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L’interpretazione dell'ECG in Medicina Generale:

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Presentazione sul tema: "L’interpretazione dell'ECG in Medicina Generale:"— Transcript della presentazione:

1 L’interpretazione dell'ECG in Medicina Generale:
Il ruolo del Medico di Famiglia

2 Premessa Vi sono poche metodiche in medicina che hanno la sofisticata complessità dell’elettrocardiogramma (ECG): la presenza di pochi elementi, l’onda P, il complesso QRS, l’onda T ed i loro variabili rapporti sono in grado di generare migliaia di combinazioni con centinaia di differenti diagnosi; in natura, forse, solo la musica con sole sette note riesce a realizzare un’altrettanto infinita possibilità di combinazioni. E come per la musica, solo un’attenta preparazione, associata ad una vera e propria “vocazione”, può consentire una conoscenza realmente approfondita di questa straordinaria metodica.

3 Premessa Ma se il riconoscimento di una “pseudo-dissociazione atriale” o di una “parasistolia ventricolare modulata”, appartiene ai Riccardo Muti dell’elettrocardiografia, rimane vero che l’elettrocardiogramma rappresenta a tutt’oggi il più diffuso ed utile strumento diagnostico di tutte le principali cardiopatie. La lotta all’infarto, l’abbattimento dei cosiddetti tempi pre-coronarici, l’appropriatezza all’indicazione delle varie terapie riperfusive passa sempre e comunque attraverso una corretta interpretazione dell’ECG. Pertanto la conoscenza dell’elettrocardiografia non può essere un patrimonio dei soli Cardiologi, ma diffusa a tutte le categorie professionali sanitarie: primi tra tutti i Medici di Famiglia.

4 Orientarsi nella valutazione di un elettrocardiogramma normale
(ovvero come prendere le misure, e non solo!)

5 Un po’ di storia Nel 1903 il professor Willem Einthoven, modificando artigianalmente un galvanometro, riuscì a registrare correnti non amplificate originatesi da un paziente: nasceva così il primo elettrocardiografo. Iniziava la storia di un apparecchio che per la sua semplicità e per il suo valore nella diagnosi cardiologica è attualmente uno degli strumenti più diffusi nella pratica medica. In maniera molto semplice, l’ECG consiste nella registrazione dell’attività elettrica prodotta dal cuore.

6 Cosa attendersi da un ECG (1)
L’ECG è “solo un pezzo di carta” ! In quest’affermazione, d’indiscutibile superficialità, si cela però una grande verità: la diagnosi di una cardiopatia deve essere comunque sempre posta su basi principalmente cliniche. In questo contesto l’ECG ha l’insostituibile scopo di fornire evidenze a supporto della diagnosi ed in alcuni casi è di cruciale importanza per il trattamento del paziente.

7 Cosa attendersi da un ECG (2)
È, quindi, importante considerare l’elettrocardiografia essenzialmente come un elemento ad integrazione del quadro diagnostico e non va mai interpretato in modo disgiunto dal quadro clinico. In quest’ottica l’ECG è un mezzo fondamentale nella diagnosi differenziale delle aritmie ipo e ipercinetiche e delle algie toraciche. Questa metodica raggiunge inoltre un valore strategico nella diagnosi di Sindrome Coronarica Acuta dove solo l’ECG permette d’indirizzare immediatamente o meno verso un’eventuale terapia riperfusiva.

8 Voltaggi e Calibrazioni (1)
Non ci si può approcciare alla lettura di un ECG senza conoscere alcuni elementi metodologici essenziali per la sua corretta interpretazione, spesso fonti di banali errori d’interpretazione. Il cuore funziona come un generatore di elettricità che, attraverso il corpo, viene condotta sino alla superficie cutanea. L’elettrocardiografo registra sull’elettrocardiogramma i potenziali di questa corrente. L’elettrocardiogramma è un diagramma che rappresenta le variazioni di voltaggio in funzione del tempo. Sull’asse verticale vengono rappresentati i voltaggi, su quello orizzontale il tempo. In assenza di segnali elettrici la registrazione si colloca su una linea di riferimento, definita isoelettrica. La registrazione di segnali elettrici determina la comparsa di deflessioni che possono essere positive o negative.

9 Voltaggi e Calibrazioni (2)
I voltaggi sono rappresentati in milliVolt. Normalmente l’elettrocardiografo è tarato in modo che 1 milliVolt corrisponda ad una deflessione di 10 mm.Questa viene chiamata taratura intera. Quando i segnali sono molto ampi si può ricorrere alla mezza taratura, nella quale 1milliVolt corrisponde ad una deflessione di 5 mm. Se al contrario i segnali sono molto piccoli si può ricorrere ad una loro amplificazione, utilizzando la doppia taratura, per la quale 1 milliVolt corrisponde ad una deflessione di 20 mm. Il tempo, rappresentato sull’asse orizzontale, viene misurato in secondi o in millisecondi. Normalmente la carta, sulla quale viene registrato l’elettrocardiogramma, scorre ad una velocità di 25 mm/sec. In questa situazione ogni mm corrisponde a 40 msec. Esiste anche la possibilità di far scorrere la carta a 50 e 10 mm/sec, con un millimetro corrispondente a 20 e 100 msec. velocità carta 25 mm/sec      1 mm = 40 msec velocità carta 50 mm/sec       1 mm = 20 msec velocità carta 10 mm/sec       1 mm = 100 msec

10 ECG: Nomenclatura delle deflessioni
Un ECG normale è sempre caratterizzato dalla presenza di determinate deflessioni, anche se con infinite variazioni da soggetto a soggetto pur sempre nell’ambito della normalità. Imparare a conoscere un ECG normale è un requisito irrinunciabile per tutti coloro che si accostano allo studio dell’Elettrocardiografia. Onda P: la deflessione prodotta dall’attivazione atriale Complesso QRS: l’insieme delle deflessioni che rappresentano l’attivazione del ventricolo. Esse si dividono in: Onda Q: la deflessione iniziale, negativa, seguita dall’onda R Onda R: la prima deflessione positiva; può non essere preceduta da un’onda Q Onda S: la deflessione negativa che segue l’onda R Onda R’: una seconda eventuale deflessione positiva QS: un’unica deflessione negativa che rappresenta tutta l’attivazione ventricolare Si utilizzano lettere maiuscole (Q,R,S) per indicare le deflessioni di ampiezza superiore ai 5 mm, lettere minuscole (q,r,s) per quelle di ampiezza inferiore Onda T: la deflessione prodotta dalla ripolarizzazione ventricolare Onda U: la deflessione che può seguire l’onda T La massa muscolare degli atri è piccola rispetto a quella delle strutture ventricolari ed anche le modificazioni elettriche che accompagnano la contrazione degli atri sono, pertanto, di entità ridotta. La contrazione degli atri si accompagna ad un’onda elettrocardiografica denominata “P”. La massa ventricolare è voluminosa per cui, nel momento in cui i ventricoli si contraggono, si osserva una ampia deflessione elettrocardiografica definita “complesso QRS”. L’onda T dell’ECG si associa, invece, al ripristino del potenziale elettrico di base della massa ventricolare, fenomeno questo definito “ripolarizzazione”.

11 Principali fasi dell’attivazione cardiaca

12 Registrazione e derivazioni dell’ECG (1)
L’elettrocardiografo confronta l’attività elettrica registrata a livello dei differenti elettrodi ed il quadro grafico così ottenuto viene definito con il termine di “derivazione”. Le derivazioni, cioè gli assi mediante i quali l’elettrocardiogramma registra i potenziali elettrici prodotti dal cuore, sono 12: 6 dette periferiche e 6 dette precordiali. L’elettrocardiogramma registra i potenziali elettrici prodotti dal cuore mediante elettrodi bipolari.

13 Registrazione e derivazioni dell’ECG (2)
Quando la corrente si muove verso il polo positivo, lungo la stessa direzione dell’asse della derivazione, sull’ECG si osserva una marcata deflessione positiva L’elettrocardiogramma registra i potenziali elettrici prodotti dal cuore mediante elettrodi bipolari.

14 Registrazione e derivazioni dell’ECG (3)
Quando la corrente ha una direzione obliqua rispetto all’asse della derivazione, sull’ECG si avrà una deflessione meno marcata.

15 Registrazione e derivazioni dell’ECG (4)
Se la corrente ha direzione perpendicolare non si osservano deflessioni

16 Registrazione e derivazioni dell’ECG (5)
Quando infine la corrente è diretta verso il polo negativo, avrò deflessioni più o meno negative in relazione alla direzione della corrente rispetto all’asse della derivazione.

17 Come fare un ECG (1) La conoscenza delle semplici regole per effettuare un ECG è di grande aiuto anche per facilitarne la comprensione, il corretto posizionamento degli elettrodi, specie quelli precordiali è rilevante per una buona qualità del tracciato. Schema del corretto posizionamento degli elettrodi precordiali L’interpretazione dell’ECG è semplice se si tiene in mente la direzione dalla quale le differenti derivazioni guardano il cuore. Si può ritenere che le 6 derivazioni standard periferiche, che sono registrate dagli elettrodi attaccati agli arti, guardino il cuore sul piano verticale (cioè dai lati o dai piedi). Le derivazioni DI, DII ed aVL guardano la superficie laterale sinistra del cuore, quelle DIII ed aVF la superficie inferiore e la derivazione aVR, infine, guarda l’atrio destro. Le derivazioni precordiali (V) sono, invece, posizionate sulla superficie del torace mediante elettrodi a suzione e la registrazione viene ottenuta da 6 posizioni poste al 4° e 5° spazio intercostale. Le 6 derivazioni così identificate guardano il cuore nel piano orizzontale frontalmente e dal lato sinistro. Pertanto, le derivazioni V1 e V2 fronteggiano il ventricolo destro, quelle V3 e V4 il setto interventricolare ed infine quelle V5 e V6 le pareti anteriore e laterale del ventricolo sinistro. Analogamente alle derivazioni periferiche, le derivazioni precordiali mostrano ognuna un differente quadro elettrocardiografico che, pur essendo in ciascuna derivazione caratteristico, appare simile nei diversi individui sani. Le 6 derivazioni così identificate guardano il cuore nel piano orizzontale frontalmente e dal lato sinistro.

18 Come fare un ECG (2) Analogamente alle derivazioni periferiche, le derivazioni precordiali mostrano ognuna un differente quadro elettrocardiografico che, pur essendo in ciascuna derivazione caratteristico, appare simile nei soggetti sani.

19 Come fare un ECG (3) In casi particolari (es. sospetto d’infarto destro, etc) possono essere aggiunte derivazioni con orientamento verso la parete anteriore toracica destra (V3R,V4R) e verso quella posteriore (V7-V8-V9).

20 Tempi e velocità (1) E’ importante che sappiate calcolare velocemente i tempi di un ECG, per evidenziare per es. possibili pause patologiche (> 3 secondi). In modo semplice, ciascun quadrato largo (5 mm) rappresenta un tempo di 0.2 secondi, così che vi sono 5 quadrati larghi per ogni secondo, pertanto una pausa è sicuramente patologica se raggiunge i 15 quadrati larghi. Pertanto, un evento elettrocardiografico, come ad esempio un complesso QRS, che si verifica una volta per ogni quadrato largo avviene con una frequenza di 300 volte al minuto.

21 Tempi e velocità (2) La frequenza cardiaca (FC) può essere misurata in diversi modi, il più semplice consiste nell’identificare un complesso QRS che cada esattamente su una linea verticale delimitante un quadrato largo e contate il numero di quadrati larghi che lo separa dal complesso QRS successivo (l’intervallo R-R), se la distanza tra questi due complessi sarà di un solo quadrato largo la FC sarà di 300 bpm, se i quadrati sono 2 sarà di 150 bpm, se vi sono 3 quadrati sarà di 100 bpm, 4 quadrati larghi FC sarà di 75 bpm, 5 quadrati larghi la FC sarà di 60 bpm, 6 quadrati larghi la FC sarà di 50 battiti per minuto. Questo perchè un quadrato grande della carta millimetrata misura 200 millisecondi ed in un minuto ce ne saranno quindi 300. Se i due complessi sono separati da un solo quadrato la frequenza cardiaca sarà quindi di 300 bpm; se due quadrati la frequenza sarà di 150 bpm; se tre 100 bpm; se quattro 75 bpm; se cinque 60 bpm; e così via.

22 Tempi e velocità (3) Proprio come la distanza tra le onde R fornisce la frequenza cardiaca, così la distanza tra le differenti parti del tracciato, onde P-QRS-T sono rappresentative del tempo di conduzione, cioè il tempo necessario perché la depolarizzazione si diffonda attraverso le diverse parti del cuore. onda P = durata normalmente inferiore a 0,11" intervallo PR = misurato dall’inizio dell’onda P all’inizio del QRS, è compreso tra 0,12" e 0,20" intervallo QRS = misurato dall’inizio della prima deflessione al termine dell’ultima, è normalmente inferiore a 0,10" intervallo ST = misurato dal termine del QRS all’inizio della T; non viene valutato temporalmente, ma per la sua posizione rispetto alla linea isoelettrica, identificando collocazioni dette sopraslivellate o sottoslivellate intervallo QT = misurato dall’inizio del QRS al termine della T. La sua durata è funzione della frequenza, per tanto viene misurato con la seguente formula: QTC = QT/ RR. Il valore normale del QT corretto è inferiore a 0,44". L’intervallo PR viene misurato dall’inizio dell’onda P all’inizio del complesso QRS e costituisce la rappresentazione del tempo necessario al processo di eccitazione per diffondersi dal nodo SA, attraverso la muscolatura atriale e il nodo AV, fino al fascio di His e al miocardio ventricolare. Il normale intervallo PR è di sec ( msec) ed è rappresentato da 3-5 quadratini. La gran parte di questo periodo di tempo occupata dal ritardo di conduzione a livello del nodo AV. Se l’intervallo PR è molto breve, si evince che entrambi gli atri sono stati depolarizzati da un focolaio posto vicino al nodo AV oppure che esiste una via di conduzione anormalmente rapida dagli atri ai ventricoli. La durata del complesso QRS è indice del tempo necessario al processo di depolarizzazione per diffondere attraverso i ventricoli. La durata del complesso QRS normalmente è di 0.12 sec (rappresentata da 3 quadratini) o meno ma qualsiasi anomalia della conduzione allunga questo tempo e determina un allargamento del complesso QRS.

23 Asse elettrico del cuore (1)
La direzione media della propagazione dell’onda di depolarizzazione attraverso i ventricoli, vista di fronte, viene definita con il termine di “asse elettrico del cuore”. È di utilità pratica il decidere se questo asse presenta una direzione normale o meno ed essa può essere calcolata sulla base della morfologia del complesso QRS nelle derivazioni DI, DII e DIII.

24 Asse elettrico del cuore (2)
L’asse elettrico del cuore viene talvolta misurato in gradi, sebbene ciò non rivesta un significato clinico particolare. Sul piano frontale è possibile costruire un diagramma nel quale le varie derivazioni si collocano con precise coordinate angolari su 360°, partendo dalla D1, che rappresenta il riferimento a 0°. A seguire troviamo la D2 a 60°, la aVF a 90°, la D3 a 120°, la aVR a -150° e la aVL a -30°.

25 Asse elettrico del cuore (3)
Un asse elettrico normale (da ore 11 a ore 5 ovvero -30° e +105°) significa che il fronte di depolarizzazione si diffonde verso la derivazione DI, DII e DIII ed è pertanto rappresentato da un’onda prevalentemente rivolta verso l’alto in tutte e 3 queste derivazioni con una deflessione positiva maggiore nella derivazione DII che in quelle DI e DIII.

26 Asse elettrico del cuore (4)
Se il ventricolo destro va incontro ad un processo di ipertrofia, l’asse elettrico del cuore si sposta verso destra e la deflessione nella derivazione DI diviene prevalentemente negativa (rivolta verso il basso) mentre quella registrata nella derivazione DIII diviene più positiva (prevalentemente rivol-ta verso l’alto). Tale quadro elettrocardiografico viene definito “deviazione assiale destra” ed è associato prevalentemente a patologie polmonari nelle quali si assiste ad un sovraccarico funzionale delle sezioni destre del cuore, ed in caso di cardiopatie congenite.

27 Asse elettrico del cuore (5)
Quando è il ventricolo sinistro ad andare incontro ad un processo di ipertrofia, l’asse elettrico del cuore si sposta verso sinistra così che il complesso QRS diviene prevalentemente negativo nella derivazione DIII. La “deviazione assiale sinistra” non assume un significato patologico fino a che la deflessione QRS non diviene prevalentemente negativa nella derivazione DII ed il problema è solitamente secondario a patologie del sistema di conduzione piuttosto che ad un reale aumento della massa muscolare del ventricolo sinistro. La deviazione assiale destra e sinistra di per sé assumono raramente un significato patologico in quanto gradi minori di tali reperti si registrano rispettivamente in soggetti alti e magri oppure bassi e grassi. Tuttavia la presenza di una deviazione assiale dovrebbe allertare il medico facendogli ricercare altri segni di ipertrofia ventricolare destra e sinistra

28 Come refertare un ECG Nel refertare un ECG, evenienza che spesso può accadere anche con i tempi dell’emergenza, è necessario darsi un metodo, possibilmente sempre lo stesso, in modo da minimizzare errori dovuti a fretta o distrazione. Applicare cioè ad ogni ECG una sorta di “griglia mentale” che scatti automaticamente davanti ad ogni tracciato. Un approccio corretto prevede di: Ricercare l’onda P; e valutare la regolarità degli intervalli RR. Identificare il rapporto tra onde P e complessi QRS; Valutare la morfologia dell’onda P; Misurare l’intervallo PQ; Valutare morfologia del complesso QRS e calcolarne l’asse; Valutare la morfologia del tratto ST; Valutare morfologia dell’onda T.


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