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DOTT. EMILIANO CITARELLA PHD. DIPARTIMENTO STUDI DELLO STATO CESARE ALFIERI FIRENZE La crisi della coscienza europea 1880-

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1 DOTT. EMILIANO CITARELLA PHD. DIPARTIMENTO STUDI DELLO STATO CESARE ALFIERI FIRENZE emiliano.citarella@unifi.it La crisi della coscienza europea 1880- 1930 Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze

2 Dove eravamo arrivati Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento va in crisi il nesso tra individuo e Stato liberale. Emergono le ideologie come strumenti di motivazione e mobilitazione delle masse. Una nuova modernità economica, frutto di trasformazioni industriali e sociali, si impone e trasforma la realtà. La massa è il nuovo soggetto storico. Nascono i partiti ed i sindacati proletari. Il nazionalismo rappresenta una risposta mobilitante alternativa della piccola e media borghesia davanti alla crisi dello Stato. La Prima guerra mondiale agì da acceleratore degli eventi politici, punto di arrivo di dinamiche storiche, essa trasformò irrimediabilmente la società europea che cominciò il suo declino. La guerra mutò di carattere coerentemente con le trasformazioni economiche e sociali. Si ruppe il nesso tra nazione ed umanità. Emergono movimenti dominati da impulsi antiborghesi, antiliberali, irrazionalistici. Comincia la sovversione della verità, per i nazionalisti non ci deve adeguare alle realtà storica ma al mito.

3 L’imperialismo: interpretazioni a confronto Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze Fenomeno sviluppatosi alla fine dell’Ottocento con la spartizione dell’Asia e dell’Africa da parte dei paesi europei. Diverse furono le interpretazioni di questo fenomeno mondiale: Secondo Hannah Arendt alla fine dell’800, a causa di gravi contraddizioni economiche interne, lo Stato intraprese la via dell’imperialismo per scaricare i problemi interni all’esterno, puntando alla conquista di nuovi mercati. La filosofa individua questo periodo nei tre decenni che vanno dal 1884 al 1914, in cui i paesi europei si espandono freneticamente all’estero. Centrale il ruolo della borghesia: essa si era sviluppata in parallelo allo Stato rimanendone al di sopra degli scontri interni. Le decisioni politiche erano dello Stato, la borghesia si occupava delle questioni economiche. Solo quando lo Stato apparve in crisi, la borghesia si interessò direttamente. La conseguenza fu lo scontro tra Stato e Società. Le Istituzioni nazionali resistettero alle pressioni, soprattutto nelle liberal-democrazie. Vi fu equilibrio fino a che non andò al potere il fascismo ma soprattutto la borghesia tedesca non decise di sostenere Hitler. Obiettivo della borghesia era emanciparsi dalle leadership politiche. Effettivamente essa riuscì a prendere il potere e destrutturare lo stato nazionale puntando sull’utilizzo della piccola borghesia (plebaglia). Fu un’illusione poiché la plebaglia prese direttamente il potere sovvertendo gli ordini costituzionali.

4 L’imperialismo: interpretazioni a confronto Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze Per la Arendt, i ceti piccolo borghesi che avevano perso parte della propria identità, a causa della crisi e dell’emergere delle rivendicazioni operaie, poterono recuperare la loro identità e rafforzarla attraverso le conquiste coloniali. Lo Stato, che aveva dimostrato di non riuscire più a garantire sicurezza e stabilità, si muove verso l’esterno per acquistare spazio ed acquisire maggiore potere politico. Gli statisti diffidavano dell’imperialismo poiché avevano intuito che esso avrebbe potuto distruggere il corpo politico dello Stato nazionale. Idea centrale dell’imperialismo, per la Arendt, è l’espansione come fine supremo. Concetto sorto dall’economia e dal commercio e non dalla politica. Espansione come continuo ampliamento della produzione industriale e delle transazioni economiche. Alla fine dell’800 la produzione e lo sviluppo economico rallentarono per problemi politici poiché la rivoluzione industriale cozzava contro i confini degli stati nazionali di popoli organizzati in sistemi politici diversi. Il capitalismo, basato sulla legge del costante sviluppo industriale, si voleva imporre proclamando l’espansione come fine ultimo della politica estera.

5 L’imperialismo: interpretazioni a confronto Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze Per la Arendt, l’imperialismo non possiede in sé un principio originariamente politico. Infatti lo Stato non si espande potenzialmente all’infinito poiché esso deve fare necessariamente perno su di un ordinamento statale territorialmente definito e con popolazione omogenea. Questo perché lo Stato non avrebbe mai il consenso dei popoli sottomessi e se lo facesse avrebbe la coscienza sporca. È il fallimento del sogno napoleonico a dimostrare l’intima contraddizione tra Stato nazionale e politica di conquista (risveglio della coscienza nazionale dei popoli, es. Germania). Quando il dinamismo si accese proiettandosi in Europa esso è fatale per lo Stato poiché spinge nella direzione dei panmovimenti: pangermanesimo e panslavismo. I panmovimenti sono movimenti politici tipici dei paesi con debole struttura dello Stato liberale e democratico, in cui i ceti sociali medio-bassi ricercano appartenenza e soddisfazione attraverso presunte identità di sangue. Essi sono nemici dello Stato di cui criticano il formalismo giuridico poiché esso è lontano dalla loro identità politica: la razza.

6 L’imperialismo: interpretazioni a confronto Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze Lo Stato, che aveva cercato l’alleanza con la nazione in chiave anti operaia per tutto l’Ottocento, adesso entra in crisi a causa del dinamismo dei movimenti nazionalistici che stanno mutando in imperialistici. Lo Stato non si deve più limitare a tutelare le persone giuridicamente, ma esso deve fornire identità ed appartenenza nazionale. Sarà la molla della IWW, la disintegrazione politica dello Stato liberale sotto i colpi dell’imperialismo e dei movimenti nazionalistici, la fine di una riconoscibile articolazione della società in classi, la nascita di masse in rivolta contro lo Stato ad aprire la strada al Totalitarismo. Ideologia che organizzò le masse attraverso lo strumento politico della propaganda con il fine ultimo di trasformare il mondo e la stessa natura umana. Un’ideologia nichilistica destinata al movimento permanente ed instabile, che mobilitava per distruggere le istituzioni attraverso il terrore e la violenza. L’ideologia totalitaria come Logica di un’idea per cui è l’idea che, per venire applicata alla realtà politica, ne distrugge la concretezza. Il Totalitarismo è l’assorbimento dell’azione nell’Idea che sostituisce la concretezza dell’agire politico con l’astrattezza di una teoria.

7 L’imperialismo: interpretazioni a confronto Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze La prima tendenza interpretativa si basa sulla caduta tendenziale del saggio di profitto dovuta al sottoconsumo ed alla composizione organica del capitalismo: La caduta tendenziale del saggio di profitto indica che l’aumento degli investimenti su macchinari e materie prime sottrae risorse ai salari e provoca un tendenziale saggio di profitto sempre minore. Secondo Hobson, liberale progressista inglese, il capitalismo britannico si è sviluppato in concentrazioni monopolistiche, provocando eccesso di risparmio che non ha utilizzo a causa dell’impoverimento della popolazione. Conseguenza fu la spinta espansionistica per individuare nuovi mercati in cui piazzare i prodotti manifatturieri e facilitare gli investimenti. Secondo Hobson si poteva ridurre il potenziale conflittuale della tendenza imperialistica attraverso l’aumento del potere di acquisto delle masse. Hobson sottolineava, diversamente dai marxisti, le radici economiche dell’imperialismo.

8 L’imperialismo: interpretazioni a confronto Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze La seconda interpretazione è della scuola marxista (Hilferding, Luxemburg, Lenin, Bucharin) per la quale il capitalismo era in grado di ritardare il suo crollo – inevitabile – tramite l’espansione imperiale. Ruolo centrale è svolto dalle colonie che accolgono la sovrapproduzione dei paesi europei, forniscono manodopera a basso costo, forniscono materie prime fondamentali per lo sviluppo delle industrie. I marxisti furono particolarmente avversi all’imperialismo anche se i riformisti del revisionismo di Bernstein lo furono con minore intensità. Sottolinearono la contraddizione che si delineava tra le forze produttive ed i rapporti sociali di produzione. Rudolf Hilferding, nel 1910 scrisse “Capitale finanziario” sottolineando in termini marxisti la concentrazione monopolistica dell’economia ed i legami tra le banche e l’industria che, in questo modo, davano vita ad una nuova forma di capitalismo finanziario. L’imperialismo è l’emanazione del capitalismo finanziario. Per Hilferding, l’imperialismo era la inevitabile conseguenza della lotta mondiale dei grandi monopoli industriali e finanziari per ottenere i massimi profitti.

9 L’imperialismo: interpretazioni a confronto Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze Kaustky, nel 1909, scrive “la via al potere” con cui condivide le tesi di Hilferding pur ribadendo i suoi ideali rivoluzionari. Il punto di vista di Kaustky subirà successivamente un’evoluzione avvicinandosi a quello di Bernstein ed in contrapposizione con la Luxemburg. Kautsky e Luxemburg furono le risposte della socialdemocrazia tedesca alla maggiore aggressività della grande borghesia che cominciava ad ottenere il consenso delle masse piccolo borghesi e popolari. Kautsky sosteneva che l’avversario di classe fosse troppo preponderante e che, quindi, non andasse affrontato frontalmente. L’imperialismo aggressivo, inoltre, non era necessariamente immanente al capitalismo con il quale, anzi poteva essere stretto un patto di collaborazione internazionale, il cosiddetto ultraimperialismo. Rosa Luxemburg, nel 1913, scrisse “L’accumulazione di capitale” nel quale sostenne che il mercato capitalistico fosse strutturalmente insufficiente (concezione sottoconsumistica) e che per questo fossero essenziali sbocchi aggiuntivi per assicurare la costante accumulazione di capitale.

10 L’imperialismo: interpretazioni a confronto Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze Per la Luxemburg, gli sbocchi aggiuntivi erano essenziali ed erano rappresentati dagli strati sociali dei paesi non ancora capitalisti, soprattutto le masse contadine. Un capitalismo dai caratteri aggressivi che fomentava la guerra e creava tensioni mano a mano che si restringevano i margini per lo sviluppo. La Luxemburg sosteneva che il crollo del capitalismo fosse ormai inevitabile e che sarebbe stato preceduto da una guerra tra potenze nel tentativo di sopravvivere accaparrandosi mercati non ancora capitalistici. La maggiore aggressività era data proprio dall’imminente crollo del capitalismo, per questo motivo, ne faceva conseguire la necessità, per il proletariato, di accentuare la sue tendenze rivoluzionarie. Da sottolineare come riuscì ad intuire l’importanza delle spese militari, dei mercati non capitalistici anticipando le teorie del sottosviluppo del capitalismo anche se proprio queste sue intuizione non le fecero comprende un’altra tendenza dominante, ovvero quella della parte commerciale. Infatti il meccanismo interno del capitalismo permetteva un superamento, seppur complesso, delle aporie del sistema capitalistico. Troppa importanza alla teoria del sottoconsumo.

11 L’imperialismo: interpretazioni a confronto Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze Lenin scrisse, tra il 1915 ed il 1916, “ L’imperialismo fase suprema del capitalismo”. Se Marx aveva ipotizzato che il capitalismo fosse indipendente dal commercio estero, Lenin sostenne che l’imperialismo fosse il risultato del capitalismo ormai giunto alla sua fase suprema, quella monopolistica. Lenin si distanziò sia da Hilferding che dalla Luxemburg: per la Luxemburg, l’imperialismo era l’espressione politica del capitalismo; per Hilferding, ne era la sua politica estera; per Lenin, era determinante la lotta del proletariato per far crollare il capitalismo. Centrale, per Lenin, il carattere parassitario dell’imperialismo poiché l’Europa sarebbe stata costituita da rentiers e mantenuta dai popoli coloniali. Fase di destrutturazione del capitalismo europeo. Anche Lenin sottovalutò l’importanza dell’elemento commerciale e degli scambi di capitale. Lenin non ricercava un rapporto causale tra lo sviluppo dell’economia e l’imperialismo, bensì un nesso di necessità inevitabile per dimostrare che il trapasso del capitalismo nella sua fase monopolistico-finanziaria sarebbe stata necessariamente collegata ad un inasprimento della lotta per la ripartizione del mondo

12 L’imperialismo: interpretazioni a confronto Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze Al contrario dei menscevichi, in Russia, e dei socialdemocratici, in Germania ed Austria-Ungheria, che avevano sostenuto il principio di autonomia nell’ambito dell’impero, Lenin ribadì, almeno all’inizio, l’importanza del principio di autodeterminazione dei popoli. Una posizione che non vide concorde la Luxemburg. Infatti Lenin sosteneva che la spinta all’autodeterminazione dei popoli avrebbe contribuito allo sfascio degli imperi. Bucharin scrisse, nel 1914, “L’imperialismo e l’economia mondiale” prendendo le mosse, come Lenin, dall’analisi di Hilferding. Bucharin sostenne che l’economia mondiale aveva assunto un carattere monopolista e che l’imperialismo aveva traghettato la lotta di classe dall’interno delle singole nazionali nell’ambito delle relazioni internazionali. Bucharin intuì la posizione preminente dello Stato. Infatti, mentre per Lenin, Hilferding e Luxemburg lo Stato era uno strumento con cui i capitalisti conducevano i conflitti imperialisti, per Bucharin lo Stato non aveva rilevanza solo per condurre i conflitti esterni ma anche per organizzare le singole economie nazionali.

13 L’imperialismo: interpretazioni a confronto Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze Bucharin comprese meglio l’estensione del carattere organizzato e militare- industriale del capitalismo monopolistico di stato. Intuì come erano mutati i caratteri dello sviluppo economico. Bucharin intravide come ogni economia nazionale fosse diventata un trust capitalistico di Stato prevedendo l’evoluzione ulteriore del capitalismo finanziario e del capitalismo monopolistico nel capitalismo monopolistico di Stato. Non fu facile profeta di sventura per il capitale e lo Stato sostenendo che l’economia capitalistica sarebbe stata travolta dalla guerra e dalle rivoluzioni ma, anzi, non escluse che essa sarebbe potuta sopravvivere soprattutto grazie al rilievo centrale che aveva assunto lo Stato attraverso la sua organizzazione e la sua direzione economica della società. La centralità dello Stato neutralizzava l’anarchia capitalistica nei singoli paesi, riducendo le condizioni per la rivoluzione del proletariato. In definitiva intuì la nascita del fascismo che scaturiva dalla base economica borghese. In questo modo la società veniva subordinata allo Stato e si eliminava la separazione liberale tra la società civile e lo Stato, creando un capitalismo militaristico.

14 L’imperialismo: interpretazioni a confronto Dott. Emiliano Citarella - Phd. Dipartimento Studi dello Stato - Cesare Alfieri Firenze Altre interpretazioni dell’imperialismo sono quelle riconducibili a: Fieldhouse che replicò ai marxisti che le colonie non avevano avuto importanza strategica né finanziariamente né commercialmente poiché molti imperialisti si erano espansi anche senza l’imperialismo di rapina. Schumpeter ribaltò le tesi di Lenin sostenendo che il capitalismo fosse pacifico e che, al contrario del carattere militaristico, gli fosse intima una forte tendenza razionalizzatrice che neutralizzava gli atteggiamenti aggressivi indirizzandoli verso una pura competizione economica. Schumpeter sosteneva che l’imperialismo fosse un fenomeno atavico e quindi legato alla persistenza di atteggiamenti culturali e di interessi di origine precapitalistica che erano destinati a scomparire con la piena affermazione del capitalismo. Un’ultima interpretazione è sulla natura anarchica del contesto internazionale che spinge gli stati ad accumulare potenza così da avere sicurezza. L’imperialismo è la risposta razionale alle incertezze della politica estera.


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