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PubblicatoSilvio Donato Modificato 8 anni fa
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il nuovo rito delle esequie scuola diocesana di teologia
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premessa: il cambiamento delle condizioni di vita ha mutato le “condizioni di morte”:una ospedalizzazione sempre più sviluppata, l’affievolimento del senso religioso, la scomparsa della morte dalle case. Non c’è posto per i morti nelle case moderne, per i cortei funebri nelle città, per i luoghi della memoria nel contesto urbano.
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le case nella società tradizionale il malato muore in casa dove rimane fino al giorno delle esequie.Oggi è rarissimo che si muoia in casa e generalmente si compie questo passo in ospedale.Ci sono ragioni di ordine pratico (spazi limitati e sviluppo in verticale) e di ordine psicologico (non si vuole stare a stretto contatto con il defunto). Il morto viene lasciato in obitorio, in chiesa o nelle case dei morti (funeral homes) soprattutto negli Stati Uniti, in Canada e nei Paesi Scandinavi.
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le strade Uno dei segni più eloquenti della morte a livello sociale era lo snodarsi del corteo funebre dalla casa alla chiesa e dalla chiesa al cimitero. Oggi questi cortei sono scomparsi dalle città per motivi di ordine materiale (traffico, ordine pubblico...). La soppressione del corteo semplifica e accorcia la liturgia esequiale. La liturgia si risolve con un’unica celebrazione in chiesa o al cimitero o nella casa del defunto.
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i luoghi della memoria nella tradizione il cimitero era nei pressi della città o del paese spesso vicino o intorno alla chiesa. Molti cimiteri oggi sono stati inglobati nei nuovi quartieri delle città dove divengono motivo di imbarazzo per i vivi. I segni della morte sono stati dunque messi al bando.
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scomparsa dei segni della morte due modalità per cancellare i segni della morte: - la tanatoprassi - la dismissione del lutto La tanatoprassi: processi chimici e cosmesi vengono utilizzati per far perdere al defunto i segni della morte. Il lutto: un tempo destinato a ristabilire la normalità della situazione e un abito per rendere omaggio al defunto e al ricordo di lui.
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2 novembre celebrazione ispirata ad una fede cristiana ma anche ad una dimensione puramente sociale che manifesta una speranza in una sopravvivenza dell’uomo e un ricordo da parte dei vivi. Con una liturgia esequiale ormai ristretta la chiesa deve affinare il linguaggio di parole e riti per essere comprensibile e dare consolazione e speranza a quanti più possibile.
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cenni storici il nostro sguardo si ferma sul rituale della chiesa di rito latino ma non dobbiamo scordare che nelle chiese Orientali esistono riti della morte e delle esequie molto differenziati
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dai riti funerari pagani ai riti cristiani a Roma e in Occidente i cristiani hanno conservato le tradizioni antiche modificandole con alcuni segni della nuova fede. A Roma e nell’Africa del nord nei secoli III e IV possediamo documentazioni date da scritti patristici e iscrizioni funerarie. Prima di morire il cristiano riceve il viatico concesso anche ai peccatori scomunicati e non ancora riconciliati. Questo sostituisce la moneta che i romani e i greci ponevano nella bocca del defunto affinché potesse pagare il pedaggio del transito. Poi il corpo viene lavato e profumato mentre si cantano salmi di fiducia (riferiti alla risurrezione di Gesù) in sostituzione dei lamenti teatrali del mondo romano. Il corpo viene esposto su un letto (feretrum) per alcune ore, la sepoltura avviene nel giorno stesso. Nel I e II secolo i cristiani sono inumati in tombe molto semplici in mezzo alle tombe pagane. Dal III secolo con l’aumento dei fedeli la chiesa romana organizza cimiteri veri e propri in catacombe scavate nel terreno. Nel III secolo ci sono testimonianze della presenza di un presbitero che recita una preghiera al momento della sepoltura. I cristiani conservano l’uso del pasto funebre o refrigerium che ha luogo sulla tomba del defunto o nelle vicinanze. Questo avviene non nel giorno della depositio ma il terzo o settimo o trentesimo successivo o nell’anniversario. Quando con il IV secolo si celebra l’eucarestia accanto alla tomba dopo l’inumazione il refrigerium avviene dopo la celebrazione; quando la celebrazione si sposta in chiesa si perde la tradizione del pasto funerario. L’eucarestia vuole associare il transito del cristiano al mistero pasquale di Cristo.
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il rituale romano del VII secolo E’ il primo rituale della morte e delle esequie che ci è noto. La struttura del rito è questa: - quando un cristiano sta per morire riceve l’eucarestia come pegno di risurrezione. Un presbitero o un diacono gli legge la Passione a cui segue un responsorio e il canto del salmo 113 (salmo pasquale della liberazione e dell’ingresso nella terra promessa). - Avvenuta la morte e composto il cadavere si canta il salmo 96 (Il Signore regna...); il defunto viene portato in chiesa dove non si celebra l’eucarestia ma un ufficio composto da salmi e responsori e da letture dal libro di Giobbe. In particolare si canta il salmo 41(Come la cerva anela ai corsi d’acqua...) e il salmo 4 (Quando ti invoco rispondimi, Dio mia giustizia...), che manifestano il desiderio di Dio e la completa fiducia e abbandono in Lui. - Dalla chiesa il defunto viene accompagnato processionalmente al luogo della sepoltura. Nel cammino si canta il salmo 14 (Signore chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà sul tuo santo monte?...) con i salmi 50 e 24 (A te Signore elevo l’anima mia, Dio mio non sia confuso...) e il 117 (Celebrate il Signore perché è buono, eterna è la sua misericordia...)concludendo con una antifona: Apritemi le porte della giustizia... - Questo antico rito romano ha una forte valenza pasquale (vedi i salmi 113 e 117 che sono cantati all’inizio e alla fine della cena pasquale ebraica). Il defunto esce dall’Egitto per entrare nella terra promessa dove è accolto dagli angeli e dai santi.
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rituali romano-gallicani dell’VIII-IX secolo Dal secolo VIII la liturgia romana diffusa nell’Europa occidentale assume diversi usi e tradizioni locali. Ne deriva una liturgia mista che ci è nota dai sacramentari Gelasiani dell’VIII secolo ma anche dal Gregoriano del IX secolo e dai messali Gallicani. Da queste eucologie si evince la teologia e la pastorale di quel periodo. Si insiste continuamente sulla richiesta della misericordia di Dio per il defunto tanto che traspare con forza la preoccupazione dei peccati e della colpevolezza del defunto. La comunità non è più sicura della salvezza di colui che è defunto. All’orizzonte appare il terribile tribunale di Dio e il terrore del giudizio. C’è il rischio di cadere per sempre nelle tenebre e nei tormenti dell’inferno. In questi secoli la celebrazione dell’eucarestia diventa la prassi in Occidente costituendo l’elemento centrale del rito delle esequie. La messa è vista come sacrificio di propiziazione e di suffragio. Nel medioevo nessuno di coloro che partecipano alla messa esequiale, ad eccezione del sacerdote che presiede, si accosta alla comunione per lasciare tutti i “meriti” della messa a favore dell’anima del defunto. Anche l’eucologia ricorda di continuo pericoli a cui è esposto il defunto nel suo viaggio oltre la morte. La visione dell’aldilà è tetra e angosciante più di quanto non appaia nella liturgia romana pura.
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L’eucologia chiede a Dio di accogliere il defunto nel paradiso di luce e di riposo, nell’assemblea degli angeli e dei santi, nel seno di Abramo. Dalla comunità terrestre il defunto passa alla Gerusalemme celeste. La morte del fedele però non è messa in relazione con il mistero pasquale di Cristo In tutta l’eucologia delle esequie Cristo non è quasi mai nominato se non nella conclusione trinitaria delle orazioni. Si chiede a Dio di far giungere il defunto alla resurrezione ma questa non è mai posta in relazione alla resurrezione di Cristo. Le orazioni sono rivolte a un Dio che pare non aver mai inviato il Figlio per la salvezza del mondo. Anche lo Spirito Santo non è mai evocato. Siamo in una liturgia che non è né cristologica né pasquale. Pare di invocare il Dio dell’antico testamento tanto queste esequie non sono illuminate dalla buona notizia del vangelo.
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Se confrontiamo il rituale romano del VII secolo e quelli romano-gallicani dell’VIII e IX secolo notiamo: - sono due modi diversi di celebrare la morte e vivere il lutto, - il rituale romano accompagna il defunto dalle ore che precedono la morte fino alla sepoltura, la comunità cristiana accompagna tutto l’uomo, corpo e anima nerl suo ultimo viaggio. - I rituali gallicani che si sono formati nei monasteri in epoca carolingia sono ispirati da una diversa antropologia e si preoccupano precipuamente dell’anima del defunto per la quale occorre invocare la salvezza. - Le due diverse tipologie di rituale che corrispondono a mentalità diverse e a teologie diverse avranno modo di “contaminarsi” nel rituale tridentino del 1614.
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il rituale romano del 1614 lo promulga papa Paolo V su mandato del Concilio di Trento e rimarrà in uso fino alla riforma del 1969
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lo svolgimento dei funerali - il parroco e il clero si recano alla casa del defunto, - il feretro viene accompagnato dalla casa alla chiesa con il canto dei salmi, - viene cantato l’Ufficio dei defunti al quale segue la messa, - dopo la messa avviene il rito dell’assoluzione esequiale (preghiere e canti che invocano la liberazione del defunto dai peccati) - una seconda processione accompagna il defunto dalla chiesa al cimitero, - nel campo santo si canta il Benedictus e si asperge il feretro, le preghiere accompagnano la sepoltura. teologia del rituale - la gran parte delle orazioni vengono prese dai rituali dell’VII e VIII secolo che esprimono la fiducia nella risurrezione, - il rituale del 1614 accoglie però anche delle preghiere che esprimono l’incertezza e il terrore di fronte alla morte e alla sorte dell’anima. - Espressione di questa teologia è la composizione del Dies irae, avvenuta nel XIII secolo e ben lontana dalla visione pasquale della morte. psicologia e pastorale - il rituale è in perfetta sintonia dei secoli XVI e XVII nei quali il pensiero e il timore della morte hanno un posto preferenziale nella riflessione cristiana e nella predicazione, - il rito è totalmente clericale - non c’è menzione alcuna nelle preghiere dei vivi e della famiglia del defunto.
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Il giorno dell'ira, quel giorno che dissolverà il mondo terreno in cenere come annunciato da Davide e dalla Sibilla. Quanto terrore verrà quando il giudice giungerà a giudicare severamente ogni cosa. La tromba diffondendo un suono stupefacente tra i sepolcri del mondo spingerà tutti davanti al trono. La Morte e la Natura si stupiranno quando risorgerà ogni creatura per rispondere al giudice. Sarà prodotto il libro scritto nel quale è contenuto tutto, dal quale si giudicherà il mondo. E dunque quando il giudice si siederà, ogni cosa nascosta sarà svelata, niente rimarrà invendicato. In quel momento che potrò dire io, misero, chi chiamerò a difendermi, quando a malapena il giusto potrà dirsi al sicuro? Re di tremendo potere, tu che salvi per grazia chi è da salvare, salva me, fonte di pietà. Ricorda, o pio Gesù, che io sono la causa del tuo viaggio; non lasciare che quel giorno io sia perduto. Cercandomi ti sedesti stanco, mi hai redento con il supplizio della Croce: che tanto sforzo non sia vano! Giusto giudice di retribuzione, concedi il dono del perdono prima del giorno della resa dei conti. Comincio a gemere come un colpevole, per la colpa è rosso il mio volto; risparmia chi ti supplica, o Dio. Tu che perdonasti Maria di Magdala,[2] tu che esaudisti il buon ladrone, anche a me hai dato speranza. Le mie preghiere non sono degne; ma tu, buon Dio, con benignità fa' che io non sia arso dal fuoco eterno. Assicurami un posto fra le pecorelle, e tienimi lontano dai caproni, ponendomi alla tua destra. Una volta smascherati i malvagi, condannati alle fiamme feroci, chiamami tra i benedetti. Prego supplice e in ginocchio, il cuore contrito, come ridotto a cenere, prenditi cura del mio destino. Giorno di lacrime, quello, quando risorgerà dalla cenere Il peccatore per essere giudicato. perdonalo, o Dio: Pio Signore Gesù, dona a loro la pace. Amen.
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