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1 La rilevazione dei prezzi al consumo: aspetti normativi e base territoriale della rilevazione Roma, 22 febbraio 2005 CNEL.

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1 1 La rilevazione dei prezzi al consumo: aspetti normativi e base territoriale della rilevazione Roma, 22 febbraio 2005 CNEL

2 2 1.Gli indici dei prezzi al consumo 2.L’attuale impianto territoriale della rilevazione 3.La base normativa dell’indagine sui prezzi al consumo 4.Ipotesi di evoluzione del quadro normativo

3 3 1. Gli indici dei prezzi al consumo La costruzione degli indici dei prezzi al consumo rientra nell’ambito delle attività della statistica ufficiale, i cui principi sono: RILEVANZA (costituisce un elemento indispensabile nel sistema informativo di una società democratica; e’ al servizio delle istituzioni, degli operatori economici e della collettività) INDIPENDENZA E IMPARZIALITA’ AFFIDABILITA’ TRASPARENZA RISERVATEZZA

4 4 Inoltre INTEGRITA’ dei soggetti e dei processi di produzione dei dati, che devono essere definiti a priori e seguire standard internazionali. Si tratta quindi di statistiche soggette a regolamenti internazionali e standard controllati da Eurostat, dal FMI e, per quanto riguarda l’Italia, dalla Commissione di Garanzia per l’Informazione statistica

5 5 Due principali filoni: 1. Indici spaziali (finalizzati al confronto tra i livelli dei prezzi riferiti a diversi ambiti territoriali) 2. Indici temporali (finalizzati alla misurazione della dinamica dei prezzi tra due periodi) Indici temporali: misurano le variazioni nel tempo dei prezzi di un paniere di beni e servizi rappresentativi di tutti quelli destinati al consumo finale delle famiglie presenti nel territorio economico nazionale e acquistabili sul mercato attraverso transazioni monetarie (sono escluse quindi le transazioni a titolo gratuito, gli autoconsumi, i fitti figurativi, ecc.). Semplificando, simulano la variazione media della spesa di una grande famiglia composta da 57 milioni di persone per il solo effetto della variazione dei prezzi di acquisto di un paniere di beni e servizi che viene determinato all’inizio di ogni anno e mantenuto fisso per 12 mesi.

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7 7 Gli indici temporali dei prezzi al consumo possono essere utilizzati come: misura dell’ inflazione strumento di indicizzazione di contratti misura per la deflazione degli aggregati dei consumi nei conti economici nazionali misura per la valutazione dell’andamento dei redditi reali

8 8 In Italia, l’Istat produce tre diversi indici dei prezzi al consumo: 1) l’Indice Nazionale dei prezzi al consumo per l’Intera Collettività (NIC); 2) l’Indice dei prezzi al consumo per le Famiglie di Operai e Impiegati (FOI); 3) l’Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i paesi dell’Unione Europea (IPCA). Gli indici dei prezzi al consumo sono calcolati utilizzando l’indice a catena del tipo Laspeyres in cui sia il paniere sia il sistema dei pesi vengono aggiornati annualmente. Il NIC e il FOI sono calcolati anche al netto dei tabacchi ai sensi della legge 81 del 1992

9 9 I tre indici hanno finalità differenti. Il NIC è utilizzato come misura dell’inflazione a livello dell’intero sistema economico, in altre parole considera la popolazione italiana come se fosse un’unica grande famiglia di consumatori, all’interno della quale le abitudini di spesa sono ovviamente molto differenziate. Il FOI si riferisce ai consumi dell’insieme delle famiglie che fanno capo a un lavoratore dipendente (extragricolo). E’ l’indice usato per adeguare periodicamente i valori monetari, ad esempio gli affitti o gli assegni dovuti al coniuge separato. L’IPCA è stato sviluppato per assicurare una misura dell’inflazione comparabile a livello europeo.

10 10 I tre indici hanno in comune la metodologia di calcolo; la classificazione del paniere articolato in 12 capitoli di spesa; la rilevazione dei prezzi; la base territoriale e l’organizzazione dell’indagine mensile. Le strutture di ponderazione derivano dalle stesse fonti statistiche (contabilità nazionale e rilevazioni continue effettuate ogni mese dell’anno, condotte dall’Istat su un ampio campione di famiglie (28.000) e di comuni (482).

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12 12 Le quotazioni di prezzo relative a questi 1.043 prodotti sono raccolte in due modi diversi: rilevazione centralizzata, effettuata direttamente dall’Istat; rilevazione territoriale, condotta dagli Uffici comunali di statistica. Per quei prodotti che hanno prezzi uguali su tutto il territorio nazionale (tabacchi, periodici, medicinali, alcune tariffe), per quelli soggetti a continui cambiamenti tecnologici (computer, telefoni cellulari ecc.) e per i servizi il cui godimento non riguarda soltanto la popolazione del comune interessato (camping, stabilimenti balneari ecc.) la raccolta dei prezzi viene effettuata direttamente dall’Istat.

13 13 2. L’attuale impianto territoriale della rilevazione Per tutti gli altri prodotti ogni anno l’Istat invia agli Uffici comunali di statistica un elenco, in cui ogni bene e servizio è accompagnato da una descrizione che lo specifica (in termini, ad esempio di peso e confezione). Per ciascun prodotto, in ogni comune coinvolto nella rilevazione, viene raccolto un numero di quotazioni di prezzo che varia in funzione del numero di varietà presenti localmente, dell’importanza relativa del prodotto, dell’ampiezza demografica del comune e della relativa estensione territoriale, delle caratteristiche della rete distributiva, delle abitudini di spesa dei consumatori.

14 14 Attualmente la base territoriale è costituita da 87 comuni, 19 capoluoghi di regione e 68 capoluoghi di provincia. Rispetto al 2004, al calcolo dell’indice partecipano quattro nuovi capoluoghi di provincia (Lecco, Lodi, Avellino e Matera) mentre due (Vercelli e Latina) sono provvisoriamente sospesi pur continuando a svolgere la rilevazione. Complessivamente la copertura dell’indice, misurata in termini di popolazione residente nelle province i cui capoluoghi partecipano alla rilevazione, passa dal 90,2% del 2004 al 91,1% del 2005. I prezzi vengono rilevati in un totale di circa 39.000 punti vendita (che comprendono sia piccoli esercizi commerciali sia grande distribuzione sia mercati rionali) ai quali si aggiungono poco meno di 11.000 abitazioni per la parte che riguarda gli affitti. Sono circa 370.000 le quotazioni rilevate ogni mese.

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16 16 3. La base normativa dell’indagine sui prezzi al consumo La rilevazione dei prezzi al consumo è regolata dai seguenti atti: Regio decreto legge del 20/2/1927, n° 222 (convertito nella Legge n° 2421 del 18/12/1927) Legge 621/1975 D.lgs. 322/1989 Regolamento comunitario 2494/95. Tali leggi e regolamenti dettano i principi generali che disciplinano la rilevazione e ne costituiscono la base normativa di riferimento. Essi definiscono soggetti e funzioni. I soggetti coinvolti sono due: l’Istituto nazionale di statistica e i comuni.

17 17 Il RDL n° 222 (legge n° 2421) del 1927 conferisce l’incarico all’Istituto centrale di statistica di promuovere la formazione di indici del costo della vita in tutti i comuni con più di 100.000 abitanti ed in altri, preferibilmente scelti tra i capoluoghi di provincia, o tra quelli con più di 50.000 abitanti che abbiano uffici di statistica idonei (art. 1). Specifica altresì: “spetta all’Istituto centrale di statistica diramare le istruzioni affinché la raccolta dei dati avvenga con uniformità di criteri e con rigore di metodo” (art. 2) e “promuovere i provvedimenti opportuni per l’organizzazione dei servizi di statistica locale e per la vigilanza sulla esecuzione dei lavori concernenti il calcolo degli indici” (art. 3). Sancisce inoltre l’obbligo di costituire “apposite Commissioni...” (art. 4), con il compito di “controllare i prezzi rilevati dagli Uffici e le elaborazioni dei dati applicando le disposizioni dettate dall’Istat inizialmente e in prosieguo di tempo” (art. 5).

18 18 La legge n° 621/75 modifica il regio decreto relativamente ai comuni cui spetta l’obbligo di condurre l’indagine sui prezzi al consumo: “tra i comuni di cui all’art. 1 … devono intendersi compresi tutti i comuni capoluoghi di provincia e quelli con oltre 30.000 abitanti che abbiano un ufficio di statistica idoneo”.

19 19 Il D.lgs n° 322 del 6 settembre 1989 “disciplina in base ai principi ed ai criteri direttivi di cui all’articolo 24 della legge 23 agosto 1988, n°400, le attività di rilevazione, elaborazione, analisi e diffusione e archiviazione dei dati statistici svolte dagli enti ed organismi pubblici di informazione statistica, al fine di realizzare l’unità di indirizzo, l’omogeneità organizzativa e la razionalizzazione dei flussi a livello centrale e locale...” (art. 1). Gli Uffici di statistica del Sistema statistico nazionale (art. 6) promuovono e realizzano la rilevazione, l’elaborazione, la diffusione e l’archiviazione dei dati statistici che interessano l’amministrazione di appartenenza, nell’ambito del programma statistico nazionale; forniscono al Sistema statistico nazionale i dati informativi previsti dal programma statistico nazionale; collaborano con le altre amministrazioni per l’esecuzione delle rilevazioni previste dal programma statistico nazionale; contribuiscono alla promozione e allo sviluppo informatico a fini statistici degli archivi gestionali e delle raccolte di dati amministrativi.

20 20 L’Istat, che è l’unico soggetto a cui è demandata la produzione degli indici dei prezzi al consumo con carattere di ufficialità, provvede a “indirizzare e coordinare le attività statistiche degli enti facenti parte del Sistema statistico nazionale; fornire assistenza tecnica; predisporre le nomenclature e le metodologie di base per la classificazione e la rilevazione dei fenomeni di carattere demografico, economico e sociale...; pubblicare e diffondere i dati...; promuovere lo sviluppo informatico a fini statistici degli archivi gestionali e delle raccolte di dati amministrativi” (art. 15). Il Regolamento comunitario n. 2494/95 istitutivo dell’indice armonizzato europeo dei prezzi al consumo ha “lo scopo di stabilire le basi statistiche necessarie per pervenire al calcolo degli indici comparabili dei prezzi al consumo a livello comunitario”.

21 21 4. Ipotesi di evoluzione del quadro normativo Il R.D.L. n. 222/1927, convertito in legge n. 2421/1927, attribuisce all’Istat l’incarico di promuovere la formazione di indici del costo della vita in tutti i comuni con più di 100.000 abitanti ed in altri, preferibilmente scelti fra i capoluoghi di provincia, o tra quelli con più di 50.000 abitanti, che abbiano uffici di statistica idonei. Successivamente, con la legge n. 621/1975 il campo di osservazione è stato esteso a “tutti i capoluoghi di provincia e a quelli con almeno 30.000 abitanti che hanno un ufficio di statistica idoneo”.

22 22 Prendendo in considerazione la popolazione residente alla data del 14° Censimento della Popolazione italiana, i comuni capoluoghi di provincia e quelli con più di 30.000 abitanti in cui risulta costituito l’ufficio di statistica sono complessivamente 236. In realtà i comuni che attualmente partecipano al calcolo dell’indice dei prezzi al consumo sono soltanto 87 (19 capoluoghi di regione e 68 capoluoghi di provincia). Tale situazione è da mettere in relazione con la difficoltà della maggior parte dei comuni di sostenere l’onere di una rilevazione caratterizzata da una elevata complessità. Questo impianto normativo presenta almeno due ordini di problemi: Il primo è relativo alla dimensione dell’indagine, il secondo ai problemi statistici derivanti da un disegno territoriale della rilevazione basato esclusivamente su criteri amministrativi nella selezione delle unità territoriali.

23 23 1 – Dimensione dell’indagine Qualora la totalità dei comuni considerati in astratto dalla legge assicurasse il compiuto adempimento alle prescrizioni normative vigenti si verrebbe a determinare una dimensione d’indagine difficilmente compatibile con i requisiti richiesti dall’Unione europea. Il processo di armonizzazione delle statistiche comunitarie impone, infatti, agli istituti nazionali di statistica di garantire elevati livelli di tempestività nella diffusione dei risultati mensili e di standard di qualità nella raccolta ed elaborazione dei dati. Lo scenario prefigurabile, a breve termine, lascia intravedere un ulteriore irrigidimento di tali vincoli. Osservazioni critiche sull’eccessiva dimensione della rilevazione italiana sono state avanzate dal fondo Monetario Internazionale nel suo Report on the Observance of Standards and Codes (ROSC).

24 24 2 - Disegno territoriale dell’indagine basato esclusivamente su criteri amministrativi nella selezione delle unità territoriali. Un disegno territoriale della rilevazione basato su una selezione non probabilistica dei comuni si può collocare nell’ambito della metodologia del cut-off sampling. Secondo tale strategia di selezione una parte della popolazione viene inclusa con certezza nel campione e la parte complementare è esclusa.

25 25 In questo quadro, considerando la popolazione un’approssimazione accettabile del numero di transazioni, la quota di popolazione provinciale residente nel comune capoluogo di provincia può misurare il grado di copertura di un campione basato sulla selezione dei comuni capoluoghi di provincia. Considerando il dato medio nazionale, il rapporto tra popolazione residente nei comuni capoluogo di provincia (17 milioni circa) e popolazione totale (poco meno di 58 milioni) è pari al 29,3%. Questo dato medio sottintende tuttavia forti eterogeneità tra le diverse province.

26 26 Incidenza percentuale della popolazione dei comuni capoluoghi di provincia sulla popolazione provinciale

27 27 In conclusione Un avanzamento rispetto al quadro normativo attuale potrebbe derivare da un atto che preveda l’obbligo di partecipare alla rilevazione dei prezzi al consumo per tutti i comuni capoluoghi di provincia, nonché per quei comuni non capoluogo che l’Istat decide di dover includere nel campione sulla base dei criteri metodologici adottati per migliorare ulteriormente la rappresentatività territoriale degli indicatori. La “popolazione” di riferimento risulterebbe in tal modo certamente inferiore a quella potenzialmente interessata allo stato attuale (pari a 236 comuni); inoltre, questa modifica consentirebbe di introdurre miglioramenti nel disegno territoriale dell’indagine.


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