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Haemophilus influenzae  Piccolo coccobacillo  Talora capsulato  Aspetto pleiomorfo quando osservato da materiali patologici. L’invecchiamento tende.

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Presentazione sul tema: "Haemophilus influenzae  Piccolo coccobacillo  Talora capsulato  Aspetto pleiomorfo quando osservato da materiali patologici. L’invecchiamento tende."— Transcript della presentazione:

1 Haemophilus influenzae  Piccolo coccobacillo  Talora capsulato  Aspetto pleiomorfo quando osservato da materiali patologici. L’invecchiamento tende ad accrescere l'eterogeneità morfologica dando luogo a forme decisamente bacillari che possono evolvere verso la perdita della capsula e la lisi.  Su terreni solidi, le colonie, coltivate in agar-cioccolato (terreno arricchito) si presentano piccole, rotonde, iridescenti, senza fenomeni di emolisi e crescono meglio in atmosfera al 5% di CO 2  Questo "amante del sangue" (Haemophilus) necessita per la crescita di ematina e NAD. MORFOLOGIA E GENERALITA’  Gram-negativo  Aspetto pleiomorfo  Aerobio  Asporigeno  Talora capsulato

2 H. influenzae può sintetizzare 6 polisaccaridi capsulari sierotipicamente distinti (a, b, e, d, e, f,). Il polisaccaride b è particolarmente associato alla virulenza. I ceppi privi di capsula fanno parte della popolazione microbica normale dell'orofaringe (25-50% degli adulti e fino all'80% del bambini sono portatori), ma possono comportarsi da patogeni opportunisti causando otiti, sinusiti ed esacerbazioni acute delle broncopneumopatie croniche ostruttive. CARATTERI ANTIGENI

3 La capsula, antifagocitaria per eccellenza, manifesta particolare attività antigenica stimolando la produzione di anticorpi protettivi dotati di reattività crociata nel confronti di antigeni capsulari di altri batteri meningotropi. Il germe possiede endotossine delle quali è però dífflclle definire il ruolo patogenetico nelle infezioni sistemiche. Negli emofili non capsulati agiscono come fattore citotossico per le cellule ciliate respiratorie. I pili che consentono l'adesività alle superfici le IgA-proteasi distruggono le immunoglobuline sulla superficie dei tessuti MECCANISMO DELL'AZIONE PATOGENA

4 PATOGENICITA’ H.influenzae di tipo b è il responsabile della stragrande maggioranza delle patologie invasive legate a questo microorganismo (90%). Dopo aver superato la barriera mucosa del naso-faringe attraverso meccanismi di endocitosi, raggiunto il sistema circolatorio, i ceppi di H.influenzae capsulati e specialmente quelli appartenenti al sierotipo b, possono raggiungere diversi organi bersaglio: meningi, epiglottide, orecchio medio. Durante la fase batteriemica può esservi diffusione a polmoni, pericardio e tessuto osseo. La virulenza è legata direttamente allo stato immunitario dell'ospite. Il bambino nei primi 6 mesi di vita è protetto dagli anticorpi ereditati dalla madre. Le infezioni raggiungono il massimo di incidenza tra i sei mesi e i due anni di età, fase in cui avviene il passaggio tra l’immunità di origine materna e quella propria dell'individuo. H.influenzae capsulato causa raramente malattie nell'adulto in cui è già stata raggiunta la piena efficienza del sistema immunitario. Infatti nell'adulto per esprimere la loro patogenicità, questi microorganismi necessitano di condizioni predisponenti quali broncopneumopatie croniche ostruttive, diabete, immunodepressione (anche iatrogena), infezioni virali pregresse. FATTORI PREDISPONENTI

5 H.influenzae di tipo b è LA CAUSA PIÙ COMUNE DI MENINGITE fino al 2 anni di età nelle popolazioni non vaccinate. La meningite sostenuta da H.influenzae conduce spesso ad esiti neurologici anche gravi. Un'altra temibile localizzazione specie in età pediatrica è quella dell'epiglottide con exitus del paziente nelle prime 24 ore in assenza di tracheotomia. Quadri meno drammatici, sostenuti da ceppi capsulati di tipo b. Questi ceppi sono responsabili DI INFEZIONI NON INVASIVE DELLE PRIME VIE AEREE (otite media, sinusite acuta) MANIFESTAZIONI CLINICHE

6 Per evitare le sequele neurologiche nella meningite e l'alta mortalità legata alle altre patologie invasive e sistemiche sostenute da H.influenzae, la diagnosi dovrà essere tempestiva. ESAMI Emocoltura Esame del liquor Esame microscopico diretto: Si allestiscono alcuni strisci che vengono fissati e colorati: Si evidenziano batteri Gram-negativi pleiomorfi. Esame colturale: L’eventuale conferma del sospetto diagnostico si avrà dal successivo isolamento di germi che si sviluppano su agar-cioccolato ma non su agar- sangue. Test immunoenzimatici: Sono utili per evidenziare, specie nel liquor, la presenza di antigeni capsulari anche in condizioni (pretrattamento antibiotico) in cui la coltura può risultare negativa. METODI DI IDENTIFICAZIONE

7 E’ sempre necessario saggiare la capacità di H. influnzae di sintetizzare ß-lattamasi, vista la progressiva diffusione di ceppi, specie capsulati, ampicillino-resistenti. Quando presente, la ß-lattamasi degli emofili si identifica con TEM-1, un enzima codificato da plasmidi e proveniente dal mondo degli enterobatteri. VACCINO Il vaccino costituito dal polisaccaride capsulare (tipo b) coniugato con proteine di altre specie batteriche. Si somministra dai due mesi di vita Ha ridotto drasticamente l'incidenza delle malattie da H.influenzae b nel bambini, con riduzione fino al 70% delle meningiti e ha anche abbassato corrispondentemente il tasso di portatori. APPROCCIO TERAPEUTICO

8 Moraxella catarrhalis  Gram-negativo  Coccobacillo reniforme  Asporigeno  Immobile MORFOLOGIA E GENERALITA’  Cresce bene in terreni al sangue o in agar cioccolato a 35° C, specie in atmosfera addizionata di CO 2 formando piccole colonie lisce grigio-biancastre di aspetto mucoide.  Conosciuta da circa 100 anni, è stata a lungo considerata parte della normale popolazione microbica delle alte vie respiratorie.  Occasionalmente riscontrata anche a livello cutaneo e del tratto urogenitale, dal 1980 circa è assurta al ruolo di patogeno emergente, soprattutto in pediatria (sinusiti ed otiti medie acute,) e negli adulti immunocompromessi (polmoniti, infezioni sistemiche).

9  Le conoscenze riguardo alla virulenza di M. catarrhalis non sono a tutt'oggi particolarmente sviluppate è stata dimostrata la presenza di pili che favoriscono l'adesione alle mucose.  Produce inoltre, in quanto Gram-negativo, un'endotossina che agisce a livello locale favorendo i fenomeni infiammatori.  La capsula, spesso presente, protegge nel confronti della fagocitosi operata dai polimorfonucleati. CARATTERI ANTIGENI L’espressione della patogenicità richiede la contemporanea esistenza di fattori predisponenti quali: caduta delle difese immunitarie, ospedalizzazione, quadri respiratori cronici, diabete, alcolismo, linfomi, leucemie, infezioni virali, ecc.. PATOGENICITA’ E FATTORI PREDISPONENTI Capsula: azione antifagocitaria

10 M.catarrhalis è un frequente agente eziologico di OTITE MEDIA E SINUSITE ACUTA nel bambino Può provocare una più vasta gamma di patologie MENINGITI, SEPSI, ENDOCARDITI, ARTRITI SETTICHE, CHERATITI, OFTALMITE NEONATALE Negli adulti insieme a H. infuenzae, S. pneumoniae e K. pneumoniae, è responsabile di esacerbazioni acute nel corso di broncopneumopatie croniche ostruttive. MANIFESTAZIONI CLINICHE Dal punto di vista epidemiologico, la colonizzazione delle prime vie aeree da parte di M. catarrhalis presenta recrudescenze stagionali con un picco più alto durante i mesi freddi, seguendo l'andamento tipico delle patologie respiratorie

11 METODI DI IDENTIFICAZIONE Esame microscopico diretto: Si allestiscono alcuni strisci da essudato che vengono fissati e colorati: Le caratteristiche presuntive riscontrate alla colorazione di Gram di un essudato, verificando la validità del campione specie quando si tratti di un espettorato (prevalenza di polimorfonucleati sulle cellule epiteliali squamose), Esame colturale: L’eventuale conferma del sospetto diagnostico si avrà dal successivo isolamento di germi che si sviluppano su agar-cioccolato

12 Come per altri patogeni l'analisi microbiologica deve essere completata valutando l'eventuale produzione di ß-lattamasi. APPROCCIO TERAPEUTICO Sono attualmente allo studio vaccini preparati con proteine della membrana esterna del microorganismo che devono tuttavia essere ancora valutati dal punto di vista dell'efficacia clinico-profilattica. VACCINO

13 Neisseria meningitidis  Cocco disposto caratteristicamente a coppie  Gram-negativo  Immobile  Asporigeno  Aerobio  Ossidasi positivo MORFOLOGIA E GENERALITA  All'esame colturale la colonia si presenta di colore grigiastro, trasparente, a superficie liscia ed a margini netti.  Neisseria meningitidis cresce meglio se coltivata in atmosfera al 5- 10% di CO 2.

14 CARATTERI ANTIGENI CAPSULA DI NATURA POLISACCARIDICA fortemente antigenica salvo che nel gruppo B, protegge dalla fagocitosi nella fase invasiva ed è anticomplementare. Essa sta inoltre alla base della classificazione in nove sierogruppi, di cui i più frequenti sono A, B, C, Y. ENDOTOSSINA La potente endotossina legata alla parete cellulare, di natura lipopolisaccaridica, attiva il complemento e causa fenomeni di necrosi endoteliale e di infiammazione disseminata.

15 PATOGENICITA’ La virulenza del meningococco è favorita dalla capacità di aderire alle cellule mucipare dell'epitello delle prime vie aeree, unione resa possibile da strutture altamente differenziate quali i pili. La successiva endocitosi consente il trasporto oltre la membrana basale con passaggio nel torrente circolatorio. Il meningococco si trova quale costituente della popolazione microbica normale naso-faringea in una percentuale variabile dal 5 al 15% degli individui nel periodi interepidemici. MECCANISMO DELL'AZIONE PATOGENA Resistenza alla fagocitosi (dovuta alla capsula) Produzione di endotossina

16 La modalità più comune di trasmissione della meningite epidemica è quella aerea attraverso le goccioline di Flugge emesse da portatori sani cui consegue colonizzazione di mucose (nasofaringea, congiuntivale) di soggetti sprovvisti di adeguato corredo anticorpale nel riguardi del ceppo invasore. La malattia presenta tipiche recrudescenze stagionali, con una maggior incidenza durante i mesi invernali e primaverili, colpendo preferenzialmente la fascia di età compresa fra i 6 mesi ed i 2 anni. In questo periodo si assiste alla caduta degli anticorpi protettivi materni, non adeguatamente controbilanciata dal funzionamento di un sistema immunitario in maturazione. Dopo una breve fase di incubazione (2-3 giorni), iniziano i primi sintomi che nelle forme più lievi sono quelli di una banale Laringite. Il quadro clinico più frequente è tuttavia quello rappresentato dalla meningite acuta purulenta con cefalea, vomito, fotofobia, febbre, rigidità nucale con agitazione psicomotoria che rappresentano i sintomi di esordio della malattia. MANIFESTAZIONI CLINICHE

17 Devono essere utilizzati i materiali più idonei provenienti dal sito di infezione. Saranno pertanto considerati liquori sangue, liquido sinoviale, tamponi naso-faringei, espettorati, agoaspirati ecc.. METODI DI IDENTIFICAZIONE Esame coltutrale Gli esami colturali si avvolgono di terreni anche non selettivi se i campioni provengono da zone usualmente sterili (liquor, sangue, essudati). La positività del tampone naso-faringeo, obbligatoriamente insemenzato in terreni selettivi, permette di depistare i portatori. Diagnosi di specie Si ottiene mediante prove biochimiche e successiva determinazione del sierogruppo. Esame microscopico diretto Sui campioni provenienti da distretti sterili è opportuno, per una rapida e preziosa diagnosi presuntiva, effettuare l'esame microscopico diretto previa colorazione di Gram. In caso di positività sarà possibile evidenziare la presenza di diplococchi Gram-negativi all'interno del polimorfonucleati abbondantemente rappresentati.

18 In presenza di una sindrome meningea, ad eziologia ancora sconosciuta ed in attesa del risultato degli esami di laboratorio vista anche la gravità della patologia, è consigliato iniziare una terapia empirica con un antibiotico attivo sui più comuni agenti eziologici della meningite (meningococco, pneumococco, emofilo, streptococco di gruppo B, E. coli) con antibiotici ad ampio spettro idonei nell'affrontare questa emergenza La prevenzione può essere attuata con due modalità: chemioprofilassi e profilassivaccinale. VACCINO La vaccinazione è attualmente utilizzata solo su popolazioni particolarmente a rischio. APPROCCIO TERAPEUTICO

19 Neisseria gonorrhoeae  Cocco che si presenta all'esame microscopico con l'aspetto caratteristico di "chicco di caffè".  Gram-negativo  Asporigeno  Aerobio obbligato  Ossidasi positivo  Immobile MORFOLOGIA E GENERALITA  Nel preparati di materiale patologico, è spesso visibile all'interno di polimorfonucleati.  Il germe, estremamente esigente dal punto di vista nutrizionale, produce colonie morfologicamente "mature" dopo 48 ore di incubazione con aspetto liscio e privo di pigmentazione.  Neisseiria gonorrhoeae è un microorganismo molto sensibile agli agenti chimico-fisici, per cui il suo habitat naturale è ristretto alle mucose dell'uomo che è anche l'unico serbatoio di questo patogeno.

20 La virulenza del microorganismo è dovuta a vari fattori tra cui presenza di pili, del il lipopolisaccaride e produzione di IgA-proteasi. I pili conferiscono al germe la capacità di aderire all'epitelio superficiale delle mucose e di resistere alla fagocitosi. Tre principali proteine della membrana esterna (OMP), favoriscono ulteriormente la penetrazione, la disseminazione a distanza e la coesione del microorganismi tra di loro impedendone la fagocitosi. Infine, le IgA-proteasi inattivano le immunoglobuline di superficie limitandone l'azione battericida e favorendo il processo di colonizzazione. MIMETISMO ANTIGENICO Le difese immunitarie sono eluse grazie a variazioni antigeniche del lipopolisaccarideche protegge il germe dall'effetto battericida del siero. VIRULENZA E FATTORI DI PATOGENICITA

21 La gonorrea, nonostante l'utilizzo massivo di farmaci di indubbia efficacia, si colloca ancora oggi ai primi posti fra le malattie batteriche contagiose. Le mutate condizioni socio-economiche (maggior libertà sessuale, rapporti anche in giovane età, diffusione di contraccettivi orali a scapito di profilattici) hanno di fatto favorito, insieme al pericolo costituito dal casi asintomatici, molto frequenti (fino al 50%) nella donna. il diffondersi dell'infezione. Nonostante il meccanismo patogenetico della blenorragia sia comune in entrambi i sessi, dal punto di vista pratico è utile distinguere l'infezione del maschio da quella della femmina. Nel maschio a distanza di 3-4 giorni dal contagio (che data la labilità del patogeno è quasi esclusivamente sessuale), il paziente nota una secrezioni uretrale purulenta, associata a dolore e bruciore alla minzione. Nella donna l'infezione decorre più frequentemente in maniera asintomatica o paucisintomatica, essendo il secreto frammisto alle secrezioni vaginali. Data la localizzazione a livello cervico-uretrale risulta evidente la possibilità che la donna diffonde più facilmente del maschio, solitamente sintomatico, la malattia in questo periodo. Nella donna l'estensione alle tube può determinare pelviperitonite, ascessi (malattia infiammatoria pelvica) con conseguente ipo- o infertilità. In entrambi i sessi l'infezione, se trascurata, può diffondere per contiguità (epididimiti. prostatiti, proctiti). L’oftalmoblenorragia che il neonato contraeva durante il passaggio nel canale del parto è praticamente scomparsa grazie all'adeguata profilassi attuata sistematicamente. MANIFESTAZIONI CLINICHE

22 Nella blenorragia dell'uomo e nella congiuntivite del neonato la diagnosi può essere effettuata su un campione costituito da un tampone uretrale o oculare, con la sola attenta analisi di un preparato microscopico che riveli la presenza del tipici diplococchi Gram-negativi associati ad una notevole componente granulocitaria. Più difficile effettuare un prelievo idoneo nella donna. L’esame batterioscopico per la concomitanza nella popolazione microbica normale dell'apparato genitale di microorganismi che possono simulare Neisseria gonorrhoeae può risultare nrgativo. Per l'esame colturale è necessario utilizzare mezzi specifici quale ad esempio il terreno selettivo di Thayer-Martin che andrà incubato a 35 °C in atmosfera al 5-10% di CO 2. Il patogeno verrà poi identificato biochimicamente tramite la positività al test dell'ossidasi e la fermentazione differenziale del carboidrati. DIAGNOSI MICROBIOLOGICA Fino agli inizi degli anni '70 la terapia della blenorragia non ha comportato particolari difficoltà. La penicillina risultava sempre risolutiva anche se, a partire già dal 1950 il germe richiedeva dosaggi più elevati del farmaco. La colonizzazione da parte di TEM- 1, proveniente da enterobatteri, con conseguente diffusione del plasmide capace di produrre ß-lattamasi ha cancellato in molti Paesi l'efficacia della penicillina ed ha costretto a modificare i protocolli terapeutici. APPROCCIO TERAPEUTICO


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