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PubblicatoGiovanni Bevilacqua Modificato 8 anni fa
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Benedetto Croce Logica, Storia e Filosofia della pratica
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Logica
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Che cos’è la logica La forma teoretica dello Spirito comprende, oltre alla conoscenza dell’individuale, quella dell’universale, oltre l’intuizione delle immagini, l’intellezione del concetto: La logica è la “scienza del concetto puro”
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Concetto e intuizione “Presupposto dell’attività logica [...] sono le rappresentazioni o intuizioni” se l’uomo “non fosse spirito fantastico, non sarebbe neppur loico”; “il concetto sorge dalle rappresentazioni come qualcosa che è in esse implicito” ma non è riducibile ad esse (la forma logica è una forma autonoma e irriducibile).
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Caratteri del concetto: Universalità, cioè la trascendenza rispetto alle singole rappresentazioni: “nessuna o nessun numero di queste è mai in grado di adeguare il concetto”. Concretezza: cioè l’immanenza del concetto nelle rappresentazioni, Il concetto, cioè, non è astratto (vuota e irreale generalità) è concreto, reale, esiste nelle rappresentazioni.
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Idealismo Il concetto, ossia l’universale concreto, per Croce è lo Spirito stesso: lo Spirito (l’Universale, l’Infinito) trascende le determinazioni concrete finite e individuali, non si riduce ad alcuna di esse e tuttavia esso non esiste a parte di esse, ma soltanto in esse e mediante esse: ciascuna realtà è lo Spirito senza poterlo esaurire.
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Pseudoconcetti Il concetto non va perciò confuso con le “finzioni concettuali”, o pseudoconcetti: empirici (casa, gatto, rosa), schemi di cui ci serviamo per indicare un gruppo di rappresentazioni che, per quanto numerose, sono sempre finite: mancano di universalità puri (triangolo, moto libero): hanno universalità ma non concretezza, non corrispondono a nulla di reale e rappresentabile.
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Le scienze sono pratiche Le finzioni concettuali non sono da rigettare come errori o falsità non hanno valore teoretico, ma hanno pur sempre significato pratico: sono utili ad ordinare le nostre esperienze e a farci ricordare varie rappresentazioni. Ne consegue che le scienze matematiche ed empiriche non appartengono alla dimensione conoscitiva del vero (logica) ma a quella pratica dell’utile (economica).
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Espressività del concetto Il concetto non è un “atto muto” dello Spirito come le attività pratiche, ma “opera espressa” come l’arte. Se un concetto è posseduto deve poter esser espresso: pensare è in qualche modo già parlare. Ne consegue che è in errore (o vuole ingannare) chi asserisce di aver un pensiero troppo elevato per essere formulato in parole: in realtà non lo possiede.
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Pensare è giudicare Come per Hegel il concetto non è un qualcosa di statico e morto ma una realtà fluida, dinamica; pensare un concetto significa “pensarlo nelle sue distinzioni, metterlo in relazione con gli altri concetti e unificarlo con essi”; per questo Croce può identificare il concetto con il giudizio definitorio (e con il sillogismo).
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Giudizio definitorio Croce distingue due tipi di giudizio: definitorio e individuale. Con il definitorio (es.: “l’arte è intuizione”) cui chiarisco che cosa una determinata realtà è. Tale giudizio non si distingue dal concetto (il predicato esprime il medesimo che il soggetto, non aggiunge nulla ad esso: è un giudizio analitico).
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Giudizio individuale Nel giudizio individuale (es.: “l’Orlando furioso è un’opera d’arte”), il soggetto è distinguibile dal predicato: il primo è una rappresentazione (individuale) il secondo un concetto. Esso si identifica con la percezione, distinta dalla rappresentazione in quanto implica l’affermazione dell’esistenza dell’immagine.
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Sintesi a priori logica Nella realtà del pensare filosofico giudizio definitorio e individuale coincidono (= sintesi a priori): Quello individuale implica un precedente atto definitorio (per dire «Pietro è un uomo» occorre aver definito l’uomo) D’altra parte, ogni definizione è sempre concretamente pensata in circostanze storiche individuali.
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Identità di filosofia e storia La filosofia, delucidazione logica dei concetti, di basa sul giudizio definitorio. Il giudizio individuale è storico, riguarda le particolari e mutevoli rappresentazioni. Se coincidono i due tipi giudizi, anche filosofia e storia si identificano. D’altra parte oggetto della filosofia è lo Spirito che non esiste al di fuori delle sue manifestazioni teoretiche e pratiche.
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E filosofia e storia non sono già due forme, sibbene una forma sola, e non si condizionano a vicenda, ma addirittura s’identificano. La sintesi a priori, che è la concretezza del giudizio individuale e della definizione, è insieme la concretezza della filosofia e della storia; e il pensiero, creando sé stesso, qualifica l’intuizione e crea la storia. Né la storia precede la filosofia né la filosofia la storia: l’una e l’altra nascono a un parto. […] Il concetto, con un sol colpo d’ala, afferma sé stesso e s’impadronisce della realtà tutta, che non è diversa da lui, ma è lui stesso. (B. Croce, Logica come scienza del concetto puro )
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«La vita e la realtà è storia e nient’altro che storia» La teoria della storia
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Lo storicismo crociano Le riflessioni di Croce sulla storia sono contenute soprattutto in: Teoria e storia della storiografia (1917) e La storia come pensiero e come azione (1938) Per Croce la realtà, in quanto Spirito, è storia e ogni conoscenza è storica. Tale visione è stata definita “storicismo assoluto”.
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Conseguenze Non è possibile distinzione tra fatto storico e fatto non storico. Un fatto è storico in quanto pensato; un fatto non storico sarebbe un fatto non esistente, giacché non c’è altro che il pensiero. Ogni storia è contemporanea: il giudizio storico su qualunque è sempre attuale, nasce da un bisogno presente e quindi vive nel presente dello Spirito.
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La storia come conoscenza La storia non può essere riproduzione passiva delle fonti della storia (documenti e avanzi), deve superare la vita vissuta per presentarla in forma di conoscenza. In tal modo perde la sua passionalità e diventa visione logicamente necessaria: non ci sono fatti buoni o cattivi, tutti sono buoni se intesi nella loro razionalità.
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Necessità della storia Non esiste una “soprastoria”, un dover essere che la storia cerca di realizzare: storia e giudizio storico sono necessari nel senso che in essi si attua una razionalità immanente (non una Provvidenza di un Dio-fuori-del-mondo). Perciò in storia non ha senso il se, perché presuppone l’impotenza dello Spirito.
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La storia è giustificatrice La storia non dà giudizi di lode o biasimo: essi spettano a chi agisce, quando agisce; il “tribunale” della storia non condanna né assolve ma conosce e comprende. Perciò “la storia non è giustiziera ma giustificatrice” e, in tal senso, esercita una funzione catartica: ci libera dal “peso” del passato, aprendoci ad una nuova azione.
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Razionalità e progresso Per Croce l’irrazionale non fa parte della storia se non come: “l’ombra del razionale”, quel negativo che è indispensabile all’attuazione del positivo, o manifestazione di “vitalità”. Quindi la storia non conosce, in senso assoluto, decadenza “che non sia insieme formazione e preparazione di vita nuova, e, pertanto, progresso”.
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La storia, in questa concezione, come non è più l’opera della natura o del Dio estramondano, così non è nemmeno l’opera impotente, e ad ogni istante interrotta dell’ empirico e irreale individuo, ma l’opera di quell’ individuo veramente reale che è lo spirito eternamente individuantesi. Perciò essa non ha di contro avversario alcuno, ma ogni avversario è insieme suo suddito. (B. Croce, Teoria e storia della storiografia )
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Ripensamenti Negli ultimi scritti, per superare il contrasto tra questa teoria e i tragici eventi del ’900, introdusse la distinzione tra: razionalità della storia (tutto in essa ha la sua ragion d’essere); razionalità dell’imperativo morale, ossia “ciò che a ciascuno di noi, nelle condizioni determinate in cui è posto, la coscienza morale comanda di fare”.
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Filosofia della pratica
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Agire è volere La dimensione pratica dello Spirito è l’ambito la volontà, coincidente con l’azione: come non c’è intuizione senza espressione, così non c’è volontà senza azione. L’azione va distinta dall’accadimento: La prima si riferisce all’individuo Il secondo è l’effetto comune di tutte le volontà particolari, ovvero dello Spirito che agisce tramite esse.
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Economica
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Economia La volizione, in quanto diretta all’individuale, dà luogo all’economia, che comprende tutte le attività umane (dalla scienze al diritto) che non rientrano in Arte, Filosofia ed Etica e si esprimono nella ricerca dell’Utile, concepito autonomo ed elevato allo stesso rango della “triade” (Vero, Bello, Buono). Svolge il ruolo che aveva per Hegel la natura (accogliendo il contingente e l’irrazionale).
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Diritto Il diritto ha una sua autonomia dalla sfera morale, (cf. Machiavelli): “il diritto non è immorale ma amorale, cioè precede la vita morale e ne è indipendente”. Le categorie del diritto sono soltanto la forza e l’utile, esso “è forza in quanto azione efficace a raggiungere un certo scopo utile”.
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Lo Stato Non ha più valore etico e universale che aveva in Hegel: È “un processo di azioni utili” che nascono dagli individui e vive nella dialettica, mutevole, di forza e consenso: « […] nel più liberale degli Stati, come nella più oppressiva delle tirannidi il consenso c’è sempre, e sempre è forzato. »
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Etica
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Utile e bene A differenza dell’economia, l’etica presuppone l’economia, rispetto alla quale non può porsi in antitesi: Contro “il dovere per il dovere”, Croce sostiene che il bene deve incorporare l’utile ma ciò non significa che esso possa ridursi all’utile o con esso identificarsi, l’utile può rimanere a livello individuale o progredire all’universalità propria del bene.
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Funzione dell’etica Croce giunse ad identificare l’etica con la vita stessa dello Spirito. « […] la vita promuovono tutte le forme dell’attività spirituale con le opere loro, opere di verità, opere di bellezza, opere di pratica utilità […]. E cosa mai aggiunge […] la moralità? Si dirà: le opere buone. Ma le opere buone, in concreto, non possono essere se non opere di bellezza, verità e utilità. E la moralità stessa per attuarsi praticamente, si fa passione e volontà e utilità, e pensa col filosofo, e plasma con l’artista, e lavora con l’agricoltore e con l’operaio, e genera figli ed esercita politica e guerra, e adopera il braccio e la spada.»
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