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IL RISORGIMENTO E LA NASCITA DEL REGNO D’ITALIA
A cura della Prof.ssa Maria Isaura Piredda
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I moti insurrezionali del e in Italia erano tutti falliti principalmente perché l’attività delle società segrete aveva coinvolto solo una piccola minoranza della popolazione italiana (borghesi e intellettuali)
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Tra gli anni Trenta e Quaranta si cominciò a parlare di Risorgimento d’Italia
Col termine Risorgimento si indicava il processo di liberazione dell’Italia dal dominio straniero e il raggiungimento della sua unità politica
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Molti pensatori cercarono di fondare su basi nuove il movimento per la liberazione dell’Italia dai regimi assolutistici e dal dominio straniero Uno dei più importanti pensatori fu Giuseppe Mazzini
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Nato a Genova nel 1805 da una famiglia borghese, Mazzini aveva aderito alla Carboneria nel 1827 e appena tre anni dopo era stato arrestato, processato ed esiliato dal Piemonte A Marsiglia era entrato in contatto con l’emarginazione politica italiana e le principali correnti di pensiero europee dell’epoca
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A Ginevra e a Londra Mazzini aveva elaborato compiutamente le proprie teorie
Il pensiero mazziniano partiva dagli ideali di amore per la patria e la libertà Mazzini aveva compreso che le rivolte guidate da società segrete, composte da un numero ristretto di aderenti e senza scopi chiari a tutti, erano destinate al fallimento
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Mazzini sognava di costruire un’Italia “una, libera, indipendente e repubblicana”
Per realizzare il suo scopo, Mazzini nel 1831 fondò una società e una rivista, alle quali diede il nome di La Giovine Italia Essa si rivolgeva a tutti i cittadini e rendeva noto apertamente agli iscritti il proprio obiettivo: l’insurrezione popolare, di tutto il popolo, senza distinzioni di classe e senza l’appoggio dei sovrani, contro i regimi assolutistici e contro Vienna Una volta liberata, l’Italia sarebbe diventata una repubblica unita in un solo Stato
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Il pensiero mazziniano raccolse aderenti tra tutti i ceti urbani, dalla borghesia agli operai
Ne rimasero esclusi i contadini I numerosi tentativi insurrezionali organizzati in Piemonte negli anni Trenta fallirono miseramente
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La conferma della debolezza dei mazziniani giunse nell’estate 1844 in Calabria
I due fratelli veneziani Attilio ed Emilio Bandiera sbarcarono presso Crotone con soli 19 compagni I contadini aiutarono i soldati a catturare i rivoltosi, probabilmente scambiandoli per briganti Furono tutti condannati a morte
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Altro grande protagonista degli eventi di quest’epoca fu Giuseppe Garibaldi
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Garibaldi non era un intellettuale ma un uomo d’azione
Nato nel 1807 a Nizza (all’epoca città appartenente all’impero francese e dal 1815 passata agli austriaci), era animato da idee repubblicane ed amico di Mazzini
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Garibaldi fuggì in America Latina nel 1834 dopo un’insurrezione fallita a Genova
Combattè a fianco dei democratici in Brasile e Uruguay e si fece notare per il coraggio e la capacità di guidare alla vittoria reparti armati formati da volontari Nel 1843 organizzò una “Legione italiana” formata da molti esuli italiani che adottarono come divisa una camicia rossa
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Nel 1848, alla notizia delle rivoluzioni che sconvolgevano l’Europa, Garibaldi rientrò dal Sudamerica accompagnato da una vasta fama, ormai pronto a diventare una delle figure decisive nella lotta dell’Italia per il raggiungimento dell’indipendenza
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Altri pensatori esponenti del pensiero moderato furono:
Carlo Cattaneo Vincenzo Gioberti Cesare Balbo
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Carlo Cattaneo, creatore della rivista “Il Politecnico”, confidava in graduali riforme politiche dei governi locali e auspicava una federazione tra Stati in forma di repubblica
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Vincenzo Gioberti, un sacerdote piemontese, pubblicò nel 1843 l’opera “Del primato morale e civile degli italiani” Egli era favorevole alla nascita di una federazione tra Stati italiani e proponeva che a capo di essa fosse posto il papa
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Per Cesare Balbo, piemontese autore nel 1844 de “Le speranze d’Italia”, l’Italia federale doveva essere guidata dai Savoia e dal Piemonte
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Tutti e tre i pensatori erano convinti che la libertà dell’Italia non doveva essere raggiunta con la rivolta popolare o con la guerra, ma attraverso accordi tra Stati, diplomaticamente
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LE RIVOLTE DEL 1848 E LA PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA
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Nel 1848 anche in Italia si accesero i fuochi della ribellione
Tra il 1846 e il 1848 in alcuni Stati italiani erano state concesse importanti riforme: nel 1846 nello Stato pontificio il papa Pio IX aveva introdotto una certa libertà di stampa e amnistiato alcuni prigionieri politici nel 1847 la Toscana aveva istituito una consulta di Stato il Piemonte aveva concesso la formazione di consigli comunali elettivi
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Stato Pontificio, Toscana e Piemonte avevano eliminato le imposte doganali favorendo la libera circolazione delle merci Nel 1848 nel Regno delle Due Sicilie era scoppiata una rivolta popolare che aveva costretto il re Ferdinando II a concedere la Costituzione Subito dopo anche il re di Sardegna Carlo Alberto, il granduca di Toscana Leopoldo II e il papa Pio IX avevano concesso la Costituzione
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Intanto la rivolta di cechi e magiari, scoppiata nei territori austriaci, aveva dato agli abitanti del Lombardo-Veneto uno stimolo per la ribellione Il 17 marzo 1848 insorse Venezia costringendo i soldati austriaci ad abbandonare la città Dal 18 al 22 marzo (le famose “cinque giornate”) a Milano gli insorti cacciarono le truppe austriache guidate dal generale Radetzky che si rifugiò nel “Quadrilatero” (formato dalle fortezze di Mantova, Verona, Legnano e Peschiera)
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La rivolta si estese anche a Parma e Modena dove i sovrani furono cacciati
Nelle città liberate si formarono governi provvisori guidati da patrioti e repubblicani: a Milano il governo provvisorio era guidato da Gabrio Casati a Venezia da Daniele Manin e Niccolò Tommaseo Tutti invocavano l’intervento del re di Sardegna e del suo esercito
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Il 23 marzo 1848 Carlo Alberto dichiarò guerra all’Austria (spinto dalla speranza di espandere il proprio regno) Si unirono alla lotta antiaustriaca anche Ferdinando II di Napoli, Leopoldo II di Toscana e Pio IX, e tanti volontari provenienti da tutte le parti della penisola Ebbe dunque inizio la Prima guerra d’indipendenza (durante la quale sventolò il tricolore, bianco, rosso e verde, con al centro lo stemma di casa Savoia)
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Nelle battaglie di Pastrengo e Goito gli alleati antiaustriaci sconfissero il nemico
Le esitazioni di Carlo Alberto diedero agli austriaci il tempo di riorganizzarsi, mentre con un improvviso voltafaccia i sovrani di Napoli, Firenze e Roma ritirarono le loro truppe Essi accusavano il Piemonte di perseguire una strategia annessionista
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Ricevuti rinforzi, gli Asburgo sconfissero tra il 23 e il 25 luglio i piemontesi a Custoza (presso Verona) costringendoli alla ritirata Milano fu rioccupata e il 9 agosto Carlo Alberto firmò l’armistizio con l’Austria sospendendo la guerra
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Pochi mesi più tardi i sabaudi attaccarono di nuovo tentando di mettersi alla guida dei moti insurrezionali che ancora infiammavano la penisola Furono sconfitti il marzo 1849 Carlo Alberto rinunciò al trono in favore del figlio Vittorio Emanuele II che firmò un nuovo armistizio La Prima guerra d’indipendenza era perduta e gli austriaci ripresero il controllo della penisola
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Tra il 1848 e il 1849, dopo l’armistizio tra piemontesi e austriaci, Pio IX aveva cercato di ritirare le concessioni ma fu costretto a ritirarsi a Gaeta (presso Ferdinando II) A Roma accorsero Mazzini e Garibaldi che divennero membri della nuova assemblea costituente Nacque la Repubblica Romana, retta da un triumvirato di cui faceva parte lo stesso Mazzini
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Ma Roma fu attaccata nel giugno 1849 dalle truppe francesi, inviate in soccorso del papa da Napoleone III, e da truppe borboniche provenienti dal Sud Il 3 luglio la città, dopo una valorosa e sanguinosa resistenza, si sottometteva alle superiori forze di Napoleone III
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Dopo la sconfitta dei piemontesi, Venezia e Firenze furono attaccate dagli austriaci
In breve tempo la resistenza cadde I patrioti furono dovunque arrestati o fuggirono in esilio Le Costituzioni e le riforme concesse dai sovrani furono ritirate
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Nell’estate del 1849 l’Italia era tornata alla situazione precedente al 1846
Solo in Piemonte la Costituzione, detta Statuto Albertino, rimase in vigore e lo Stato divenne una monarchia costituzionale Lo Statuto prevedeva l’elezione di una Camera dei Deputati (eletta su base censitaria molto ristretta) e di un Senato (di nomina regia) I ministri erano scelti dal re
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LA POLITICA DI CAVOUR E L’ASCESA DEL REGNO DI SARDEGNA
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Dopo la Prima guerra d’indipendenza i patrioti italiani potevano contare solo sulla protezione di Vittorio Emanuele II Nel Regno di Sardegna, infatti, veniva concessa una certa libertà di pensiero e di espressione I rifugiati politici in Piemonte furono quasi
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Nel resto d’Italia fu imposta una forte repressione di ogni forma di pensiero e di azione politica
Molti furono gli arresti, le condanne a morte, gli esili per tanti patrioti
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Il Piemonte, dunque, restava l’unica forza in grado di guidare il movimento di liberazione e unificazione d’Italia Il piccolo regno, però, doveva prima rafforzarsi, non solo militarmente Il capo del governo Massimo d’Azeglio procedette alla modernizzazione dello Stato in campo economico e sociale Furono emanate le Leggi Siccardi che abolivano i tradizionali privilegi della Chiesa
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A Massimo d’Azeglio subentrò Camillo Benso conte di Cavour, proprietario terriero, ma anche uomo d’affari
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Divenne primo ministro del regno nel novembre 1852 e lo guidò fino al 1861 (anno della morte)
Cavour era un convinto liberale e sognava di unire l’Italia sotto una monarchia costituzionale e parlamentare sul modello inglese
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Essa avrebbe garantito i diritti civili e politici fondamentali e favorito lo sviluppo produttivo con l’eliminazione delle barriere doganali tra regione e regione Lo Stato, inoltre, avrebbe concesso graduali riforme per venire incontro ai bisogni degli strati più deboli della popolazione
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Promosse la cosiddetta “politica del connubio” cioè una politica di intesa tra i liberali più aperti e i democratici più moderati presenti nel Parlamento piemontese Ciò gli permise di contare su un’ampia maggioranza alle Camere Cavour pensava che solo un Piemonte ricco e un’attenta scelta delle alleanze avrebbero permesso ai Savoia di mettersi alla guida del Risorgimento d’Italia
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Cavour si dedicò innanzitutto al rafforzamento dell’economia
Sostenne il libero commercio con diversi paesi europei Ridusse o cancellò i dazi che appesantivano la circolazione delle merci e delle persone L’abolizione del dazio sul grano portò a un abbassamento del pane e quindi favorì i ceti sociali meno abbienti
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Cavour sviluppò anche l’agricoltura grazie all’adozione di tecniche innovative
Furono costruite strade e ferrovie (iniziarono anche i lavori per il traforo ferroviario del Frejus tra Francia e Italia) Diede impulso alle industrie siderurgica e meccanica, con la costruzione di locomotive
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Stimolò l’apertura di nuove banche che con i loro prestiti sostenevano le nuove imprese
La politica cavouriana, dunque, portò l’economia sabauda all’avanguardia Inoltre, Cavour curò i rapporti tra la Chiesa e lo Stato ispirandosi al principio “libera Chiesa in libero Stato” Volle che la Chiesa avesse garantiti i suo diritti come testimone del Vangelo, ma pretese anche che la Chiesa non interferisse nelle questioni politiche come lo Stato non doveva intromettersi nelle questioni religiose
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In quegli stessi anni fallivano gli ultimi tentativi insurrezionali ispirati dai seguaci di Mazzini (che si trovava in esilio a Londra) Mazzini, intanto, fondò a Ginevra il Partito d’azione e cercò di allargare la base dei suoi simpatizzanti agli operai Il fallimento definitivo del movimento mazziniano si ebbe nel 1857
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Nel giugno 1857, infatti, il napoletano Carlo Pisacane sbarcò a Sapri (tra Campania e Basilicata) con circa trecento compagni Ma i contadini non compresero le sue intenzioni e aiutarono le truppe borboniche a sconfiggerlo Pisacane si uccise per non cadere prigioniero
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L’unica soluzione restava, dunque, un Risorgimento d’Italia guidato dal Regno di Sardegna
Ma secondo Cavour il Regno sabaudo avrebbe potuto aire solo con l’appoggio delle potenze europee (Inghilterra e Francia) Per stringere un legame con questi paesi, Cavour partecipò alla guerra di Crimea (che vedeva contrapposte la Russia contro Francia, Inghilterra e Turchia)
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Cavour potè contare sul grande timore che le continue iniziative mazziniane suscitavano nelle cancellerie europee Questo timore si concretizzò quando nel gennaio 1858 il repubblicano Felice Orsini attentò senza successo alla vita di Napoleone III Il gesto indusse il sovrano francese a un’azione più decisa sul fronte italiano
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Si giunse così, nel luglio 1858, ad all’accordo segreto di Plombièrs tra Napoleone III e Cavour
L’accordo prevedeva che: La Francia sarebbe intervenuta a sostegno del Regno di Sardegna nel caso in cui questo fosse stato attaccato dall’Austria La Francia avrebbe riconosciuto al Regno di Sardegna il diritto di fondare un Regno dell’Alta Italia
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Sarebbero stati rispettati i confini del Regno delle Due Sicilie, che però sarebbe stato sottratto ai Borboni Lo Stato Pontificio si sarebbe ridotto al Lazion Toscana, Umbria e Marche si sarebbero unite in un Regno dell’Italia Centrale affidato a un Bonaparte Al papa sarebbe stata offerta la presidenza della confederazione italiana In cambio dell’aiuto francese, il Regno di Sardegna avrebbe ceduto alla Francia Nizza e Savoia
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LA SECONDA GUERRA D’INDIPENDENZA E L’UNITA’ D’ITALIA
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Per provocare la reazione austriaca, nella primavera del 1859 i piemontesi schierarono le proprie truppe, rafforzate dai corpi di volontari, lungo i confini dle Lombardo–Veneto Il 23 aprile gli austriaci mandarono a Vittorio Emanuele II un ultimatum, chiedendo il ritiri dell’esercito Il re rifiutò di cedere alle minacce austriache e dichiarò la sua intenzione di voler aiutare le popolazioni dell’Italia che non sopportavano più il dominio austriaco
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Il 29 aprile 1859, gli austriaci attaccarono dando inizio alla Seconda guerra d’indipendenza
Poiché era stata l’Austria ad attaccare, Napoleone III rispettò gli accordi di Plombièrs e unì il suo esercito a quello piemontese contro gli austriaci
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Gli austriaci furono sconfitti a Palestro il 31 maggio e a Magenta il 4 giugno
L’8 giugno gli alleati entrarono a Milano Vi furono poi le importanti vittorie di Solferino e San Martino il 24 giugno Nel frattempo Garibaldi, a capo di un corpo di volontari (i “Cacciatori delle Alpi”) respingeva gli austriaci dalla Lombardia, costringendoli ad indietreggiare
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Intanto Napoleone III si accorse che gli esiti della guerra non corrispondevano a quelli previsti dagli accordi di Plombièrs Infatti la Toscana, l’Emilia e i ducati di Parma e Modena avevano cacciato i loro sovrani e chiedevano di unirsi al Regno di Sardegna
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Intanto il papa si sentiva minacciato dalle mire espansionistiche dei Savoia
I cattolici di Francia entrarono in disaccordo con la politica del loro sovrano, preoccupati per la sorte dello Stato Pontificio Inoltre Prussia e Russia minacciavano di intervenire a favore dell’Austria, temendo un eccessivo rafforzamento della Francia
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Così Napoleone III decise di porre fine alla guerra e di accordarsi (violando il patto di Plombièrs) con l’Austria, con la quale firmò l’armistizio di Villafranca, presso Verona, l’22 luglio 1859 L’accordo stabiliva il passaggio della Lombardia dall’Austria alla Francia, che l’avrebbe poi ceduta al Piemonte e il mantenimento della situazione precedente la guerra
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La notizia dell’armistizio indignò i patrioti e lo stesso Cavour, che rassegnò le dimissioni
Intanto, tra aprile e giugno, la Toscana, i ducati di Parma e di Modena e i territori pontifici di Bologna e Romagna avevano cacciato i loro governanti e chiesto di unirsi al Sardegna Ciò accadde con i plebisciti del marzo 1860 Cavour tornò al governo e Napoleone III dovette accettare la situazione
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Intanto nel Regno delle Due Sicilie molti patrioti attendevano un aiuto per sollevare una rivolta e unirsi al Piemonte Napoleone III avrebbe reagito a un tentativo sabaudo di conquistare con le armi l’Italia meridionale, ma non avrebbe potuto opporsi se la stessa popolazione si fosse espressa a favore dell’unione con il Regno di Sardegna
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Allora Garibaldi decise di avviare, con un’impresa militare compiuta da volontari, la conquista del Regno delle Due Sicilie (governato dal re Francesco II) Garibaldi si mosse senza l’aiuto diretto del governo piemontese e contro il parere di Cavour (che temeva un intervento avverso di Francia e Austria)
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Garibaldi, però, aveva il tacito consenso di Vittorio Emanuele II che riteneva che in caso si successo, l’azione garibaldina avrebbe spianato la strada alla politica annessionistica sabauda, mentre in caso di sconfitta sarebbe stato facile per Torino declinare ogni responsabilità
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Nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, oltre mille volontari partirono con due navi dal porto di Quarto, presso Genova Male armati e male equipaggiati, venivano dalle regioni settentrionali ed erano di estrazione sociale per metà borghese e per metà operaia e artigiana
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Dopo essere sbarcati a Marsala, i Mille ottennero un primo successo contro le truppe borboniche il 15 maggio a Calatafimi Da quel momento furono sostenuti dalla popolazione locale (anche i contadini, a cui era stata promessa una riforma agraria) La spedizione proseguì rapida e con crescente successo
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Dopo aver preso il 6 giugno Palermo e il 20 luglio Milazzo, i Mille sbarcarono in Calabria il 20 agosto Ad essi si erano uniti molti volontari siciliani e un imponente nuovo corpo di spedizione partito dall’Italia settentrionale con uomini Garibaldi entrò a Napoli senza combattere il 7 settembre 1860 Il 1° ottobre l’esercito borbonico fu sconfitto nella battaglia sul fiume Volturno
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Appena sbarcato in Sicilia, Garibaldi si era proclamato dittatore dell’isola in nome di Vittorio Emanuele II ed aveva dichiarato decaduta la monarchia borbonica Caduta anche Napoli, dove subito accorsero Mazzini e Cattaneo, Cavour (preoccupato che intervenisse la Francia a difendere lo Stato Pontificio) convinse Vittorio Emanuele II a scendere con l’esercito a sud per fermare l’avanzata delle “camicie rosse”
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Alla testa di un corpo di spedizione, Vittorio Emanuele II entrò in Umbria e nelle Marche
Sconfisse le truppe pontificie a Castelfidardo e il 18 settembre entrò nel territorio napoletano Il re e Garibaldi si incontrarono a Teano, in Campania il 25 ottobre 1860 Garibaldi cedette l’Italia meridionale al suo nuovo sovrano
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Pochi giorni prima (il 21 ottobre) il popolo napoletano e siciliano si era pronunciato con un plebiscito a favore dell’annessione al Piemonte Due settimane dopo vennero annesse anche Marche e Umbria, sempre con plebisciti Garibaldi si ritirò a Caprera, mentre Mazzini partì per un nuovo esilio
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Il 17 marzo 1861 il primo parlamento italiano proclamò Vittorio Emanuele II “re d’Italia per grazia di Dio e volontà della nazione” Venne applicato a tutto il territorio lo Statuto Albertino Nacque il nuovo Stato: una monarchia costituzionale guidata dai Savoia L’Italia non comprendeva il Veneto (in mano all’Austria), il Lazio (alla Chiesa) e aveva come capitale Torino
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