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PubblicatoCarolina Ranieri Modificato 8 anni fa
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George Berkeley "Esse est percipi"
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Vita e scritti George Berkeley nacque a Dysert (Irlanda) il 12 marzo 1685. Nel 1707 si laureò a Dublino. Nel 1710 pubblicò l'opera di maggior successo intitolata “Trattato su princìpi della conoscenza umana”. Nel 1728 fondò un collegio nelle isole Bermuda Dopo essere stato nominato vescovo di Cloyne, morì nel 1753 ad Oxford.
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Locke e Berkeley Locke e Berkeley si trovano in sintonia sul fatto che l'oggetto della conoscenza umana sia costituito dalle idee. L'unica fonte di quest' ultime è proprio l'esperienza la quale è in grado di presentarci in modo congiunto un insieme di idee. es: Mela: una collezione di idee di sensazione (sapore,odore,forma..); l'esperienza unifica queste rappresentazioni mentali in un singolo ente che chiamiamo "mela"
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Contro le idee astratte Locke: l'essere umano è dotato della facoltà di astrarre idee separate dalle qualità dell'oggetto stesso. Berkeley: La causa principale delle incertezze che si incontrano in filosofia è la credenza che il nostro spirito possa avvalersi della capacità di astrazione: esistono solo idee particolari
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Idee particolari Non esistono dunque idee universali bensì solo idee particolari, interpretate come segni appartenenti ad un gruppo di altre idee particolari tra loro affini. Berkeley dunque pare difendere a spada tratta la posizione dei nominalisti di Ockham per i quali gli universali erano soltanto “segni mentali”.
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" Esse es percipi": l' immaterialismo Secondo il filosofo irlandese, le idee, per esistere, devono essere "percepite": il loro "esse" consiste nel "percipi". Non è dunque possibile che esistano fuori dallo spirito che le percepisce. Ciò che pare avere un'esistenza distinta (case, montagne, uomini..) non è altro che una delle tante astrazioni. Oggetto= percezione: non è dunque possibile che vi sia qualcosa che esiste distintamente.
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Non esiste una sostanza corporea o materia ma esiste soltanto un'idea che non ha sussistenza se non è percepita. Berkeley sentenzia che la realtà si risolve in una serie di idee che per essere considerate esistenti hanno bisogno di essere percepite. "Se esistesse una materia, essa sarebbe soltanto un limite alla perfezione divina".
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Idealismo gnoseologico Con il termine "gnoseologia" (dal greco gnosis= conoscenza e logos= discorso) si intende quella disciplina filosofica che si occupa dello studio della conoscenza. Essa si occupa, in particolare, dell'analisi dei fondamenti, dei limiti e della validità della conoscenza, intesa essenzialmente come relazione tra il soggetto (conoscente) e l'oggetto ( della conoscenza). L'idealismo di Berkeley è detto quindi "gnoseologico" perchè egli slega la conoscenza da ogni presunta sostanza materiale a noi esterna.
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Trattato sui princìpi della conoscenza umana "E' evidente per chiunque esamini gli oggetti della conoscenza umana, che questi sono: o idee impresse ai sensi nel momento attuale; o idee percepite prestando attenzione alle emozioni e agli atti della mente; o infine idee formate con l'aiuto della memoria e dell'immaginazione, riunendo, dividendo o soltanto rappresentando le idee originariamente ricevute nei due modi precedenti. (Trattato sui princìpi della conoscenza umana, pag 41-44 )
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Seconda correzione alla filosofia di Locke: qualità primarie e secondarie Secondo Berkeley non vi è differenza tra qualità primarie e qualità secondarie: Le qualità primarie non esistono senza le secondarie e indipendentemente da una mente che le pensa: "In breve, l'estensione,la forma, il moto, astratti dalle altre qualità sensibili, sono inconcepibili. Dove dunque sono le altre qualità sensibili vi saranno anche le qualità primarie: cioè, anch'esse, nella mente".
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Il substrato della materia L'ultimo rifugio del materialismo può essere quello di ammettere la sostanza materiale come un substrato (substerno= assoggettare, sottomettere) delle qualità sensibili. Questo substrato, dice Berkeley, è diverso per definizione dalle idee sensibili, non avrà rapporto alcuno con le nostre percezioni. La materia, se esistesse, sarebbe inattiva e non sarebbe in grado di produrre idee.
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La causa delle idee Qual è dunque la causa delle idee? Questa causa non può essere la materia Le idee stesse non possono essere la causa di sè stesse in quanto esse sono completamente prive di forza e di azione. Sono dunque inattive. Ciò che attivo è soltanto lo spirito che le possiede. Interessante è come Berkeley spieghi tale concetto.
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Uno Spirito superiore Il nostro spirito agisce sulle idee variandole e unendole a suo grado. Eppure esso non ha nessun potere sulle idee percepite attualmente ( "cose naturali"). Queste idee sono più vive e più forti e dotate di ordine e coerenza maggiore rispetto a quelle dell'immaginazione. Queste idee "superiori" sono prodotte in noi da uno Spirito sommo, che è Dio, spirito buono e saggio.
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Tra materialismo e spiritualismo Le idee che noi chiamiamo cose reali, dunque, sono prodotte nei nostri sensi da Dio mentre le altre, meno vive, che chiamiamo propriamente idee, sono le immagini delle prime. Qui Berkeley afferma che le cose (idee attuali) che noi non percepiamo, sono in realtà percepite da Dio (cose esterne). Se si ammette che la materia è reale, dirà poi il filosofo irlandese, Dio diventa inutile. La materia diventa causa e si nega il disegno provvidenziale divino e, dunque, un'intelligenza ordinatrice. La bellezza e l'esistenza del sensibile si palesa come la dimostrazione dell'esistenza di Dio
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Studio della natura come fenomeno religioso Rendersi conto delle leggi naturali significa interpretare il linguaggio con cui Dio ci guida verso la felicità della vita. Scienza della natura=linguaggio divino Filosofia= vera lettura del linguaggio divino poichè scopre il suo significato religioso e risale alla grandezza del Creatore. L'esistenza di Dio è assai più evidente di quella degli uomini.
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Kant e Berkeley Kant ( C.R.P 275-276) Io sono cosciente della mia esistenza come determinata nel tempo. Ogni determinazione temporale presuppone alcunché di permanente nella percezione. Ma questo elemento permanente non può essere qualcosa in me, visto che la mia esistenza nel tempo richiede di essere determinata proprio da questo alcunché di permanente. La percezione di questo permanente non è dunque possibile se non in base a qualcosa fuori di me e non in base alla semplice rappresentazione di una cosa fuori di me. Quindi, la determinazione della mia esistenza nel tempo presuppone l'esistenza di cose reali, da me percepite come fuori di me.
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