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Il Decameron Lezioni d'Autore
La struttura, i temi, lo stile, il pubblico di riferimento. La parola è uno strumento di salvezza. Lezioni d'Autore
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La centralità del Decameron nel panorama letterario italiano è legata a vari fattori:
la struttura narrativa, costruita a cornici concentriche, che consente all’autore di sperimentare i vari livelli del racconto; le modalità narrative e il linguaggio usato: è il primo esempio in volgare trecentesco di narrativa fine a sé stessa, ‘di intrattenimento’; i contenuti e i temi, che traghettano il lettore dalle rive del Medioevo alle sponde di un’epoca nuova.
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Titolo, struttura, narratori
Il Decameron (in greco, dieci giorni) denuncia già dal titolo la durata del primo dei piani narrativi: dieci giorni durante i quali dieci narratori, sette ragazze e tre ragazzi, rifugiatisi in una villa fuori città per scampare all’infuriare della peste a Firenze nel 1348, decidono di trascorrere il tempo tra banchetti e feste e di dedicarsi all’attività del narrare. Sotto il “reggimento” di un narratore diverso ogni giorno, che decide il tema della giornata, i narratori, tutti di elevata classe sociale e di conseguente spessore culturale, raccontano una novella ciascuno, per un totale di cento novelle.
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Il proemio e la conclusione dell’autore rappresentano il contesto all’interno del quale la cornice viene collocata. Boccaccio parla in prima persona all’inizio dell’opera, per poi lasciare la parola ai suoi personaggi/narratori. Il primo piano narrativo è quello della cornice in cui, dopo una realistica descrizione della peste che sconvolge Firenze, i narratori stabiliscono le regole dell’attività narrativa: decidono il tema, commentano ogni racconto, chiudono la giornata con una ballata che funge da conclusione.
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La parola strumento di salvezza
Già il fatto di stabilire delle regole indica il desiderio di contrastare, attraverso una riproduzione dell’ordine sociale minacciato dalla peste, il venire meno della società civile. Simbolicamente, dunque, l’attività di raccontare rappresenta la resistenza da parte della civiltà che si oppone al disordine sociale rappresentato dalla peste; la forza della parola si mostra sin dall’inizio come strumento di salvezza.
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Passione e pubblico La letteratura allegorico-didattica è quella che prevale a Firenze nel momento in cui Boccaccio vi fa ritorno. L’autore, in cerca dell’apprezzamento del pubblico, tenta subito di uniformarsi ai gusti e alle abitudini letterarie della città in cui va a vivere. Del resto, questo desiderio di compiacere il pubblico non impedisce a Boccaccio di coltivare le sue passioni letterarie di sempre: riferimenti sia alla cultura classica (il titolo greco, alcuni nomi dei narratori) sia alle sue opere precedenti, di cui vengono ripresi i nomi di alcuni personaggi.
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I temi I dieci ragazzi raccontano, dunque, un totale di dieci novelle al giorno per dieci giorni (il venerdì e il sabato l’attività narrativa è sospesa), affrontando temi vari, attingendo a tradizioni diverse, introducendo talvolta addirittura un terzo grado di narrazione: un personaggio di una novella che a sua volta racconta. La prima e la nona giornata, governate rispettivamente da Pampinea e da Emilia, sono a tema libero. Per tutte le altre c’è un tema da rispettare: le beffe, gli amori, felici o infelici, le risposte pronte, i ‘motti’ che risolvono situazioni di difficoltà…
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All’interno di una struttura-contenitore delle novelle che è di compattezza estrema, esiste una notevole libertà narrativa, il cui unico vincolo rimane il tema di riferimento. Nel corso di ogni giornata ci si muove nello spazio e nel tempo. Si seguono le gesta di marinai, principi, monaci (e monache), pirati, cittadini, ma soprattutto mercanti; ci si trova in alto mare, nelle strade di Firenze e di Napoli, nel chiuso dei conventi e delle chiese, in aperta campagna, tra la folla o in solitudine…
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Si rivela preziosa l’esperienza di Boccaccio nel mondo mercantile e finanziario delle diverse città italiane e il contatto che questi ebbe con banchieri, mercanti e un infinito campionario di tipi umani, che diventò un ricco bacino da cui attingere per la creazione dei suoi personaggi. Tutti, non solo un pubblico di letterati, possono godere, se pure a livelli diversi, della narrazione in sé e per sé, prima ancora che del messaggio che a quella narrazione è affidato.
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Un inno all’uomo Ciò che colpisce è l’inno solenne che Boccaccio innalza all’uomo, alla sua intelligenza, alla sua iniziativa personale e alle sue capacità creative, in grado di portarlo in salvo da qualunque insidia. I personaggi vincenti, ancorché talvolta moralmente riprovevoli, sono coloro che superano le peripezie grazie alle loro capacità tutte umane, affidandosi alla parola, all’intelligenza, alla conoscenza del mondo e dell’uomo, all’esperienza. Si tratta di capacità del tutto trasversali dal punto di vista sociale: sono messi alla berlina principi, servi, uomini di chiesa…
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La consapevolezza e l’accettazione della propria sconfitta dialettica sono segni distintivi dell’intelligenza almeno quanto la vittoria del proprio avversario. Notevoli, in questo senso, le famose novelle di Chichibio cuoco e di Cisti fornaio, campioni di una borghesia in ascesa, riconosciuti dai loro interlocutori come vincitori della sfida delle parole. Siamo ben lontani dall’atteggiamento fatalistico, nobiliare e teocentrista cha aveva caratterizzato la cultura medioevale. E proprio questa è la grande conquista di Boccaccio e dell’umanità Umanista prima e Rinascimentale poi.
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Lo stile Dal punto di vista stilistico, il primo aspetto caratteristico è la scelta di affidare la narrazione a ‘narratori intermediari’, quasi sempre portatori del suo punto di vista. Sono personaggi la cui caratterizzazione è quasi unicamente affidata al loro nome-simbolo e che consentono all’autore una maggiore presa di distanza dalla materia trattata. L’autore interviene in prima persona, di solito, solo nei passaggi di raccordo tra una novella e l’altra.
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Per quanto riguarda le scelte sintattiche e lessicali, Boccaccio si dimostra sempre molto attento all’adeguatezza del linguaggio a personaggi, ambienti, situazioni ed epoche. Ogni personaggio parla la ‘propria’ lingua, adatta per classe sociale, livello culturale, ambiente geografico e momento storico. Anche da questo punto di vista, dunque, il Decameron rappresenta un campionario di straordinaria ricchezza, una testimonianza della varietà linguistica trecentesca davvero preziosa.
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FINE Lezioni d'Autore
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