mano da colpire, sembra che dovesse reggere la fascia. Schiavo barbuto. è il più finito dei prigioni fiorentini e deve il suo nome alla folta barba ricciuta. Il torso muscoloso in torsione denota un approfondito studio anatomico, tipico delle migliori opere di Michelangelo; le gambe, leggermente piegate e divaricate, sono tenute da una fascia, e per quanto riguarda le braccia, il destro è sollevato a reggere la testa reclinata, il secondo, con la mano da colpire, sembra che dovesse reggere la fascia. Le sue ultime opere sono i Prigioni, con una successione di 6 schiavi imprigionati dalla materia. Michelangelo muore all’età di 88 anni a Roma.
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