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PubblicatoLiliana Landi Modificato 8 anni fa
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Vittorio Emanuele II di Savoia Rosolia Francesca Classe 3 A Plesso «Mazzini» a.s.2015/2016
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Vittorio Emanuele II nacque a Torino il 14 marzo del 1820 da Carlo Alberto di Savoia e Maria Teresa d’Asburgo-Lorena di Toscana. Il 12 aprile 1842 si sposò a Stupinigi (TO) con la cugina Maria Adelaide d’Austria, dalla quale ebbe otto figli: Maria Clotilde; Umberto, Principe di Piemonte e Re d’Italia; Amedeo, Duca D’Aosta e Re di Spagna; Oddone Eugenio Maria, Duca di Monferrato; Maria Pia, Regina di Portogallo; Carlo Alberto, duca di Chiablese; Vittorio Emanuele; Vittorio Emanuele Leopoldo, conte del Genevese. Rimasto vedovo nel 1855, sposa la sua amante Rosa Teresa Vercellana Guerrieri, che gli resterà accanto per circa 30 anni; da lei ebbe altri due figli: Vittoria ed Emanuele.
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A fine dicembre dell'anno 1877 Vittorio Emanuele II, amante della caccia ma delicato di polmoni, passò una notte all'aperto presso il lago nella sua tenuta di caccia laziale. L'umidità di quell'ambiente gli risultò fatale. Secondo altri storici le febbri, che portarono il 9 gennaio 1878 alle ore 14:30 alla morte Vittorio Emanuele, erano invece febbri malariche, contratte andando a caccia nelle zone paludose del Lazio.
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Vittorio Emanuele II è stato l'ultimo re di Sardegna, dal 1849 al 1861. Dal 1849 al 1861 è stato Principe di Piemonte, Duca di Savoia e Duca di Genova. Dal 1861 al 1878 il primo re d'Italia. Aiutato da Camillo Benso Conte di Cavour ha portato a compimento il Risorgimento nazionale e il processo dell'Unità d'Italia. Per questo motivo viene ricordato come il "Padre della Patria" ed a lui è stato dedicato il monumento nazionale del Vittoriano, in Piazza Venezia a Roma.
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Prese parte alla prima guerra d'indipendenza, distinguendosi nelle battaglie di Pastrengo, Goito e Custoza. Salito al trono, dopo la sconfitta di Novara e l'abdicazione di Carlo Alberto, riuscì a stipulare a Vignale un armistizio onorevole. Impone la pace di Milano al paese e al parlamento, e, nonostante la sua avversione per le idee liberali, mantenne lo Statuto, acquistandosi così l'appellativo di "re galantuomo".
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Vicino ai clericali, approvò senza convinzione le leggi Siccardi (1850) e, pur chiamando C. Cavour al governo (1852), nutrì nei suoi confronti una aperta diffidenza, cresciuta dopo il "connubio" tra il primo ministro e Rattazzi. Nel 1855 si oppose alla legge che prevedeva l’ eliminazione degli ordini religiosi contemplativi e il passaggio dei loro beni allo stato, ma il suo tentativo di allontanare Cavour fallì in seguito alla vivace reazione dei liberali. Negli anni seguenti, desideroso di affermare il prestigio dinastico e di ampliare territorialmente lo Stato sabaudo, sostenne comunque la politica estera di Cavour, pur garantendosi una certa autonomia, come nel caso della spedizione dei Mille, appoggiata all'insaputa del suo primo ministro. L’Italia prima e dopo la spedizione dei Mille
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Alla morte di Cavour (1861), accrebbe il proprio ruolo agendo spesso in contrasto col parlamento e chiamando al governo uomini di sua fiducia. In contatto diretto con G. Mazzini, appoggiò il suo progetto di rivolta del Veneto (1864) e incoraggiò Garibaldi nella spedizione per liberare Roma (1867). Nel 1870 cercò di imporre al governo l'intervento a fianco della Francia. Risolta la questione romana, la partecipazione del re alla vita politica diminuì. Negli ultimi anni del regno Vittorio Emanuele II si recò a Vienna e a Berlino (1873), gettando le basi della futura Triplice Alleanza. Nel 1876 legittimò la vittoria elettorale della Sinistra, nominando A. Depretis a capo dell'esecutivo.
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