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PubblicatoAnnunziata Conti Modificato 8 anni fa
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Lo sfruttamento minorile Alice 3°D
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«Gli Stati riconoscono il diritto di ogni bambino ad essere protetto contro lo sfruttamento economico e a non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale» Così dice l’articolo 32 della convenzione ONU sui diritti dell’infanzia.
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Lo sfruttamento minorile è diffuso in tutto il mondo, anche in Italia, ma soprattutto in Brasile, Europa dell’est, Africa, Asia e America Latina. I bambini che svolgono questo genere di lavoro, di solito, vengono «venduti» ai proprietari delle grandi imprese o fabbriche della zona, dai genitori, che li usano per ripagare il debito di famiglia. Nel mondo infatti più di 168 mila bambini al di sotto dei 14 anni sono costretti a lavorare.
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LA DIFFUSIONE DELLO SFRUTTAMENTO MINORILE
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Questi piccoli operai svolgono moltissimi lavori, l’80% di questi impeghi è però molto rischioso per i bambini che lo svolgono. Gli impieghi sono molto vari, ma i più comuni sono: --operai -produzione di bidi* -agricoltori -prostitute -produttori di mattoni -produttori di tappeti -domestici -produttori di palloni I bidi sono delle sigarette fai-da- te prodotte in India, costituite da tabacco fatto essiccare al sole e un filtro di TENDU
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Dal 2000 al 2014 il numero dei bambini vittime di sfruttamento minorile è diminuito. Dai 250mila bambini si è passato ai 168mila. Questo vuol dire che circa 1 bambino su 10 è vittima di sfruttamento minorile. Questo «fenomeno» è diffuso soprattutto in Asia e in Africa, ma in tutto il mondo ci sono casi di sfruttamento minorile. Il settore in cui è più diffuso lo sfruttamento è l’agricoltura, poi l’industria e infine i servizi
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Kailash Satyarthi Quest’uomo si è occupato in prima persona del problema dello sfruttamento minorile. Ha vinto anche un premio Nobel che ha condiviso con l’adolescente Malala. A partire dal 1990 ha deciso di diventare un attivista che combatte contro lo sfruttamento minorile, ha già salvato più di 80mila bambini e continua a combattere per sconfiggere questi abusi nei confronti dei bambini.
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Kemala, bambina che spacchi le pietre. Ti addormenti cullata solo dal vento ormai stanco. Vanno e vengono lamenti e dolori da ogni angolo. Per ogni pietra che spacchi, c’è un taglio in più nel tuo cuore. Sebastiao fugge. fugge in una strada buia. Un uomo volteggia su di lui. Lo afferra e orribilmente ride. Sebastiao prova solo la tristezza e la rabbia che gli batte dentro. Ladri sono tutti coloro che a proprio modo hanno abusato dei diritti e sfruttato le pieghe di un sistema insostenibile. Aggrappato alla linea dell’orizzonte il tuo sguardo sorride tristezza. Canti prima del tramonto e così il vento stasera sarà contento perché ha asciugato quella rugiada e quel pianto e i tuoi vestiti leggeri. Forse la speranza è ancora nel tuo cuore
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«Se potessi guardare la bianca luna e le stelle. Se potessi gustare sole mirtilli e bosco. Incamminarmi lungo una strada che non finisce mai. Se potessi non essere qui adesso rannicchiato sotto le coperte come un burattino senza fili. Se potessi non vedere la falsa compassione e l’indifferenza. Non c’è posto per me nei loro cuori. Come un giocattolo rotto mi hanno buttato via.»
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KAVITHA Kavitha, a 12 anni, è costretta ad abbandonare la scuola per contribuire alle spese della famiglia. Inizia a lavorare come serva nella casa di un facoltoso signore di Kodaikanal in Tamil Nadu, India. Lavora dalle 5.30 del mattino alle 10.00 di sera senza sosta. Una mattina, come d’abitudine, mentre accende il fuoco, le fiamme divampano. Kavitha rimane gravemente ustionata, viene portata d’urgenza in ospedale dove resterà 32 giorni. Quando torna a casa le ferite provocate dalle ustioni le impediscono di lavorare come prima. Kavitha cade in depressione perché pensa che non sarà più in grado di contribuire alle già magre entrate della famiglia. Il suo datore di lavoro si rifiuta di pagare le spese per le cure e la degenza in ospedale, lamentando il fatto che egli ha già buttato via i suoi soldi visto che Kavitha è stata assente per un intero mese. Il padre della bambina non ha né la forza né i soldi per opporsi all’arroganza del padrone, e così è costretto a sottostare ai suoi soprusi.
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"Mi chiamo Aurel, ho 14 anni e vengo dall’Albania, vivo chiedendo la carità ai semafori, ho già girato diverse città, non voglio tornare a casa a morire di fame, mi piacerebbe trovare un lavoro non troppo pesante e un posto fisso per dormire, la vita in strada è molto dura soprattutto quando fa freddo. Ci sono molti ragazzi e ragazze che fanno vita di strada, alcuni lavorano per della gente che li sfrutta e devono consegnare i soldi che raccolgono e certe volte prostituirsi." "Mi chiamo Aurel, ho 14 anni e vengo dall’Albania, vivo chiedendo la carità ai semafori, ho già girato diverse città, non voglio tornare a casa a morire di fame, mi piacerebbe trovare un lavoro non troppo pesante e un posto fisso per dormire, la vita in strada è molto dura soprattutto quando fa freddo. Ci sono molti ragazzi e ragazze che fanno vita di strada, alcuni lavorano per della gente che li sfrutta e devono consegnare i soldi che raccolgono e certe volte prostituirsi." "Nel bar dove lavoro, devo pulire per terra, lavare i piatti, portare i caffè negli uffici. Una volta mi sono fatto un taglio su una mano con un bicchiere, il padrone mi ha detto di non dirlo a nessuno e io sono stato zitto per paura di perdere il lavoro. A scuola ho smesso di andare due mesi fa, tanto non mi serviva a niente. Anche mio fratello, che ha 15 anni, lavora in nero in un cantiere edile."
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