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LA CESSAZIONE DELLA PROCEDURA FALLIMENTARE E L’ESDEBITAZIONE

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Presentazione sul tema: "LA CESSAZIONE DELLA PROCEDURA FALLIMENTARE E L’ESDEBITAZIONE"— Transcript della presentazione:

1 LA CESSAZIONE DELLA PROCEDURA FALLIMENTARE E L’ESDEBITAZIONE

2 Il rendiconto del Curatore
Compiuta la liquidazione dell’attivo e prima del riparto finale, il curatore presenta al giudice delegato una esposizione analitica delle operazioni contabili e delle attività di gestione della procedura (Art. 116 L.F.). Trattasi di un rendiconto di gestione e, dunque: – il curatore non può limitarsi a indicare le somme che ha riscosso e quelle che ha speso, nonché ad offrire la dimostrazione della regolarità contabile delle somme in entrata e in uscita; – egli deve, altresì, porre in evidenza che le operazioni riportate nel conto sono state effettuate secondo criteri di legittimità e di convenienza economica; – esporre le ragioni di tutte le operazioni finanziarie messe in essere . Distratto

3 Deposito del rendiconto
Il giudice ordina il deposito del rendiconto in cancelleria e fissa l’udienza fino alla quale ogni interessato può presentare le sue osservazioni o contestazioni: udienza da tenersi non prima di 15 giorni dal deposito. Dalla fissazione di tale udienza viene data immediata comunicazione al fallito e a tutti i creditori (compresi gli opponenti e i creditori in prededuzione non soddisfatti). Se all’udienza non sorgono contestazioni, o su queste si raggiunge l’accordo, il giudice approva il conto. Altrimenti rimette la controversia al tribunale in composizione collegiale che provvede in camera di consiglio. Distratto

4 Cessazione della procedura fallimentare
Il capo VIII della legge fallimentare è dedicato alla cessazione della procedura fallimentare ed è diviso in due sezioni che si riferiscono rispettivamente: alla chiusura del fallimento; al concordato fallimentare. Distratto

5 I casi di chiusura del fallimento
I casi in cui può esser disposta la chiusura del fallimento, previsti dall’Art. 118 L.F.: quando i creditori non propongono domande di ammissione al passivo, nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento; quando tutto il passivo accertato a carico del patrimonio fallimentare è stato saldato; quando tutto il patrimonio del fallito è stato ripartito, in tale ipotesi, a differenza di quella precedente, i creditori non sono stati integralmente soddisfatti; quando non sono possibili ripartizioni o pagamenti di crediti prededucibili per mancanza di attivo. Allorché si verifichi una delle ipotesi previste, la procedura fallimentare, qualunque sia la fase in cui essa si trova, si arresta e si modifica nel senso che deve tendere all’emanazione, da parte del tribunale, del provvedimento di chiusura, che normalmente assume la veste del decreto. Distratto

6 La procedura di chiusura del fallimento
Autorità competente: la chiusura del fallimento va dichiarata dal tribunale su istanza del curatore, del debitore o anche d’ufficio. Strumento: decreto motivato, per esso sono previste le stesse forme di pubblicità previste per la sentenza dichiarativa (Art. 119 L.F.). Distratto

7 Effetti derivati dalla chiusura del fallimento
I creditori riacquistano tutti i loro diritti nei confronti del debitore e possono liberamente esercitare azioni individuali per ottenere l’eventuale parte dei propri crediti non soddisfatti per l’intero (salvo quanto si dirà per l’esdebitazione). Le azioni esperite dal curatore per l’esercizio dei diritti derivanti dal fallimento non possono essere proseguite. Le eventuali azioni revocatorie potranno essere proseguite dal singolo creditore soltanto se a favore di questo ricorrano le condizioni della revocatoria ordinaria. Sopravvivono alla chiusura del fallimento le eventuali opposizioni a provvedimenti di esclusione del credito dal passivo. Non sopravvivono le eventuali impugnazioni di crediti ammessi, in quanto queste presuppongono il concorso dei creditori. Nessuno ostacolo incontra la prosecuzione del giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, in cui persiste la legittimazione processuale del curatore. Possono proseguire i giudizi ordinari posti in essere dall’ufficio fallimentare e in essi il fallito si sostituisce al curatore. Distratto

8 La riapertura del fallimento Art. 121 L.F.
Quando la procedura è stata chiusa per ripartizione finale dell’attivo (che non abbia portato alla integrale soddisfazione dei creditori ammessi), o per mancanza di attivo, la legge consente che il fallimento stesso si riapra allorché: non siano ancora trascorsi 5 anni dal decreto di chiusura; nel patrimonio del fallito esistano attività tali da rendere utile il provvedimento, oppure il fallito offra garanzia di pagare almeno il 10% ai creditori vecchi e nuovi; vi sia espressa domanda del debitore stesso o di uno dei creditori. Quando ricorrono le condizioni suindicate, il tribunale ordina con sentenza la riapertura del fallimento, richiamando il curatore e il giudice delegato, o nominandone di nuovi. La sentenza di riapertura può essere reclamata ai sensi dell’Art. 18 L.F.. La proposizione del reclamo non sospende gli effetti della sentenza impugnata. Distratto

9 Effetti della riapertura del fallimento
Ricomincia la procedura fallimentare secondo le medesime regole, ma i termini possono essere abbreviati non oltre la metà: i nuovi creditori, ossia coloro che si trovino a vantare uno o più crediti dopo la chiusura del fallimento, sono soggetti alle regole ordinarie del fallimento con l’eccezione dei termini ridotti; i vecchi creditori non sono tenuti a presentare una nuova domanda e concorrono per le somme loro dovute al momento della riapertura, dedotto quanto loro percepito dalle precedenti ripartizioni. Distratto

10 Cessazione del fallimento per concordato
Il concordato fallimentare è una causa di cessazione del fallimento. Si tratta di uno strumento diretto a realizzare, nel rispetto della par condicio, il soddisfacimento di tutti i creditori per il pagamento (parziale) dei loro crediti; La riforma del 2006 ha sostanzialmente modificato l’istituto, semplificandone la disciplina. Le disposizioni del concordato sono state successivamente oggetto di numerose modificazioni ad opera del decreto correttivo (D.lgs. 169/2007). Distratto

11 La proposta di concordato Art. 124 L.F.: i soggetti legittimati
La proposta di concordato può essere presentata: da uno o più creditori o da un terzo, anche prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo, purché sia stata tenuta la contabilità e i dati risultanti da essa e le altre notizie disponibili consentano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori del fallito da sottoporre all’approvazione del giudice delegato; dal fallito solo dopo un anno dalla dichiarazione di fallimento e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo. La proposta deve essere presentata con ricorso al giudice delegato, sottoscritto personalmente dal ricorrente o da un rappresentante munito di procura ad hoc. Distratto

12 La proposta di concordato approvata dall’imprenditore collettivo Art
La proposta di concordato approvata dall’imprenditore collettivo Art. 152 L.F. Art. 152  L.F. “La proposta di concordato per la società fallita è sottoscritta da coloro che ne hanno la rappresentanza sociale. La proposta e le condizioni del concordato, salva diversa disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto: a) nelle società di persone, sono approvate dai soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale; b) nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché nelle società cooperative, sono deliberate dagli amministratori. In ogni caso, la decisione o la deliberazione di cui alla lettera b), del secondo comma deve risultare da verbale redatto da notaio ed è depositata ed iscritta nel registro delle imprese a norma dell'articolo 2436 del codice civile”. Distratto

13 La proposta di concordato Art. 124 L.F.: il contenuto
La proposta di concordato può prevedere: la suddivisione dei creditori in classi diverse, secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei; trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse, indicando le ragioni della diversità. Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione; la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie. Distratto

14 Il trattamento dei creditori chirografari e la suddivisione in classi
Il soddisfacimento dei creditori chirografari può avvenire attraverso qualsiasi forma e, quindi, non necessariamente con il pagamento di somme di denaro. Consente di prevedere per i creditori la collocazione in classi differenti con trattamenti differenziati: per la misura del soddisfacimento (ad esempio una percentuale più elevata per i piccoli creditori o per i possessori di titoli obbligazionari); per la forma del soddisfacimento (ad esempio con il pagamento di una percentuale in tempi brevi a una classe di creditori e l’attribuzione a un’altra classe di creditori di azioni o quote della società destinata a ritornare in bonis). Il tribunale ha il potere officioso di verificare il corretto utilizzo dei suindicati criteri. Distratto

15 Il trattamento dei creditori muniti di diritto di prelazione
Significativa novità introdotta con il decreto correttivo (D.lgs. 169/2007): la proposta può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i requisiti per la nomina di curatore previsti dall’Art. 28 lett. a) e b) L. F.. Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione. Distratto

16 L’assuntore del concordato
Il terzo assuntore che nella nuova disciplina può presentare autonomamente la proposta di concordato, è colui il quale assume in proprio il rischio della liquidazione, obbligandosi ad adempiere il concordato, anche eventualmente in solido con il fallito, previo rilievo di tutto l’attivo fallimentare, alla cui liquidazione, provvede per suo conto. L’assunzione può essere: con liberazione immediata del fallito (accollo privativo); senza liberazione del fallito (accollo cumulativo). Distratto

17 Esame della proposta del concordato
La proposta di concordato deve essere presentata al giudice delegato, il quale chiede il parere del curatore con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e delle garanzie offerte nella proposta stessa. Il giudice delegato, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori, ordina che la proposta venga comunicata ai creditori, mediante lettera raccomandata in cui è fissato il termine, non inferiore a 20 giorni né superiore a 30 giorni, entro il quale gli stessi possono far pervenire in cancelleria le loro dichiarazioni di dissenso. In caso di presentazione di più proposte di concordato, il comitato dei creditori sceglie la proposta da sottoporre all’approvazione dei creditori. Qualora il curatore lo ritenga conveniente, può suggerire al giudice delegato di comunicare ai creditori le altre proposte non scelte dal comitato dei creditori. Il provvedimento del giudice delegato è reclamabile ex Art. 26 L.F.. Distratto

18 Il voto nel concordato Art. 127 L.F.
“Se la proposta è presentata prima che lo stato passivo venga reso esecutivo, hanno diritto al voto i creditori che risultano dall'elenco provvisorio predisposto dal curatore e approvato dal giudice delegato; altrimenti, gli aventi diritto al voto sono quelli indicati nello stato passivo reso esecutivo ai sensi dell'articolo 97. In quest'ultimo caso, hanno diritto al voto anche i creditori ammessi provvisoriamente e con riserva. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l'integrale pagamento, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione, salvo quanto previsto dal terzo comma. La rinuncia può essere anche parziale, purché non inferiore alla terza parte dell'intero credito fra capitale ed accessori. Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono assimilati ai creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato. I creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell'articolo 124, terzo comma, la soddisfazione non integrale, sono considerati chirografari per la parte residua del credito. Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti ed affini fino al quarto grado e coloro che sono diventati cessionari o aggiudicatari dei crediti di dette persone da meno di un anno prima della dichiarazione di fallimento. La stessa disciplina si applica ai crediti delle società controllanti o controllate o sottoposte a comune controllo. I trasferimenti di crediti avvenuti dopo la dichiarazione di fallimento non attribuiscono diritto di voto, salvo che siano effettuati a favore di banche o altri intermediari finanziari”. Distratto

19 Approvazione della proposta di concordato
Art. 128  L.F. “Il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se tale maggioranza si verifica inoltre nel maggior numero di classi. I creditori che non fanno pervenire il loro dissenso nel termine fissato dal giudice delegato si ritengono consenzienti. La variazione del numero dei creditori ammessi o dell'ammontare dei singoli crediti, che avvenga per effetto di un provvedimento emesso successivamente alla scadenza del termine fissato dal giudice delegato per le votazioni, non influisce sul calcolo della maggioranza. Quando il giudice delegato dispone il voto su più proposte di concordato ai sensi dell’articolo 125, secondo comma, terzo periodo, ultima parte, si considera approvata quella tra esse che ha conseguito il maggior numero di consensi a norma dei commi precedenti e, in caso di parità, la proposta presentata per prima”. Distratto

20 Il giudizio di omologazione
Decorso il termine stabilito per le votazioni, il curatore presenta al giudice delegato una relazione sul loro esito: se i creditori hanno approvato la proposta, il giudice delegato dispone che ne sia data immediata comunicazione al proponente, affinché ne richieda l’omologazione al fallito e ai creditori dissenzienti; con decreto il giudice fissa un termine non inferiore a 15 giorni e non inferiore a 30 giorni per a. la proposizione di eventuali opposizioni da parte di qualsiasi soggetto interessato e b. per il deposito della relazione motivata con il parere conclusivo del comitato dei creditori; la richiesta di omologazione e l’opposizione si propongono con ricorso al tribunale ai sensi dell’Art. 26 L.F.; il decreto di omologazione pronunciato dal tribunale è reclamabile con ricorso dinnanzi alla Corte d’Appello. Distratto

21 Efficacia del decreto Art. 127 L.F.
La proposta di concordato diventa efficace dal momento in cui scadono i termini per opporsi all'omologazione, o dal momento in cui si esauriscono le impugnazioni previste dall‘Art. 129 L.F.. Quando il decreto di omologazione diventa definitivo: il curatore rende conto della gestione ai sensi dell‘Art. 116 L.F.; il tribunale dichiara chiuso il fallimento. Distratto

22 Effetti dell’omologazione del concordato
L’efficacia del decreto produce i seguenti effetti: 1. vincola il fallito, o il proponente, o il terzo garante o assuntore all’adempimento degli obblighi assunti; rende obbligatorio il concordato per tutti i creditori anteriori all’apertura del fallimento, compresi quelli che non abbiano presentato domanda di ammissione al passivo, salvo patto contrario contenuto nella proposta di concordato presentata dal terzo assuntore con cui egli ha limitato i suoi obblighi concordatari ai soli creditori ammessi al passivo (Art. 124, ult. co., L.F.); il curatore rende il conto della gestione ai sensi dell’Art. 116 L.F.; Il tribunale dichiara chiuso il fallimento; con l’omologazione del concordato non decadono gli organi della procedura ma restano in funzione per sorvegliare l’adempimento del concordato stesso, secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione (Art. 136 L.F.). Distratto

23 Risoluzione del concordato: riapertura del fallimento
Il concordato può essere risolto: se le garanzie promesse non vengono costituite; se gli obblighi assunti non sono adempiuti. Il decreto correttivo ha riservato ai soli creditori la legittimazione a chiedere la risoluzione del concordato. Il concordato risolto fa riaprire la procedura fallimentare. Distratto

24 Annullamento del concordato: riapertura del fallimento
Il concordato può essere annullato: se è stato dolosamente esagerato il passivo; se è stata sottratta o dissimulata una parte rilevante di attivo. L’annullamento, proponibile entro 6 mesi dalla scoperta del dolo e in ogni caso non oltre 2 anni dalla scadenza fissata per l’ultimo adempimento, è pronunciato con sentenza del tribunale, su domanda del curatore o di un creditore, in contraddittorio delle parti. L’annullamento del concordato fa riaprire la procedura fallimentare. Distratto

25 L’esdebitazione L’esdebitazione consiste nella liberazione del fallito (solo persona fisica), una volta chiusa la procedura senza l’integrale pagamento di tutti i creditori, dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti per intero, a condizione che egli sia considerato meritevole. Requisiti soggettivi: abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all’accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni; non abbia ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura; non abbia violato le disposizioni di cui all’Art. 48 L.F., riguardante l’obbligo di consegna al curatore della corrispondenza inerente i rapporti compresi nel fallimento; non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei 10 anni precedenti la richiesta; non si sia reso autore delle attività fraudolente di distrazione dell’attivo, di esposizione di passività insussistenti, di causazione o aggravamento del dissesto, di ricorso abusivo del credito; non sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per il reato di bancarotta fraudolenta o per i delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio e altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione. Distratto

26 Il procedimento di esdebitazione
Il beneficio dell’esdebitazione può essere concesso dal tribunale, su ricorso presentato dal debitore, in due momenti: nel decreto con cui è dichiarata la chiusura del fallimento; successivamente, purché entro un anno dalla chiusura. Il tribunale decide con decreto, dopo aver verificato l’esistenza delle condizioni richieste dall’Art. 142 L.F.. Con il decreto di esdebitazione, il tribunale dichiara inesigibili nei confronti del fallito i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente. Contro il decreto di accoglimento o rigetto può essere proposto reclamo dal debitore e dai creditori non integralmente soddisfatti, entro 10 giorni dalla sua emissione. Distratto


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