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Elementi di stabilità di pendii
Cenni sui meccanismi Cenni sulla tipologia Cenni sugli studi ai fini di: caratterizzazione cinematica interventi di stabilizzazione monitoraggio Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Tmax dipende da numerosi fattori:
sforzo normale agente sulla superficie di scorrimento resistenza dei materiali a contatto pressione dell’acqua sulla superficie di scorrimento Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Aumento della pressione dell’acqua nel sottosuolo
CAUSE DELLE FRANE Aumento di Pt { Aumento della pressione dell’acqua nel sottosuolo Diminuzione della resistenza del terreno Modifiche della geometria del pendio Sisma Spinta idraulica Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Pendii naturali di argilla
Per vari decenni, dalla nascita dell’Ingegneria Geotecnica fino agli anni 60, molti ricercatori ritennero che in generale le variazioni di stato tensionale in un pendio di argille avvenissero in condizioni non drenate e che quindi le analisi dovessero essere svolte in termini di tensioni totali. Bishop e Bjerrum nel 1960 intuirono che gran parte dei pendii naturali di argilla rispondevano alle variazioni di condizioni al contorno in condizioni drenate ed iniziarono ad eseguire con successo analisi in termini di tensioni efficaci (calcolando il regime di pressioni neutre in condizioni stazionarie). Ciò accade perché le variazioni di stato tensionale nei pendii legate a cause naturali: erosione fluviale, erosione pluviale, decadimento delle proprietà meccaniche dei terreni per esposizione agli agenti atmosferici, sono estremamente lente. Inoltre la causa più frequente di collasso di un pendio: l’innalzamento del livello di falda, non comportando variazioni di tensioni totali nel sottosuolo (a meno di un aumento del peso dell’unità di volume del terreno, in genere irrilevante, essendo i terreni argillosi saturi anche al di sopra della falda) non induce sovrappressioni neutre (ossia la condizione è drenata). Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Definizione di frana (1/2)
Movimento controllato dalla gravità, superficiale o profondo, rapido o lento, di materiali costituenti un versante o un intero rilievo (da Varnes, 1978, in Carrara et al., 1985) Movimento di una massa di roccia, terra o detrito lungo un versante (Cruden, 1991) Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Definizione di frana (2/2)
Nei problemi di stabilità dei pendii il collasso(*) di un volume di terreno che costituisce il versante prende il nome di frana. Lo studio delle frane fu avviato dai geologi prima che nascesse la disciplina dell’ingegneria geotecnica, per cui ancora oggi è in uso una terminologia che non fa riferimento agli aspetti meccanici. La definizione è insufficiente perché non chiarisce che la frana implica un fenomeno di collasso, e quindi la rottura, di un volume finito di terreno o di roccia che costituisce il versante. Affinché si possa parlare di frana è necessario che lo stato tensionale nel pendio comporti la plasticizzazione di ampi volumi di terreno e la formazione di superfici di scorrimento. Rispetto alla suddetta definizione il termine movimenti è insufficiente. Non può escludersi infatti che i “movimenti” siano il risultato di deformazioni conseguenti a modifiche dello stato tensionale compatibili con le condizioni di esercizio del pendio (in tal caso non si tratta di una frana). (*) il collasso è una condizione cinematica in cui il volume instabile subisce grandi spostamenti, al limite infiniti Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Studio di una frana Studio geologico e geomorfologico su area vasta (dal rilievo al bacino idrografico) Studio morfostrutturale della frana (in relazione al versante) Caratterizzazione del corpo di frana: caratteri litostratigrafici e fisico-meccanici dei terreni coinvolti (con particolare attenzione per la resistenza al taglio); regime delle falde idriche (prima e durante il movimento); cinematica del movimento franoso Modellazione della frana: sintesi dei punti precedenti e schematizzazione del fenomeno in termini che consentano l’analisi matematica del fenomeno stesso Verifica di stabilità: validazione del modello proposto e messa a punto di un procedimento di calcolo da utilizzare nella successiva progettazione dell’intervento Valutazione della necessità/opportunità di un intervento di stabilizzazione Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Rilevamento dati Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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52 Mld € per la sistemazione Finanziati 500 Ml €/anno
Franosità in Italia 485,000 frane censite; 11,000 frane «importanti»; 52 Mld € per la sistemazione Finanziati 500 Ml €/anno Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Classificazione delle frane
Alla classificazione delle frane sono stati dedicati gli sforzi di molti ricercatori. Le principali classificazioni elaborate a tutt’oggi sono dovute ai seguenti Autori: Almagià, 1910 Sharpe, 1938 Gortani, 1948 Ippolito e Cotecchia, 1954 Varnes, 1958 Penta, 1959 Hutchinson e Savage, 1968 Skempton e Hutchinson, 1969 Desio, 1971 Brugner e Valdinucci, 1972 Nemcock, Pasek e Rybar, 1972 Vallario e Coppola, 1973 Blyth e De Freitas, 1974 Nicotera, 1975 Venzo, 1976 Varnes, 1978 Corniello, De Riso e Lucini, 1980 Hutchinson, 1988 Cruden e Varnes, 1994 Il fatto stesso che molti Autori abbiano sentito l’esigenza di riclassificare le frane mostra che l’argomento è complesso e che probabilmente non ha ancora trovato una sistemazione definitiva. Allo stato attuale la classificazione più utilizzata in letteratura è quella di Varnes (1978). Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Classificazione di Varnes, 1978
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Classificazione di Varnes, 1978
(traduzione di Carrara, D’Elia e Semenza, 1985) Tipo di movimento Tipo di materiale Ammasso Detrito Terra Crolli a b c Ribaltamenti d e f Scorrimenti rotazionali g h i traslativi J k l Colamenti p q r La classificazione di Varnes suddivide le frane in base al tipo di movimento ed al materiale coinvolto: roccia lapidea, detrito (terreno a grana grossa) e terra (terreno a grana fine). Le diverse combinazioni di tipologia e materiale definiscono molti meccanismi che si differenziano per i caratteri morfologici e cinematici. Si possono inoltre combinare vari meccanismi che danno vita alle frane complesse. Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Crollo (1) I crolli consistono nel distacco di materiale da pareti acclivi di roccia lapidea o sciolta. Il corpo di frana si muove perdendo il contatto col pendio, quindi per caduta libera, salti, rimbalzi e/o rotolamento. Se i blocchi sono costituiti da roccia lapidea danno vita ad una frana dotata di ampia capacità di propagazione; se gli stessi sono di roccia sciolta si disfano al primo impatto. Detrito di frana Posizione iniziale del blocco Blocco crollato Onde Blocco in caduta Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Crollo (2) Il distacco è preceduto spesso da movimenti impercettibili e può essere provocato da rottura per trazione (di ponti integri di roccia) o per taglio (lungo discontinuità preesistenti) ovvero da ribaltamento (di blocchi isolati). Perchè i movimenti successivi al distacco portino alla caduta nel vuoto, l’affioramento deve presentare pareti subverticali. La velocità dipende naturalmente dall’altezza di caduta. L’impatto successivo del blocco sul terreno può provocarne l’arresto ed eventualmente la sua frantumazione, o essere seguito da ulteriori movimenti del blocco stesso o dei suoi frammenti sotto forma di rotolamento, scivolamento, flusso o valanga di detrito. La distanza percorsa dai detriti e la loro velocità dipendono da fattori geometrici (pendenza e morfologia del versante), fisico-meccanici (elasticità della superficie sulla quale è avvenuto l’impatto e resistenza del blocco) ed iniziali (velocità di impatto). Le dimensioni di queste frane sono molto variabili: pur trattandosi spesso di volumi relativamente piccoli (<1 mc), a volte si verificano crolli di dimensioni anche notevoli dovuti alla disarticolazione di ammassi rocciosi molto fratturati. La durata del movimento non supera qualche minuto e la distanza di propagazione dopo l’impatto rientra nell’ordine delle centinaia di metri a causa della frantumazione minuta dei blocchi e della conseguente dissipazione di energia. Si tratta pertanto di fenomeni catastrofici di tipo fragile che investono aree spesso di non grande estensione ubicate a valle della zona di collasso. Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Esempio di crollo in roccia
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Crolli Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Ribaltamento (1) Il ribaltamento consiste in una frana di rocce lapidee o sciolte, con rotazione del volume spostato intorno ad un punto posto al di sotto del baricentro del corpo di frana. Così come i crolli, i ribaltamenti sono frequenti sui fronti di rocce lapidee fratturate e coinvolgono blocchi già isolati da fratture esistenti, spesso formatesi per sollecitazioni tettoniche. Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Ribaltamento (2) I ribaltamenti sono causati dalla rotazione di blocchi colonnari o lastre di roccia, più raramente di elementi di argilla molto consistente. Il verificarsi di questi fenomeni, che possono essere preceduti da spostamenti anche importanti e quindi talvolta percepibili, è strettamente legato ai sistemi di discontinuità locali dell’ammasso. La velocità dei movimenti non raggiunge quasi mai valori estremamente elevati per la modesta altezza di caduta. L’impatto al suolo provoca spesso l’arresto ed eventualmente la frantumazione del blocco. La morfologia della superficie su cui si verifica l’impatto può comunque favorire una successiva evoluzione del fenomeno in scivolamento o flusso di detrito. Comunque, la distanza percorsa dai detriti e la loro velocità sono in genere limitate. Le dimensioni di questi fenomeni dipendono sensibilmente dallo stato di fratturazione della roccia. In alcuni casi possono verificarsi fenomeni di ribaltamento di dimensioni notevoli caratterizzati dalla disarticolazione dell’ammasso roccioso e dalla propagazione retrogressiva del fenomeno. La durata del fenomeno non supera qualche minuto e la distanza di propagazione qualche centinaio di metri. Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Scorrimento rotazionale
Posizione iniziale Massa dislocata Scorrimento rotazionale Il movimento comporta un netto spostamento differenziale del corpo di frana rispetto al pendio stabile, concentrato su una superficie di scorrimento o all’interno di una zona di taglio posta alla base del corpo di frana stesso. Si tratta di una rotazione intorno ad un punto posto al di sopra del corpo di frana, in cui la massa dislocata rimane sempre a contatto col pendio sottostante. Gli spostamenti rigidi sono preponderanti rispetto a quelli dovuti alla deformazione interna del corpo di frana. Rigonfiamento al piede Unghia Coronamento Superficie di scorrimento Centro di rotazione Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Massa di terreno dislocata da uno scorrimento rotazionale
Nicchia di distacco Si osserva la nicchia di distacco a monte, con andamento leggermente arcuato, ed il terreno dislocato dagli spostamenti (rigonfiato ed ammorbidito) Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Formazione della nicchia di distacco di una frana di
scorrimento (fratture del coronamento) Si osserva il l’abbassamento del terreno dislocato, con formazione della scarpa principale Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Frane per scorrimento rotazionale
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Striature sulla superficie di scorrimento di una frana in terreni argillosi
Nei terreni argillosi le particelle di argilla sulla superficie di scorrimento si orientano secondo la direzione del movimento, determinando il decadimento della resistenza dal valore di picco a quello residuo. Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Scorrimenti (o scivolamenti)
Gli scivolamenti sono tipici sia degli ammassi rocciosi sia dei terreni sciolti e si verificano per la mobilitazione della resistenza a taglio del materiale lungo una superficie continua che attraversa il pendio, isolando un volume finito di terreno. Tale superficie può coincidere con una discontinuità preesistente (superfici di stratificazione, giunti, faglie, superfici di scivolamento di frane antiche, sia in roccia che in argilla) o essere il risultato di un meccanismo di rottura, in genere progressivo. Nel caso la rottura avvenga lungo una superficie di neo-formazione, la superficie di scivolamento si forma in genere all’interno di una “zona di taglio” in conseguenza dei meccanismi di localizzazione degli scorrimenti plastici che precedono la rottura. La profondità della superficie di scorrimento dipende da fattori di carattere stratigrafico o meccanico e può essere sia modesta (metro) sia molto rilevante (centinaia di metri, nel caso dei cosiddetti scivolamenti gravitativi profondi). La rottura è seguita dallo scivolamento, sostanzialmente rigido, del corpo di frana lungo la superficie di scorrimento. La velocità massima del movimento dipende dalla forma della superficie di scorrimento e dalla fragilità del materiale. Essa è quindi molto elevata in roccia (a causa della rigidezza dei blocchi e della levigazione delle discontinuità nel corso del movimento), è relativamente modesta nel caso di scivolamenti sub-rotazionali, è piuttosto bassa lungo superfici di taglio pre-esistenti, caratterizzate da un comportamento duttile. Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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scorrimento traslativo
Il movimento comporta uno spostamento differenziale del corpo di frana rispetto al pendio stabile, lungo una superficie di scorrimento più o meno piana o debolmente ondulata, costituita da una discontinuità strutturale (faglie, giunti di strati- ficazione o fessurazione, interstrati deboli, contatti stratigrafici). Gli spostamenti rigidi sono preponderanti rispetto a quelli dovuti alla deformazione interna del corpo di frana. Esempio di una frana di scorrimento traslativo attivata da uno scavo Condizione di stabilità Condizione di attivazione Posizione iniziale Blocco in frana Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Scivolamento lungo un piano di scorrimento pre-esistente
Gli scorrimenti traslativi si verificano nella generalità dei casi lungo discontinuità planari piuttosto regolari, chiaramente osservabili dopo la caduta della frana Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Colate Le colate sono caratterizzate da un meccanismo apparente di “flusso”, in relazione sia al campo di deformazioni interne che all’assenza di una superficie di taglio. L’entità dei fenomeni deformativi interni e la mobilità delle colate sono tali da consentire al corpo di frana di propagarsi estesamente sul pendio incanalandosi eventualmente in alvei preesistenti, di cui assumono la forma (talvolta esondando). Le colate possono verificarsi sia in roccia che in terreni sciolti. Le colate in argilla si sviluppano lungo una superficie di scivolamento ben definita. La differenza tra scivolamenti e colate in argilla è determinata dai processi deformativi che si sviluppano nella prima fase post-rottura. Nel caso delle colate, il corpo di frana presenta una elevata mobilità determinata dall’insorgere di sovrapressioni neutre positive. Successivamente, per la dissipazione di tali sovrapressioni neutre, la frana rallenta assumendo le caratteristiche di uno scivolamento: in questa fase di lungo termine, il sostantivo colata qualifica piuttosto la forma del corpo di frana che le sue caratteristiche cinematiche. Le colate di argilla possono durare anche decenni o addirittura secoli. Nella loro fase finale esse sono estremamente lente; per conseguenza, la distanza di propagazione non supera qualche centinaio di metri. Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Colata di terra Frana complessa scorrimento - colata
Il corpo di frana si muove con sensibili deformazioni interne, al punto che risulta condizionata la morfologia della frana, che, apparentemente, si presenta come una massa viscosa in movimento. Esiste alla base della frana una superficie di scorrimento lungo la quale si sviluppa una parte rilevante degli spostamenti. Molto di frequente le frane di colata si sviluppano sotto forma di frane complesse scorrimento – colata. Il terreno franato per scorrimento si accumula al piede della scarpa e si ammorbidisce per effetto delle piogge; quindi fluisce in colata. Scarpa Fratture Scorrimento Colata di terra Blocco Superficie di rottura Alimentazione Canale di flusso Accumulo Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Colata di detrito Colata rapida di terra Valanga di detrito
Colata di fango Il corpo di frana è completamente disfatto ed il moto è simile a quello dei mezzi viscosi o addirittura dei fluidi, se vi è una forte presenza di acqua (da qui il nome di colata). Si parla di valanga quando la frana ha una elevata capacità di erodere materiale lungo il percorso e quindi di accrescere il suo volume nel suo percorso verso valle. Le colate si dividono in: incanalate e su versante aperto. Scarpa Canale Accumulo Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Fluidificazione del materiale franato
Le possibilità di innesco di una frana e la successiva evoluzione in colata di fango dipendono da molteplici fattori che riguardano i terreni coinvolti e le caratteristiche geometriche del pendio. Per quanto riguarda i terreni, un fattore determinante è l’instabilità strutturale (collassabilità), in quanto il collasso in presenza di condizioni prossime alla saturazione determina elevate sovrapressioni neutre, fino alla possibile liquefazione. Per quanto riguarda la morfologia del pendio concorrono a determinare la liquefazione: la quota di innesco e l’acclività; con esse cresce la velocità che il corpo di frana può assumere lungo il percorso, ossia cresce l’energia cinetica; questa, in occasione di un eventuale impatto accidentale (ad esempio contro le stesse pareti dell’incisione in cui la frana si muove), si trasforma in energia di deformazione del materiale, provocandone il collasso strutturale e la fluidificazione. Per quanto riguarda il volume che raggiunge la zona pedemontana si osserva che la quantità di materiale che parte dalla zona di innesco è di solito modesta e cresce lungo il percorso, in quanto la colata di fango smantella il fondo e le sponde del vallone; la colata si arricchisce di materiale quanto più è lungo il percorso e quanto maggiore è la pendenza. Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Colate detritiche (debris flows)
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Esempi di valanghe di detrito
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Colamento superficiale lento
E’ un movimento della coltre superficiale alterata ed ammorbidita di tipo stagionale, conseguenza della variazioni climatiche e quindi dell’esposizione agli agenti atmosferici. Non esiste una superficie di scorrimento; gli spostamenti sono di natura deformativa. Strutture ruotate Strada parzialmente invasa Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Frane superficiali per colamento
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Esempi di frana su un pendio acclive
in rocce sciolte Valanga di detrito Colata di detrito Scorrimento rotazionale Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Frane complesse La superficie di scorrimento può essere parte
di neo-formazione e parte riattivata Superficie di neo-formazione Superficie di scorrimento esistente Fratture Scarpa Blocco ruotato Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Frane complesse a b La frana complessa di M.te Zandila (Valtellina) del : situazione prima (a) e dopo l’evento (b). (Govi, 1989). Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Classifica di Varnes delle velocità
Tipologia Velocità Crolli Ribaltamenti Scorrimenti Colamenti Colate di fango Colate di fango Crolli di roccia Estremamente rapido 5 m/s Ribaltamenti di roccia Molto rapido 3 m/min Scorr.traslativi Colate di detrito Rapido 1.8 m/h Danni a beni immobili Perdita vite umane Colate di terra Moderato 13 m/mese Scorr.rotazionali Lento 1.6 m/anno Soliflussi Molto lento 16 mm/anno Estremamente lento Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Meccanismi e velocità Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Stato di attività di una frana
Lo stato di attività di una frana descrive la sua condizione di moto nel periodo di tempo in cui essa viene esaminata e comprende una previsione sulle possibilità di moto future. Frana 1) attiva: se è attualmente in movimento 2) sospesa: se ha subito spostamenti nell’ultimo ciclo stagionale ma non è attiva attualmente 3) inattiva: se nell’ultimo ciclo stagionale non ha subito spostamenti 3a) quiescente: se può essere riattivata in quanto le cause di innesco sono ancora attive o possono ripresentarsi 3b) stabilizzata: se non può più essere riattivata in quanto ha raggiunto una condizione di stabilità per cause naturali o grazie ad un intervento antropico 3c) relitta: se si è innescata in condizioni morfologiche e climatiche diverse da quelle attuali e non più ripetibili Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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Evoluzione spaziale Una frana si definisce:
1) in avanzamento (advancing): se la superficie di scorrimento si propaga verso valle 2) retrogressiva (retrogressing): se la superficie di scorrimento si propaga verso monte 3) in diminuzione (diminishing): se il volume del materiale spostato decresce nel tempo 4) in allargamento (widening): se la superficie di scorrimento si estende su uno o entrambi i margini della frana, accrescendo il volume di materiale spostato 5) confinata (confined): se è visibile la scarpa di monte, ma non è visibile l’affioramento della superficie di scorrimento al piede Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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e sue modifiche nel tempo
Quindi Importanza primaria della conoscenza del regime di spostamento del corpo di frana (direzione, velocità) e sue modifiche nel tempo (Monitoraggio) Indagini e Monitoraggio Geotecnico Lezione 15
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