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PubblicatoGiovanni Moretti Modificato 8 anni fa
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Misure di dispersione cromatica in fibre ottiche monomodali La dispersione cromatica delle fibre ottiche viene normalmente determinata attraverso la misura della dipendenza del ritardo di propagazione di gruppo dalla lunghezza d’onda. L’operazione viene effettuata misurando, con uno dei diversi metodi possibili, il ritardo di gruppo a diverse lunghezze d’onda, rispetto ad un riferimento fisso arbitrario, normalizzando alla lunghezza unitaria ed interpolando quindi i punti ottenuti con una opportuna funzione “approssimante” g ( ). Dalla funzione approssimante g ( ) si deduce poi, derivando rispetto a la dispersione cromatica D( ) Possono essere adottate diversi funzioni interpolanti, tra cui - la funzione di Sellmeier a tre termini g( ( ) = A -2 + B + C 2 - la funzione di Sellmeier a cinque termini g ( ) = A -4 + B 2 + C + D 2 + E 4 - la funzione polinomiale a n- termini g ( ) = c 0 +c 1 +c 2 +…+c n-1 n-1
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Misure di dispersione cromatica in fibre ottiche monomodali 2 L’uso delle precedenti funzioni interpolanti è descritto nelle raccomandazioni ITU-T (Racc. G.652, G.653 e G.654). Tali Raccomandazioni dell’ITU fanno inoltre riferimento, per la caratterizzazione delle fibre monomodali, alla a dispersione nulla ( 0 ) ed alla pendenza della curva di dispersione cromatica nel punto di dispersione nulla (S 0 ) Nel caso in cui si usi la funzione di Sellmeier a tre termini, si ottiene da cui la funzione stessa può essere riscritta nella forma, essendo g0 il ritardo di gruppo alla lunghezza d’onda 0. La corrispondente dispersione cromatica risulta quindi data da
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Misure di dispersione cromatica in fibre ottiche monomodali 3 Nel caso in cui si adotti lo sviluppo polinomiale limitato ai primi tre termini, si ha da cui si ottiene e la corrispondente dispersione cromatica
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Misure di dispersione cromatica in fibre ottiche monomodali 4 La Racc. G.654 dell’ITU fa riferimento, per specificare le prestazioni delle fibre, al valore di dispersione cromatica a 1550 nm (D 1550 ) ed alla pendenza della curva di dispersione alla stessa lunghezza d’onda (S 1550 ). Le fibre specificate in questa raccomandazione sono infatti destinate ad essere usate in III finestra, pur avendo dispersione nulla nell’intorno di 1300 nm. Tenendo conto di ciò e considerando uno sviluppo polinomiale al II ordine, si ottiene da cui, per g ( ) in cui 1550 è il ritardo di gruppo a 1550 nm. La corrispondente dispersione cromatica è data da
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Tecniche di misura della dispersione cromatica La misura del ritardo di gruppo può essere effettuata : - con il metodo della fase, misurando la dipendenza dalla lunghezza d’onda dello sfasamento di un segnale sinusoidale che modula il segnale ottico trasmesso (misura nel dominio della frequenza); - con il metodo degli impulsi, valutando il ritardo tra impulsi ottici trasmessi a diverse (misura nel dominio del tempo); - con il metodo interferometrico a coerenza limitata, ovvero tramite un interferometro ottico fatto lavorare a variabile (misura nel dominio dello spazio).
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Tecniche di misura della dispersione cromatica: metodo della fase 1 Il metodo della fase (con la sua variante della fase differenziale) è adottato dall’ITU come metodo di riferimento per la misura della dispersione cromatica. La misura viene effettuata nel dominio della frequenza secondo lo schema di riferimento mostrato in figura.
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Tecniche di misura della dispersione cromatica: metodo della fase 2 La sorgente ottica emette un segnale che viene modulato in intensità con una sinusoide di frequenza f m. Le variazioni del ritardo g ( ) al variare della lunghezza d’onda sono ottenute misurando le variazioni ( ) della fase del segnale di modulazione ricevuto, risultando, La sorgente può essere costituita da una batteria di LED seguita da un monocromatore, oppure da una batteria di diodi laser, ovvero da un laser sintonizzabile entro un intervallo di lunghezze d’onda sufficientemente esteso (ad esempio, laser a semiconduttore in cavità esterna) seguito da un modulatore elettro-ottico sufficientemente veloce.
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Tecniche di misura della dispersione cromatica: metodo della fase 3 I LED hanno un ampio spettro di emissione (decine di nm) e quindi sarebbero sufficienti tre LED, con differenti lunghezze d’onda, per coprire l’intervallo 1200-1600 nm. In pratica, dato che è necessario effettuare le misure in II (intorno a 1310 nm) ed in III (intorno a 1550 nm) finestra, si impiegano di norma due sorgente per “raccogliere” i punti attorno a 1310 e 1550 nm. I LED, stabilizzati termicamente, sono seguiti da un monocromatore che permette di selezionare la lunghezza d’onda. ll segnale di riferimento del comparatore di fase viene prelevato dal generatore di frequenza. La risoluzione spettrale del monocromatore è un parametro critico: non deve essere troppo elevata, per non ridurre troppo la potenza del segnale, ma neppure troppo bassa, per garantire una buona risoluzione nella misura di fase. L’errore dovuto ad una bassa risoluzione spettrale è ragionevolmente contenuto se la banda passante del monocromatore è dell’ordine di 5-10 nm. Il funzionamento del monocromatore deve garantire una stabilità a breve termine per consentire la misura e procedure di taratura semplici ed affidabili. Nel caso in cui si adotti una batteria di diodi laser come sorgente, la dinamica del sistema aumenta. Motivi di costo hanno indotto l’ITU ha consigliare l’impiego di un numero minimo di laser pari a 3.
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Tecniche di misura della dispersione cromatica: metodo della fase 4 Un parametro molto importante del sistema è la frequenza di modulazione f m, poiché la variazione di fase, a parità di variazione del ritardo, è tanto maggiore quanto maggiore è f m. Tipicamente, f m è compresa nell’intervallo 50-500 MHz. Oltre che alla sorgente, il segnale di modulazione deve arrivare al misuratore di fase come riferimento per la valutazione degli sfasamenti in funzione di. Una variante della tecnica di misura è rappresentata dal METODO DELLA FASE DIFFERENZIALE in cui la lunghezza d’onda emessa viene commutata periodicamente tra due valori vicini, misurando la modulazione di fase che si ha sul segnale ricevuto: l’ampiezza di tale modulazione risulta proporzionale alla dispersione cromatica. Gli strumenti commerciali per la misura della dispersione cromatica impiegano normalmente il metodo della fase.
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Tecniche di misura della dispersione cromatica: metodo della fase 5 Nella figura seguente è mostrato lo schema a blocchi di uno strumento basato su diodi laser adatto per misure in campo.
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Tecniche di misura della dispersione cromatica: metodo della fase 6 Per la misura in ciascuna finestra ottica sono impiegati tre laser (cassetti intercambiabili) mentre un quarto laser è utilizzato per trasmettere il segnale di riferimento su una seconda fibra di servizio. La frequenza di modulazione è scelta tra un gruppo di frequenze (5 MHz, 50 MHz, 200 MHz, 800 MHz), in base alla lunghezza della fibra sotto misura. Al ricevitore, la misura di fase è effettuata dopo la conversione del segnale modulante ad una frequenza più bassa di quella trasmessa (500 kHz). Ciò permette di adottare rivelatori di fase adatti a bassa frequenza (ad esempio, amplificatore lock-in).
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Amplificatore lock-in 1 L’amplificatore lock-in è in sostanza un rivelatore di valor medio (ma anche di valore efficace e di valore di picco) in grado di elaborare deboli segnali affetti da rumore. Il segnale d’ingresso, eventualmente amplificato e filtrato mediante un filtro passa-banda, viene inviato ad un mixer (rivelatore di fase) dove viene moltiplicato per un segnale di riferimento. Il segnale risultante viene quindi filtrato da un filtro passa-basso.
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Amplificatore lock-in 2 Supponendo che all’ingresso del mixer sia presente un segnale sinusoidale V s (t), di frequenza angolare s ed ampiezza A, mentre all’ingresso di riferimento un altro segnale V r (t), con la stessa frequenza angolare s, con fase ed ampiezza B, si ottiene, all’uscita del mixer pertanto, se il filtro passa-basso elimina la componente a frequenza angolare “doppia”, la componente “in continua” risulta proporzionale all’ampiezza del segnale d’ingresso. E’ ovvio che tale componente assumerà il valore massimo nel caso di segnali “in fase” ( =0) e nullo per = /2, come mostrato nella figura seguente.
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Amplificatore lock-in 3
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Misura della dispersione cromatica: metodo degli impulsi 1 E’un metodo di misura riconosciuto dall’ITU come metodo alternativo. La misura viene effettuata nel dominio del tempo, trasmettendo brevi impulsi a diverse e misurando le differenze nei ritardi. Lo schema a blocchi del sistema di misura è mostrato in figura. La sorgente ottica è basata su un laser a neodimio YAG (Nd:YAG), seguito da una fibra con effetto Raman e da un monocromatore. Il laser Nd:YAG genera impulsi con potenza di picco molto elevata (circa 1W), in grado quando accoppiati in una fibra monomodale di innescare l’effetto Raman (Stimolated Raman Scattering, SRS).
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Misura della dispersione cromatica: metodo degli impulsi 2 Lo scattering Raman determina in uscita dalla fibra la comparsa di lunghezze d’onda diverse da quella iniettata. Il laser Nd:YAG emette a =1060 nm impulsi di durata pari a circa 100 ps che sono accoppiati ad una fibra monomodale di lunghezza pari a circa 100 m. Questo permette di ottenere in uscita un segnale con un spettro continuo, anche se non uniforme, da 1100 a 1700 nm. Tale segnale viene quindi inviato ad un monocromatore ed alla fibra in misura. Gli impulsi, dopo aver attraversato la fibra, sono rivelati da un fotodiodo e visualizzati su un oscilloscopio. Il segnale elettrico, che pilota la sorgente, è inviato anche all’ingresso di sincronismo dell’oscilloscopio tramite una linea di ritardo programmabile. Se il ritardo impostato sulla linea programmabile è “quasi uguale” al tempo impiegato dagli impulsi a percorrere la linea ottica sotto misura, questi possono essere visualizzati con una buona risoluzione e le differenze di ritardo sono facilmente misurabili. La lettura può essere effettuata regolando la linea di ritardo così da avere l’impulso sempre nella stessa posizione sullo schermo dell’oscilloscopio, oppure leggendo le variazioni del ritardo sulla scala dei tempi dell’oscilloscopio. La strumentazione necessaria per questo tipo di misura è piuttosto complessa e quindi si tratta di una tecnica in pratica adottata solo in laboratorio.
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Misura della dispersione cromatica: metodo interferometrico Il metodo interferometrico a coerenza limitata è considerato dall’ITU come metodo alternativo per la misura della dispersione cromatica. La tecnica è basata sull’interferenza tra fasci ottici “quasi” monocromatici che percorrono cammini ottici “quasi” uguali che permette di discriminare ritardi molto piccoli (fino a frazioni di ps). E’ quindi un metodo adatto ad effettuare misure su spezzoni di fibra di pochi metri (tipicamente, da 1 a 10 m). La sorgente è a spettro largo (tipicamente, un LED) e ad essa è applicata una modulazione sulla cui frequenza è sincronizzato il ricevitore. Il segnale ottico emesso dalla sorgente attraversa un interferometro di Mach-Zehnder a due rami: su uno è presente la fibra in misura, sull’altro un cammino “in aria” la cui lunghezza può variare mediante un movimento micrometrico.
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Misura della dispersione cromatica: metodo interferometrico 2 Se la luce generata dalla sorgente fosse rigorosamente monocromatica, al variare della lunghezza del secondo ramo si osserverebbero sul ricevitore le frange di interferenza. Se invece il segnale ottico ha una larghezza spettrale , il fenomeno di interferenza avviene solo quando il ritardo di gruppo sui due rami è uguale o quasi. Precisamente, la zona in cui avviene l’interferenza ha un’ampiezza W data da come mostrato in figura.
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Misura della dispersione cromatica: metodo interferometrico 3 In II finestra, intorno a 1300 nm, utilizzando un monocromatore con larghezza spettrale da 2 a 10 nm, la larghezza W è compresa tra 1 mm e 0.2 mm. Pertanto è possibile determinare la condizione di uguale ritardo sui due rami con precisioni dell’ordine del decimo di ps (in aria 1 ps corrisponde a 0.3 mm). La condizione di uguaglianza tra i ritardi sui due rami è ottenuta regolando il movimento degli specchi mobili fino ad ottenere il massimo dell’interferenza, rilevando la corrispondente posizione X. La variazione del ritardo di gruppo alle varie lunghezze d’onda è quindi determinata dalla relazione in cui L rappresenta la differenza tra i cammini ottici corrispondenti alle posizioni rilevate ( L=2 X) ed n a è l’indice di rifrazione dell’aria (tipicamente, n a ≈ 1). Al variare di si ottiene una curva che rappresenta la differenza tra il ritardo di gruppo della fibra in misura e quello della condizione di riferimento (corrispondente al secondo ramo con il posizionatore sullo 0).
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Misura della dispersione cromatica: metodo interferometrico 4 Il movimento del posizionatore deve avere una risoluzione pari a frazioni di m, per poter discriminare la successione di massimi e minimi, e una precisione di lettura di almeno 2 m. Il campo utile di spostamento deve essere tale da adattarsi a tutte le variazioni di ritardo prevedibili sulla fibra ottica in misura. Ad esempio, su una “bretella” di 10 m di fibra, la differenza di ritardo tra II e III finestra ottica è dell’ordine di 30 ps, corrispondenti ad una “variazione “ della lunghezza di circa 1 cm. Si deve inoltre considerare la tolleranza di lunghezza del campione rispetto al valore nominale per cui lo strumento è predisposto (lunghezza del cammino di riferimento). Il campo utile di spostamento risulta, in definitiva, di alcuni cm. Questa tecnica di misura, per la sua sensibilità, è adatta per effettuare misure su fibre molto corte, sino alla decina di m.
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