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La dinamica della disuguaglianza all'interno e tra paesi nel recente processo di globalizzazione. Prof. Renata Targetti Lenti Liceo "M. Curie“, Tradate.

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1 La dinamica della disuguaglianza all'interno e tra paesi nel recente processo di globalizzazione. Prof. Renata Targetti Lenti Liceo "M. Curie“, Tradate 6 aprile 2016

2 Riferimenti - Giannetti- Giannetti M., Mariani R. (2015), La situazione economica delle famiglie italiane: atmosfera da anni 80,“Etica ed Economia”, 15 dicembre. http://www.eticaeconomia.it/la-situazione-economica-delle-famiglie-italiane- atmosfera-da-anni-80/ -Milanovic B. (2011), More or less, Income inequality has risen over the past quarter- century instead of falling as expected, IMF, Finance and Development, September, disponibile su http://www.imf.org/external/pubs/ft/fandd/2011/09/pdf/milanovi.pdf-http://www.imf.org/external/pubs/ft/fandd/2011/09/pdf/milanovi.pdf- -Milanovic B. (2014), Current trends: Issue of justice and politics, LIS summer lecture, http://www.lisdatacenter.org/wp-content/uploads/Milanovic-slides.pdf http://www.lisdatacenter.org/wp-content/uploads/Milanovic-slides.pdf - OxfamIitalia (2015), La grande diseguaglianza http://www.oxfamitalia.org/oxfam-news/la-grande-disuguaglianza -Targetti Lenti R., La dinamica della disuguaglianza all'interno e tra paesi nel recente processo di globalizzazione, dispensa per lezione LES, 6 aprile.

3 La "disuguaglianza", in particolare quella nella distribuzione personale dei redditi e della ricchezza, è tornata ad essere oggetto di un intenso dibattito sotto diversi profili: teorico, applicato e di policy. La constatazione di una disuguaglianza crescente all’interno di paesi molto ricchi, in particolare, ha acquistato nuove dimensioni per le conseguenze che determina in termini sia di trasformazioni dei rapporti sociali e personali sia a livello internazionale tra paesi, con l'intensificarsi dei processi di globalizzazione.

4 Globalizzazione e diseguaglianza Amartya Sen ha sottolineato come la sfida principale abbia oggi a che fare "in un modo o nell'altro, con la disuguaglianza, sia tra le nazioni sia nelle nazioni....". Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha affermato che "the main losers in today's very unequal world are not those who are too much exposed to globalization. They are those who have been left out“ “Il presidente degli Stati Uniti Barak Obama, e il direttore del Fondo monetario internazionale (FMI), Christine Lagarde, hanno dichiarato che l’aumento della disuguaglianza è una questione prioritaria”. All’interno dei diversi paesi, infatti, solo alcuni gruppi di percettori hanno migliorato la propria posizione reddituale nel corso del processo di sviluppo.

5 Alcuni recenti rapporti di ricerca di Oxfam, una ONG inglese, hanno evidenziato come l’estrema disuguaglianza tra ricchi e poveri implichi un progressivo indebolimento dei processi democratici a opera dei ceti più abbienti, che condizionano la politica ai loro interessi a spese della stragrande maggioranza. I rapporti segnalano, con esempi e dati provenienti da molti paesi, che viviamo in un mondo nel quale le élite che detengono il potere economico hanno ampie opportunità di influenzare i processi politici, rinforzando così un sistema nel quale la ricchezza e il potere sono sempre più concentrati nelle mani di pochi, mentre il resto dei cittadini del mondo si spartisce le briciole.

6 “Le multinazionali e le élite ricche stanno giocando con regole diverse rispetto agli altri, si rifiutano di pagare le tasse di cui la società ha bisogno per funzionare. Il fatto che 188 delle 201 aziende leader al mondo siano presenti in almeno un paradiso fiscale dimostra che è tempo di agire.” Negli Stati Uniti, il reddito dell’1% della popolazione è aumentato ed è ai livelli più alti dalla vigilia della Grande Depressione. Recenti studi statistici hanno dimostrato che, proprio negli USA, gli interessi della classe benestante sono eccessivamente rappresentati dal governo rispetto a quelli della classe media: in altre parole, le esigenze dei più poveri non hanno impatto sui voti degli eletti.

7 Questo sistema si perpetua, nei paesi industrializzati, perché gli individui più ricchi hanno accesso a migliori opportunità educative, sanitarie e lavorative, regole fiscali più vantaggiose, e possono influenzare le decisioni politiche in modo che questi vantaggi siano trasmessi ai loro figli. Anche nei paesi in via di sviluppo gli squilibri sono numerosi. In Africa le grandi multinazionali – in particolare quelle dell’industria mineraria/estrattiva – sfruttano la propria influenza per evitare l’imposizione fiscale e le royalties, riducendo in tal modo la disponibilità di risorse che i governi potrebbero utilizzare per combattere la povertà. In India il numero di miliardari è aumentato di dieci volte negli ultimi dieci anni a seguito di politiche fiscali altamente regressive, mentre il paese è tra gli ultimi del mondo se si analizza l’accesso globale a un’alimentazione sana e nutriente.

8 La diseguaglianza ta divenendo il vero e principale freno per una crescita economica sostenibile ed inclusiva nei paesi ricchi, dove si sta progressivamente riducendo il peso della classe media. L’esempio più significativo è quello degli USA. Nei paesi poveri avverte Oxfam: “continuando così sarà impossibile centrare l’obiettivo dell’azzeramento della povertà estrema entro il 2030, così come stabilito lo scorso settembre dai Governi di tutto il mondo all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite” Sebbene il PIL globale sia più che raddoppiato negli ultimi trent’anni, arrivando a 78 mila miliardi di dollari nel 2014, e contribuendo (dal ’90 al 2010) a dimezzare il numero di persone sotto la soglia della povertà estrema, sono in pochi ad averne beneficiato (figura 1, 2, 3,4).

9 Figura 1

10 Sin dalla fine del 1970 la tassazione per i più ricchi è diminuita in 29 paesi sui 30 per i quali erano disponibili dati. Ovvero: in molti paesi, i ricchi non solo guadagnano di più, ma pagano anche meno tasse. Questa conquista di opportunità dei ricchi a spese delle classi povere e medie ha contribuito a creare una situazione in cui, nel mondo, 7 persone su 10 vivono in paesi dove la disuguaglianza è aumentata negli ultimi trent’anni. Nel 2015 l’1% della popolazione mondiale è diventato più ricco del restante 99% e possiede il 46% della ricchezza globale (110.000 miliardi dollari). Il Rapporto fornisce i nomi di 62 supermiliardari la cui ricchezza eguaglia quella di 3,6 miliardi di persone considerate le più povere della Terra.

11 Figura 2, Crescita della quota percepita dall’1% più ricco dal 1980

12 Figura 3

13 Figura 4

14 Winnie Byanyma, ingegnere aeronautico ugandese rifugiatasi in Inghilterra ai tempi del dittatore Idi Amin è attuale direttore di Oxfam International. Ha dichiarato in vista del vertice di Davos: “La preoccupazione dei leader mondiali nei confronti dell’aumento delle disuguaglianze finora non si è tradotta in azioni concrete: il mondo è diventato più disuguale e la tendenza è in accelerazione. Non possiamo continuare a permettere che centinaia di milioni di persone soffrano la fame mentre le risorse che potrebbero essere utilizzate per aiutarli finiscono nelle mani di pochi.” “Sfido i Governi, le imprese e le élite che si riuniranno a Davos a fare la loro parte per porre fine all’era dei paradisi fiscali, che alimentano la disuguaglianza economica e impediscono a centinaia di milioni di persone di uscire dalla povertà.”

15 Oggetto della lezione - Analizzare la dinamica della diseguaglianza nella distribuzione personale del reddito i) all’interno dei paesi e ii) tra paesi. - L’analisi sarà prevalentemente empirica sulla base degli indici atti a misurare la diseguaglianza within (Gini) e quella between (Milanovic). - Si cercherà di identificare i fattori (politici, sociali, economici) che spiegano il processo di formazione dei redditi personali, i mutamenti della diseguaglianza e la sua perpetuazione nel tempo. - Si evidenzieranno i meccanismi che determinano livello e dinamica della diseguaglianza nei paesi industrializzati distinguendo tra fattori i)endogeni (distribuzione della ricchezza, tecnologia) ed ii)esogeni (globalizzazione), ed in quelli in via di sviluppo.

16 - Si presenteranno le principali politiche di riduzione della diseguaglianza che potrebero essere adottate nei paesi industrializzati distinguendo tra quelle che: i) influenzano la formazione e distribuzione dei redditi di mercato (ex-ante) da quelle che hanno un effetto perequativo (ex-post). La disuguaglianza, non può infatti essere considerata solo come il risultato dell’operare del mercato, bensì come il prodotto delle politiche, o meglio ancora della mancanza di politiche atte a ridurla. Queste politiche non devono essere solo redistributive, ma devono essere volte ad ottenere effetti perequativi influenzando il processo di formazione dei redditi primari.

17 i) Una più equa ripartizione delle risorse dovrebbe consentire una maggiore partecipazione al mercato del lavoro da parte di soggetti prima esclusi, e di conseguenza favorire l’efficienza e la crescita. ii)L’introduzione di politiche redistributive attraverso le imposte consentirebbe ai governi di attuare politiche sociali. Secondo Oxfam gran parte della responsabilità è delle grandi imprese multinazionali che comprimono i salari ed eludono il pagamento di centinaia di miliardi di dollari di tasse, rifugiandosi nei cosidetti «paradisi fiscali».

18 Perché studiare la diseguaglianza e la povertà? a)Motivazioni etiche, e cioè di «giustizia», spingono ad occuparsi della diseguaglianza e della povetà. L’eguaglianza e l’eliminazione della povertà sono un valore. Our dream: a World free of poverty sono le parole con cui si apre oggi il sito della Banca Mondiale. b)Un’analisi della distribuzione personale del reddito e della ricchezza implica inevitabilmente anche giudizi di valenza normativa sulla giustizia sociale. c)Anche motivazioni economiche e socio-demografiche spingono ad occuparsi della diseguaglianza non solo a livello nazionale, ma anche internazionale. Un importante fenomeno come quello delle migrazioni, ad esempio, trova giustificazione nelle enormi differenze di reddito e di livello di vita tra i diversi paesi.

19 Tra i primi anni ‘70 e la fine degli anni ‘80, il dibattito sulla disuguaglianza nella distribuzione personale dei redditi era praticamente scomparso dalle trattazioni di economia politica. Per molto tempo, infatti, la distribuzione personale dei redditi era stata considerata come un processo stocastico di cui occorreva determinare le leggi statistiche. La formulazione di leggi generali per descrivere la "forma" della distribuzione e, sulla base di tali leggi, la misura del relativo grado di disuguaglianza era l’obiettivo principale di queste analisi. Questa impostazione statistico-descrittiva aveva prodotto una sorta di separazione tra la teoria della distribuzione personale dei redditi ed il “corpus” principale della teoria economica.

20 Analisi della diseguaglianza in economia politica La crescente influenza del pensiero neoclassico aveva confinato l’analisi della disuguaglianza ad una sola branca dell’economia politica, l’economia del benessere. Uno dei principali esponenti del pensiero neoclassico, il premio Nobel Robert Lucas, aveva sostenuto che “fra tutti i falsi problemi di cui può occuparsi un economista, il più pernicioso è la distribuzione del reddito...il potenziale per migliorare la vita dei poveri attraverso la distribuzione di ciò che si produce è irrisorio quando sia paragonato al potenziale illimitato che deriva dall’aumentare la produzione corrente”.

21 Per molto tempo era stata accettata l’ipotesi secondo la quale la distribuzione “funzionale” del reddito nazionale tra i fattori che avevano contribuito alla sua formazione si manterrebbe costante nel tempo, e per questo non sarebbe importante analizzarla. Secondo Keynes (1939, p. 41) si trattava di una sorta di “miracle". Alcuni studi avevano poi fornito supporto empirico a questa ipotesi. Tale regolarità sembra tuttavia essersi interrotta proprio a partire dall’inizio degli anni ‘90, con il progressivo declino della quota del lavoro ed il corrispondente aumento della quota dei profitti e delle rendite finanziarie sul valore aggiunto totale.

22 La distribuzione funzionale del reddito tra le diverse classi produttive è una parte importante, ma solo parziale, dell’analisi della distribuzione dei redditi. La distinzione tra classi era rilevante quando l’accumulazione del capitale derivava principalmente dai profitti dei capitalisti: oggi invece sono i fondi sovrani degli Stati oppure i fondi pensione a effettuare gli investimenti più cospicui. Non è più possibile, di conseguenza, fare coincidere i percettori di redditi da capitale con una singola classe. I passaggi che dalla produzione del reddito conducono alla distribuzione funzionale prima e personale poi sono inoltre numerosi e complessi e possono essere modificati con adeguate politiche che abbiano come obiettivo la riduzione della disuguaglianza finale.

23 La principale motivazione teorica che aveva spinto a studiare la disuguaglianza economica riguardava, nel contesto neoclassico, la natura della relazione tra efficienza ed equità, all’interno della determinazione di una funzione del benessere collettivo. Nell’impostazione neoclassica l’efficienza è infatti considerata un obiettivo. L’efficienza è considerato l’obiettivo, da raggiungersi al fine di ottimizzare il processo produttivo in mercati perfettamente concorrenziali, prioritario rispetto all’equità. Questa, e dunque l'uguaglianza, può essere considerata, tutt’al più, come un vincolo da rispettare in un mercato perfettamente concorrenziale.

24 I problemi che immeditamente sorgono all’interno dell’economia del benessere sono: i) Come scegliere la combinazione di risorse che corrisponda ad una allocazione non necessariamente egualitaria, ma più equa? ii) la combinazione di tasse o trasferimenti che garantiscano che partendo dall'allocazione iniziale sia possibile raggiungere l'obiettivo socialmente desiderabile.

25 Ci si trova di fronte ad una molteplicità di funzioni del benessere collettivo alternative. Ciascuna è determinata con riferimento ad una specifica teoria della giustizia distributiva e corrispondentemente ad una specifica funzione del benessere che dovrebbe identificare il “bene” per quella collettività. Le caratteristiche (forma e posizione nello spazio) della funzione dipendono da un parametro definito “avversione alla diseguaglianza della collettività”, che esprime il grado di diseguaglianza che la società è disposta a tollerare.

26 A funzioni di benessere alternative corrispondono differenti politiche economiche. Il tentativo di favorire l’eguaglianza in uno spazio valutativo può creare un maggior grado di diseguaglianza in altri spazi. In molti paesi europei, le istanze egualitarie si sono tradotte nella protezione di alcuni gruppi di lavoratori (gli insider), che godono delle protezioni dei sistemi di welfare e della rappresentanza sindacale, in contrapposizione, se non addirittura in conflitto, con i gruppi al di fuori di queste istituzioni (gli outsider).

27 Solo recentemente i progressi dell’economia del benessere hanno portato a riconsiderare la relazione fra efficienza ed equità. L'obiettivo di un'equa ripartizione delle risorse, ed in particolare del reddito, diventa quindi, nel nuovo contesto, parte integrante del funzionamento del sistema economico, e non solo un vincolo da rispettare una volta conseguita l’efficienza. In particolare non sembra più accettabile che si possano mantenere separati i due concetti, specialmente quando si tenga conto dell’esistenza di asimmetrie informative e di imperfezioni di mercato. Atkinson, in una recente pubblicazione (Disuguaglianza) sostiene che non si può concordare con questa affermazione, non solo perchè il livello di disuguaglianza “sta a cuore alle persone” e dunque per motivazioni etiche, ma soprattutto perchè “la produzione totale è influenzata dalla distribuzione.

28 Compredere la distribuzione del reddito è necessario per comprendere il funzionamento dell’economia”. Una più equa ripartizione delle risorse puoò consentire una maggiore partecipazione al mercato del lavoro da parte di soggetti prima esclusi, e di conseguenza favorire l’efficienza e la crescita. Un livello di disuguaglianza elevato rappresenterebbe invece un freno, e non uno stimolo, alla crescita stessa, poiché si tradurebbe in un impoverimento del capitale umano e in minori opportunità per le prossime generazioni.

29 La difesa dell’eguaglianza da parte degli economisti «ortodossi», al di fuori di uno schema di economia del benessere, che richiede il ricorso ad una specifica teoria della giustizia, è stata spesso affidata a un solo argomento, quello dei suoi effetti positivi sulla crescita. Moltissime volte viene formulata un’affermazione di questo tipo, partendo dalla considerazione che quando la disuguaglianza cresce, la domanda di consumo si riduce per effetto della più bassa propensione a consumare dei ricchi. Uno studio recente del Fondo Monetario Internazionale ha dimostrato come un’elevata disuguaglianza possa pregiudicare la crescita.

30 La pubblicazione, nel 1971, di A Theory of Justice di John Rawls ha avviato un dibattito particolarmente ricco, al quale hanno partecipato non solo filosofi ma anche numerosi economisti, sui fondamenti etici delle politiche redistributive. Sono state proposte teorie alternative della giustizia distributiva in relazione al concetto di giusto e di bene. Il tentativo, sicuramente ambizioso, di costruire una teoria delle giustizia che sia rilevante per l’economia politica può essere accantonato a favore di uno meno ambizioso, che si limiti ad analizzare i fattori all’origine delle diseguaglianze tra le persone all’interno dei singoli paesi, ed anche a livello internazionale.

31 Se si accetta che l’eguaglianza debba essere considerata una delle variabili che determinano l’equilibrio del sistema economico, sarebbe necessario poterla definire così come accade per il concetto di efficienza. In realtà non è semplice, né forse possibile, fornire una definizione univoca di eguaglianza e/o disuguaglianza, dal momento che questa può differire in relazione alla variabile di riferimento (reddito, ricchezza, tenore di vita, utilità, felicità, opportunità), cosicché l’eguaglianza in termini di una variabile può divergere anche in modo significativo dall’eguaglianza valutata con riferimento ad un’altra.

32 Nell’ambito dell’economia politica la variabile “focale” è generalmente individuata nel reddito e/o nella ricchezza, in quanto variabili più facilmente quantificabili. Essendo esprimibili in termini monetari, esse sono utilizzabili per confronti nel tempo e nello spazio. La grandezza “reddito disponibile”, d’altra parte, resta un buon indicatore, anche se non certamente l’unico, del tenore di vita. La scelta di una variabile quantificabile come il reddito, inoltre, consente di identificare indici che misurino la diseguaglianza globale e che possano esseri presi a riferimento di politiche di riduzione della stessa. Occorre dunque, in via preliminare, individuare i fattori che possono essere considerati all’origine della “diseguaglianza economica” nel processo di formazione dei redditi individuali.

33 Il processo di distribuzione del reddito E’ con riferimento al processo di generazione e di distribuzione dei redditi personali che occorre rivolgere l’attenzione per comprendere i meccanismi all’origine della diseguaglianza economica. La distribuzione del reddito ai diversi percettori avviene attraverso alcuni successivi passaggi che possono essere sintetizzati in tre momenti. Il primo è costituito dalla generazione e distribuzione del valore aggiunto ai diversi fattori di produzione nell’ambito di una specifica struttura del sistema economico. Il secondo consiste nella distribuzione primaria del reddito dai fattori di produzione agli individui, in relazione alla struttura proprietaria dei fattori da parte dei singoli individui.

34 Per ciascun individuo il peso di ogni categoria di reddito sul reddito complessivo dipenderà dal livello e dalla composizione delle dotazioni (capitale umano e capitale fisico) che possono essere scambiate sul mercato. I modi attraverso cui le dotazioni di fattori si traducono in redditi dipendono dai prezzi (del lavoro dipendente, del lavoro autonomo e del capitale) quali si determinano in relazione alle condizioni strutturali e congiunturali dei diversi mercati. La diseguaglianza risulterà tanto più elevata quanto più la proprietà delle dotazioni, ed in particolare dei beni capitali, è concentrata; quanto maggiore è la dispersione delle remunerazioni dei fattori ed in particolare del lavoro; quanto più l’esclusione dal mercato e l’emarginazione colpiscono sistematicamente alcune componenti della forza lavoro, specifici settori produttivi, singole aree territoriali.

35 La funzione generatrice del reddito La funzione generatrice del reddito dell'individuo i può essere espressa come: yi = F (xi) yi = f (cu, cf, tr) dove yi indica il reddito individuale disponibile derivante rispettivamente dalla proprietà del capitale umano, che genera redditi da lavoro dipendente ed autonomo, dalla proprietà del capitale fisico che genera redditi da capitale, nonché dalla capacità di ottenere trasferimenti. Dal reddito individuale si passa a quello familiare yh tenendo conto dei diversi componenti familiari che guadagnano un reddito nel processo produttivo. yh =  yi i… n = componenti nucleo familiare Le variabili macro sintetizzano le caratteristiche strutturali e congiunturali dei diversi mercati e consentono di specificare la funzione f.

36 Reddito disponibile Il terzo momento infine è quello in cui viene determinato il valore dei redditi disponibili delle famiglie, partendo da quella primaria, grazie all’azione redistributiva del settore pubblico, esercitata attraverso il prelievo delle imposte dirette e degli oneri sociali, l’erogazione di prestazioni sociali, ed il pagamento degli interessi sul debito pubblico. Questo terzo momento, logicamente successivo ma spesso contemporaneo al primo, riflette la struttura dei meccanismi redistributivi che legano il settore delle famiglie a quello della Pubblica Amministrazione. Esso riflette meccanismi distributivi che operano attraverso il sistema tributario (più o meno progressivo) e della sicurezza sociale.

37 Rappresentazione della diseguaglianza interna 1. Scelta della variabile che meglio sintetizza il benessere delle persone: reddito o consumi. 2 Scelta del riferimento temporale 3 Scelta dell’unità economica di riferimento: individuo vs. famiglia E’ possibile rappresentare la funzione di densità di frequenza (Figura 5), che indica la percentuale di percettori (frequenze), rispetto al totale (asse verticale), che corrispondono ai diversi valori di reddito (sull’asse orrizzontale). La media  x è definita come il valore del reddito totale diviso per il numero dei percettori. La mediana x* è quel valore x* che lascia alla sua destra ed alla sua sinistra almeno metà delle osservazioni. La moda x 0. La moda è definita come il punto nel quale la funzione raggiunge il massimo.

38 Funzione di distribuzione del reddito (figura 5)

39 Curva di Lorenz La curva di Lorenz è una rappresentazione alternativa della distribuzione del reddito. L’asse verticale riporta le quote cumulate di reddito possedute dai diversi quantili di popolazione. Le percentuali cumulate di popolazione sono indicate sull’asse orizzontale (Figura 6). Quanto più la curva di Lorenz è vicina alla retta di equidistribuzione (collocata con un angolo a 45 gradi), tanto più significa che la diseguaglianza è bassa. Dalla curva di Lorenz può essere derivata una misura sintetica della diseguaglianza e cioè l’indice di Gini.

40 Figura 6

41 Indice di Gini

42 Alcuni recenti lavori contribuiscono al dibattito su livelli e tendenze della diseguaglianza nel lungo periodo documentando le modificazioni nella distribuzione del reddito in otto paesi industrializzati nel secondo dopoguerra: tre anglosassoni (Stati Uniti, Regno Unito, Canada), due nordici (Svezia, Finlandia) e tre dell’Europa continentale (Repubblica Federale Tedesca, Francia, Italia). L’intento è quello di verificare l’esistenza di una relazione prima diretta e poi inversa tra crescita del reddito e diseguaglianza misurata dall’indice di Gini.

43 La disponibilità di informazioni varia considerevolmente, per qualità e quantità, da paese a paese. I criteri statistici con cui è stata stimata la diseguaglianza sono molto differenti, così come lo è la definizione di reddito di mercato e di reddito disponibile, a seconda che vi siano compresi o meno i redditi da capitale finanziario. L’anno iniziale è diverso da paese a paese e per tutti l’anno finale si colloca nella seconda metà degli anni ‘90. Le tendenze della diseguaglianza risultano abbastanza simili, anche se appaiono differenziati i periodi di svolta. In particolare non emerge alcuna relazione tra i mutamenti nella diseguaglianza ed il suo livello iniziale (Figura 7, 8, 9, 10, 11).

44 A metà degli anni ‘90, tra tutti paesi OCSE presi in considerazione gli Stati Uniti presentavano il più elevato grado di diseguaglianza. I paesi del Nord e del Centro Europa presentavano, invece, il livello più basso. L’Italia, in particolare, registrava livelli di diseguaglianza piuttosto elevati, molto simili a quelli del Regno Unito. Nei paesi per i quali esistono serie storiche di lungo periodo (Stati Uniti, Regno Unito, Danimarca) si osserva, a partire dagli anni ’30 e fino agli anni ’70, una curva ad U.

45 La diminuzione della diseguaglianza dagli anni 30 agli anni 70 è stata particolarmente significativa per gli USA e per il Regno Unito. Per gli altri paesi la riduzione emerge solo a partire dal dopoguerra ed è osservabile fino alla metà degli anni ’70, o fino all’inizio degli anni ‘80 a seconda dei paesi considerati. A partire da questi anni si nota, invece, prima un crescita della diseguaglianza fino agli anni ‘90 e successivamente una relativa stabilità. Regno Unito e Stati Uniti si differenziano dagli altri paesi perché in essi la diseguaglianza è aumentata notevolmente in tutto il periodo considerato, e cioè anche negli anni ‘90. In questo periodo è cresciuta anche in Canada, Svezia, Finlandia e nella Repubblica Federale Tedesca.

46 In tutti i paesi si è verificato un ampliamento dei ventagli retributivi che ha provocato una polarizzazione nella distribuzione dei redditi da lavoro. Si è ridotto il peso della classe media ed è cresciuto quello delle classi inferiori e superiori. In particolare è cresciuto il peso dell’ultimo decile. Questi mutamenti risultano tuttavia differenziati in relazione alle specificità nazionali. Nelle democrazie del Nord ed in Francia questi mutamenti sono stati più attenuati grazie ad efficaci politiche redistributive. Per quanto concerne gli Stati Uniti ed il Regno Unito si è osservata una significativa riduzione della quota di reddito spettante ai decili più bassi ed una crescente dispersione all' interno dei redditi da lavoro.

47 Figure 7, Income Inequality in the United States, 1910- 2010

48 Regno Unito. Figura 8

49 Canada. Figura 9

50 Francia. Figura 10

51 Income inequality in the United States shows an inverted U-curve in a first period, between 1910 and 1940. After a long period of stability during the Golden Age (1942- 1970) inequality has started to grow systematically since the early 70. The turnaround is due not only to the Reagan and Thatcher policies that lowered taxes on the rich, but also to the entrance of Asians in the labor markets of rich Countries, depressing the wages of unskilled workers, and also to the baby boom.

52 The findings for this second period contradict the well-known Kuznets’ inverted U shape curve of income inequality according to which inequality increases at low income levels, peaks at some middling income, and diminishes as country becomes rich (Kuznets, 1955). Kuznets, in his monumental study of income distribution in the United States (Kuznets, 1953) had observed a big fall in the income share of the richest for the period between 1929 and 1946. But this result was true only for the first period.

53 Figure 1

54 Recent findings contradicts Kuznet’s hypothesis Inequality in income distribution is very high and increasing with the rise of income (Figure 1, 2, 3, 4). The share of total income going to the top 1% is rising (figure 6, 7, 8, 9). As the chart below shows rapid rise of top income inequality in the English speaking countries “and the more modest rise in continental Europe and Japan” occurred from about 1980, in sharp contrast to the decline seen over the previous 40 years.

55 Figure 2

56 Figure 3

57 Figure 4

58 Figure 5

59 Figure 6

60 Inequality in total income is now substantially higher in the United States than in Europe, while the opposite was true until World War I (see Figure 8). At that time, high inequality was mostly due to extreme concentration of capital ownership and capital income. Over the 1980–2010 period, instead, the rise of top income shares in the United States in comparison with Europe, is due for the most part to rising inequality of labor earnings explained by a mixture of two groups of factors:r i)rising inequality in access to skills and to higher education over this time period in the United States ii)exploding top managerial compensation.

61 Figure 11, Income Inequality: Europe and the United States, 1870-2010

62 The level of inequality and income polarization in the United States, not only is, now, the highest among industrialized countries, but is also grown systematically. In the United States the disposable income of the wealthiest earners grew at a rate well above that of any other group. In parallel of the progressive enrichment of the last percentile and of the last decile of the distribution occurred not only an impoverishment of the bottom decile, but also the "middle class". The "medium" is defined as the group which corresponds to the second, third, and fourth quintile (60% of households). In 2012 this group received a share of income well below the weight of total earners. This proportion, then, has been drastically reduced compared to 1968 when it stood at 53.2%.

63 The median income has dropped since 2007, when it reached a peak (Figure 12). Obama himself in his State of the Union address last January highlighted as one of the priority objectives of economic policy should be to curb the reduction in disposable income of the middle class. This goal can be obtained through a fairer tax policy and the introduction of measures support to promote the education of children and care of the elderly.

64 Figure 12

65 An important aspect of inequality concerns the role of redistribution in the United States (Figure 13). The policy of social transfers in the United States is effective against the poorest, but not to reduce the high level of inequality. United States is characterized by higher inequality in income distribution, not so much of "the market", but, instead of those "available". The Gini index calculated on the market income distribution of is not much higher than that of Spain or the Scandinavian countries, but lower than that of many other European countries such as Germany, Britain, Greece and Ireland. However, the reduction of the Gini index after the redistribution is much less than that which is realized in all other European countries considered.

66 Figure 13

67 Un importante fattore all’origine della diminuzione relativa della quota di reddito percepita dal lavoro, e dunque la riduzione del peso di una componente tradizionalmente più ugualitaria, sia costituito dai mutamenti nei meccanismi istituzionali che regolano, nei vari paesi, il funzionamento del mercato del lavoro: in particolare la riduzione della regolamentazione, l’erosione del salario minimo e del potere sindacale, l’incremento della mobilità. Questi mutamenti, particolarmente significativi nel Regno Unito e negli Stati Uniti, hanno accentuato le spinte verso la disuguaglianza: nel contempo le riforme rese necessarie dall’aumentata competizione internazionale hanno contribuito alla riduzione della quota di reddito affluita al lavoro dipendente.

68 Le prospettive economiche dei lavoratori poco qualificati dei settori tradizionali sono state inoltre compromesse anche dal trasferimento verso i paesi in via di sviluppo delle fasi più tradizionali, e a più basso contenuto tecnologico, della filiera produttiva. In seguito al diffondersi dell’outsourcing si sarebbe verificata, da parte delle imprese dei paesi industrializzati, una riduzione della domanda di lavoratori poco qualificati: ne sarebbe seguito un ampliamento dei ventagli retributivi all’interno della categoria dei lavoratori dipendenti.

69 Italia In Italia la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi e la povertà sono cresciute rapidamente durante i primi anni novanta (figura 14). Da livelli simili alla media OCSE si é passati a livelli vicini a quelli degli altri paesi dell’Europa del Sud. La diseguaglianza è cresciuta del 33% (dato più alto fra i paesi Ocse, la cui media è del 12%) Da allora la disuguaglianza é rimasta ad un livello comparativamente elevato. Tra i 30 paesi OCSE oggi l’Italia ha il sesto più grande gap tra ricchi e poveri. I dati evidenziano come l’1% più ricco degli italiani possieda il 23,4% della ricchezza nazionale netta, una quota pari a 39 volte la ricchezza del 20% più povero del Paese. Questo 1% detiene più di quanto posseduto dal 60% della popolazione.

70 L’Italia ha in parte colmato il crescente gap tra ricchi e poveri aumentando la tassazione sulle famiglie e spendendo di più in prestazioni sociali per le persone povere. Sorprendentemente, l’Italia é uno dei tre soli paesi OCSE che ha aumentato la spesa in prestazioni rivolte ai poveri negli ultimi dieci anni. Il reddito medio del 10% degli Italiani più poveri é circa 5000 dollari (tenuto conto della parità del potere di acquisto) quindi sotto la media OCSE di 7000 dollari. Il reddito medio del 10% più ricco é circa 55000 dollari, sopra la media OCSE. I ricchi hanno beneficiato di più della crescita economica rispetto ai poveri ed alla classe media.

71 Figura 14

72 La diseguaglianza in Italia (1) Nel loro insieme risultati desumibili dalle indagini della Banca d’Italia individuano alcuni episodi nell’evoluzione della distribuzione del reddito in Italia Figura 15, 16). Nel 1969 si avviò con l’autunno caldo una fase “egualitaria” che si concluse nei primi anni ottanta. Questa fase coincise con il periodo in cui il conflitto sociale raggiunse la fase più acuta dalla seconda guerra mondiale. I rapporti di forza si spostarono decisamente a favore dei sindacati e dei lavoratori, che avanzarono domande retributive fortemente egualitarie.

73 La diseguaglianza in Italia (2) In questo contesto maturò la riforma del meccanismo di indicizzazione del 1975 che portò all’adozione del punto unico di scala mobile, il quale, in presenza di tassi di inflazione a due cifre, si sarebbe tradotto in una rapida compressione della struttura retributiva almeno fino ai primi anni ottanta come anticipato all’epoca dalle analisi più attente. Questa spinta perequativa nella distribuzione delle retribuzioni si propagò alla distribuzione dei redditi familiari, almeno secondo i dati qui considerati che non includono interessi e dividendi.

74 Nei primi anni ottanta queste spinte si affievolirono e si avviò una fase in cui la distribuzione dei redditi tese ad ampliarsi; ciò avvenne soprattutto durante la grave crisi economica del 1992-93 quando la disuguaglianza e la povertà crebbero fortemente, riportandosi sui livelli del 1980. Da allora non è emersa alcuna netta tendenza verso un allargamento delle disparità di reddito, nonostante i considerevoli cambiamenti che hanno interessato il mercato del lavoro, il sistema di sicurezza sociale e, più in generale, l’intera società italiana.

75 Figura 15

76 Figura 16

77 Nel 2014 il reddito familiare annuo al netto delle imposte sul reddito e dei contributi sociali è stato in media pari a 30.500 euro, un valore analogo, in termini di potere d’acquisto, a quello rilevato dalla precedente indagine per il 2012. Il 20 per cento delle famiglie ha un reddito netto annuale inferiore a 15.000 euro, mentre la metà ha un reddito superiore ai 25.000; il 10 per cento delle famiglie a più alto reddito percepisce più di 55.000 euro annui. La stabilità, in termini reali, del reddito familiare medio tra il 2012 e il 2014 interrompe il calo di circa il 15 per cento registrato tra il 2006 e il 2012 (figura 17).

78 Figura 17

79 Tra il 2006 e il 2012 il calo del reddito medio equivalente aveva riguardato gli individui con reddito prevalente da lavoro o da trasferimento che non fosse una pensione, e quelli con età tra i 19 e i 54 anni; i pensionati e, quindi, i più anziani, avevano registrato una diminuzione più contenuta (Figura 18). La quota di individui a basso reddito, ovvero di chi ha un reddito equivalente inferiore al 60 per cento di quello mediano, è passata dal 19,6 per cento del 2006 al22,3 per cento nell’ultima rilevazione. Tale quota è più alta nel Mezzogiorno e tra gli stranieri(rispettivamente, 39 e 44 per cento circa) e diminuisce progressivamente al crescere dell’età (Figura 19). In particolare, l’incidenza tra gli individui fino a 18 anni e fra quelli tra i 19 e i 34 anni è circa il triplo di quella nella fascia d’età dei più anziani (rispettivamente 32, 28 e 11 per cento).

80 Figura 18

81 Figura 19

82 Nello stesso periodo si è ridotta la quota di individui con redditi equivalenti superiori a 2 volte quello mediano (da circa il 10 all’8,6 per cento), una fascia di reddito dove sono più frequenti le famiglie dei lavoratori autonomi. Per effetto di questi due andamenti, l’indice di Gini, una misura sintetica della disuguaglianza, è rimasto sui livelli del 2012, attorno al 33 per cento (figura 20). Negli ultimi venti anni i divari di ricchezza tra i più giovani e i più anziani, che riflettono anche il naturale processo di accumulazione dei risparmi lungo il ciclo di vita, si sono progressivamente ampliati: in termini reali, la ricchezza media delle famiglie con capofamiglia tra i 18 e i 34 anni è meno della metà di quella registrata nel 1995, mentre quella delle famiglie con capofamiglia con almeno 65 anni è aumentata di circa il 60 per cento: il rapporto tra quest’ultima e quella dei più giovani è passato da meno dell’unità a oltre 3.

83 Figura 20

84 Mutamento della diseguaglianza nei paesi industrializzati Il livello ed i mutamenti della diseguaglianza sono spiegati da: i) Fattori endogeni: a) le tradizionali cause della diseguaglianza come la concentrazione della ricchezza, il peso relativo dei redditi da capitale rispetto a quelli da lavoro, l'ineguale accesso all’educazione, il dualismo territoriale, fattori demografici e politiche redistributive non sono da ritenersi sufficienti a spiegarne la crescita. b) Aumento dell’importanza del settore dei servizi. c) Cambiamenti nelle “norme sociali” verso la diseguaglianza.

85 Mutamento della diseguaglianza nei paesi industrializzati d) Cambiamenti nella struttura istituzionale del mercato del lavoro. e) Variazioni negli effetti redistributivi delle politiche pubbliche. f) Un fenomeno che ha recentemente attirato l’attenzione degli studiosi è la crescita dei redditi molto elevati, che ha determinato un aumento della quota di reddito percepita dal percentile più ricco. g) Un altro fattore considerato all’origine della diminuzione relativa della quota di reddito percepita dal lavoro è costituito dai mutamenti nei meccanismi istituzionali che regolano il mercato del lavoro.

86 Occorre individuare anche altri fattori esogeni come: a) Liberalizzazione dei mercati dei beni e dei capitali (globalizzazione). Il processo di apertura e di liberalizzazione dei mercati nazionali ed internazionali conseguente all’intensificarsi della globalizzazione, l’adozione di tecnologie labor saving come le Information, Communication Technology (ICT), la necessità di adeguare i contesti nazionali alla accresciuta competizione con gli altri paesi, in particolare con quelli in via di sviluppo, l’outsourcing, avrebbero prodotto un mutamento nelle strutture produttive, ridotto l’occupazione, e quindi anche il potere contrattuale dei lavoratori. e conseguentemente della della quota dei rispettivi redditi da lavoro.

87 b) Progresso tecnologico. c) Anche l’accresciuta mobilità dei capitali che ha caratterizzato il processo di globalizzazione si è tradotta in una crescita dei profitti, dei redditi più elevati e dunque anche della diseguaglianza. d) Cambiamenti nella struttura demografica e delle famiglie.

88 Nei paesi in via di sviluppo Il livello ed i mutamenti della diseguaglianza sono spiegati da i) Fattori endogeni : l'esistenza di un ampio settore informale, un significativo divario tra settore urbano e settore rurale, bassi livelli d’istruzione per ampie fasce di popolazione, discriminazione di genere e barriere all’accesso sul mercato del lavoro per le donne.

89 Nei paesi in via di sviluppo ii) Fattori esogeni: la globalizzazione, che attraverso gli incentivi alla produzione e alle esportazioni finisce con il favorire solo alcune zone/settori del paese, accentuando i divari regionali e nelle tecnologie adottate. Circa il 60% dei PVS mostra una crescita della diseguaglianza nell’ultimo decennio. Solo una minoranza di paesi, come quelli dell’America Latina, hanno sperimentato una diminuzione.

90 Diseguaglianza globale Contributi importanti all’analisi della diseguaglianza globale, e cioè di quella esistente a livello internazionale, sono stati forniti dagli studi sugli indici atti alla sua misurazione e sulle tendenze di questi indici nel breve nel lungo periodo. I risultati e le interpretazioni che se ne possono trarre sono spesso contrastanti, e non solo a causa dei metodi di calcolo e degli indici utilizzati per misurare la diseguaglianza, ma soprattutto per le differenze nei dati di partenza. La significatività statistica del campione, il metodo di trattazione dei dati, la definizione delle variabili (unità di riferimento, componenti di reddito, periodo temporale di riferimento) condizionano l’interpretazione dei risultati. La definizione stessa di reddito non è priva d’ambiguità.

91 Tre concetti di diseguaglianza globale Seguendo la classificazione proposta da Milanovic, si può definire la diseguaglianza globale facendo ricorso a tre concetti distinti cui corrisponde una diversa misura (figura 3). Il primo (Concept 1) fa riferimento alla “diseguaglianza tra paesi” (Intercountry inequality) e misura i divari nei redditi pro-capite dei diversi paesi prescindendo dalla diversa numerosità della popolazione. Il secondo concetto (Concept 2) definito come “diseguaglianza internazionale” (International inequality) misura la diseguaglianza globale come divario tra i redditi pro capite dei diversi paesi ponderati con la numerosità della popolazione. Il terzo concetto (Concept 3) di “diseguaglianza globale” (Global inequality) misura, infine, la diseguaglianza nella distribuzione dei redditi fra i cittadini (individui o famiglie) considerati come appartenenti tutti ad un unico territorio: il mondo.

92 Figura 21

93 I primi due concetti di diseguaglianza globale, quelli che misurano la “diseguaglianza tra paesi”, sono gli indici favoriti in macroeconomia. E’ questa l’accezione del concetto più appropriata quando si voglia verificare l’ipotesi della convergenza/divergenza nei livelli di reddito pro-capite tra i diversi paesi ed in particolare della divergenza tra i redditi procapite dei paesi in via di sviluppo rispetto a quelli industrializzati. Le prime analisi, di natura empirica, si collocano all’interno degli studi sulla crescita.

94 Limite dell’indice reddito pro-capite I limiti concettuali del reddito pro-capite come indicatore del livello di sviluppo d’un paese sono ben noti: 1) E’ un valore medio e dunque non tiene conto della distribuzione dei redditi (personali) tra la popolazione; 2) Le stime del reddito nei PVS sono spesso poco attendibili (indagini campionarie, censimenti); 3) Nel calcolo non sono inclusi il valore dei beni e servizi che non vengono scambiati sul mercato (autoconsumo, economia informale e illegale);

95 4) Non vengono considerati valori come l’ambiente che si deteriora in connessione al processo di crescita (nei PVS l’inquinamento è piuttosto elevato); 5) La trasformazione dei valori in dollari basata su tassi di cambio ufficiali è poco significativa. Nei PVS una quota, anche significativa di beni non entra nel commercio internazionale (distinzione tra tradable e non tradable). In questo caso occorre effettuare i confronti con un cambio basato sulle Parità dei Poteri Acquisto (PPP). Si vedano le Penn World Tables calcolate dalla World Bank.

96 Il reddito pro-capite continua ad essere impiegato come indicatore del livello di sviluppo quando lo sviluppo è inteso principalmente come «crescita economica». La World Bank classifica i paesi in 4 categorie. Nel 2011 questi erano: i) paesi a “basso” reddito (Reddito Nazionale Lordo pro-capite inferiore a 1,025 dollari) low -income countries; ii) paesi a reddito iia) “medio basso” (Reddito Nazionale Lordo pro-capite compreso tra 1.006 e 4,035 dollari; iib) paesi a reddito “medio-alto” (Reddito Nazionale Lordo pro-capite compreso tra 4,036 e 12,475 dollari); iii) a questi paesi si contrappongono quelli ad “elevato” reddito (Reddito Nazionale Lordo pro-capite superiore a 12,476 dollari) definiti come high-income countries.

97 I problemi che si presentano per il calcolo della global inequality sono numerosi, sia di natura empirica sia di natura concettuale. Gli indici di diseguaglianza utilizzati sono Gini o Theil. La possibilità di misurare empiricamente la “diseguaglianza globale” richiede di disporre non solo di dati relativi ai redditi medi dei diversi paesi tra loro comparabili, ma anche di indagini campionarie che consentano di ricostruire la funzione che rappresenta la distribuzione personale dei redditi tra i “cittadini del mondo”, come se appartenessero ad una sola entità territoriale. Questa può essere stimata seguendo due diverse metodologie: i) imputando i redditi medi dei diversi gruppi di popolazione sulla base dei valori desunti dalla contabilità nazionale. ii) ricostruendo la funzione di distribuzione globale è ottenuta direttamente dalle indagini campionarie per un numero molto elevato di paesi.

98 L’indice della “diseguaglianza tra paesi” (Concept 1) calcolato sulla base di redditi medi “a parità di potere d’acquisto”, e quando questi non siano pesati per la numerosità della popolazione è crescente nel periodo 1950-1960 e tra il 1980 ed il 2000 (Figura 4). Si osserva, invece, una certa stabilità attorno ad un valore di 53 tra il 1960 ed il 1980. A partire dall’inizio degli anni 80, in coincidenza con la crescita dei tassi d’interesse reale e con l’emergere della crisi debitoria in molti paesi in via di sviluppo si è verificato un processo di significativa divergenza tra i redditi pro-capite dei diversi paesi e dunque di crescita dell’indice di diseguaglianza. A partire dal 2001 la diseguaglianza ha cessato di crescere, e il trend si è invertito. Nonostante l’inversione nella tendenza della diseguaglianza, il suo livello è, oggi, in misura significativa maggiore di quanto non fosse negli anni 60 e 70.

99 L’indice della “diseguaglianza internazionale” (Concept 2) quando si include la Cina è andato sempre diminuendo negli ultimi 60 anni, con una accelerazione a partire dal 2000. Il valore dell’indice nel 1960 era molto elevato pari a 0.65 ed alla fine del 2006 l’indice si era ridotto allo 0.55 (Figura 22). La diminuzione dell’indice è più accelerata negli ultimi anni grazie all’accelerazione della crescita del reddito pro capite non solo di Cina, ma anche dell’ India.

100 Figura 22

101 L’indice di Gini che misura la diseguaglianza globale, calcolato da Milanovic, presenta un trend differenziato (Figura 23). Dopo avere registrato un valore sostanzialmente stabile - attorno a 0.70 - nel periodo 1990-2005, diminuisce lievemente raggiungendo un valore di 0.67-0.68 nel 2010. Esso presenta comunque sempre un valore significativamente superiore a quello che si riscontra all’interno di qualsiasi altro paese, compresi quelli (Sud Africa e Brasile) caratterizzati da una diseguaglianza particolarmente elevata. Si osservi che un valore di Gini pari a circa 0,70 comporta che l’1 per cento della popolazione mondiale più ricco riceve quasi il 14 percento del reddito globale, mentre il 20 per cento più povero riceve solo l’1 per cento.

102 Figure 23

103 Una prima domanda che sorge è come conciliare la tendenza dell’indice che misura la “diseguaglianza internazionale”, costante nel periodo 1980-1990 e decrescente nel periodo successivo, con la dinamica dell’indice che misura la diseguaglianza globale che, nello stesso periodo, è stata crescente? Per comprendere questo “puzzle” è necessario considerare non solo la dinamica della diseguaglianza tra paesi, ma anche di quella all’interno dei singoli paesi. I redditi medi dei paesi in via di sviluppo hanno iniziato a convergere verso quelli dei paesi ricchi. Invece i redditi dei diversi gruppi di percettori, all’interno dei singoli paesi, non sono cresciuti in modo da convergere. E’ così possibile osservare un processo di convergenza tra paesi, ma di divergenza tra cittadini all’interno dei singoli paesi.

104 La diseguaglianza globale può essere considerata come la risultante di due tipi di diseguaglianze, quella between e quella within. La prima è misurata dai divari nei redditi medi dei diversi paesi. La seconda, invece, è misurata come divario tra i singoli redditi individuali all’interno dei paesi. Una domanda che sorge è quale sia il peso delle due componenti within e between e se questo si sia modificato. La diseguaglianza interna può essere interpretata come la componente attribuibile alle differenze nei redditi tra percettori distinti per classi all’interno d’ogni paese. La distinzione potrebbe basarsi, ad esempio, sulla natura del reddito percepito, a seconda che sia prevalentemente da capitale o da lavoro.

105 La diseguaglianza between, invece, e cioè quella tra i redditi medi dei diversi paesi può essere interpretata come la componente della diseguaglianza globale che dipende dalla “localizzazione” degli stessi paesi. Si può osservare la diseguaglianza si è modificata nelle sue due componenti passando da un valore attribuibile prevalentemente alle differenze di classe “interne” ad ogni paese ad un valore collegato principalmente ai divari di reddito “tra paesi”.

106 La Figura 24 evidenzia le differenze nella composizione dell’indice di diseguaglianza di Theil nel 1870 e nel 2000, scomposto nelle due componenti: within e between. La “cittadinanza”, e dunque le differenze tra paesi, spiegherebbero oggi poco più del 60 per cento della diseguaglianza globale. Si tratta di un mutamento significativo rispetto al passato, quando era la diseguaglianza within a pesare maggiormente. Se il reddito personale dipende in larga misura dalla cittadinanza si può affermare che non esiste eguaglianza di opportunità a livello globale e che la cittadinanza costituisce una vera propria rendita non dipendente dagli sforzi individuali.

107 Figure 24

108 Il confronto tra le due curve di Lorenz (figura 25) stimate per il 1988 e per il 2008 consente di osservare se vi sia stata o meno una diminuzione della diseguaglianza nella distribuzione globale dei redditi. Com’è noto l’asse verticale riporta le quote cumulate di reddito possedute dai diversi quantili di popolazione. Le percentuali cumulate di popolazione sono indicate sull’asse orizzontale. Quanto più la curva di Lorenz è vicina alla retta di equidistribuzione (collocata con un angolo a 45 gradi), tanto più significa che la diseguaglianza è bassa.

109 Figure 25

110 I dati riportati nella figura 25 mostrano che nessuna delle due curve domina nel senso di Lorenz, e cioè corrisponde ad una minore distanza dalla retta di equidistribuzione per tutto l’intervallo di valori. La curva corrispondente alla distribuzione del 2008 è più vicina alla retta di equidistribuzione, e quindi domina la curva del 1988, negli intervalli intermedi fino all’80° percentile. Si è verificato, dunque, un arricchimento dei percettori che appartengono ai gruppi più ricchi. Per i gruppi più poveri i redditi sono rimasti stagnanti.

111 Il mutamento nel livello di diseguaglianza appare ancora più evidente quando si consideri la distribuzione del reddito nei diversi quantili di popolazione. La figura 26 evidenzia il mutamento del reddito percepito dai vari quantili di popolazione tra il 1988 ed il 1998. Due appaiono i gruppi che hanno beneficiato della crescita mondiale del reddito e che si possono considerare i principali “vincitori” della globalizzazione: i percettori più ricchi e coloro che appartengono alla classe media in paesi in via di sviluppo come la Cina, l’India, l’Indonesia ed il Brasile. Il reddito reale dell’1% più ricco è cresciuto più del 60% nelle ultime due decadi.

112 Al fine di evidenziare le differenze nella posizione redittuale di individui che abitano in paesi diversi, la popolazione di tutti i paesi è stata suddivisa in gruppi comprendenti il 5% (ventili) dei rispettivi percettori ordinati dai più poveri ai più ricchi (rappresentati sull'asse orizzontale della figura 26). Sull'asse verticale sono riportati i percentili della distribuzione del reddito di tutti i paesi del mondo ottenuta ordinando in senso non decrescente i redditi medi dei ventili di reddito di ogni paese. Questi percentili sono stati ottenuti partendo dalla distribuzione globale dei redditi medi di ogni ventile indipendentemente dal paese di appartenenza. Con riferimento, ad esempio, agli Stati Uniti, si osserva che il reddito medio del ventile più povero si colloca al 60° percentile della distribuzione del reddito mondiale.

113 Figure 26

114 L’analisi delle variazioni dei redditi in termini reali dei diversi ventili di popolazione tra il 1988 ed il 2008 consente di identificare i gruppi che hanno beneficiato della crescita mondiale del reddito e che si possono considerare i principali “vincitori” della globalizzazione: i percettori più ricchi e coloro che appartengono alla classe media in paesi in via di sviluppo come la Cina, l’India, l’Indonesia ed il Brasile.

115 La figura 27 evidenzia le differenze nella distribuzione del reddito dei ventili in Italia, in Germania e in alcuni paesi in via di sviluppo. I primi sono da considerarsi come paesi di arrivo dei flussi migratori. Il confronto potrebbe essere, naturalmente, effettuato anche con il resto del mondo e con altri paesi europei. Anche se l’Italia può essere considerata paese prevalentemente di transito, resta comunque un termine di confronto e di riferimento per la decisione di emigrare.

116 Figure 27

117 I gruppi più poveri in Italia si collocano immediatamente al di sotto del 60° percentile, in modo del tutto analogo a quanto avviene negli Stati Uniti. Nello stesso tempo il 5% degli italiani più ricchi si colloca in corrispondenza ai percentili superiori. I cittadini poveri di paesi come la Germania, o potrebbero essere anche di altri paesi nordici, invece si collocano in corrispondenza all’80° percentile del reddito mondiale.

118 Il confronto tra i ventili di popolazione e la classe di reddito mondiale in cui cadono i paesi diversi consente di osservare: i)Con riferimento, ad esempio, agli Stati Uniti, il reddito medio del ventile più povero si colloca al 60° percentile della distribuzione del reddito mondiale. ii) Con riferimento all’India anche se sicuramente in questo paese alcuni individui sono molto ricchi, il reddito medio del ventile più ricco, comunque non si colloca al di sopra del 70° percentile della distribuzione mondiale di reddito. iii) Un confronto tra l’Italia ed alcuni paesi da cui provengono i flussi migratori mette in luce che anche che in Costa d’Avorio, ad esempio, I cittadini più ricchi hanno una posizione reddittuale simile a quella dei più poveri in Italia o in Germania (figura 28). Una via, in un certo senso “spontanea” attraverso cui le differenze reddituali possono essere attenuate è certamente l’emigrazione.

119 Figure 28

120 L’analisi effettuata ha evidenziato come sia ancora molto significativo il divario tra le distribuzioni dei redditi dei diversi paesi. E questo sia in termini di diseguaglianza globale sia con riferimento ai diversi gruppi di percettori. La diseguaglianza misurata come disuguaglianza “internazionale” è diminuita in relazione alla crescita del reddito pro capite di paesi popolosi come la Cina e l’India. La componente between della diseguaglianza globale resta la componente principale dell’indice di diseguaglianza globale, sia che si calcoli l’indice di Gini o l’indice di Theil. La localizzazione resta, dunque, un fattore molto importante nel determinare il livello dei redditi all’interno dei singoli paesi, e dunque anche la diseguaglianza esistente nella distribuzione degli stessi redditi.

121 Principali conclusioni (1) La diseguaglianza globale cresce fino alla fine degli anni 90. A partire dal 2000 si osserva una inversione. Nonostante l’inversione nella tendenza della diseguaglianza, il suo livello è, oggi, in misura significativa maggiore di quanto non fosse negli anni 60 e 70. L’inversione è attribuibile alla riduzione della diseguaglianza tra paesi (diseguaglianza internazionale) quando questi siano pesati per la popolazione (Cina ed India). Il mutamento di tendenza avviene nonostante vi sia stata una crescita della diseguaglianza all’interno dei paesi.

122 Principali conclusioni (2) I divari di reddito pesati per la popolazione, e dunque misurati con l’International inequality, sono sempre diminuiti. Quando i divari non siano pesati, invece, e dunque si utilizzi come misura l’Intercountry inequality si osserva un aumento fino al 2000. Secondo Milanovic oggi viviamo in un mondo “non marxista”. La diseguaglianza globale si è modificata nelle sue due componenti passando da un valore attribuibile prevalentemente alle differenze di classe “interne” ad ogni paese ad un valore collegato principalmente ai divari di reddito “tra paesi”. Questa componente oggi supera i 2/3.


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