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PubblicatoFeliciano Arcuri Modificato 8 anni fa
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A Mevia, a seguito di alcuni esami, viene diagnosticato un carcinoma, ancora di modeste dimensioni. A Mevia viene pertanto prescritto di sottoporsi a intervento chirurgico e di iniziare un ciclo di chemioterapia. Molto prostata psicologicamente per l’esito degli esami clinici, Mevia non si affida immediatamente alle cure, anche in ragione della sua diffidenza verso la medicina ufficiale, alimentata dall’esistenza di precedenti decessi per patologie neoplastiche nella sua storia familiare. In quel periodo, Mevia ascolta una trasmissione radiofonica in cui Caio, definitosi esperto in cure vegetariane e neuropate, invita ad allontanarsi dalle terapie tradizionali per seguire rimedi alternativi. Mevia si reca quindi da Caio, il quale, ribadendo l’inutilità delle cure proposte dalle medicina ufficiale, le prescrive una terapia di quaranta giorni, consistente in una dieta rigorosa esclusivamente a base di succhi di carote, in frequenti irrigazioni al colon e in ripetuti impacchi a base di argilla, rassicurandola che all’esito della stessa il tumore sarebbe stato espulso dall’organismo. Tutti i prodotti in questione vengono forniti dallo stesso Caio, dietro corrispettivo. Nel corso della terapia Mevia dimagrisce fortemente e appare molto debilitata. Nondimeno, Caio, in occasione delle frequenti visite di Mevia, la invita a proseguire la cura e a non ascoltare i parenti che, preoccupati per le sue condizioni, insistono affinché la stessa si rechi in ospedale. All’esito della terapia non si verifica la guarigione sperata e Mevia si reca finalmente in clinica, ove le viene diagnosticata una grave metastasi che, in breve, la conduce alla morte. I successivi accertamenti rivelano che se Mevia si fosse sottoposta a chemioterapia e asportazione chirurgica dopo la prima diagnosi, le percentuali di guarigione totale sarebbero state superiori al 60% e comunque si sarebbe ragionevolmente prolungata la sopravvivenza di almeno cinque anni.
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I rapporti tra causalità omissiva e causalità attiva La causalità omissiva: caratteristiche. Il nesso tra omissione ed evento e la c.s.q.n. La natura necessariamente stocastica della causalità omissiva: struttura bifasica (nomologica e stocastica): l’esigenza di una duplice indagine. L’impossibile esclusione dei fattori causali alternativi in contesto omissivo (“neanche la Franzese applica la Franzese”). Ritorna quindi il problema sul grado di certezza della legge di copertura, e, quindi si acutizza quello degli altri elementi strutturali del reato omissivo improprio)
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Il reato omissivo Si è puniti per non avere fatto ciò che si doveva fare. Il precetto è un comando di fare qualcosa Si può quindi rimproverare ad un soggetto di non avere tenuto una determinata condotta se vi è una norma giuridica che imponga di tenere quella condotta. R. Omissivi propri l’obbligo è posto nella norma incriminatrice R. Omissivi impropri 40+fattispecie di parte speciale
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Struttura del reato omissivo proprio Il legislatore tipizza. I presupposti l’azione doverosa La pena. Esempi. Omissione di soccorso (art. 593). Omessa denuncia di reato da parte del PU (art. 361 c.p.)
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Struttura del reato omissivo improprio Art. 40 cpv + (ad esempio) 575 = Uguale. Chi non impedisce la morte di un uomo che ha l’obbligo giuridico di scongiurare è punito con la reclusione non inferiore ad anni 21. Fare un parallelo con il 593. Dove sono i presupposti (la situazione tipica) dove sta l’azione doverosa?
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Problemi di costituzionalità 1.Riserva di legge in senso formale e tendenzialmente assoluta 2.Determinatezza 3.Precisione 4.Uguaglianza/ragionevolezza della clausola di equivalenza.
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Tutto il peso sta sull’obbligo giuridico Tre teorie. Formale Sostanziale mista
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