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PubblicatoStefania Marra Modificato 8 anni fa
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Fiabe: origini e sviluppi
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Propp Propp individuò le origini storiche della fiaba (qualsiasi sviluppo narrativo che prende le mosse da un danneggiamento o da una mancanza attraverso funzioni intermedie e arriva fino allo scioglimento) nelle società tribali e nei riti di iniziazione. Il nucleo più antico delle fiabe magiche deriva dai rituali di iniziazione in uso nelle società primitive. Ciò che le fiabe narrano una volta accadeva: giunti a una certa età i ragazzi venivano separati dalla famiglia e portati nel bosco (Pollicino, Biancaneve etc.), dove gli stregoni della tribù, travestiti in modo da incutere paura, col viso coperto da maschere orribili.
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I ragazzi venivano sottoposti a prove difficili e spesso mortali, ricevevano in consegna le armi (i doni magici che nelle fiabe donatori soprannaturali distribuiscono agli eroi in pericolo); infine, facevano ritorno alle loro case ed erano maturi per sposarsi e badare a se stessi. Nella struttura della fiaba si ripete la struttura del rito. Secondo Propp, la fiaba ha cominciato a vivere come tale quando l’antico rito è caduto, lasciando di sé solo il racconto.
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Le fiabe sarebbero dunque nate per caduta dal mondo sacro al mondo laico: come per caduta sono approdati al mondo infantile, ridotti quasi a giocattoli. Attorno al primitivo nucleo magico le fiabe hanno raccolto altri miti desacralizzati, racconti di avventure, leggende, aneddoti; accanto ai personaggi magici hanno schierato i personaggi del mondo contadino (ad esempio il furbo e lo sciocco). Si è creato un denso e complesso magma.
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Così facendo trasse una struttura che propose come paradigma di tutte le narrazioni, invece che classificare le fiabe in “tipi” e distinguere in esse dei “motivi ricorrenti” (cosa che faceva la scuola “storico-geografica”). Di conseguenza, Propp ricavò dalle manifestazioni variabili delle fiabe (personaggi e attributi) un numero finito di “costanti” (azioni e funzioni) che si ritrovano in tutte le fiabe nella stessa successione.
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Propose la formula di uno schema comune a tutte le fiabe, articolato in 31 funzioni. Funzioni: sequenze inalterabili nell’ordine (si dispongono in successione logica in un unico racconto), che insieme compongono il racconto. Una funzione (elemento principale, grandezza costante, parte costitutiva fondamentale) indica una situazione tipica nello svolgimento della trama di una fiaba, riferendosi ai personaggi e ai loro precisi ruoli. Nell’analisi di Propp, è più importante quello che fa il personaggio, e non chi è. Se l’eroe è una fanciulla, un principe o un animale, poco importa: a caratterizzare lo svolgimento della trama è l’azione compiuta dall’eroe e no le sue caratteristiche fisiche.
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Sono 8 le categorie di personaggi tipo: 1) antagonista: colui che lotta contro l’eroe; 2) mandante: è il personaggio che esplicita la mancanza e spinge l’eroe a iniziare la missione; 3) aiutante: colui o colei che aiuta l’eroe nella sua ricerca; 4) principessa o premio: l’eroe si rende degno di lei, ma spesso una serie di ingiustizie causate dall’antagonista impediscono il matrimonio.
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5) padre di lei: colui che fornisce gli incarichi all’eroe, identifica il falso eroe e celebra il matrimonio. 6) donatore: prepara l’eroe e gli fornisce l’oggetto magico. 7) eroe o vittima: colui che reagisce al donatore, sposa la principessa. 8) falso eroe: colui che si prende il merito dell’eroe. Ogni personaggio riunisce più funzioni in una sfera d’azione.
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Per Walter Benjamin il narratore era colui che trasmetteva ESPERIENZA in epoche in cui la capacità degli uomini di imparare dall’esperienza non era ancora perduta. Il narratore attinge a un anonimo patrimonio di memoria trasmesso oralmente, in cui l’evento isolato nella sua singolarità ci dice qualcosa del “senso della vita”. Cos’è il “senso della vita”? È qualcosa che possiamo cogliere soltanto nelle vite degli altri che, per essere oggetto di narrazione, ci si presentano come compiute, sigillate dalla morte.
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La fiaba ci informa delle prime disposizioni prese dall’umanità per liberarsi dall’incubo che il mito le faceva gravare sul petto. Ci fa vedere, ad esempio, la fiaba, nell’immagine degli animali che aiutano il bimbo, che la natura non è solo infeudata al mito, ma si schiera più volentieri a difesa dell’uomo. Il meglio – ha insegnato la fiaba anticamente all’umanità e insegna ancora oggi ai bambini – è affrontare le potenze del mondo mitico con astuzia e impertinenza.
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