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Divertiamoci a …. ………….”quadrare”
La quadratura del cerchio
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Diogene Laerzio, nelle sue “ Vite dei filosofi” presenta la figura di Pitagora come quella di un personaggio molto particolare che, a somiglianza di Talete, si formò in Egitto. Pitagora si riteneva, infatti, la reincarnazione di varie persone e sosteneva di ricordarsi delle loro vite precedenti : uno psichiatra moderno lo definirebbe, probabilmente, uno schizofrenico!! …ed era anche un po’ “bacchettone” , visto che predicava di non esagerare nel bere, nel mangiare, di limitarsi all’acqua e di evitare la carne, i pesci rossi e…le fave ( suggerimento che forse derivava da una malattia genetica detta favismo che era molto diffusa ai suoi tempi nella zona del Crotonese, dove viveva Pitagora ). Sembra che nessuno lo abbia mai visto sorridere o scherzare, anche se sicuramente i suoi accoliti sicuramente hanno soffiato sul fuoco del mito del loro “capo- profeta”. Per entrare nel circolo dei pitagorici bisogna fare cassa comune dei propri patrimoni e per cinque anni limitarsi ad ascoltare, senza poter parlare!!! La setta era caratterizzata dalla segretezza e anche un po’ dalla paranoia, quindi non è dato sapere con certezza quali fossero le sue regole e quale la sua dottrina e si intuisce che la figura di Pitagora deve essere stata mitizzata e inventata, ma a noi interessano i teoremi che gli furono attribuiti , che sono uno dei lasciti più profondi e duraturi dell’intera storia della matematica.
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Nella setta dei Pitagorici il nome di mathematikos ( “apprendista” da mathema , “apprendimento” ) indicava i discepoli ai quali venivano impartite le spiegazioni delle cose. Gli altri, invece, che venivano indicati con akousmatikos ( “uditore” da akousma, “suono”) , dovevano accontentarsi di imparare fatti o regole, senza saperne il perché. Ciò significa che chi ha solo orecchie per ascoltare ascolti…. ma chi ha il cervello per apprendere, apprenda!!!!!! Tornando a Pitagora, di lui conosciamo molto bene il teorema omonimo, anche se della sua scoperta non sappiamo molto. Diogene Laerzio narra che Pitagora “ sacrificò un gran numero di buoi per celebrarla” anche se le regole della Setta proibivano di uccidere animali. Ma anche ammesso che il teorema lo abbia scoperto per conto suo, sicuramente esso era già noto ben prima di lui( sicuramente almeno dagli Indiani che lo avevano utilizzato per risolvere problemi di costruzione e moltiplicazione di altari). Forse il motivo per legare il teorema al nome di Pitagora fu che egli ne diede una qualche dimostrazione. Proclo, nel Commento al Primo Libro degli Elementi di Euclide dice :” Pitagora trasformò lo studio della geometria in un’arte liberale, esaminando i principi dalle basi e mettendo alla prova i teoremi in modo immateriale e intellettuale”.
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Di dimostazioni del teorema ce ne sono parecchie ne riportiamo solo tre:
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…quello che forse non sappiamo è che il teorema si può generalizzare
…quello che forse non sappiamo è che il teorema si può generalizzare!!!!! Nel suo ultimo libro ’C’è spazio per tutti‘ …… Piergiorgio ODIFREDDI riporta una dimostrazione del teorema di Pitagora di una semplicità disarmante.“Dato un triangolo rettangolo, si tira l’altezza e … basta! “ Poi - continua - bisogna pensare di più avendo fatto di meno, e notare varie cose: anzitutto, i due triangolini che si ottengono sono simili al triangolo di partenza, perchè hanno tutti gli stessi angoli.
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Poi, si possono riflettere i due triangolini all’insù, e il triangolo di partenza all’ingiù, ottenendo tre triangoli simili sui lati del triangolo- infine, poichè i due triangolini hanno per somma il triangolo di partenza, si deduce che in un triangolo rettangolo, il triangolo simile costruito sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei triangoli simili costruiti sui cateti. Questa non sembra una grande dimostrazione del teorema di Pitagora, a dire il vero: non parla nemmeno di quadrati costruiti sui lati di un triangolo rettangolo, bensì di triangoli simili a esso!
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Ma, in realtà, per ottenere la versione originaria, basta dimostrare che l’area di triangoli simili qualunque è proporzionale al quadrato costruito sulle loro basi. Dimostrato quello ci si accorge che non c’è bisogno che i triangoli costruiti sui lati siano simili a quello di partenza: basta che siano simili tra loro. Anzi, non c’è nemmeno bisogno che si tratti di triangoli: basta che si tratti di figure simili (anche non rettilinee) costruite su segmenti, purché l’area sia sempre proporzionale ai loro quadrati.
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E poiché si è scoperto, un passo dopo l’altro, che questo succede sempre, si ottiene così una straordinaria forma generale del teorema di Pitagora: “ In un triangolo rettangolo, una figura qualunque costruita sull’ipotenusa è equivalente alla somma delle figure simili costruite sui cateti!”. In altre parole nell’enunciato del teorema di Pitagora il quadrato può essere sostituito da una qualsiasi altra figura.‘Il quadrato costruito sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti’ …… oppure ‘ il pentagono costruito sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei pentagoni costruiti sui cateti’ …… e ‘il cerchio di diametro uguale all’ipotenusa è uguale alla somma dei cerchi i cui diametri sono uguali ai cateti’.
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A questo punto ci chiediamo : “ ma cosa c’entra la quadratura presente nel titolo?” …è vero che in Italia è già da un po’ che bisogna far quadrare i conti del bilancio, ma non c’è Tremonti per questo? Cosa c’entra la matematica? In geometria si era riusciti nell’intento di costruire ( con riga e compasso ) quadrati equivalenti a tutti i poligoni. Come avevano risolto questo problema? E qual era il passo successivo?....la quadratura del cerchio, ovviamente!!!!!!! Iniziamo, allora , questo percorso che ci porterà a rivedere alcuni teoremi che avevamo studiato lo scorso anno…ma li inseriremo in un discorso storico!
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Torniamo indietro nel tempo negli anni tra il 450 e il 430 a. C
Torniamo indietro nel tempo negli anni tra il 450 e il 430 a.C..: ad Atene si dedicò allo studio della geometria un certo Ippocrate , ex commerciante finito in bancarotta poiché i pirati lo avevano alleggerito di tutta la sua mercanzia. Pare che Ippocrate si fosse recato ad Atene per il processo riguardante la sua bancarotta e il perdurare del processo ( come vedete la giustizia non è mai stata molto celere…) lo avesse fatto fermare a lungo in città dove finì per frequentare filosofi e matematici che gli trasmisero la passione per la matematica. Forse a causa del suo interesse tardivo, Ippocrate fu indotto a compilare una prima versione degli Elementi : in greco Stoicheia, da “ stoichos” , fila o serie. Si trattava di un letterale “elenco” della massa dei risultati che si erano accumulati nella matematica greca, culminando nei teoremi di Talete e Pitagora. Il testo di Ippocrate ordinò la materia organicamente e la ricostruì razionalmente, fornendo una prima versione di quello che poi diventerà il capolavoro di Euclide. In particolare si pensa che i primi quattro libri di quest’ultimo non siano altro che un rifacimento degli Elementi di Ippocrate, oggi perduti.
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Incominciamo a “quadrare”…
Incominciamo a “quadrare”…. Ippocrate iniziò con una riflessione sul teorema di Pitagora che permetteva di costruire, dati due quadrati, un quadrato di area pari alla somma delle aree dei due quadrati iniziali. Un passo dopo l’altro , quindi, si poteva ridurre un numero qualsiasi di quadrati ad uno solo equivalente alla somma degli altri. Dal momento che ogni poligono è facilmente scomponibile in triangoli, bastava trovare il modo di “ quadrare” il triangolo e il gioco era fatto, almeno per i poligoni!!!!
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Per ridurre i triangoli i quadrati, il primo passo è ridurli dapprima a rettangoli. Nella figura seguente so dimostra che un triangolo è equivalente ( perché equiscomponibile ) al rettangolo che ha la stessa altezza e base metà di quella del triangolo. Ora non rimaneva che “quadrare” il rettangolo e qui era utile ricordare il secondo teorema di Euclide : il quadrato costruito sull’altezza relativa all’ipotenusa è equivalente al rettangolo che ha per dimensioni le due proiezioni dei cateti sull’ipotenusa. Se costruiamo una semicirconferenza di diametro pari alla somma delle dimensioni del rettangolo e inscriviamo nella semicircinferenza il triangolo rettangolo, otteniamo la seguente figura :
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Il quadrato BEFG è equivalente al rettangolo ABCD…..e il gioco è fatto!!!
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Riassumiamo: 1) Ogni rettangolo è quadrabile 2) Ogni triangolo è equivalente a un rettangolo, quindi ad un quadrato 3) Ogni poligono si può scomporre in una somma di rettangoli, e dunque di quadrati 4) Una somma di quadrati è quivalente ad un quadrato Ne consegue che ogni poligono è “quadrabile” !! Per andare oltre i poligoni, bisogna ovviamente passare alle figure curvilinee e la cosa non può essere semplice perché non si può utilizzare l’equiscomponibilità! Ippocrate , allora, pensò ad una proprietà dei cerchi: due cerchi concentrici intersecati con lo stesso Angolo al centro individuano due triangoli isosceli simili. VBB’ è simile a VAA’, quindi BB’ e AA’ sono proporzionali Ai lati VB e VA, quindi ai raggi.
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Ippocrate dedusse che , dividendo l’angolo giro in diverse “fette”, si ottengono due poligoni simili, inscritti ciascuno nel proprio cerchio, i cui perimetri sono proporzionali ai raggi. Tagliando il cerchio in un numero sempre maggiore di “fette” si ottengono poligoni con sempre più lati, i cui perimetri “assomigliano” sempre di più alla circonferenza. Allora Ippocrate dedusse che anche la lunghezza della circonferenza deve essere proporzionale al raggio della circonferenza stessa o anche al suo diametro. Ippocrate poi notò che anche le altezze delle “fette” devono essere proporzionali ai raggi. Sommando tutte le aree delle “fette” si ottengono le aree dei poligoni inscritti nei rispettivi cerchi. Ne consegue che l’area dei poligoni inscritti dovranno essere proporzionali ai quadrati dei rispettivi raggi. Allora, ancora una volta, Ippocrate dedusse che anche l’area del cerchio doveva essere proporzionale al quadrato del raggio e lo stesso valeva per l’area di un semicerchio. Ovviamente si può affermare che l’area del cerchio è proporzionale al quadrato del suo diametro.
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Allora Ippocrate ricavò, per il teorema di Pitagora che in un triangolo rettangolo il semicerchio costruito sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei semicerchi costruiti sui cateti. GENIALE!!!!!!!!
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Introduciamo ora una figura curvilinea di cui si occupò il nostro Ippocrate e sulla quale costruì la sua fama : la lunula. La lunula è la figura concava delimitata da due archi di cerchio. Considerando un triangolo rettangolo isoscele si ottiene che la somma dei semicerchi costruiti sui cateti è equivalente al semicerchio costruito sull’ipotenusa.
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Facciamo un po’ di considerazioni : chiamiamo Cc le aree dei semicerchi costruiti sui cateti, Ci l’area del semicerchio costruito sull’ipotenusa , T quella del triangolo rettangolo isoscele e L quella della lunula delimitata dalle due circonferenze sul cateto. Si vede che : 2*Cc +T = Ci + 2 * L , per il teorema di Pitagora generalizzato si ha 2*Cc = Ci , quindi si ottiene T = 2 * L . Allora ciascuna delle lunule dette di Ippocrate è equivalente a metà del triangolo rettangolo isoscele, quindi è “ quadrabile” !!!!!! Ippocrate ha quadrato una figura curvilinea!!!... Allora , forse, sarà quadrabile anche il cerchio????
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Ippocrate , ci siamo resi conto, ha quadrato le lunule costruite sul quadrato inscritto in una circonferenza. Il suo tentativo successivo fu su quelle costruite sull’esagono regolare inscritto in una circonferenza. Ippocrate ha anche dimostrato che se sul diametro di un semicerchio si costruisce un trapezio isoscele con tre lati uguali e se sui tre lati uguali si costruiscono semicerchi, allora il trapezio ha un’area uguale alla somma delle tre lunule e del semicerchio costruito su uno dei lati uguali del trapezio. Infatti ciascuno dei lati obliqui e anche la base minore del trapezio ( che è metà dell’esagono regolare inscritto nella circonferenza ) è congruente al raggio, quindi l’area del semicerchio grande , che ha diametro doppio rispetto a quelli “piccoli”, è il quadruplo di quella di ciascun semicerchio “ piccolo” .
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Dette Cc le aree dei semicerchi costruiti sulle corde, C l’area del semicerchio costruito sulla base maggiore , T quella del trapezio isoscele e L quella di ciascuna lunula delimitata dalle due circonferenze sulle corde. Si vede che : 3*Cc +T = C + 3 * L quindi, poiché 4*Cc = C si ha T = 3 * L + Cc . Ne consegue che l’area dell’esagono regolare inscritto è equivalente alla somma delle sei lunule e del cerchio che ha per diametro il lato dell’esagono stesso. Da questa seconda quadratura seguirebbe che, se si possono quadrare le lunule, anche per il semicerchio e quindi per il cerchio si può ottenere la quadratura.
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Sembra che questa conclusione abbia fatto sperare ad Ippocrate e ai suoi successori che alla fine si sarebbe riusciti a quadrare il cerchio; si dovette attendere il 1882 perché F. Lindemann dimostrasse l’impossibilità della quadratura del cerchio. Lindemann dimostrò, infatti, che il numero π ( che esprime il rapporto tra la lunghezza della circonferenza ed il suo diametro ) è un numero TRASCENDENTE ( numero che non è la soluzione di alcuna equazione polinomiale a coefficienti interi non tutti nulli ) e questa dimostrazione pose fine, secondo una dimostrazione di Lindemann stesso, alla speranza di quadrare il cerchio utilizzando come strumenti solo riga e compasso.
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