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PubblicatoLuigi Carletti Modificato 8 anni fa
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DNA I virus sono parassiti intracellulari, costituiti di acidi nucleici (RNA o DNA), ma mai di entrambi RNA
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Ad eccezione dei retrovirus (diploide), i virioni contengono una sola copia del genoma, cioè sono aploidi. I virioni di alcuni virus vegetali contengono solo una frazione di genoma e, perché abbia luogo la moltiplicazione virale, occorre che diversi virus, contenenti nell’insieme l’intero genoma, penetrino nella stessa cellula.
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In alcuni virus l’acido nucleico può esistere in più pezzi. Il polimero di acido nucleico può contenere: da 4 a 7 geni per i virus più piccoli e da 150 a 200 geni per i virus più grandi.
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Grande eterogeneità nel mondo virale: Struttura degli acidi nucleici Modalità di sintesi dell’RNAm e delle proteine Modalità di replicazione ssDNA lineare: parvoviridae DNA circolare, in parte a doppio e in parte a singolo filamento : hepadnavirus dsDNA lineare: Adenoviridae dsDNA circolare: Papovaviridae ssDNA circolare: circoviridae virus a DNA
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Forme non usuali: dsDNA lineare con estremità saldate: poxviridae dsDNA circolare con uno dei filamenti incompleto: Hepadnaviridae virus a DNA Molecole con interruzioni nell’intelaiatura fosfodiestere di uno dei filamenti: herpesviridae
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Sono lineari A doppio filamento segmentato: Reoviridae Birnaviridae Virus a RNA A singolo filamento continuo: Picornaviridae Togaviridae Coronaviridae Rhabdoviridae Paramyxoviridae Retroviridae A singolo filamento segmentato: Orthomyxoviridae Bunyaviridae Arenaviridae
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Caratteristica importante dei virus a RNA è la loro polarità o senso: polarità positiva – genoma che agisce direttamente come RNAm polarità negativa – è necessario che il genoma venga trascritto in uno o più RNAm, presenza di una RNA polimerasi-RNA dipendente associata al virione RNA ambisenso (Bunyaviridae) cioè in parte positivo e in parte negativo Genomi più piccoli per i virus a RNA, quindi numero di proteine molto più limitato rispetto ai DNA-virus Bunyaviridae – febbre della Valle del Rift (pecore, capre, bovini), virus veicolati da insetti
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Virus difettivi Necessitano per la moltiplicazione di un virus helper. che coinfetti la stessa cellula. Es. virus satelliti, per natura difettivi, presenti solo in cellule infettate da un altro virus non correlato, che agisce da helper L’agente infettivo dell’epatite Delta viene classificato tra i virus cosiddetti satelliti. Il virus dell’epatite D per infettare le cellule epatiche richiede in particolare l’ausilio del virus dell’epatite B, quindi l’infezione si manifesta in soggetti colpiti anche da HBV. L’infezione può verificarsi secondo due modalità: 1) infezione simultanea da virus B e D epatite clinicamente simile all’epatite B 2) sovrainfezione di virus D in un portatore cronico di HBV nuova epatite acuta a volte fatale HDV (agente Delta) scoperto da Pizzetto – 1977 con diametro di 35-37 nm contiene, l’antigene Delta, acido nucleico di tipo RNA (non di tipo DNA come il virus B).
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Lo spettro d’ospite è determinato: in parte dalla specificità dell’attacco alle cellule, che dipenda sia da caratteristiche del rivestimento virale che dalla presenza di recettori specifici sulla superficie cellulare, e in parte dalla presenza di fattori cellulari necessari per la replicazione o per la trascrizione del genoma. Lo spettro d’ospite è più ampio in caso di trasfezione, cioè dell’infezione da parte dell’acido nucleico nudo, il cui ingresso non dipende da recettori specifici.
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ESEMPIO. La malattia di Marek è una malattia virale che colpisce esclusivamente il pollo; quindi, si dice che il virus della malattia di Marek ha uno « spettro d'ospite » molto ristretto. D'altra parte, il virus della rabbia può infettare una vasta gamma di specie animali, e quindi esso ha uno spettro d'ospite allargato.
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Trasmissione verticale – Si ha quando il virus passa dalla madre all’embrione o al feto durante la gravidanza (alcuni autori considerano anche il passaggio attraverso il canale del parto, o l’assunzione di colostro o latte). Virus esogeni - virus acquisiti attraverso un’infezione Virus endogeni – non sono infettati da un virus proveniente dall’esterno, ma si ammalano perché sono portatori del virus nel proprio patrimonio genetico
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Trasmissione orizzontale - si realizza in tutti i casi che non comportano la trasmissione in utero. - - contatto diretto (leccamenti, graffi, morsi, coito, ….) - - via indiretta (oggetti, acqua, alimenti contaminati) - - vettori biologici (insetti o artropodi) - - via aerogena (gocce di vapore acqueo, aerosol, venti) Vie di ingresso – cute (numerose malattie virali – veterinarie – vengono trasmesse da artropodi ematofagi) Gravissime disepitelizzazioni della mucosa intestinale causate da coronavirus e rotavirus
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Attraverso i vasi linfatici il virus raggiunge i linfonodi può entrare nel circolo sanguigno viremia primaria localizzazioni in organi viremia secondaria “La replicazione del virus nelle cellule endoteliali del fegato, del midolo osseo e dei linfonodi può mantenere i livelli di viremia alti e persistenti” Cytomegalovirus raggiunge per via ematica le ghiandole salivari dalle quali si ha la disseminazione; al cervello arriva esclusivamente per via neuronale IL virus incontra sempre i macrofagi: I macrofagi non sono in grado di fagocitare il virus (viremia prolungata nel tempo) Il virus viene fagocitato ma non distrutto (alti livelli di viremia secondaria) Il virus viene fagocitato e si replica nei macrofagi distruzione dei macrofagi, immunodepressione e infezioni delle cellule adiacenti es. epatite in corso di cimurro
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La diffusione del virus nell’organismo HIV – AIDS Il virus si insedia nell'organismo e per circa 8-10 anni, mediamente, non produce alcun effetto: solo dopo questo lungo periodo, il virus mina in modo significativo il sistema immunitario, al punto che quest'ultimo non è più in grado di difendersi da quelle infezioni opportunistiche che, in assenza del virus, sarebbe in grado di debellare con facilità.
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La suscettibilità o recettività e la contagiosità determinano la capacità dell'ospite a trasmettere l'infezione. La recettività è la potenzialità di un individuo ad ospitare un agente patogeno e a permetterne lo sviluppo o la moltiplicazione.
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La contagiosità è la propensione di una malattia o di un agente a diffondere all'interno di una popolazione recettiva – contatto diretto o indiretto tra animali infetti -
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Un animale non diventa infettante subito dopo l'avvenuta infezione. Il tempo che intercorre tra l'infezione e la escrezione dell'agente viene detto fase di eclisse (per le malattie da virus) La durata di questo periodo è un altro degli elementi che contribuiscono a determinare la contagiosità.
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Per DETERMINANTI si intendono quei fattori la cui alterazione induce un cambiamento nella frequenza o nei caratteri di una malattia Le frecce,, simboleggiano la complessità delle interazioni tra i diversi settori.
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Tipi di infezioni virali Infezioni acute presenza di sintomatologia evidente. L’esito è la morte del soggetto, oppure la guarigione immunità duratura Infezioni persistenti, suddivise in: Infezioni latenti Infezioni croniche Infezioni lente Le infezioni persistenti costituiscono uno dei più efficaci sistemi di mantenimento del virus in natura tali infezioni possono riattivarsi, anche più volte nella vita di uno stesso individuo, che provocano gravi danni all’organismo, che si sommano nel tempo
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Infezioni latenti – virus erpetici latenti nei gangli nervosi. Le particelle virali complete sono dimostrabili solo durante gli episodi di riacutizzazione. Infezioni croniche – Le particelle virali sono sempre dimostrabili ed il virus viene costantemente o saltuariamente eliminato dall’animale infetto nell’ambiente. Infezioni lente – Costante progressione della malattia e aumento progressivo delle particelle virali presenti nell’organismo ed eliminate nell’ambiente.
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Cause della persistenza Cause dovute all’agente patogeno: Presenza di agenti non immunogeni Integrazione dell’acido nucleico nel genoma cellulare Moltiplicazione del virus in siti protetti Variazioni antigeniche del virus Cause dovute ad alterazioni del sistema immunitario: Difettosa risposta anticorpale Difettosa attività cellulo-mediata Replicazione all’interno dei macrofagi
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Replicazione virale Adsorbimento Penetrazione Svestimento Replicazione Maturazione Liberazione Periodo di eclissi Intercorre tra la penetrazione del virione e la maturazione 3 ore per i rhabdovirus. 40 ore per i cytomegalovirus (anche in relazione alla molteplicità di infezione) Periodo di latenza Intercorre tra la penetrazione del virus fino al momento della comparsa della progenie fuori dalla cellula infetta
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Ciclo replicativo del virus influenzale 1- Assorbimento 2- Endocitosi 3- Denudazione 4- Migrazione del nucleocapside al nucleo 5- Sintesi di proteine virali 6- Replicazione 7- Assemblaggio 8- Gemmazione 9- Liberazione
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Le conseguenze di un’infezione virale per la cellula sono quasi sempre letali, ma ci sono aspetti cromosomici, metabolici e citologici da esaminare, inoltre le cellule sono spesso in grado di reagire con meccanismi molecolari. Le proteine del virus possono avere un effetto tossico, ad esempio alcune proteine di Rotavirus agiscono come enterotossine. Il virus può indurre la cellula all’autodigestione lisando i lisosomi o inducendo quello che è chiamato effetto citopatico: dopo l’infezione la cellula cambia la sua morfologia aumentando o diminuendo il volume, conseguentemente spesso le cellule si staccano dal substrato.
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Microscopio rovesciato o invertito
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Uninfected Vero cell line CPE typical of herpes simplex virus on Vero cells, a monkey cell line
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Durante l’infezione poi, possono venirsi a formare quelli che sono chiamati corpi inclusi, che non sono altro che la traccia visibile dell’assemblaggio dei virus. Ne esistono di diverse forme, localizzazioni e composizioni, possono essere infatti sia acidofili che basofili. Tra i più noti possiamo ricordare i corpi del Guarnieri, acidofili, del Vaiolo o i corpi del Negri, basofili, della rabbia.
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Rotavirus del bovino: coltura di cellule MA-104 contenente numerosi virioni intracitoplasmatici (sezione ultrasottile, citrato di piombo/acetato di uranile)
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Particelle di Rotavirus: è visibile il tipico aspetto del doppio capside, colorazione negativa
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Le cellule infettate possono fondersi tra di loro. La fusione cellulare è abbastanza comune nei virus, è causata dalle proteine esterne che si inseriscono in membrana durante la replicazione ed ha una conseguenza piuttosto ovvia: facilitare la diffusione virale alle cellule limitrofe senza dover uscire all’esterno, quindi evitando la sorveglianza del sistema immunitario. Può avvenire sia dall’esterno, quindi durante l’adsorbimento, sia dall’interno, quando il virus ha prodotto le proteine di fusione che vanno in membrana sulla cellula ospite.
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Infine, le cellule cambiano il loro metabolismo. Molte volte, durante un’infezione, si ha uno stop completo della sintesi proteica cellulare, a causa dell’azione delle proteine virali. Questo shut off virale consente al virus di indirizzare tutto il meccanismo di sintesi proteica verso la sua replicazioni, aumentandone quindi l’efficienza. Un altro cambiamento metabolico è quello a carico della replicazione cellulare: un virus ha bisogno delle proteine cellulari per replicare, va da se che se la cellula non replica molti virus non sono in grado di completare il loro ciclo, così inducono loro la mitosi.
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La cellula può anche non morire: il virus può instaurare una infezione cronica (permanente) all’interno di essa e riprendere la replicazione solo in condizioni favorevoli. Uno su tutti è il virus herpetico (Herpes simplex virus, HSV), che dopo la prima infezione va ad annidarsi nel nervo trigemino e non c’è modo di eliminarlo. Sotto alcuni stimoli (immunosoppressione, raggi ultravioletti, stress) il virus ricomincia a replicare, e migrando attraverso il nervo arriva alla mucosa labiale, dove causa le notissime lesioni.
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